Lama Zopa Rinpoce: Come esiste la mente.

Lama Zopa Rinpoce: In questo modo otteniamo la felicità ultima della liberazione.

Lama Zopa Rinpoce: In questo modo otteniamo la felicità ultima della liberazione.

Lama Zopa Rinpoce: Come esiste la mente.

La natura della nostra mente è chiara luce: è vuota di esistenza dalla sua parte. La mente è un fenomeno che il sé possiede. È insostanziale, senza colore, senza forma e chiara in natura; ha la capacità di percepire gli oggetti e non è un oggetto dei cinque sensi. Questo è un modo di definire la mente. In
dipendenza da questa base, un fenomeno che ha tali caratteristiche lo abbiamo etichettato, o mera- mente designato, “mente”. Pertanto, non c’è una mente esistente di per sé. La mente non è nient’altro che ciò che abbiamo meramente designato con la nostra mente in dipendenza da quella base, quel particolare fenomeno. Pertanto non c’è una cosa come una mente reale dal suo lato. La mente è vuota dall’esistere dalla sua parte. Questa è una definizione della natura di chiara luce della mente, che si riferisce alla sua natura ultima.

Questa natura ultima della mente, la natura di chiara luce, non è una cosa sola con le oscurazioni, le afflizioni mentali. A causa di ciò, in dipendenza da cause e condizioni, le oscurazioni possono essere eliminate. Non c’è una mente reale dalla sua parte; non c’è una mente non etichettata. Il modo in cui la mente esiste è essere meramente designata dalla mente in dipendenza da quel fenomeno con le particolari caratteristiche menzionate sopra. Pertanto, la mente è designata; il modo in cui la mente esiste è essere designata dalla mente su quella base particolare. La mente esiste in dipendenza da quella base parti- colare, il fenomeno particolare che è insostanziale, senza colore, senza forma, chiara per natura e capace di percepire gli oggetti. La mente esiste in dipendenza da quella base e in dipendenza dal pen- siero che la designa “mente”. In altre parole, la mente esiste come meramente nominata. Ciò che è chiamato “mente” è un nome, e un nome deve venire dalla mente, deve essere designato dalla mente. Non c’è mente esistente dalla sua parte. La mente proviene dalla mente.

La mente che esiste è la mente designata, non la mente non designata. La mente che ci appare come non etichettata è un’allucinazione. Quella mente non esiste. La mente che appare essere reale dalla sua parte non esiste. Quella mente indipendente, non designata non è vera. È falsa. Non esiste una tale cosa nella realtà. Nella realtà la mente è vuota; è vuota dall’esistere dalla sua parte.

Quando un mago trasforma un bastoncino o una pietra in un bell’uomo o una bella donna, usa il potere del mantra o il potere delle sostanze per ingannare i sensi delle persone del pubblico. Quando le persone che stanno guardando vedono il bell’uomo o la bella donna e iniziano a credere che ciò che appare loro è vero, la loro concezione è errata. Perché è una concezione errata? Perché quel bell’uomo o bella donna che la loro mente percepisce, o in cui crede, non esiste. Un bell’uomo o una bella donna appare al pubblico, i cui sensi sono stati alterati dal potere dei mantra o da sostanze, ma non esiste. Appare ma non esiste.

Il mago e anche chiunque il cui senso della vista non sia stato al- terato dal potere dei mantra o da sostanze, capisce che le persone che credono nell’uomo o nella donna reali si sbagliano. Possono rendersi conto che quella concezione è sbagliata. Anche le persone stesse più tardi comprenderanno che la loro concezione è falsa. Quando scoprono da soli che era solo una trasformazione creata dal mago, vedranno che la loro precedente concezione era errata. Perché? Perché l’oggetto che credevano di avere visto non esiste. È lo stesso con la mente e l’io, o sé. Sono vuoti dall’esistere dalla loro parte.

