Ven. Ghesce Yesce Tobden: Lam Rim. Esposizione del sentiero graduale verso l’illuminazione. Traduzione del Ven. Luca Corona. Treviso 30 novembre, 1- 2 dicembre 1979. Editing del Dr. Luciano Villa nell’ambito del Progetto Free Dharma teachings per il beneficio di tutti gli esseri senzienti. Quinta parte.
Ven. Ghesce Yesce Tobden: 2 dicembre 1979
Nei giorni scorsi abbiamo riflettuto sul fatto che tutti quanti desideriamo la felicità, ma non è sufficiente avere questo desiderio ed aspettare che arrivi, perché non la si può ottenere se non si fa qualcosa. Allo stesso modo tutti quanti vogliamo essere liberi dalla sofferenza e per poter essere liberi dobbiamo fare qualcosa: non basta desiderare di esserlo ed aspettare. Bisogna, quindi, applicare un metodo per raggiungere la felicità e per liberarci dalla sofferenza. Il metodo consiste nel cambiare la nostra mente. Nella nostra mente ci sono aspetti mentali positivi che devono essere coltivati: in questo modo la nostra mente migliora. Così pure, ci sono aspetti mentali negativi che devono essere eliminati: una volta eliminati gli aspetti mentali negativi, non ci sarà più alcun modo per dover soffrire ancora. Per arrivare a poter distinguere tutti questi fattori mentali, sono stati spiegati i 51 fattori mentali, distinguendo quali di questi sono positivi, che devono essere coltivati, e quali negativi, che devono essere eliminati. Quando una persona desidera assistere ad uno spettacolo, o ascoltare delle storie se questi si rivelano interessanti e all’altezza delle sua aspettative ne sarà soddisfatta avendo raggiunto il suo scopo. Quello che io vi sto dicendo, invece, è un metodo, una spiegazione di che cosa è la vera felicità e di come questa può essere ottenuta, in che cosa consista la sofferenza e come può essere eliminata. Quindi, piuttosto che ascoltare queste spiegazioni con un atteggiamento distaccato, comprendendole solo intellettualmente, bisognerebbe cercare di comprenderle a fondo e fare di questi insegnamenti parte della nostra esperienza. Per cui, da oggi, bisognerebbe cercare di osservare sempre la propria mente, controllare se questi aspetti negativi sorgono in noi, che cosa causano, e come possono essere eliminati. Allo stesso modo, bisogna riconoscere quali sono gli aspetti mentali positivi e come possono essere coltivati. Le cause della nostra sofferenza sono gli aspetti mentali negativi, che sono radicati nella nostra mente e non possono essere eliminati in un giorno o in un mese, ma occorre molto tempo. In ogni caso è bene iniziare questa pratica applicando un antidoto specifico per ciascuno di questi veleni mentali. Anche per quanto riguarda gli aspetti positivi della mente per poterli coltivare, dobbiamo praticare e continuare la ricerca per un certo periodo: non un giorno, o un mese, o un anno. Anno dopo anno si deve cercare di riflettere sui vantaggi, alla fine si riuscirà a capire come sia importante sviluppare certi aspetti e non solo si avrà questa comprensione, ma ci si accorgerà anche di essere veramente migliorati. Nei giorni precedenti è stato detto che per raggiungere stati di esistenza felice nel futuro, bisogna crearne ora le cause: evitare di compiere le azioni negative e cercare di compiere le azioni meritorie, positive. E’ sufficiente acquisire nel futuro una rinascita superiore, ad esempio, umana? Evidentemente no, perché oggi siamo riusciti a raggiungere una di queste esistenze, ma continuiamo a soffrire e a sperimentare problemi. Perché? Perché questa esistenza è ancora una esistenza Samsarica e come tale è caratterizzata dalla sofferenza. Nel Samsara si parla di felicità, ma quella che vi si sperimenta non è vera felicità La vera felicità si può ottenere raggiungendo la liberazione dal Samsara, raggiungendo il Nirvana. E cosa bisogna fare per ottenere ciò? Bisogna eliminare le cause del Samsara. Qualcuno ha chiesto tecniche di meditazione. La meditazione è proprio questo: riflettere sugli