Molto spesso accade che quando un re è nobile e buono anche il suo popolo è giusto e pacifico. Così era nel regno del Bodhisattva. Non c’erano conflitti e povertà, non c’erano epidemie e regnava la pace con i paesi confinanti. Il re non si interessava solo al benessere materiale del suo popolo, ma anche a quello spirituale e la luce della bontà che si irraggiava dal trono illuminava il cuore di tutti i sudditi.
Ma un anno, una terribile calamità cadde sul paese portando la paura e il dubbio in tutto il popolo. Nessuno sapeva perché il Dio della Pioggia fosse adirato, ma quell’anno ci fu una grande siccità e tutti soffrivano per la mancanza d’acqua. I pozzi erano secchi e la vegetazione iniziava a morire, con essa morivano gli animali e la carestia era prossima. Il re temeva che qualcuno dei suoi sudditi avesse compiuto qualche atto sacrilego e che la siccità fosse una punizione mandata dagli dei. Così chiese consiglio ai ministri, ai brahmani e agli uomini più saggi del regno, per sapere che cosa dovesse essere fatto per mettere fine a quella calamità. I conoscitori dei Veda dissero che per far cessare la siccità era necessario sacrificare molti animali, perché i libri sacri dicono che un tale sacrificio induce gli dei a concedere molta pioggia. Il re, inorridito da questo consiglio, cercò di trovare altre soluzioni e lasciò cadere il discorso. Ma i sacerdoti continuarono a insistere:
– Il re non vuole compiere i doveri che gli competono. Non sa forse che il sacrificio è il ponte che collega gli uomini al Mondo degli Dei? – Poi continuarono: – Vostra Maestà ha sempre onorato con riti gli antenati, i Rishi, i saggi e i grandi uomini. Perché non vuole onorare anche gli dei con un grande sacrificio? Dovete pensare alla salvezza dei vostri sudditi e consentire a sacrificare molti animali, perché solo così la pioggia cadrà.
Il Bodhisattva pensava: – Come possono gli dei, che si nutrono solo di Soma compiacersi dell’assassinio di animali innocenti? Una tale atrocità non ha niente a che fare con la giustizia! Se gli animali uccisi mentre i brahmani mormorano preghiere vanno nei Cieli, perché i brahmani non offrono loro stessi come sacrifìcio, visto che desiderano tanto andare presso gli dei? Gli animali sono uccisi contro la loro volontà e non si pentono prima di morire delle loro cattive azioni. Come possono quindi raggiungere i Cieli? No, questi insegnamenti sono malvagi. Troverò un altro modo per uscire da questa calamità.-
Dopo queste riflessioni il re disse ad alta voce ai suoi consiglieri:
– Ascoltate le mie decisioni. Non solo ordinerò che sia fatto un grande sterminio di animali, ma offrirò agli dei un sacrifìcio di almeno mille uomini. Mandate i miei ufficiali in tutte le parti del regno affinchè catturino le vittime destinate al sacrificio. Chiamate gli astrologi perché trovino il giorno propizio, in modo che la luna e le stelle siano favorevoli e preparate ogni cosa per questa grande cerimonia.-
I sacerdoti e i consiglieri rimasero stupefatti, perché non si aspettavano una simile risposta, e un brahmano disse:
– Vostra Maestà, se mille uomini saranno uccisi simultaneamente i vostri sudditi si ribelleranno. Sacrificatene dapprima solo uno, e poi gli altri in modo graduale.-
Il re replicò:
– Non temo la ribellione del mio popolo. Proclamate un grande raduno degli abitanti delle città e delle campagne e io stesso parlerò ai miei sudditi.-
Così il re parlò solennemente a tutto il suo popolo:
– La siccità ci minaccia e voi mi avete chiesto di fare cessare questa calamità. Perciò intendo offrire agli dèi un grande sacrificio umano. Ma nessuno che sia giusto e caritatevole, che tenga una condotta onesta e che non maltratti la sua famiglia, deve preoccuparsi di essere scelto per il sacrificio. Manderò i miei emissari, che sono onesti e vedono lontano, in ogni parte del regno per osservare la vostra condotta. Essi saranno riconoscibili per le loro vesti e mi riporteranno le vostre malvagità. Chiunque di voi sarà sorpreso a compiere atti crudeli sarà portato al palazzo per essere sacrificato. Questi, miei sudditi, sono i miei ordini!-
I sudditi tornarono alle loro case, preoccupati ma decisi a comportarsi bene, in modo da non essere scelti per il sacrificio. Il re mandò i suoi ufficiali in giro per il regno e ogni giorno, in ogni città e in ogni villaggio, i banditori proclamavano che i malvagi, per il dolore che avevano causato, sarebbero stati portati dal re per essere sacrificati. Tutto il popolo, vedendo gli ufficiali del re aggirarsi in ogni villaggio e udendo tutti i giorni il proclama reale, cominciò a cambiare la propria condotta. I litigi finirono, l’ospitalità fu praticata in ogni luogo, così come la modestia, le buone maniere e il rispetto verso i saggi e i genitori. Gli anziani e gli dei venivano riveriti e l’intera popolazione di quel regno viveva come se il Kreta-Yuga fosse già arrivato. La paura della morte aveva risvegliato le virtù che erano state dimenticate, e in poco tempo ognuno si comportò in maniera esemplare.
Quando il rè ascoltò i suoi ufficiali riferire che non era stato possibile trovare un solo malvagio in tutto il regno, diventò felice e diede loro ricchi doni per la buona notizia che avevano portato. Poi chiamò i suoi ministri e disse:
– Non c’è un solo malvagio in tutto il paese, e io non posso compiere il sacrificio umano perché i miei sudditi sono così virtuosi che meritano che un sacrifìcio sia compiuto per loro. Perciò lasciatemi sacrificare a modo mio. Chiamate il povero, il cieco e lo zoppo e distribuite a loro le mie ricchezze, in modo che la povertà possa sparire dal mio regno.-
Così i ministri fecero costruire ospizi in ogni luogo e i poveri furono nutriti e vestiti. La felicità si sparse in tutte le direzioni e il popolo non ritornò più alle cattive abitudini del passato. Le pestilenze e tutte le malattie sparirono e i monsoni portarono le piogge. I pozzi e i fiumi si riempirono di pura e fresca acqua, la vegetazione crebbe di nuovo e le erbe medicinali portarono i loro doni per la guarigione degli esseri umani.
In questo modo, per il potere di un buon re e per la sua grande saggezza, il paese fu salvato dal pericolo e il popolo poté vivere felice e contento benedicendo il nome del Bodhisattva. Ma il re, che aveva solennemente proclamato che un sacrificio dovesse essere fatto, si levò la veste regale e indossò la nera pelle di un cervo, assumendone l’aspetto. Poi mise da parte il suo scettro e la sua corona e intrecciò i suoi capelli nella maniera prescritta dai Veda per il sacrificio, immolandosi per tener fede alla sua parola. Così visse e morì quel grande re, e i suoi sudditi lo adorarono come se fosse una divinità. La sua fama si sparse in tutto l’Oriente e il suo nome divenne un esempio per tutti.
Questa storia mostra la purezza di cuore, la saggezza e la giustizia del Bodhisattva in una delle sue vite sulla Strada della Perfezione, prima di diventare il Buddha, l’Illuminato.