Il modo in cui esiste un tavolo

Per dare un’idea più chiara di questo, uso spesso l’esempio più semplice di un tavolo. Sebbene questo modo di analizzare non sia la maniera corretta di meditare sulla vacuità, vi dà un’idea del corretto modo in cui meditare. Specialmente se siete principianti, vi darà una qualche idea di come il tavolo esiste nella realtà, di cosa sia il tavolo. Quando una persona all’inizio entra in questa sala, vede che c’è un ta- volo qui, di fronte a me. Ma che cosa fa decidere la persona di dare il nome “tavolo” a questo particolare oggetto e non ai gradini o al trono? Che cosa fa decidere la persona di dare a questo oggetto il nome “tavolo”? Ci deve essere una ragione a monte della decisione di designarlo “tavolo”. La ragione è che la persona vede prima di tutto un oggetto materiale che ha la funzione di sostenere delle cose, o di permettere che le cose vi vengano poste sopra. La prima occhiata della persona diventa la ragione per etichettare “tavolo”. Questo è ciò che fa decidere la persona, fra gli innumerevoli nomi, su questo in particolare, “tavolo”.

Vedere questo oggetto che ha la funzione di sostenere delle cose è la ragione nella mente della persona per applicare il nome “tavolo”. Ci dev’essere una ragione precedente all’applicazione del nome, e la ragione è vedere la base per il nome. Vedete la base prima, poi ap- plicate l’etichetta: “ è un tavolo”. Pertanto, questo oggetto materiale che vedete all’inizio, che può avere la funzione di sostenere delle cose, non è un tavolo. È la base. Prima vedete la base, che è la ragione per cui date l’etichetta “tavolo”.

Altrimenti, se il vedere la base non viene per prima cosa, non avete nessuna ragione per etichettare il “tavolo”. Non c’è ragione nella vostra mente perché voi etichettiate questo “tavolo”, quello “gradini”, o quello “trono”. Non c’è ragione per farvi decidere di dare una particolare designazione.

Se la prima cosa che vedete è il tavolo, se vedete il tavolo prima di dare il nome “tavolo”, non ci sarebbe nessuna ragione di etichettare “tavolo”. Dal momento che è già tavolo, perché etichettare “ta- volo” sul tavolo? Non ci sarebbe nessuna ragione di farlo.

Per esempio, quando i genitori chiamano il loro bambino Jeff, mettono un nome a qualcosa che non è Jeff. Etichettare “Jeff” su qualcosa che non è Jeff ha un senso. Ma se la base, gli aggregati, fossero già Jeff, non ci sarebbe scopo nell’etichettare “Jeff” su Jeff. Dovreste nuovamente etichettare “Jeff” su Jeff; poi di nuovo dovreste etichettare “Jeff” su Jeff; ciò non avrebbe fine.

Questo è un ragionamento logico usato nell’analisi in quattro punti. Il primo di questi quattro punti è accertare l’oggetto che deve essere negato. Il secondo punto è quello di accertare la pervasione, che se qualcosa esiste dovrebbe esistere o come una cosa sola con la propria base oppure separatamente dalla propria base. Se l’io è veramente esistente, deve esistere o come una stessa cosa con gli aggregati o separatamente da essi.

Se l’io è una stessa cosa con gli aggregati, sorgono diversi errori. L’io è il ricevente e gli aggregati, questo corpo e mente, sono ciò che è ricevuto. Quindi, il ricevente e ciò che è ricevuto diventerebbero, allora, una cosa sola. In altre parole, l’”io”, il possessore, e gli aggregati, ciò che è posseduto, diventerebbero uno. In questo modo non c’è maniera che il possessore e ciò che è posseduto di- ventino uno. Devono essere diversi.

