10 – Il Karmapa: La Preghiera in Sette Rami è tutta la pratica.

S.S. Karmapa: La richiesta al Buddha di girare la ruota del Dharma è il rimedio contro l'illusione, l'ignoranza.

La Preghiera in Sette Rami è tutta la pratica. Nuove emanazioni di Tseringma.

29 Gennaio 2016. Monastero di Tergar, Bodh Gaya, Bihar, India Appunti ed editing del Dr. Luciano Villa, revisione di Graziella Romania e dell’Ing. Alessandro Tenzin Villa nell’ambito del Progetto “Free Dharma Teachings” per il beneficio di tutti gli esseri senzienti. Ci scusiamo per i possibili errori ed omissioni.

Sua Santità il Karmapa

Dopo tre giorni di pratica di Karma Pakshi e Tseringma, ricomincio gli insegnamenti sul Prezioso Ornamento della Liberazione. Ho iniziato con una trasmissione orale a partire dal Settimo Argomento, la Cerimonia, ed all’interno di questa, la Preparazione, che ha sei parti. Oggi parlerò della sua prima parte: Fare Offerte.

Il punto chiave di tutte le pratiche è quello di incrementare l’accumulazione di meriti e di purificare le negatività e le oscurazioni. Non c’è pratica che non sia inclusa all’interno di queste due. Per raccolta delle accumulazioni, s’intende la raccolta di tutte le condizioni favorevoli per lo sviluppo del percorso spirituale all’interno degli esseri. Purificare le negatività ed oscurazioni significa eliminare le condizioni che contrastano con lo sviluppo del percorso interiore.

Ad esempio come si sviluppa la bodhicitta? Raccogliendo le condizioni favorevoli per il suo sorgere e pacificando od eliminando qualsiasi ostacolo al suo sviluppo.

Se si aggiungono le prostrazioni, all’inizio, le sei parti della sezione di Preparazione sarebbero equivalenti alle Sette Parti della Preghiera in Sette Rami: (0) prostrazioni, (1) fare offerte, (2) confessare gli errori del passato, (3) rallegrarsi delle virtù altrui, 4) chiedere al Buddha di insegnare il Dharma, (5) supplicare i Buddha di non abbandonare il mondo, e (6) dedicare le radici della virtù. Questa Preghiera in Sette Rami racchiude tutte le pratiche di accumulo e purificazione.

Dal momento che questa preghiera è così spesso recitata, si potrebbe illusoriamente credere che sia facile e semplice, senza renderci conto del suo valore ed importanza.

In primo luogo vediamo il lignaggio della preghiera, che proviene dalla tradizione dei sutra ed appartiene al Mahayana, all’interno del quale si trova un sutra chiamato Gandavyuha. Questo sutra contiene un capitolo noto come l’Aspirazione all’Eccellente Condotta, che offre la presentazione più chiara della Preghiera in Sette Rami.

Per illustrare il mio punto di vista sullignoranza a partire dalla Preghiera in Sette Rami vi racconto ora una storia tratta dalle opere raccolte del XIII Karmapa. Sembra che il Karmapa ed un ex maestro di disciplina di nome Gyaltsen, che non era molto istruito, ma amava dare risposte, andarono in pellegrinaggio su una montagna sacra alla base della valle dove sorge il monastero di Tsurphu. Questa montagna è sede di un luogo isolato in cui il Terzo Karmapa Rangjung Dorje praticò in una grotta con i suoi discepoli, ottanta dei quali divennero maestri realizzati. Così il Tredicesimo Karmapa disse a Gyaltsen: “Dal momento che siamo arrivati in un luogo sacro, si dovrebbe cantare la Preghiera in Sette Rami.”

“Che cos’è?” Chiese Gyaltsen.”

È l’inizio della Nobile Aspirazione per l’Eccellente Condotta” rispose il Karmapa e recitò le prime righe per ricordare a Gyaltsen: “Mi prostro a tutti i Buddha infiniti quanti sono …”.

“Oh, se inizio da quel punto” rispose Gyaltsen, “continuerò senza mai finire. Non c’è qualcosa di più breve?” (Il Karmapa ipotizzò che Gyaltsen non avesse memorizzato il testo.)

“Bene”, disse il Tredicesimo Karmapa, “si potrebbe dire l’ultimo verso, ‘Qualunque merito anche di poco conto abbia raccolto …'”.

Non siamo forse ignoranti circa la preghiera in Sette Rami? Quante volte abbiamo recitato la Nobile Aspirazione per l’Eccellente Condotta senza sapere che i primi versi sono in realtà la preghiera in Sette Rami? Sembra che stiamo semplicemente ripetendo delle parole senza conoscerne bene il significato.