insegnamenti. Come si deve meditare? Uno deve riflettere sulla sua situazione presente, sulla rinascita umana che possiede ora: ma il corpo umano non è permanente e arriverà il giorno in cui questa esistenza dovrà essere abbandonata. Allora cosa succederà? Due saranno le alternative: una rinascita felice o una rinascita infelice. E questo da che cosa sarà determinato? Dalle proprie azioni! Quindi uno deve riflettere bene sulla necessità di compiere azioni meritorie che portano alle rinascite felici ed evitare di compiere le azioni negative che portano alle rinascite infelici. Riflettendo più profondamente si può meditare anche che le rinascite felici non portano alla effettiva e definitiva felicità, in quanto sono ancora esistenze samsariche, per cui è importante raggiungere la vera liberazione, che può essere ottenuta dopo aver eliminato i difetti mentali. Per far questo bisogna aver praticato i tre Training: 1. alta morale, 2. alta concentrazione, 3. alta saggezza. Se una persona dal profondo del cuore genera il desiderio di praticare questi tre Training per poter raggiungere la liberazione dal Samsara, allora sta facendo un’ottima meditazione. Quando si analizzano gli insegnamenti in questo modo, vedendo come essi hanno senso nella realtà, li si analizza con un atteggiamento mentale aperto, onesto, e alla fine si riesce ad avere nuove comprensioni, allora questo tipo di meditazione prende il nome di MEDIATAZIONE ANALITICA. Un altro tipo di meditazione è la MEDITAZIONE CONCENTRATIVA, che significa “meditare allenando la mente a rimanere concentrata su un unico oggetto”, cosa molto difficile all’inizio: la mente schizzerà da una parte all’altra. Con l’allenamento, però, si potrà mantenere la mente concentrata sempre di più fino a riuscire a farlo per lunghi periodi. Praticando i tre Training si eliminano i difetti mentali e si raggiunge la LIBERAZIONE, cioè lo stato in cui si è completamente liberi dalla schiavitù dei veleni mentali e del Karma e non si è più costretti a rinascere nel Samsara. A questo punto uno deve pensare: – “E’ vero, con la Liberazione io raggiungerei la fine della sofferenza, la fine dei miei problemi, ma questo non è sufficiente perché devo trovare il modo di fare qualcosa per gli altri!” Il desiderio che tutti gli esseri siano liberi dalla sofferenza è quell’attitudine mentale che prende il nome di COMPASSIONE, e il desiderio che tutti gli esseri posseggano la felicità è l’AMORE. Se uno riesce a sviluppare COMPASSIONE ed AMORE verso tutti gli esseri nella stessa intensità dell’amore e della compassione che una madre sviluppa verso il suo unico figlio, allora si dice che è riuscito a sviluppare la vera compassione, il vero amore All’inizio dapprima si deve constatare che noi non abbiamo una visione equanime verso tutti gli esseri. Infatti consideriamo alcuni nostri amici, altri nostri nemici, con la conseguenza di provare ed avere attaccamento verso gli amici ed avversione, odio verso i nemici. La mente non riposa nell’equanimità. La mente equanime è quella di una persona che non ha né odio né attaccamento e ciò si sviluppa attraverso la riflessione. La persona che oggi è nostra amica, nel passato, magari, è stata nostra nemica, se non in questa esistenza, di sicuro in una esistenza passata. E non è certo che in futuro sarà sempre nostra amica. Così pure il nemico: è senza senso provare odio per il fatto che oggi ci ha fatto del male, visto che nelle esistenze passate è stato certamente nostro amico. Se ci sono due persone con cui abbiamo una certa relazione: la prima l’anno scorso ci ha fatto del male, ma ora ci sta aiutando, la seconda l’anno scorso ci ha fatto del bene e ora ci sta facendo del male. Entrambe queste persone ci hanno fatto del male e così pure ci hanno fatto del bene: quindi, è assolutamente sbagliato considerare una amica perché ora ci sta aiutando, facendo del bene e l’altra nemica perché ora ci sta facendo del male, ci danneggia. Allo stesso