Lama Zopa Rinpoce: Alla ricerca dell’io.

Lama Zopa Rinpoce: In ognuno di noi sorge istintivamente la convinzione di un io concreto e esistente in modo indipendente.

Lama Zopa Rinpoce: In ognuno di noi sorge istintivamente la convinzione di un io concreto e esistente in modo indipendente.

ALLA RICERCA DELL’IO di Lama Zopa Rinpoce

Tutti i problemi che noi incontriamo nel samsara, il ciclo continuo delle morti e rinascite, sorgono grazie all’ignoranza che si afferra alle cose come se fossero intrinsecamente esistenti. La nostra condizione nell’esistenza ciclica è simile a quella di essere intrappolati all’interno di un grande palazzo con numerose stanze e porte, una sola delle quali è l’uscita. Noi vaghiamo impotenti da una parte del palazzo all’altra alla ricerca della porta giusta. La porta che conduce fuori dal samsara è la saggezza che realizza la vacuità dell’esistenza indipendente.

Questa saggezza è l’antidoto diretto per l’ignoranza che è sia la causa che l’effetto dell’aggrapparsi all’io e che crede che il sé o ‘io’ sia esistente intrinsecamente e in modo indipendente. In altre parole l’io appare per quello che in realtà non è: una entità concreta, immutabile, esistente indipendentemente – e la nostra mente oscurata dall’ignoranza aderisce a questa visione errata. Si diventa, quindi, dipendenti da questo io fantomatico e lo accudiamo come se fosse la cosa più preziosa che possediamo. La saggezza riconosce che questo io esistente in modo autonomo è completamente inesistente e quindi attraverso la saggezza si distrugge l’ignoranza. Nelle scritture buddhiste si legge che realizzare la visione corretta della vacuità, anche per un solo momento, scuote le fondamenta del samsara, proprio come un terremoto scuote le fondamenta di un palazzo.

In ognuno di noi sorge istintivamente la convinzione di un io concreto e esistente in modo indipendente. Quando la mattina ci alziamo noi pensiamo: “‘Io’ devo preparare la colazione” oppure “’io’ devo andare a lavorare” e, di conseguenza, nasce la potente convinzione di un io che esiste in modo indipendente e ci afferriamo a questa credenza errata. Se qualcuno si rivolge a noi dicendo: “Tu sei stupido” oppure “Tu sei intelligente”, dalle profondità della nostra mente avanza il nostro io tormentato dalla rabbia o gonfio di orgoglio. Questo forte senso di un ‘Se’ ci accompagna dalla nascita – non lo abbiamo appreso dai nostri genitori o dai nostri maestri. Esso appare in maniera più vivida quando siamo soggetti ad emozioni particolarmente forti, ovvero quando veniamo maltrattati, criticati o siamo sotto l’influsso dell’attaccamento o dell’orgoglio. Se sperimentiamo un terremoto o se siamo coinvolti in un incidente, siamo sopraffatti da un io in preda al terrore che ci rende inconsapevoli di tutto quello che ci circonda. Un fortissimo senso dell’io sorge anche quando sentiamo pronunciare il nostro nome. Ma questo io apparentemente solido e autonomo non è autentico – non esiste.

Questo non vuol dire che noi non esistiamo, poiché c’è un valido io che esiste in modo convenzionale. Questo è l’“io”che sperimenta la felicità e la sofferenza, che lavora, studia, mangia, dorme, medita e raggiunge l’illuminazione. Questo io esiste mentre l’altro io è una pura allucinazione. In preda all’ignoranza noi confondiamo l’io falso da quello autentico e siamo incapaci di distinguerli.

Questo ragionamento ci porta ad un problema che spesso nasce quando si medita sulla vacuità. Alcuni meditatori pensano: “L’io non è il mio corpo, l’io non è la mia mente e pertanto, io non esisto”, oppure “poiché io non riesco a trovare il mio io, vuol dire che mi sto avvicinando alla realizzazione della vacuità”. La meditazione che porta a tale conclusione è una meditazione sbagliata poiché non tiene in considerazione l’io convenzionale. Il meditatore non riesce a riconoscere e a identificare correttamente il falso io che deve essere confutato e invece rifiuta l’io convenzionale o relativo che esiste. Se non si rimedia a questo errore allora si può sviluppare la visione nichilista che nulla esiste che può portare ad ulteriore confusione e sofferenza, invece che alla liberazione. Qual è allora la differenza tra il falso io e l’io convenzionale? Il falso io è semplicemente una visione non corretta del Se: che sia qualcosa di concreto, che esiste in maniera indipendente e dalla sua parte. L’io che invece esiste è dipendente: nasce in dipendenza del corpo e della mente, i costituenti della nostra esistenza. Questa combinazione corpo-mente è la base alla quale il pensiero concettuale ha abbinato un nome. Nel caso di una candela, lo stoppino e la cera sono la base alla quale è stato abbinato il nome “candela” e pertanto la candela esiste in dipendenza dei suoi costituenti e dal suo nome. Non esiste un oggetto candela separato da essi. Allo stesso modo non esiste un io indipendente dal corpo, dalla mente e dal nome.