Comunque, se prima vedete il tavolo, che ragione avete di nominarlo “tavolo”? Non c’è ragione di chiamare “tavolo” ciò che è già un tavolo. Non ha significato, non ha scopo. Normalmente vedete la base e poi dite: “vedo il tavolo”. Per vedere il tavolo, dovete vedere prima la base del tavolo. Altrimenti, non c’è ragione per dire: “vedo il tavolo”. Vedendo la base, questo oggetto su cui potete mettere delle cose, poi designate “vedo il tavolo” e credete in quell’etichetta. Vedendo la base di questi gradini dite, “vedo i gradini”, e vedendo la base di questo trono dite “vedo questo trono”. Vedendo un oggetto particolare e la particolare funzione che compie, voi allora etichettate “vedo il tavolo”, “vedo i gradini”, o “vedo il trono”.

Prima viene il vedere la base. Questa cosa che svolge la funzione di sorreggere delle cose non è il tavolo. Questa cosa su cui salite non è il gradino. Questa cosa su cui vi sedete non è il trono. La cosa che assolve la funzione di sorreggere le cose è la base per essere etichettata “tavolo”. Questo è un punto su cui meditare per scoprire cosa è il tavolo. Dal momento che usate questa base come ragione per etichettare “tavolo”, non è il tavolo, così come questi non sono gradini e questo non è il trono.

Anche da questa analisi, potete vedere che il tavolo e la base che deve essere etichettata “tavolo”, i gradini e la base che deve essere etichettata “gradini” e il trono e la base che deve essere etichettata “trono”, sono diversi. Essi non esistono nel modo in cui normal- mente pensiamo che esistano, cioè che questa cose concreta sono il tavolo, i gradini e il trono.

Un altro punto è che parlate delle parti di un tavolo. Quando dite “le parti di un tavolo”, significa che le parti di un tavolo non sono il tavolo. Questo piano non è il tavolo, questa gamba non è il tavolo, quest’altra gamba non è il tavolo, quella gamba non è il tavolo e quel- l’altra gamba non è il tavolo. Anche solo dal linguaggio, potete capire che parlare di “parti del tavolo” significa che non sono il tavolo.

Anche l’intero gruppo di queste parti raccolte insieme non è il ta- volo. Cos’è? È la base per essere etichettato “tavolo”. Nessuna di quelle parti è il tavolo, e nemmeno l’intero gruppo di tutte le parti è il tavolo. È chiaro.

Un altro punto è che il tavolo non è da nessuna parte su questa base. Non c’è alcun tavolo qui, lì o là. Non c’è alcun tavolo su questa base.

Il primo punto è che la base non è il tavolo. Quando entrate nella stanza, come fate ad applicare nomi alle cose? Potete vedere che la ragione che usate per applicare un nome a qualcosa, non è quella cosa. Usate il vedere la base del tavolo come la ragione per designare “tavolo”, ma questo oggetto che può essere usato per metterci sopra le cose non è il tavolo. Voi applicate quel nome “tavolo”dopo avere visto la base. È chiaro che la base e il nome sono diversi.

Il secondo punto è che nessuna delle parti del tavolo è il tavolo. E nemmeno l’intero insieme delle parti del tavolo è il tavolo. È la base che assume l’etichetta “tavolo”. Diventa ora più chiaro che il tavolo è diverso dalla sua base.

Il terzo punto è che non potete trovare il tavolo da nessuna parte su questa base. Ma questo non significa che non vi sia alcun tavolo in questa stanza; non significa che il tavolo non esiste. Il tavolo esiste in questa stanza – ci sono veramente molti tavoli qui in questa stanza. Non c’è “tavolo” qui su questo, ma c’è un tavolo in questa stanza. Questo rende chiaro cosa sia il tavolo. Non è questa la maniera corretta di meditare sulla vacuità, perché questo modo di ri- cercare il tavolo è in rapporto al tavolo meramente designato e non considera il tavolo veramente esistente. Non abbiamo scalfito l’oggetto da negare – il tavolo veramente esistente – che andrebbe com- preso essere vuoto. Pertanto, secondo Lama Tzong Khapa e molti altri grandi pandita, questo non è il modo corretto di analizzare.

