5 – Lama Denys Rinpoce: “La Piena Presenza” 14 – 21 maggio 2016.
Appunti ed editing del Dr. Luciano Villa e di Graziella Romania, nell’ambito del Progetto “Free Dharma Teachings” approvato da Sua Santità il Dalai Lama per il beneficio di tutti gli esseri senzienti. Ci scusiamo per qualsiasi errore od omissione.
Giovedì 19.05.16 Pomeriggio. Lama Denys Rinpoce.
Molti hanno difficoltà a relazionarsi con gli altri. Noi tutti abbiamo un fondo buono che, col tempo, si è velato con tutto ciò che abbiamo vissuto. In noi c’è un nucleo arcaico che con la vita è stato coperto da tutta una serie di strati a cipolla che fanno di noi quel che siamo ora. L’addestramento all’empatia è rivolta alla compassione, sopratutto verso se stessi, od alla benevolenza verso sé stessi. Abbiamo la tendenza costante ad essere in lotta con alcune parti di noi che tendiamo a rifiutare. Abbiamo la tendenza ad occultare la nostra ombra od il nostro lato oscuro. Di noi c’è un lato luminoso ed uno oscuro, uno divino ed un altro demoniaco. Per stabilire una buona relazione con noi stessi dobbiamo prender atto della ns componente più difficile, i nostri blocchi più forti. E ce ne possono essere diversi d’importanti, ma si tratta di cogliere il problema, il più importante.
Lo possiamo chiamare il nostro demone ovvero ciò che ci possiede.
Assumiamo la postura di meditazione, disponete un cuscino di fronte a voi. È il demone che ci abita, prendiamo la sua presenza, la sua realtà. È una presenza che evochiamo, invitandolo a sedersi proprio di fronte a noi, l’accogliamo. Invece di sfuggirlo, invece di scappare perché impauriti, lo invitiamo. E lasciamo che prenda la forma che gli compete. Il punto è sentire l’intensità della sua presenza che è lì di fronte a noi. Al nostro, a questo questo demone domandiamo: “cosa vuoi, che cosa può appagarti, che cosa posso offrirti per appagarti?” Dopo avergli posto questa domanda nel modo più sincero e con la massima benevolenza e ci sediamo al suo posto. Ed una volta che ci sentiamo al suo posto allora possiamo rispondere a questa domanda. Sentendo d’essere il nostro demone, lo lasciamo andare, esprimere, ho bisogno di … Lasciamo che, attraverso la nostra bocca, il nostro demone possa esprimere la sua rabbia e mancanze, nel pieno della sua libertà. Ed ascoltiamo, rimaniamo nell’ascolto di tutti i suoi bisogni e rimaniamo nell’ascolto profondo. Riprendiamo il nostro posto originario col demone che resta lì di fronte a noi. E nell’aperto il nostro corpo viene colpito da un oceano di luce illimitata, da cui partono flussi di luce e cibo che nutrono il demone, un nutrimento illimitato, tutto ciò che ha chiesto. Questo flusso di luce diventa cibo che nutre il demone colmando tutte le mancanze che ha espresso. Così questi doni hanno finito per riempirlo, colmarlo. Così il demone può trovare soddisfazione di tutti i suoi bisogni mancanti fino ad esserne completamente sazio. E quando il demone è finalmente sazio e pieno è soddisfatto, così si dissolve e noi rimaniamo completamente nell’aperto mollando la presa.
Partecipante. Del mio demone sono rimasti solo gli occhiali.
Lama Denys Rinpoche. Se li sarà dimenticati!
Partecipante. Non credo proprio, perché è un demone consapevole.
Partecipante. È stato un esercizio molto difficile, man mano che lo facevo sentivo dei dolori alla pancia, ed era come se la pancia mi parlasse.
Lama Denys Rinpoche. Lascia pure la tua pancia al tuo demone.
Partecipante. Poi ho avuto una sensazione come di schifo e non sono riuscita a parlarmi.
Lama Denys Rinpoche. Il demone soffre perché gli manca qualcosa, si tratta di liberarlo dandogli ciò che gli manca.
Partecipante. Mi diceva, è inutile che gli attribuissi delle responsabilità perché ero io che l’avevo inventato e quindi di smetterla.
Lama Denys Rinpoche. Continua in questa direzione, senti, dimmi tutto quel che vuoi, che te lo darò, ma dimmelo.
