Molto tempo fa una lepre gentile viveva in una foresta, famosa per offrire rifugio ad asceti e saggi. Questa foresta era un luogo magnifico: i fiori i frutti e i rampicanti crescevano rigogliosi e un fiume dalle profonde acque azzurre scorreva tranquillo in mezzo agli alberi. Il Bodhisattva, in forma di lepre, viveva vicino alla sponda del fiume con tre amici, una lontra, una scimmia e uno sciacallo.
La lepre era considerata dai suoi amici quasi come un re ed essi pensavano che fosse superiore a ogni altro animale. Il Bodhisattva insegnava a loro e agli altri animali più piccoli, vivendo come un asceta. Anche i grandi predatori della foresta lo rispettavano e, senza cercare di divorarlo, ascoltavano i suoi insegnamenti come discepoli. Così la lepre viveva in pace e armonia con i suoi tre amici, e la sua vita virtuosa e la sua compassione per gli altri erano così grandi che la sua fama raggiunse il mondo degli dei. Una sera i tre amici andarono ad ascoltare il Bodhisattva predicare il Dharma. Mentre stavano seduti reverenti ai suoi piedi, la luna apparve tra i rami di un albero come un luminoso specchio rotondo e quando la lepre la vide, disse ai suoi compagni: – Guardate! La Luna con il suo volto quasi pieno ci sorride e ci ricorda che domani sarà il giorno della luna piena, il più sacro dei giorni Poya. Così domani dovremo compiere i riti prescritti. Non potremo nutrirci finché non avremo onorato il primo pellegrino che troveremo sulla nostra strada offrendogli del buon cibo, ottenuto nel giusto modo, cioè senza distruggere nessuna vita. La vita è breve come il lampo del fulmine, perciò state attenti a non distruggere nessun essere vivente. Voi dovete guadagnare ulteriori meriti con i vostri atti compassionevoli, che sono il fondamento del retto vivere. Il merito è la sorgente della felicità, perciò siate pronti a cogliere ogni possibilità di praticarlo. Lasciate la via dell’egoismo, perché lì vi aspettano disgrazia e disonore. Dopo queste parole i suoi amici lo lasciarono, salutandolo con gratitudine. Allora il Bodhisattva si fece pensieroso e disse a se stesso: -I miei amici possono trovare del cibo adatto per l’ospite che incontreremo domani, ma cosa posso fare per lui io, che non ho niente da offrire? Gli steli d’erba che costituiscono il mio cibo non sono adatti per nutrire gli uomini e gli animali carnivori. Che senso ha la mia vita se non sono in grado di sfamare adeguatamente un ospite affamato? Questo è un grande dolore per me! Ma perché dovrei essere triste? Non posseggo forse il mio corpo, che mi appartiene e su cui nessun altro può accampare diritti? Ora so come posso onorare l’ospite che attendo e come offrirgli la cosa migliore che posseggo. Donerò a un affamato il mio stesso corpo. Dopo questi pensieri ritornò alla sua tana, aspettando con gioia l’ospite che avrebbe incontrato il mattino seguente. Allora la terra stessa co-minciò a vibrare dalla gioia, i fiori sbocciarono intorno a lui, mentre un vento profumato lo accarezzava e le nuvole divennero di un meraviglioso colore rosato illuminando il Bodhisattva con l’ultima luce del giorno.
Anche gli dèi, che avevano ascoltato il suo voto, esultarono nel Devaloka e Sakra, il loro re, decise di mettere alla prova la lepre per vedere se realmente avrebbe sacrificato il suo corpo per un ospite affamato. Così il giorno seguente, a mezzogiorno, quando il sole scaglia i suoi raggi più ardenti e il cielo è così luminoso da non poter essere guardato, quando gli insetti cantano più forte e gli uccelli si nascondono nel folto degli alberi per trovare un po’ di fresco, nell’ora in cui la forza dei viaggiatori si esaurisce per il caldo e la fatica, proprio in quel momento Sakra si manifestò come un brahmano mendicante. Apparve nella foresta stremato dalla fame e dalla fatica e sedette sotto un albero non lontano del posto dove vivevano la lepre ed i suoi amici. Sospirando tristemente esclamò:
– Sono solo e mi sono perduto in questa giungla, così lontano dalla mia casa. Sto morendo per la fame e la stanchezza, non c’è in questa foresta un essere compassionevole che possa aiutarmi offrendomi ospitalità?-
I quattro amici, che stavano cercando un ospite affamato, udirono la preghiera del Brahmano e corsero velocemente verso l’albero sotto al quale riposava. Guardarono quello stanco pellegrino e dissero:
– Benvenuto! Benvenuto, onorato ospite. Non essere più triste e spaventato, perché noi ci prenderemo cura di tè come se fossimo i tuoi stessi discepoli. Accetta la nostra ospitalità per oggi, e domani potrai riprendere la tua strada.