modo, se ieri una certa persona ci ha detto qualcosa di brutto, mentre invece oggi ci tratta bene, è un’altra persona ha fatto il contrario…è vero o no che non avrebbe alcun senso considerare amica quella che ci ha trattato bene oggi e nemica quella persona che ci ha insultati oggi? Non si può definire in assoluto una persona amica o nemica solo per il fatto che in un particolare momento ci ha fatto del bene o del male: riflettendo così si farà diminuire l’attaccamento verso le persone amiche e l’odio verso quelle nemiche e la mente potrà avere una visione equanime verso tutti. A questo punto bisogna essere in grado di generare una simpatia, un affetto verso tutti gli esseri. Generalmente la persona verso cui tutti provano affetto è la propria madre: ecco che allora bisogna riconoscere che tutti gli esseri sono stati nostra madre. Questa è una cosa vera, perché abbiamo avuto molte vite passate: non c’è l’inizio delle nostre vite passate. Durante tutte queste vite passate, tutti quanti gli esseri sono stati nostra madre: questo tipo di contemplazione prende il nome di “RICONOSCERE TUTTI GLI ESSERI COME LA PROPRIA MADRE”. E’ importante essere convinti di questo, e la nostra meditazione si basa sulla convinzione che le nostre vite passate non hanno inizio, sono infinite. Gli esseri sono veramente molti, ma sono più le vite passate che gli esseri, per cui ciascun essere è stato nostra madre moltissime volte. Dopo aver riflettuto e meditato su questo e riconosciuto che “gli esseri sono nostra madre”, bisogna cercare di comprendere come, nel tempo in cui sono stati nostra madre, sono stati molto gentili con noi. Il RICONOSCERE LA LORO GENTILEZZA, si sviluppa riflettendo sulla gentilezza che la nostra madre attuale ha avuto verso di noi: allo stesso modo, la stessa gentilezza nei nostri confronti, l’hanno avuta tutti gli esseri nelle vite passate. Una volta constata la gentilezza, uno deve far sorgere dentro di sé il DESIDERIO DI RIPAGARE la gentilezza ricevuta: e questo è il terzo passo. Quindi, questi sono i primi tre punti della meditazione:
1. RICONOSCERE TUTTI GLI ESSERI COME LA PROPRIA MADRE
2. RICONOSCERE LA LORO GENTILEZZA
3. VOLER CONTRACCAMBIARE.
Se si medita bene su questi tre punti, si riuscirà a generare un affetto molto forte verso tutti quanti gli esseri. Come quando una madre vede il figlio e prova una gioia intensa, allo stesso modo, il meditatore proverà questo forte affetto vedendo un essere qualsiasi: è un tipo di amore inferiore. Inferiore perché gli esseri sono visti in un aspetto piacevole, come propri amici, come qualcuno che ci è molto caro. A questo punto che cosa dobbiamo fare? Quando vediamo una persona cara che soffre, siamo veramente dispiaciuti, generiamo il desiderio che questa persona non soffra più, ma se vediamo il nostro nemico ammalato, magari ne siamo contenti, se vediamo soffrire una persona che ci è indifferente non ce ne importa gran che o niente. La ragione per cui ci si preoccupa quando una persona cara soffre è appunto perché nei suoi confronti si prova quell’affetto di cui parlavamo poco fa. La ragione per cui quando il nemico è ammalato o soffre non si prova interesse alla sua guarigione è perché manca l’affetto. Attraverso le tre meditazioni appena descritte uno riesce a generare l’affetto verso tutti gli esseri viventi. Comprendendo che gli esseri verso cui prova un affetto così intenso stanno soffrendo si genererà un forte desiderio che siano liberi dalla sofferenza. Ad esempio, se una madre ha il figlio ammalato avrà un fortissimo desiderio che il figlio possa guarire. La ragione per cui sorge questo desiderio è perché la madre prova affetto. Da un lato ci deve essere questo grande affetto, dall’altra ci deve essere il fatto che quella particolare persona soffre: così può nascere il forte desiderio che quella persona sia libera dalla sofferenza. Il desiderio che tutti gli esseri siano liberi dalla sofferenza prende il nome di COMPASSIONE.