Partecipante. Credo d’essermi affezionata al mio demone, perché mi fa fare molte brutte figure, ma mi è venuto spontaneo abbracciarlo perché mi faceva veramente pena. Così lo volevo tenere vicino, consolarlo.
Lama Denys Rinpoche. Si tratta proprio di sentirne i bisogni, d’offrire tutto quel che vuole.
Partecipante. Non riuscivo ad immaginare il demone ma vedevo me stesso.
Lama Denys Rinpoche. Va bene, sei nella giusta direzione. All’inizio dell’esercizio vi avevo esortato ad invocare la vostra massima difficoltà ed è questo il vostro demone. Si tratta d’accettare noi stessi e a liberare il nostro lato oscuro.
Partecipante. Anch’io l’ho sentito troppo vicino.
Lama Denys Rinpoche. Riprovando a fare l’esercizio si può far si che riesca meglio. È bene farlo regolarmente, spesso. Quando comprendiamo questa dinamica diventa un modo molto efficace per liberarci da tutte le fissazioni. È proprio ricorrendo alle risorse illimitate della luce, facendogli dei doni, possiamo dimostrare la nostra capacità di farlo.
Partecipante. Mi ha chiesto di non fargli più doni, di non aiutarlo più.
Lama Denys Rinpoche. Dagli la tranquillità, la pace, la capacità di rimanere tranquillo. Si tratta di pacificare la lotta interiore.
Domanda. C’è qualcosa di buono e d’utile nel pacificare il demone, ma non rischiamo di trattenerlo?
Lama Denys Rinpoche. Il demone è l’espressione di lotta e paura. Oltrepassando il rifiuto e rigetto subentra la liberazione. Darsi ed abbandonarsi.
Partecipante. La visualizzazione dei demoni mi risulta difficile e sono stati i demoni, il lato oscuro a prendersi cura di me.
Lama Denys Rinpoche. Molto bene. Tu stai in entrambe le parti.
Partecipante. È un problema forte. Soddisfare le richieste è il problema.
Lama Denys Rinpoche. Controllare un’emozione, ma non bloccarla, lasciarla esprimere e liberarla. Anche nel dolore è lo stesso meccanismo, meglio lasciarlo andare che rifiutarlo. Occorre riconoscere ed accogliere l’emozione, ascoltarla, soddisfarla, ma non rifiutarla, né respingerla.
Parliamo ora dello stress. La mindfulness è molto conosciuta come strumento di riduzione dello stress. Per questo è sorta la MBSR mindfulness based stress reduction. Lo stress è una reazione alle sollecitazioni dell’ambiente, c’è uno stress positivo ed uno negativo. Il primo è l’eustress, una spinta, sollecitazione che ci spinge a rispondere ai fattori esterni, ed è bene che ci sia. Quando la richiesta è al punto di non riuscire a soddisfarla allora crescee nasce lo stress negativo. Come la mindfulness agisce sullo stress, che comunque non sta tanto nelle situazioni in sé, ma come ci relazioniamo, la stessa situazione può essere stressante per una persona ed esserlo meno o per nulla per un’altra. La relazione è tanto più stressante quanto più c’è una forte fissazione o di presa. Lo stress viene dall’afferrare e dalla fissazione. La non fissazione ed il lasciare la presa, abbandonano, allentano lo stress. In teoria non è molto complicato. Ma se non comprendiamo la teoria non comprendiamo la pratica. Abbiamo compreso l’apertura in quanto mollare la presa, che conduce alla liberazione dello stress.
Formula: stress – (s) = esperienza (e) x (s) afferrare.
Nella parola stress c’è un accezione molto ampia. In quella più vasta è malessere. Quando c’è una reazione negativa con qualcosa nasce reazione di rifiuto, tanto che stress e malessere sono la stessa cosa. Stresso come dukka o disarmonia, sofferenza.
Stress come sofferenza che viene dall’attaccamento, all’afferrarsi, alla presa. Quindi la liberazione dalla sofferenza è mollare la presa. Seguendone la logica, se la presa = 0, anche la sofferenza scompare, è la formula dello stress, della sofferenza, ma anche della loro liberazione. Molte sono le strategie contro lo stress, alcune sono d’evasione o con l’uso di sostanze, alcool ecc.
Domanda. Anche quando la vita non dipende da noi? Orari sballati?