Ogniqualvolta sorge il senso dell’io come, per esempio quando si pensa “io ho fame”, l’ignoranza che aderisce al Sè crea la convinzione che tale io sia concreto ed esista intrinsecamente. Se però analizziamo questo io, scopriremo che è composto dal corpo – specialmente dallo stomaco vuoto – e dalla mente che si identifica con questa sensazione di vuoto. Non esiste un io intrinsecamente esistente affamato se non questi elementi tra di loro interdipendenti.

Se l’io fosse indipendente, allora sarebbe capace di operare indipendentemente. Per esempio, il mio io potrebbe rimanersene seduto qui a leggere mentre il mio corpo va a fare quattro passi in città. Il mio io potrebbe essere felice quando la mia mente è depressa. Tutto questo è impossibile e pertanto l’io non può essere indipendente. Quando il mio corpo è seduto, il mio io è seduto. Quando il mio corpo va a passeggio, il mio io passeggia. Quando la mia mente è depressa, il mio io è depresso. A seconda dell’attività fisica che stiamo compiendo o del nostro stato mentale, noi diciamo: “‘Io’ sto lavorando”, “‘Io’ sto mangiando”,“‘Io’ sto pensando”, “‘Io’ sono felice” e così via. L’io dipende da quello che stanno facendo il corpo e la mente; esso è postulato unicamente su quella base, null’altro.

La natura dipendente dell’io dovrebbe essere chiarita da questi semplici esempi. La comprensione della natura dipendente è lo strumento principale per la realizzazione della vacuità, o dell’esistenza non indipendente dell’io. Tutte le cose hanno una natura dipendente. Per esempio il termine “corpo” si applica ai suoi costituenti: pelle, sangue, organi, ossa, ecc. Questi componenti sono a loro volta dipendenti da elementi più piccoli quali cellule, atomi e particelle subatomiche.

La mente ha anch’essa una natura dipendente. Noi la immaginiamo come una cosa reale, autonoma e reagiamo con sentimento quando sentiamo frasi del tipo “tu hai una mente raffinata”, oppure “tu sei completamente confuso”. La mente è un fenomeno privo di forma che percepisce gli oggetti e ha una natura chiara. Sulla base di questa funzione noi imputiamo l’etichetta “mente” ma non esiste alcuna mente che svolge una funzione al di fuori di questi fattori. La mente dipende dai suoi componenti: pensieri momentanei, percezioni, sensazioni. Così come per l’io, la mente e il corpo dipendono dai loro componenti e dalle loro etichette, dunque tutti i fenomeni sorgono in dipendenza.

Questo ragionamento può essere più facilmente compreso utilizzando una semplice meditazione, elaborata per mostrare come l’io divenga apparentemente esistente. Iniziate con una meditazione sul respiro, per rilassarvi e calmare la mente. Poi, con mente attenta e vigile, iniziate lentamente ad accrescere la consapevolezza rispetto all’io. Chi o cosa sta pensando, percependo, meditando? Come sembra che venga ad esistere? Come vi appare? Il vostro io è una creazione della vostra mente o qualcosa che esiste indipendentemente, per conto suo?

Quando avete identificato l’io cercate di localizzarlo. Dove si trova? Nella vostra testa, nei vostri occhi, nel cuore, nelle mani, nello stomaco, nei piedi? Analizzate con attenzione ogni parte del vostro corpo inclusi gli organi, i vasi sanguigni e i nervi. Riuscite a trovare l’io? Se non ci riuscite allora potrebbe essere molto piccolo e sottile, quindi passate ad esaminare le cellule, gli atomi e i loro componenti.

Dopo aver esaminato il corpo intero chiedetevi ancora una volta come fa il vostro’io a manifestare la sua esistenza apparente. Continua ad apparire vivido e reale? E’ il vostro corpo oppure no?