Ricapitolando: avendo riconosciuto dapprima come tutti gli esseri sono stati nostra madre, come sono stati gentili, desiderando ripagare questa gentilezza e realizzando che tutti soffrono se si genera il forte desiderio che tutti gli altri siano liberi dalla sofferenza la persona, colui che medita così, ha generato la Compassione. Questa è la vera compassione che ha per oggetto tutti gli esseri, senza più distinzione tra amici, nemici e persone indifferenti, ed è molto importante generarla: fino a che non si riesce a farlo, bisogna continuare a meditare. A questo punto, allo stesso modo uno deve riflettere che tutti gli esseri desiderano essere felici, ma non possiedono la felicità: quando si è riflettuto così, e generato il desiderio che tutti gli esseri siano felici, allora si è generato l’AMORE, il vero amore e come la Compassione deve essere diretto verso tutti gli esseri, senza alcuna distinzione tra amici, nemici, indifferenti. A questo punto uno deve fare un passo più in alto: non è sufficiente desiderare che tutti siano liberi dalla sofferenza e che siano felici, ma bisogna, da parte nostra prendere l’impegno di essere proprio noi stessi a dare questa felicità, di essere proprio noi stessi gli artefici della liberazione degli esseri dalla sofferenza. Quando si genera questo desiderio di essere noi stessi coloro che liberano gli esseri dalla sofferenza, quando ci si è offerti come volontari per questo, ci si rende conto tuttavia, che in questo momento, visto che noi stessi siamo in preda dei difetti mentali, non abbiamo questa abilità. Riflettendo su quale sia la condizione migliore per poter aiutare tutti gli esseri, ci si accorgerà che solo un Buddha può aiutare tutti e liberarli dalla sofferenza. A questo punto si deve generare il desiderio di raggiungere noi stessi lo stato di un Buddha completamente illuminato. Quando uno si rende conto che per poter realizzare il suo desiderio di aiutare tutti gli esseri ad essere liberi dalla sofferenza, non c’è alcun modo se non quello di raggiungere lo stato di un Buddha, e dal profondo del cuore aspira, al raggiungimento di questo stato per il bene di tutti quanti gli esseri, allora ha generato la suprema attitudine mentale che prende il nome di BODICITTHA. Nel momento in cui questo praticante genera Bodicittha, diventa un BODISATTWA. E Per raggiungere lo stato di un Buddha deve poter praticare la condotta del Bodhisattva che consiste nella pratica delle 6 PARAMITA, le 6 AZIONI TRASCENDENTALI DELLA PARAMITA DELLA
1. MORALITA’
2. GENEROSITA’-CARITA’
3. PAZIENZA
4. SFORZO ENTUSIASTICO
5. CONCENTRAZIONE
6. SAGGEZZA.
Lo stato di Buddha è caratterizzato dalla eliminazione dei difetti mentali, ma, al contrario di coloro che hanno raggiunto il Nirvana, un Buddha ha anche eliminato gli oscuramenti estremamente sottili, che prendono il nome di OSCURAMENTI ALLA ONNISCIENZA, e che sono di impedimento alla conoscenza diretta, intuitiva di tutti i fenomeni. Quell’essere che ha eliminato completamente ogni tipo di difetto mentale, sia grossolano che sottile e che nello stesso tempo ha acquisito tutte le virtù positive, quell’essere prende il nome di Buddha. Una volta raggiunto questo stato si potranno aiutare tutti gli esseri, secondo l’aspirazione di ciascuno di loro e lo si aiuterà mostrando la strada per raggiungere lo stato di Buddha. Come un Buddha può aiutare gli esseri? Mostrando loro il sentiero, facendo loro capire che per essere liberi dalla sofferenza è necessario eliminare le cause della sofferenza, cioè i difetti mentali. Così pure un Buddha dice agli esseri che esistono questi sottili oscuramenti che impediscono di raggiungere lo stato della completa buddhità e che devono essere eliminati attraverso la pratica delle 6 paramita: in questo modo li conduce verso la Liberazione. La nostra meta ultima, la nostra meta più alta è l’ottenimento dello stato di Buddha, così pure anche per tutti gli esseri la meta ultima è l’ottenimento dello stato di completa illuminazione. Per cui, se noi riusciamo ad ottenere lo stato di Buddha e poi aiutare gli altri a raggiungere lo stesso stato, si può dire che si fa la cosa migliore: non c’è cosa migliore di questa. Adesso parliamo un pò di Buddha Sakyamuni, Colui che ha fondato questo periodo della propagazione degli insegnamenti 2500 anni fa. Una volta era esattamente come noi un essere comune, poi, durante una delle sue esistenze ha generato dapprima Bodicittha, e quindi ha praticato le 6 paramita e alla fine ha raggiunto l’illuminazione. Buddha stesso dice: – “Io non libero tutti gli esseri dalla sofferenza con un gesto della mia mano, neppure posso mettere dentro di loro le mie realizzazioni.” E allora, come fa un Buddha ad aiutare tutti gli esseri?
Mostrando loro il sentiero per raggiungere la felicità e l’eliminazione della sofferenza. Aiuta gli esseri conducendoli alla Liberazione.