Per quanto riguarda la preghiera stessa è possibile vedere tutti i Sette Rami come offerte. I primi due rami, rappresentano le prostrazione ed il fare offerte, sono offerte fisiche, gli ultimi cinque sono un’offerta della pratica. Ci sono molti altri modi di categorizzare i Sette Rami. Essi possono essere condensati in quattro aspetti: (1) raccolta delle accumulazioni, il che racchiude (1a) le prostrazioni, (1b) le offerte, (1c) la richiesta ai Buddha di conferire insegnamenti, e (1d) la richiesta di non abbandonare il mondo samsarico; (2) la purificazione delle negatività e delle oscurazioni, il che è la confessione; (3) l’incremento delle nostre virtù, il che è il rallegrarsi; e (4) rendere la nostra virtù inesauribile, il che è la dedica. Ancora più condensata è la sintesi in due aspetti: (1) di purificazione, che è la confessione e (2) l’accumulo di meriti, che sono i rimanenti sei rami. Inoltre, vi è un modo per praticare in modo che in ciascuno dei sette rami, l’accumulazione e la purificazione siano completi. Ad esempio, le prostrazioni, come tutti sanno, sono un accumulazione di meriti. Sono anche un antidoto contro l’orgoglio.

Ho riflettuto su questo, pensando a chi aveva completato le 100.000 prostrazioni delle pratiche preliminari. Ed è possibile che l’orgoglio non sia affatto diminuito, ma aumentato, quando c’è qualcuno di costoro che pensa con un certo orgoglio: “Sono uno che ha fatto le 100.000 prostrazioni.” Quindi dovremmo osservare e vedere se il nostro orgoglio è cresciuto o meno. In realtà, l’orgoglio ha due aspetti: il primo è una sorta di presunzione gonfiata, in cui siamo tutti gonfi di noi stessi, ed il secondo è il distacco di quando si guarda gli altri. Con un atteggiamento come questo, non stiamo accumulando meriti, ma misfatti. Invece di concentrarsi sulle nostre realizzazioni, dovremmo concentrarci sul l’oggetto della nostra prostrazione. Perché ci si prostra? È per mostrare rispetto mettendo a terra i cinque punti principali del nostro corpo, mentre stiamo concentrati sulle qualità ammirevoli della persona a cui ci prostriamo, la cui eccellenza è così meravigliosa che carpisce naturalmente la nostra piccola mente; restiamo affascinati solo pensando a questa persona e siamo in grado di nutrire un rispetto profondo e vero. Questo pieno rispetto è mostrato immaginando di toccare terra con la nostra testa, la parte più alta del nostro corpo, ponendola ai suoi piedi, alla parte più bassa del corpo della persona verso cui mostriamo rispetto. Nel momento in cui lo facciamo, siamo anche pieni di gioia, per leccellenza che intravediamo. Le prostrazioni possono essere comprese in tre modi: col nostro corpo, la parola o la mente. Le prostrazioni fisiche che facciamo col nostro corpo le conoscono tutti. Ci sono anche differenze tra i vari paesi e tempi. Anche le quattro tradizioni principali in Tibet hanno dei modi di prostrazione leggermente diversi. Le prostrazioni attraverso la nostra parola si riferiscono alla lode verbale e tributo che facciamo per celebrare le qualità positive di un maestro. Le prostrazioni con la nostra mente significano mostrare un profondo rispetto ed una grande sensazione di fede nella persona a cui ci stiamo prostrando. Quando facciamo unautentica prostrazione, le nostre menti sono colme dautentico rispetto.

Come ci possiamo discostare da questi veri e propri modi di prostrazione? Dal punto di vista del corpo, potrebbe accadere seguendo solamente delle consuetudini, le convenzioni che ci sono state tramandate, senza provare alcuna sensazione reale. Questo è il più grande pericolo per le religioni: una successione di memorie di tradizioni senza alcuna connessione esperienziale o emotiva loro connessa. Vuol dire che non conosciamo la natura di ciò che stiamo facendo.

In termini dei nostri discorsi, dovremmo verificare che si parli delle qualità altrui o dei loro difetti. Se parliamo solo dei difetti degli altri, le nostre prostrazioni non sono andate a buon fine. Non lo erano infatti quando il nostro orgoglio si gonfia. O se, vedendo le qualità degli altri, non sorge naturalmente in noi rispetto e gioia. Per quanto riguarda la mente, le prostrazioni sono finalizzate a trasformare la nostra mente. Sono un mezzo per diminuire il nostro orgoglio, in modo che il Dharma può svilupparsi dentro di noi. Se le facciamo con dei dubbi o semplicemente come un esercizio per metterci in forma, non è quello che si cerca nel contesto dei Sette Rami. Qui, si tratta di cambiare le nostre menti, di sviluppare il nostro bodhicitta. Anche in sanscrito, il termine indicante le prostrazione, Namaha, significa, in primo luogo, “rispetto”, sottolineando la comprensione delle prostrazioni come il mostrare rispetto attraverso il nostro corpo, la parola e la mente, e con quest’ultima è la più importante.