Lama Denys Rinpoche. Non è necessariamente in sé stress il non avere orari, perché anche in vacanza non li abbiamo. La caratteristica dello stress è di sentirci sotto pressione. È una relazione disordinata, disorganizzata riguardo alle domande della vita. La piena presenza ci permette d’affrontare le cose in modo aperto, così, invece d’essere governati da una sorta di pilota automatico, possiamo trovare il modo di affrontare le cose in modo sereno ed armonico.
Domanda. Come aiutare chi assolutamente s’identifica col suo problema?
Lama Denys Rinpoche. Mai dire “Molla la presa”, ma funziona se la persona si vede ed inizia a sentire, invece di pensare, con lo spirito del principiante.
La piena presenza permette di vivere tranquillamente tutte le situazioni. Ma non si tratta di combattere lo stress, ma di liberarlo, così, quando la sofferenza è liberata, tutte le situazioni diventano benefiche, quindi è la felicità.
Domanda. Lasciando la presa: non è come disinteressarsene? Fregarsene?
Lama Denys Rinpoche. È ben possibile un deviazione verso l’indifferenza, una forma di blocco sottile. Ma è un buon piano per chi è pronto a morire. Qualsiasi sia la nostra condizione, se siamo aperti all’idea che possiamo morire: non è negativo, anzi. Al fondo della presa, in fondo all’afferrarsi v’è la paura. In primis v’è la paura della morte, la paura della perdita fondamentale: di morire. A volte non ci si rende conto che ciò che sottende l’afferrare è la paura, l’atteggiamento di presa.
La fiducia e la non paura vanno di pari passo. La fiducia non è una credenza ma ciò che consente d’abbandonare, di lasciare, perciò la fiducia è associata alla non paura. La paura sottende la presa, mente la fiducia è un modo per superare la presa. Fiducia nell’aperto, alla bontà fondamentale che tutti hanno naturalmente nell’aperto. Integrazione nella situazione speciale del giorno. Abbiamo già visto delle situazioni particolari nel modo moderno, ma un richiamo speciale è dato dal telefono. Fate un’inspirazione, e quando rispondete al telefono dite gentilmente: pronto. Ma usate una suoneria che per voi sia un richiamo, ad esempio la minfulness bell.
Venerdì 20.05.16 mattino
Oggi pratichiamo la meditazione da seduti ed in azione.
Realizziamo la piena presenza mangiando, camminando, nella relazione con gli altri, l’ambiente. Presentazione dell’addestramento nei due mesi seguenti. Revisione di quanto abbiamo visto finora e preparazione a quanto abbiamo da fare.
Illustrazione dello svolgimento d’una sessione.
Aperture,
1 OM AH HUNG sperimentare la piena presenza di corpo respiro e mente
2 motivazione altruista.
3 entrare nella postura, stiramenti
4 le tre respirazioni complete lenta e profonda,
5 le tre A: apertura panoramica e rilasciamento all’aperto, incorporazione, integrazione all’esperienza così com’è. Semplice presenza dell’istante o d’istantaneità.
6 la sensazione continua del respiro nello sguardo panoramico, nell’apertura panoramica sentire continuamente la respirazione.
7 seguire l’espirazione nello stato d’apertura, sgombra dallo sguardo panoramico – tornare alla sensazione del respiro nell’apertura panoramica e nel rilascio. Partiamo da un attenzione nel continuo e rilasciamo quindi l’apertura in un modo più puntuale.
8 Restare semplicemente in quest’apertura rilasciata, aperta, chiara, senza presa, così com’è.
9 alternare 6-7-8 secondo le circostanze.
10 accogliere, offrire in conclusione.
11 dedica altruista, dedicandola al bene di tutti senza eccezione.
Venerdì 20.05.16 pomeriggio
La noia non è un cattivo segno, anzi, potremmo dire che è un passaggio necessario per liberarci dalle dipendenze. È un segno dell’addestramento. Siamo dipendenti dalle distrazioni, ne siamo drogati, appena riduciamo questo carico d’attenzione tendiamo subito a fare qualcosa. La disciplina è molto importante. In ogni disciplina c’è bisogno di disciplina, necessita d’un addestramento basato sulla disciplina, qui è la non distrazione basata sul richiamo e la pazienza. La possiamo coltivare ad esempio, praticando sempre ad un certo orario. Nella contemplazione nella camminata ricordate sempre la nuda contemplazione sull’oggetto astratto, contemplando oggetti vicini o lontani. È importante ricordarsi di brevi richiami ripetuti frequentemente.