Nello stesso modo un Buddha insegna come fare per raggiungere uno stato supremo alla Liberazione.
Dapprima indica come generare Bodicittha. Uno dei due metodi per generare Bodicittha è la meditazione su “6 cause ed un effetto”, come spiegato poco fa: riconoscere gli esseri come madre, considerare la loro gentilezza, voler ripagare la loro gentilezza, generare la Compassione e l’Amore, fino all’attitudine suprema di voler fare noi stessi il bene degli altri e quindi l’aspirazione all’illuminazione, cioè Bodicittha.
Non solo insegna come generare Bodicittha, ma indica anche il metodo per poter raggiungere lo stato di un Buddha, cioè la pratica della condotta di un Bodhisattva la pratica delle 6 Paramita,
e non solo indica questo, ma, per i discepoli che hanno le qualità particolari, per i discepoli speciali che vogliono raggiungere l’illuminazione il più presto possibile, insegna il Tantra, che è il metodo attraverso cui si può raggiungere l’illuminazione in una sola vita.
Quindi, Buddha una volta era come noi, però a differenza di noi, ha fatto qualcosa per migliorare se stesso: ha messo in pratica questi metodi, è riuscito a raggiungere l’illuminazione, ed ha insegnato 2500 anni fa. Ed ancor oggi i suoi insegnamenti sono vivi e sono di aiuto a moltissima gente. Ancor oggi, quando si parla di Buddha anche chi non è Buddista pensa sempre ad un essere straordinario. Se anche noi si praticasse nello stesso modo in cui ha praticato Buddha, se anche noi generiamo Bodicittha, e poi praticassimo le 6 Paramita, allora anche noi in futuro potremmo raggiungere l’illuminazione e potremmo diventare dei Buddha. Gli insegnamenti e la pratica che portano a poter generare questa Compassione e questo Amore verso tutti gli esseri, che spiegano la condotta del Bodhisattva, quindi il metodo per poter raggiungere lo stato di Buddha, tutti questi insegnamenti appartengono agli “ insegnamenti del sentiero graduale dell’individuo di scopo superiore. Se si vuole fare una distinzione tra i diversi insegnamenti di Dharma, possiamo suddividerli in insegnamenti per l’individuo di scopo inferiore, intermedio, superiore. Gli insegnamenti che hanno come scopo
l’ottenimento di rinascite felici nella prossima esistenza sono dell’individuo di scopo inferiore
l’ottenimento della Liberazione dal Samsara sono dell’individuo di scopo intermedio
l’ottenimento della completa Illuminazione per il bene di tutti gli esseri sono dell’individuo di scopo superiore e questi sono i sentieri degli individui dei tre scopi.
L’esposizione degli insegnamenti in questo ordine porta il nome di “Esposizione del sentiero graduale verso l’Illuminazione”.
Il Dharma può essere praticato solo da chi ha un sincero desiderio di praticarlo: se uno non ha questo desiderio è assolutamente inutile insistere perché non lo praticherà mai. Dire a qualcuno di praticare gli insegnamenti di Buddha quando non ne ha l’intenzione è cosa inutile. Per coloro che ne hanno il desiderio, il modo di metterli in pratica è quello spiegato in questi giorni: e queste persone non hanno null’altro da fare che iniziare a praticare. Per quanto riguarda i tre livelli ognuno può scegliere quello che più l’attira. Questa è stata una bravissima spiegazione, una breve informazione, di quello che è l’insegnamento di Buddha. Se qualcuno vuole ricevere insegnamenti più estesi non si dovrebbe parlare di uno-due-tre anni di studio, ma di alcune decine di anni. Voi dovete pensarci e vedere se vi soddisfa o meno, e nel caso in cui riusciate a sentire il gusto del Dharma, allora potete cercare di andare più in profondità, e ricevere maggiori insegnamenti. Quello che uno deve fare e dapprima riconoscere i difetti mentali, e vedere come gli fanno del male. Vedere come esista il metodo per eliminarli e vedere come questo metodo funziona. Questo metodo è contenuto negli insegnamenti del Dharma, e per fare questo uno deve studiare, fare un certo sforzo. Dal momento in cui uno si accorge di avere tutti questi inquinamenti mentali e vuole trovare