Dal momento che facciamo tutti i giorni le prostrazioni, vi consiglio di farle con la consapevolezza del loro significato, come spiegato negli insegnamenti. La Preghiera in Sette Rami funziona come un antidoto contro le afflizioni.

Le prostrazioni sono un antidoto contro l’orgoglio, così l’ulteriore rallegrarsi contrasta l’invidia e la richiesta al Buddha di dare insegnamenti contrasta l’illusione (o ignoranza). Parlando di questi due, i maestri del passato hanno detto che stiamo vivendo in tempi degenerati quando le condizioni favorevoli sono poche mentre sono molte le condizioni ostruenti. Pertanto, quando una sola persona esprime anche un solo pensiero virtuoso, dobbiamo gioire ed essere gioiosi, considerandola come un gioiello fresco e vivo del Dharma. Dobbiamo imparare a pensare in questo modo. Altrimenti, la nostra presa di rifugio consiste solo nel metterci in bocca delle parole.

Se non abbiamo accumulato una gran quantità di virtù non possiamo rallegrarci degli altri, sarebbe come chiudere l’accesso al nostro archivio di attività positive. Così, quando vediamo delle azioni virtuose, è importante gioire ed esserne felici.

La richiesta al Buddha di girare la ruota del Dharma, il sesto ramo, è il rimedio contro l’illusione, l’ignoranza.

Quando il Buddha fa girare la ruota del Dharma elimina la nostra ignoranza di cosa fare e di cosa non fare. La nostra fede cieca diventa fede fondata su presupposti validi. Ma la sola supplica non basta, perché dobbiamo anche studiare e praticare. In caso contrario, il vantaggio è minimo. Dovremmo sapere perché stiamo supplicando il Buddha a darci insegnamenti. Il che dovrebbe dipendere dal fatto che abbiamo una gran voglia dimparare e di connetterci con essi nel profondo. Non sarebbe giusto chiedere gli insegnamenti e poi semplicemente metterli da parte. Se effettivamente pratichiamo ciò che il Buddha ha insegnato, diventerà un antidoto contro la nostra ignoranza. La preghiera in Sette Rami incarna tutte le pratiche di raccolta di accumulazione così come purificare i misfatti e le oscurazioni. Tutti i principali punti della pratica sono qui presenti, in modo che i contenuti dei Rami sono facili da coinvolgere e facilmente apparibili nelle nostre menti. Dovremmo fare questa pratica con gran gioia ed interesse reale.

Nel corso degli ultimi giorni, grazie all’impegno delle monache, la vasta pratica di Tseringma per la lunga vita di Sua Santità il Dalai Lama è andata molto bene. Vorrei creare un grande monastero, un “densa”, il termine usuale per un importante centro monastico o residenza principale di un importante lama. E faccio riferimento alle monache come tsunmo, un termine rispettoso che significa “venerabile”, piuttosto che usare il termine ani, che significa “zia”, ​​che è stato diffuso in passato. Circa la recente pratica di Tseringma, è la prima volta che le monache erano impegnati tutte insieme in una grande pratica di Dharma e spero che continuino ogni anno a fare questa vasta pratica di Tseringma: una protettrice speciale ed anche una detentrice del lignaggio degli insegnamenti di Milarepa. Durante la pratica di Tseringma ho espresso l‘aspirazione che grandi esseri fossero disponibili in forma femminile per essere leader delle monache. In Tibet ci furono molti studiose e maestre donne, anche se in questi giorni non sappiamo molto su di loro. Si spera che in futuro, quando gli insegnamenti si diffonderanno, ci siano dei grandi esseri: donne con le qualità di essere dotte, venerabili, di buon cuore e che si prendano cura degli insegnamenti. Questo è importante, non solo per le monache, ma per tutti gli esseri viventi. La mia speranza, la mia aspirazione, è che ciascuna delle cinque sorelle Tseringma invii unemanazione come monaca per sostenere gli insegnamenti. Forse sono troppo audace, ma potrebbe essere semplicemente possibile. Ho incoraggiato le monache a tenere la vasta pratica di Tseringma ogni anno e ricordo l’importanza di Tseringma per il lignaggio tracciando un parallelo tra il Buddha e Milarepa. Verso la fine della vita del Buddha ci fu un dibattito sul modo migliore per preservare gli insegnamenti. Si pensò che potessero essere affidati agli umani, ma questi sono di breve durata e gli insegnamenti devono durare a lungo.

D’altra parte, potrebbero anche essere affidati agli dei, che hanno una lunga vita, ma sono infinitamente distratti dai piaceri dei sensi e potrebbero non essere in grado di preservare gli insegnamenti. La conclusione fu di affidare gli insegnamenti sia ad un essere umano, il grande reggente Kashyapa, e anche ai quattro grandi re che vivevano nei reami superiori. Milarepa stava seguendo gli insegnamenti del Buddha quando, per sostenere i suoi insegnamenti, similmente nominò Gampopa come umano e la dea Tseringma. Fonte https://www.sangye.it/altro/?p=7545