La piena presenza nell’azione.
Spesso la meditazione sembra un che d’inattivo. È pur vero che quando si medita non si fa nulla, si rimane immobili. La piena presenza è il fondamento per le arti marziali. È uno stato di piena presenza senza paura e completamente ricettivi e disponibili, al 100% nell’istante presente, 100% in ciò che è e si fa nell’istante presente. Normalmente non siamo nell’istante presente. Anche se siamo qui presenti stiamo rimuginando fatti passati o proiettati in fatti che devono ancora avvenire. La piena presenza nell’azione è essere presente al 100% nell’istante presente a ciò che la situazione è e richiede. La piena presenza è il luogo dove emergerà la creatività, l’intuizione immediata. È lo stato in cui usciamo dai ns schemi abituali e siamo disponibili, anche all’inatteso, al nuovo. L’essere nell’istante presente è il nowness, che esprime bene: ora, adesso, in una qualità di freschezza, d’apprendere bene le cose nell’istante presente, in cui c’è maggiore efficacia ed adeguatezza nell’agire. Ma non si tratta d’una produttività mercantile. E può anche essere un modo per essere più produttivi in qualsiasi contesto. Ma qui si parla d’un atteggiamento di libertà da ogni idea preconcetta, idea mentale. La pratica della piena presenza è una pratica fondamentalmente anarchica, anarchia fondamentale, libertà fondamentale nell’istante presente. Libertà, felicità nell’istante presente.
Partecipante. È molto motivante raggiungere questo stato di libertà!
Lama Denys Rinpoche. Viva la libertà! Libertà, uguaglianza, solidarietà!
La pratica della piena presenza è il mezzo per raggiunge l’autentica libertà e felicità. Cosa intendiamo per libertà? Dall’ego! Lo stato di presenza istantanea, che è nuova in ciascun istante, che è talmente istantanea che si spoglia persino del tempo. Questa libertà è ciò che abbiamo evocato nello spazio tra stimolo e risposta. In questo stato abbiamo armonia benessere felicità. Questo è l’ultimo atteggiamento, che è gioioso: di felicità e benessere, di felicita altruista. W la rivoluzione altruista.
Programma quotidiano: mattino motivazione ed alla sera il bilancio ed il diario. La mattina con la determinare ricordiamoci i vari aspetti che praticheremo la giornata con motivazione. La sera, la retrospettiva, bilancio e diario. Se il diario lo trovate complicato, semplifichiamolo. Ogni giorno 4 criteri: sessioni da seduti annotare il tempo, 3 altri criteri corrispondenti ai 3 tipi di richiamo, richiamo alle circostanze particolari, piccole pause ed apprendimento istantaneo. Annotare si, no, molto, poco. Annotare qualitativamente sulla qualità dell’esperienza. Tutte le settimane fare un bilancio desunto dalla sintesi settimanale. Molto proficuo, alla fine d’ogni settimana inviare i risultati settimanali al facilitatore, in modo da verificare insieme. È inoltre molto utile ritrovarsi insieme almeno una volta la settimana, in modo da praticare insieme. Seguendo la progressione delle 8 tappe che abbiamo visto. Finite le 8 settimane di pratica le si possono riprendere in modo più approfondito. Alla fine delle 8 settimane ci si può ritrovare per un bilancio finale. Quindi si può continuare con contesti di ritiro.
Sabato 21.05.16 mattino giorno del Vesak, della nascita dell’illuminazione e del paranirvana del Buddha.
Corretta motivazione è quella che esce dal cuore, che il cuore considera la sua. Motivazione che comprende i benefici ed utilità della pratica. Scrivere sulla base di quanto appreso: ne comprendo l’importanza e m’impegno a metterlo in pratica.
È una motivazione che concerne la pratica di queste 8 settimane, continuando a praticare con assiduità, nonostante l’avvento di vari problemi.
Il sigillo della nostra motivazione.
Considerazioni e consiglio finale.
Potrete essere seguiti in questi 2 mesi d’addestramento. 4 criteri principali, 3 tipi di richiamo e motivazione.
La pratica di mindfulness si sta sviluppando molto in Europa, il che è un’ottima cosa, è il modo migliore per trasmettere l’essenza del darma, l’esperienza, senza parlarne in modo complicato. La meditazione: perché funziona? Non è una mia frase, ma il titolo di un settimanale molto importante in Francia.