un metodo, se riesce a metterlo in pratica bene, allora si accorgerà che può fare qualcosa per purificare la sua mente. I nostri peggiori nemici sono i difetto mentali: se uno può fare qualcosa per eliminarli, allora sta proprio facendo una cosa ottima. Anche questa Compassione e questo Amore sono cose fantastiche. Anche Amore e Compassione per un solo individuo vengono da tutti considerati ottimi sentimenti: figuriamoci Compassione ed Amore per tutti gli esseri. Se ci fosse un funzionario di governo che nutrisse molta simpatia per gli abitanti di un certo posto, e li aiutasse il più possibile eliminando i loro problemi, tutte quelle persone guarderebbero a lui con grande simpatia ed affetto. Nello stesso modo se uno sviluppa bene Compassione ed Amore verso gli altri, ecco che avrà moltissimi amici e i nemici diminuiranno. Shantideva dice che è impossibile eliminare tutti i nemici esteriori: è più facile eliminare i nemici interiori. Fatto questo non si avrà più alcun nemico dall’esterno. Se dobbiamo camminare su una strada piena di spine, se per non ferirci volessimo ricoprire tutta la strada di cuoio, faremmo una cosa stupida, visto che la cosa migliore sarebbe mettersi le scarpe. Quando uno sviluppa le qualità interiori, amore e compassione, tutti gli vorranno bene. Se uno sviluppa queste qualità, gli altri sia che abbiano o meno fede nel Dharma, gli saranno amici. Accadde che Milarepa, il famoso Santo Tibetano, stava meditando e lì vicino un cacciatore con il suo cane stavano inseguendo un cervo. Il cervo si rifugiò immediatamente tra le braccia del santo, che aveva queste grandi qualità dentro di lui. Subito dopo arrivò il cane, il quale, non appena vide Milarepa si vide svanire tutto il desiderio di uccidere. Arrivò anche il cacciatore che vedendo il cervo e il cane tra le braccia di Milarepa, sentendo la forza spirituale di questo essere, gettò il suo arco e le frecce e si prostrò ai piedi di Milarepa e divenne suo discepolo.
Si era parlato della saggezza, si era parlato dell’io, di come era inteso e si era parlato di cosa significa “non io”. I non buddisti affermano che esista un Io che ha tre caratteristiche:
1. è permanente, nel senso che non muta;
2. è indipendente, nel senso che non dipende da cause e condizioni;
3. è unico, nel senso che non è formato da parti. Un tale Io, dal punto di vista buddista, non esiste.
Da cosa scaturisce la prima affermazione dei non buddisti che l’io è permanente? Alcuni non buddisti hanno sviluppato una certa facoltà di concentrazione, certe Samadhi, attraverso le quali possono vedere che al momento della morte è solo il corpo che finisce, ma l’individuo continua e basandosi su questo fatto, affermano che siccome al momento della morte l’individuo continua, allora deve essere permanente.
La seconda affermazione si basa sul fatto che questi meditatori, quando fanno una ricerca superficiale di cause e condizioni su cui si basa questo Io, proprio per la superficialità della loro ricerca, non riescono a trovarle, allora concludono affermando che l’Io non ha cause e condizioni
la terza affermazione è quella che l’io è unico, ed è sbagliata in quanto l’io esiste in base alle sue parti. Nello stesso modo per cui possiamo dire che una ruota esiste in base al cerchione, ai suoi raggi ecc., così dobbiamo dire che l’io esiste in base alle sue parti e non esiste unicamente. . L’affermare che l’io avente queste tre caratteristiche non esiste, significa affermare il “non sé grossolano”: questa è l’assenza del sé dell’individuo, l’assenza grossolana del sé dell’individuo, forse la più grossolana. Infatti si vede chiaramente che l’individuo non è permanente in quanto cambia, ha tutti questi mutamenti, nel corso delle varie esistenze cambia diversi corpi, assume diversi aspetti, per cui muta e per il fatto che muta, bisogna affermare che è impermanente.
Allo stesso modo, questo individuo non è indipendente, ma dipende da cause e condizioni, appunto perché dipende dal Karma che produce tutti questi mutamenti.