In questo modo di analizzare, quando cercate il tavolo fra tutte le sue parti, trovate che nessuna delle parti è il tavolo, e nemmeno l’intero insieme di parti è il tavolo, bensì è la base che viene etichettata tavolo. Ma ciò non significa che il tavolo non esiste. Il tavolo esiste. Quindi, cos’è quel tavolo? Poiché vediamo questo oggetto che as- solve la funzione di sorreggere delle cose, noi designiamo meramente “tavolo” e crediamo che sia un tavolo. Poiché questo oggetto è qui in questa stanza, crediamo che ci sia un tavolo nella stanza. Vedendo questo oggetto crediamo “vedo un tavolo”. È un concetto. Vedendo questo oggetto in questa stanza, applichiamo la mera designazione: “è un tavolo”. Ci fermiamo a quello; siamo soddisfatti solo con quello. Non c’è un tavolo da nessuna parte su questa base, ma c’è un tavolo in questa stanza.

Potete vedere ora che il modo in cui il tavolo esiste è estremamente sottile. Quando analizzate realmente cosa è il tavolo, è estremamente sottile. Non è che il tavolo sia non esistente, ma è come se fosse non esistente. Non è inesistente perché potete costruire il tavolo, usare il tavolo, rompere il tavolo. Se fabbricate questa base, credete “ho fatto un tavolo”; voi semplicemente credete “ho fatto un tavolo”. Se usate il tavolo, voi credete “sto usando il tavolo”. E se rompete il tavolo credete “ho rotto il tavolo”.

Il tavolo non è non esistente, ma non è la cosa concreta che noi normalmente pensiamo che sia. Normalmente pensiamo il tavolo come un oggetto concreto che è una sola cosa con la sua base. Non possiamo separare la base e l’etichetta “tavolo”. C’è qualcosa di concreto qui. Quindi questa non è il tavolo. Non c’è un tavolo su questa base, ma c’è un tavolo nella stanza.

Potete vedere adesso come il tavolo sia completamente vuoto. Non ha esistenza dalla sua parte. Da questo potete farvi un’idea di come il tavolo esista. È estremamente sottile.

Dopo questa analisi, sapete che nessuna delle parti è il tavolo, e nemmeno l’insieme delle parti è il tavolo. Non c’è tavolo da nessuna parte qui su questa base, ma c’è un tavolo in questa stanza. Analizzando così, vedete che il modo in cui il tavolo esiste è estremamente sottile, ma quando cercate cosa vi appare, trovate che un tavolo reale, concreto è lasciato là, una cosa sola con la sua base. Questo è ciò che è chiamato l’oggetto che deve essere confutato. Quel tavolo reale, che appare dalla sua parte, quel tavolo realmente esistente, quel tavolo indipendente, è l’oggetto che deve essere confutato. Quella cosa concreta lasciata là è l’oggetto che va negato, ed è un’allucinazione. In realtà, esso è completamente vuoto.

Questa è la corretta maniera di meditare sulla vacuità del tavolo. Riconoscendo che il tavolo vi appare come indipendente, non etichettato, reale dalla sua parte, allora voi cercate quel tavolo per vedere se esiste o no. Quando non lo trovate e vedete che è vuoto, in quel momento vedete la vacuità, o natura ultima, del tavolo. Vedendo la natura ultima del tavolo, che è completamente vuoto dall’esistere dalla sua parte, come risultato poi comprendete la realtà convenzionale del tavolo, che il tavolo esiste come mero nome, essendo mera- mente designato dalla mente. Questa è l’originazione dipendente sottile.

La quarta delle quattro scuole di filosofia buddhista, la Madhyamaka, ha due divisioni: Svatantrika e Prasangika. Questa è la visione Prasangika dell’originazione dipendente sottile del tavolo, la realtà convenzionale del tavolo: il tavolo esiste come mero nome, essendo meramente designato dalla mente.