Forse pensate che la vostra mente sia il vostro io. La mente consiste di pensieri in continuo mutamento, in rapida alternanza. Quale di essi è l’io? E’ un pensiero amorevole, un pensiero irato, un pensiero serio o un pensiero futile? Potete trovare l’“io”nella vostra mente? Se non riuscite a trovarlo nel corpo e nella mente c’è un altro posto dove cercare? Può esistere da qualche altra parte o in qualche altro modo?

Valutate ogni possibilità e ancora una volta esaminate attentamente il modo in cui il vostro io vi appare. Ci sono stati dei cambiamenti? Continuate a pensare che esso sia reale e dotato di esistenza indipendente? Se tale io vi appare allora pensate “questo è il falso io che non esiste. Non c’è io che sia indipendente dal mio corpo e dalla mia mente”

A questo punto disintegrate mentalmente il vostro corpo immaginando che tutti gli atomi si separino e fluttuino via. Miliardi e miliardi di minute particelle si disperdono nello spazio. Immaginate di poter vedere effettivamente questo. Disintegrate anche la vostra mente e lasciate che ogni pensiero si disperda.

A questo punto cercate di capire: dove siete? Il vostro io è ancora li oppure cominciate a comprendere che esso è dipendente, meramente imputato sul corpo e sulla mente?

A volte i meditatori possono vivere l’esperienza di aver completamente perso l’io. Non si riesce a trovare il Se e il corpo sembra essere svanito del tutto – non vi è più nulla a cui aggrapparsi. Per gli esseri intelligenti questa è una esperienza che porta una grande gioia, quasi quanto l’aver scoperto un fantastico tesoro. Coloro che hanno una comprensione limitata sono invece terrorizzati e sentono di aver perso un grande bene prezioso. Se ciò accade non dovete aver paura che l’io convenzionale sia svanito – è soltanto la sensazione che nasce dall’aver intravisto la falsa natura dell’io.

Con la pratica, questa meditazione porterà ad una graduale dissoluzione del rigido concetto che abbiamo dell’io e di tutti i fenomeni. Non sarete più così fortemente influenzati dall’ignoranza. Le vostre percezioni cambieranno e tutto apparirà sotto una nuova e fresca luce.

Esaminate attentamente gli oggetti, quali le forme, che appaiono alle vostre sei coscienze e analizzate il modo con il quale essi vi appaiono. In questo modo davanti a voi sorgerà, in tutto il suo splendore, il modo reale di esistere delle cose.

Questi versi tratti dal Grande Sigillo della Vacuità , un testo su mahamudra scritto dal primo Pancen Lama, contengono la chiave per tutte le meditazioni sulla vacuità. L’elemento più importante per realizzare la vacuità è l’identificazione corretta di cosa deve essere negato. In tutti gli oggetti che appaiono alle nostre sei coscienze è contenuto un fattore che esiste e un fattore che non esiste e quest’ultimo deve essere eliminato. La realizzazione della vacuità sarà difficile da ottenere se non identifichiamo ciò di cui sono privi gli oggetti dei nostri sensi. Questa è la chiave per aprire il vasto forziere che contiene la vacuità.

Purtroppo quest’opera di identificazione non è per nulla facile da compiere e richiede una solida base di pratica. Secondo Lama Tzong Khapa ci sono tre cose sulle quali dobbiamo concentrarci al fine di preparare le nostre menti per la realizzazione della vacuità: primo, dissoluzione degli ostacoli e accumulazione di meriti; secondo, devozione al maestro spirituale; terzo, studio di soggetti quali il sentiero graduale per l’illuminazione e mahamudra. Se seguiamo questi consigli, la comprensione giungerà rapidamente. La nostra ricettività per le realizzazioni dipende soprattutto dalla fede nel maestro.

Senza di questa noi possiamo cercare di meditare ma scopriremo che non siamo capaci di concentrarci, oppure possiamo ascoltare insegnamenti di dharma ma trovare che le parole fanno poco effetto. Questa spiegazione è in accordo con l’esperienza degli esseri realizzati. Io stesso non ho esperienza di meditazione. Mi dimentico costantemente della vacuità, ma cerco di praticare un po’ di Dharma ogni tanto. Se anche voi praticate, potete scoprire in prima persona la validità di questi insegnamenti.

Colofon: Dal testo Wisdom Energy 2, Wisdom publications. Ristampato con il permesso della Wisdom Publications. Fonte http://www.taracittamani.it/download/area-pubblica/insegnamenti_robina.pdf che si ringrazia per la sua grande gentilezza.