Allo stesso modo, l’individuo si basa sulle sue parti, non è unico, come nell’esempio della ruota, la ruota si basa sulle sue parti: non si può parlare di una ruota esistente a sé e differente dalle sue parti. Nel momento in cui uno riesce a realizzare come in effetti il sé dell’individuo non ha le tre caratteristiche menzionate (non è permanente, non è indipendente, non è unico), allora si dice che ha realizzato l’aspetto grossolano del non sé. Però vi è un aspetto più sottile del non sé dell’individuo che può essere realizzato: questo Io più sottile è quello che si imputa, appunto come è stato detto ieri, all’insieme degli aggregati psico-fisici. L’individuo è formato da 5 aggregati psico-fisici e quando sulla base di questi 5 aggregati si imputa, si proietta un Io allora questo è l’IO sottile dell’individuo. Ad esempio, quando uno è ammalato e si preoccupa della sua salute e pensa “io sto male, ecc” in quel momento ha proprio la visione del suo Io, quell’io che sembra indipendente dai suoi aggregati psico-fisici e quindi, l’idea di Io si basa necessariamente su questi. Questa è la realizzazione dell’aspetto sottile del non sé, come viene intesa da tutte le scuole buddiste, esclusa la Madhyamika Prasangika. Secondo questa scuola anche questo tipo di “non io” è un non io grossolano. Per la Madhyamicka Prasangika, quell’io che viene erroneamente considerato IO dell’individuo è quello che appare quando, ad esempio, ci viene fatto del male ed abbiamo questa visione molto nitida di questo IO, come qualcosa che sia dentro di noi, che sia quasi avvolto dal nostro corpo, dalla nostra mente. Se uno poi ricerca se questo Io esiste veramente, siccome per cercarlo deve ricercarlo nei 5 aggregati psico-fisici che formano la sua persona, allora si accorgerà che questo Io non è né il suo corpo, né le sue sensazioni, né i suo riconoscimenti, né le sue cognizioni, per cui alla fine arriva alla conclusione che il suo IO non è nessuno dei suoi aggregati. Quindi, quello che si vuole dire con “non IO”, non è negare l’esistenza dell’Io, ma si vuole dire semplicemente che l’Io non esiste indipendentemente. Quindi non ci sono non sé grossolani o sottili dell’individuo e dei fenomeni. Quando questi sono realizzati, allora si arresta l’ignoranza. Sono cose che prima devono essere sapute, quindi studiate, una volta comprese devono essere meditate a lungo. Questo in breve è ciò che viene insegnato nel buddismo.
Ven. Ghesce Yesce Tobden: Il dharma è o non è un metodo per raggiungere la felicità ed eliminare la sofferenza?
Studenti: Si
Ven. Ghesce Yesce Tobden.: Allora qualcuno sa dire come mai?
S: Perché elimina la sofferenza
Ven. Ghesce Yesce Tobden.: Appunto, come mai può eliminare la sofferenza e dare la felicità?
S: perché la sofferenza si elimina attraverso la chiarezza, la conoscenza e l’amore verso gli altri, di conseguenza porta alla chiarezza completa, all’illuminazione.
Ven. Ghesce Yesce Tobden.: Bene, come può la pratica del Dharma impedire rinascite infelici nel futuro?
Ven. Ghesce Yesce Tobden.: Abolendo il Karma, perché praticando il Dharma non si creano azioni negative.
Ven. Ghesce Yesce Tobden.: Allora sì, è proprio così: attraverso la pratica del Dharma uno abbandona le azioni negative, che sono la causa delle rinascite infelici, per cui non ci sarà modo di avere questo tipo di rinascite. E in che modo si può, attraverso la pratica arrivare alla liberazione dal Samsara? La Liberazione dalla sofferenza?
S.: perché porta alla chiarezza e considerando le vite passate porta a togliersi da questo ciclo continuo di rinascite nel Samsara.
Ven. Ghesce Yesce Tobden.: E la causa della sofferenza qual è?
S.: i difetti mentali, il loro insieme.
Ven. Ghesce Yesce Tobden.: Bene e come mai questi difetti mentali possono essere eliminati?
S.: Perché non sono permanenti.
Ven. Ghesce Yesce Tobden.: Si questa è una ragione, appunto, in quanto sono impermanenti è possibile che ci sia una fine. Però, per poter spiegare meglio, si può considerare il fatto che questi difetti mentali sono dei tipi di menti errate, ciò significa menti che non si accordano con quella che è la vera realtà delle cose, sono modi di pensare sbagliati.