Come esiste Zopa

Allo stesso modo, questo corpo non è Zopa e questa mente non è Zopa. Nessuno di questi cinque aggregati – forma, sensazione, discriminazione, fattori di composizione o coscienza – è Zopa. Nemmeno l’insieme di questi aggregati è Zopa: esso è la base dell’etichetta “Zopa”. Non potete trovare Zopa da nessuna parte sulla base del- l’insieme di questi aggregati, nell’associazione di questo corpo e di questa mente. Ma non significa che non ci sia alcun Zopa. Zopa esiste in questa sala. Non c’è nessuna ragione per cui Zopa è in questa sala, eccetto quella che questi aggregati, questo corpo e questa mente, siano qui in questa sala. Questa è la sola ragione per cui crediamo che Zopa sia in questa sala. Di nuovo, cosa sia Zopa è estremamente fine, estremamente sottile.

Come esiste l’io

È lo stesso con l’”io”, che è la cosa principale che dovremmo capire. Il nostro corpo non è l’io; così come la nostra mente non lo è – l’associazione di corpo e mente è la base che viene etichettata “io”. Quando diciamo “il mio corpo e la mia mente” o “i miei aggregati”, possiamo vedere che l’io è il possessore ed essi sono ciò che è pos- seduto. È chiaro anche da questo che essi non sono l’io. Il nostro corpo non è l’io; la nostra mente non è l’io. Nessuno di questi aggregati è l’io; nemmeno l’insieme degli aggregati è l’io. Comunque non significa che non ci sia un “io”. L’io è in questa sala, ma non c’è nessuna ragione per credere questo, eccetto quella che la base, gli aggregati, sono in questa sala ora. Se qualcuno chiedesse: “Dove sei?” noi risponderemmo: “Sono negli Stati Uniti, a New York, alla Columbia University, nella sala”, ma la sola ragione che avremmo per dire questo sarebbe che i nostri aggregati sono qui negli Stati Uniti, a New York, in questa sala della Columbia University. Solo per questo noi crediamo: “Siamo qui in questa sala”.

L’io che esiste non è nient’altro che quanto viene meramente designato dalla mente in dipendenza dagli aggregati.

Questo è tutto.

Dalla nascita, dal mattino alla sera, l’io che ci appare e in cui crediamo è completamente contraddittorio con la sua realtà. L’io che esiste è completamente diverso da ciò che ci appare e che percepiamo. L’io che esiste non è l’io che ci appare e in cui crediamo. È lo stesso rispetto al tavolo e agli altri esempi. La loro realtà è qual- cos’altro rispetto a ciò che normalmente ci appare e in cui normal- mente crediamo.

L’io è completamente vuoto dall’esistere dalla sua parte. Non c’è un io reale (nel senso di un io esistente dalla sua parte), non c’è un io indipendente, un io non designato. Quando qualcuno ci critica, noi pensiamo di solito che stia veramente ferendo questo io, che è un io reale esistente dalla sua parte. Allora ci arrabbiamo con quella per- sona e vogliamo danneggiarla. Quando qualcuno ci loda, pensiamo che stia lodando questo io reale, che è qualcosa di reale esistente dalla sua parte. Allora ci esaltiamo e ci attacchiamo a quella persona. Desideriamo aiutarla, ma non l’altra persona che ci ha criticati.

In realtà, questo io reale è come qualcosa in un sogno. Non esiste. Siamo sempre coinvolti con questo io e preoccupati che qualcuno lo possa ferire: “Il mio amico potrebbe abbandonarmi” o “questa persona potrebbe ferirmi”. Comunque, l’oggetto che ci appare e in cui crediamo non esiste. Quell’io reale, l’io esistente dalla sua parte, è una completa allucinazione. È completamente vuoto.

Dobbiamo pensare alla realtà di come l’io esiste; dobbiamo pensare alla sottile originazione dipendente o vacuità dell’io (che vuole dire la stessa cosa). Pensare alla vacuità dell’io porta a comprendere che l’io è un’originazione dipendente; pensare che l’io è un’originazione dipendente, meramente designato dalla mente in dipendenza degli aggregati, ci permette di vedere che l’io è vuoto.