Il brahmano acconsentì in silenzio e subito la lontra, con cuore felice, corse alla sua tana e tornò con sette pesci, che offrì all’ospite dicendo:
– Ho trovato questi sette pesci già morti sulle sponde del fiume. Non li ho nè pescati nè uccisi, perciò tu puoi accettare tranquillamente questo dono anche in questo sacro giorno di luna piena. Devono essere stati dimenticati da un pescatore o saltati da soli fuori dall’acqua. Prendili e placa la fame che ti sta uccidendo e poi riposa tranquillo.
Anche lo sciacallo ritornò con una lucertola morta e una ciotola di latte cagliato che erano stati abbandonati da qualche pellegrino non lontano da lì, proprio sul ciglio del sentiero. Chinandosi davanti al brahmano offrì i suoi doni e lo pregò di mangiare e riposare. Poi fu la volta della scimmia che disse:
-Onorevole ospite ti offro manghi maturi, acqua fresca e l’ombra del mio albero.
-Prendi i miei doni e passa con noi la notte.
Allora la lepre si avvicinò timidamente e infine, saltando davanti al pellegrino esclamò:
-Una lepre che vive nella foresta non ha riso ne legumi da offrire, però ti prego di accettare il mio corpo come dono dovuto all’ospite. Arrostita sul fuoco la mia carne ti sfamerà. Ti prego di accettare il cibo che ti offro e l’ospitalità per la notte.- Sakra, meravigliandosi che la lepre offrisse veramente il suo stesso corpo, rispose:
– Come potrei uccidere un essere vivente che si è dimostrato così amichevole? No, no.Vai in pace, io non posso accettare la tua offerta.
– Le tue parole dimostrano che sei un uomo compassionevole – replicò la lepre, – e che vivi seguendo i precetti che insegni. Però devi almeno concedermi di restare con te per trovare il modo di offrirti la mia ospitalità.
Sakra vedeva chiaramente i pensieri della lepre, che stava cercando di sacrificare il suo corpo per lui. Così le permise di rimanere mentre preparava il cibo che gli era stato offerto dalla lontra, dallo sciacallo e dalla scimmia. Accese un fuoco che si alzò con una bella fiamma dorata, senza alzare fumo, e, in quel momento, la lepre balzò di nuovo davanti a lui, dicendo:
– È mio dovere essere caritatevole e in tè ho trovato un degno ospite. Non voglio rompere il voto che ho fatto e perciò ti imploro di accettare il mio dono, che ti è offerto con tutto il cuore.
Dopo queste parole il Bodhisattva si gettò nel fuoco, simile all’immortale Hamsa quando si tuffa nel suo stagno di loti sorridenti. Le fiamme non gli procurarono alcun dolore, ma si rinchiusero sul suo corpo come una nuvola d’oro. Allora Sakra, pieno di ammirazione e rispetto, riprese la sua forma splendente e, levando con delicatezza il corpo della lepre dal fuoco, lo alzò verso il cielo dicendo:
– Guardate, o dèi, abitanti dei mondi celestiali. Guardate e gioite per il meraviglioso gesto di questo Grande Essere! Egli ha sacrificato se stesso per nutrire il suo ospite, senza sapere chi era realmente. Non aveva altro da offrire e ha offerto il suo stesso corpo. Quale differenza fra lui e la specie alla quale apparteneva! Egli ha coperto di vergogna sia gli dèi che gli uomini con la sua compassione.
Per ricordare questa storia agli dei e agli uomini, Sakra mise un emblema della lepre nel suo palazzo e nella grande sala degli dèi e, da quel momento, in ogni notte di luna piena, appare sulla superficie lunare la forma di una lepre che predica a tutti gli uomini la virtù della compassione. E per onorare quel santo Bodhisattva i suoi tre buoni amici, la lontra, lo sciacallo e la scimmia, sparirono dalla terra e furono accolti nel mondo degli dei.