S.: Misurare il tempo è sbagliato? Le ore, i minuti, porre dei limiti…
Ven. Ghesce Yesce Tobden.: non è un difetto, non è sbagliato perché contare i minuti, le ore, non è una mente errata, cioè affermare vera una cosa non vera. I difetti mentali principali sono gli aspetti mentali negativi che sorgono nella mente (odio, attaccamento, l’ignoranza). La causa principale di tutti i difetti mentali è quella coscienza errata dell’Io, questo pensare continuamente a un Io, come se questo Io fosse una cosa esistente indipendentemente, permanentemente. Ciò prova che cerchiamo, che abbiamo attaccamento verso quelle persone e cose che sembra facciano bene a questo supposto Io e così pure ad avere odio, avversione verso quelle persone o cose che sembra facciano male a questo supposto Io. Ecco che la mente comincerà a non essere più pacifica e ad avere distinzione tra amici e nemici, ad avere odio verso alcuni e attaccamento verso altri: da questo derivano tantissimi problemi.
Ancora una domanda: una volta raggiunta l’assenza della sofferenza, eliminando tutti i difetti mentali, e raggiungendo la propria felicità, il Nirvana, possiamo fermarci?
S.: No, si deve passare allo stadio successivo, quello di aiutare gli altri. Non ci possiamo considerare realizzati da soli, cioè proprio perché non esiste un io individuale.
Ven. Ghesce Yesce Tobden.: Si, è così. Per poter generare Compassione ed Amore verso gli esseri, cosa bisogna fare prima?
S.: Considerare come gli esseri sono stati nostra madre, e per prima cosa l’equanimità.
Ven. Ghesce Yesce Tobden.: Si prima l’equanimità verso tutti, poi riconoscere come la propria madre, ricordarsi della loro gentilezza, quindi amore e compassione, e dopo? Generare il desiderio di essere proprio noi stessi ad aiutare gli esseri a raggiungere la felicità, e proprio noi stessi a liberarli dalla sofferenza e poi’ dopo aver deciso di essere noi stessi a fare questo cosa c’è?
S.: Ci si accorge che non siamo in grado di farlo.
Ven. Ghesce Yesce Tobden.: Bisogna decidere che per essere in grado di aiutare gli esseri bisogna per forza raggiungere lo stato di un Buddha, perché è lo stato in cui si può far del bene a tutti gli esseri, è la situazione migliore: per poter far questo si praticano le 6 Paramita (generosità, concentrazione, pazienza, sforzo entusiastico, moralità, saggezza). Va bene, sembra che abbiate capito e di questo vi ringrazio. Comunque voi siete tutti quanti molto giovani, per cui avete molto tempo, siete intelligenti, avete molte possibilità. Quando siete qui, cercate a volte di trovarvi insieme, di discutere, di dibattere, ed in futuro, quando ci saranno altre occasioni, in altri posti in Italia o all’estero, dove ci sono Lama Tibetani, potete andare e seguire altri insegnamenti per conoscere e sapere qualcosa di più. Il Dharma è un ottimo metodo per risolvere i propri problemi e per poter aiutare gli altri a risolvere i loro. E’ anche il metodo migliore per poter far sorgere e generare un buon cuore, per poter essere buoni con tutti, generando amore e compassione. Per oggi basta, e questa sera ci sarà una nuova sessione e vorrei parlare della concentrazione.
S.: Prima ha accennato al Tantrismo, può dire qualcosa di più?
Ven. Ghesce Yesce Tobden.: E’ un metodo rapido per raggiungere l’illuminazione, una specie di scorciatoia. Prima bisogna ricevere l’Iniziazione e poi praticare bene gli insegnamenti: così raggiungi l’Illuminazione in fretta. S.: Prima ha parlato di che cosa è il non io che noi intendiamo, non sé… non ho capito
Ven. Ghesce Yesce Tobden.: l’Io non è una cosa che esiste di per se stessa, è più un’idea che ha come causa una tua proiezione mentale.
S.: ho capito, quindi non esiste…
Ven. Ghesce Yesce Tobden.: quindi non esiste, ma esiste come idea,
S.: ma non come realtà?
Ven. Ghesce Yesce Tobden.: ma non come realtà
S.: Quindi, come idea, potrebbe essere anche sbagliata, potrebbe essere superata?!
Ven. Ghesce Yesce Tobden.: Esatto, esatto, infatti è un’idea errata.
Fonte http://centrolamatzongkhapatv.it/pdf/LamRim_GhesceYesceTobden1979.pdf che si ringrazia infinitamente per la sua grande gentilezza.