Quando diventiamo consapevoli che l’io è un’originazione dipendente o che l’io è vuoto, quando qualcuno ci critica è come se qualcuno che ci criticasse in un sogno. Non c’è alcun soggetto che viene danneggiato e non c’è oggetto, qualcosa che danneggia. Sebbene queste cose appaiano, dal momento che non esistono, non c’è ragione di arrabbiarsi o nell’avere la mente insoddisfatta dell’attaccamento. Non c’è ragione di avere così tanto attaccamento, o collera o ignoranza. Non c’è ragione di avere la concezione di vera esistenza, il falso concetto che crede che ci sia un io indipendente, un io non designato, un io veramente esistente.

Cosa è l’io? L’io è un’originazione dipendente; esiste in dipendenza dalla sua base – gli aggregati – e dalla mente che li etichetta. Pertanto l’io è vuoto di esistenza dalla sua parte. Questa è la realtà dell’io.

Comprendendo questa natura ultima dell’io, eliminiamo il concetto sbagliato che l’io, che è designato, abbia un’esistenza dalla sua parte, come appare avere, e si afferri a quella come vera. Questo pensiero è una concezione errata perché l’oggetto in cui esso crede non esiste.

Quando le persone nel pubblico scoprono che il bell’uomo o la bella donna che sono apparsi loro e nei quali credevano è una trasformazione del mago, scoprono allora che ciò in cui credevano in precedenza era sbagliato. Il loro concetto secondo cui quell’uomo o quella donna sono veri si interrompe.

Ugualmente, comprendendo la natura ultima dell’io e sviluppando questa saggezza, eliminiamo l’ignoranza che crede nella vera esistenza. Eliminando questa ignoranza e il seme di questa ignoranza, eliminiamo tutte le altre afflizioni che sorgono da essa: attaccamento, collera e il resto delle sei afflizioni radice e anche delle venti afflizioni secondarie. Tutte quelle afflizioni mentali e quel karma sono rescissi. Dal momento che la vera causa di sofferenza è stata sradicata, tutta la vera sofferenza cessa: la sofferenza infernale del calore e del freddo, la sofferenza degli spiriti famelici della fame e della sete, la sofferenza animale di essere stupidi e di essere mangiati da altri animali, la sofferenza umana di rinascita, invecchiamento, malattia e morte, e tutta la sofferenza dei deva. I deva che sono dèi mondani sperimentano la sofferenza dei segni della morte, e così via, e gli esseri dei reami di Forma e Senza forma sperimentano la sofferenza com- posta pervasiva, la sofferenza di essere sotto il controllo delle afflizioni e del karma. Tutte queste sofferenze cessano.

Dal momento che non c’è causa della sofferenza rimasta all’interno della nostra coscienza, né ignoranza e nemmeno il seme di quella, è impossibile per la sofferenza sorgere di nuovo. In questo modo otteniamo la felicità ultima della liberazione. Con questa saggezza, pratichiamo poi bodhicitta, l’abile metodo del Mahayana. Praticando metodo e saggezza insieme, ci impegniamo nella pratica delle sei perfezioni e poi otteniamo l’illuminazione. Possiamo fare questo più velocemente praticando i mezzi abili del tantra. Sviluppando la saggezza e praticando i mezzi abili del tantra, possiamo raggiungere l’illuminazione in una sola vita, e praticando insieme la saggezza speciale e i più potenti mezzi abili del Tantra dello Yoga Supremo, me- todo e saggezza unificati, possiamo raggiungere l’illuminazione non solo in una vita, ma nel breve tempo di una vita di questa epoca de- generata, in pochi anni. Fonte http://www.taracittamani.it/download/area-pubblica/insegnamenti_robina.pdf che si ringrazia per la sua grande gentilezza.