La situazione attuale del Buddhismo nel mondo (1996)

La situazione attuale del Buddhismo nel mondo (1996)

Originariamente pubblicato come parte di: Berzin, Alexander. Buddhism and Its Impact on Asia.  Asian Monographs, no. 8. Cairo: Università del Cairo, Centro per gli Studi Asiatici, Giugno 1996. Traduzione in italiano a cura di Francesca Paoletti.

Il Buddhismo Theravada del Sud e Sud-est dell’Asia

Sri Lanka

Al momento attuale, il Buddhismo è fiorente in alcuni paesi mentre affronta difficoltà in altri. Il Buddhismo Theravada, per esempio, mostra la presenza più forte in Sri Lanka, Thailandia e Birmania (Myanmar), mentre è seriamente indebolito nel Laos, in Cambogia (Kampuchea) e in Vietnam. Dal sedicesimo al diciannovesimo secolo, il Buddhismo ha subito un declino in Sri Lanka a causa delle persecuzioni prima dell’Inquisizione e poi dei missionari dei dominatori coloniali cristiani. Ha avuto una ripresa nel tardo diciannovesimo secolo con l’aiuto di studiosi britannici e dei teosofisti. Come risultato, il Buddhismo dello Sri Lanka viene a volte caratterizzato come Buddhismo “protestante,” con un’enfasi particolare sullo studio accademico, attività pastorali da parte dei monaci per la comunità laica e sulla pratica di meditazione direttamente rivolta ai laici, non soltanto a coloro che indossano la tonaca. La comunità laica ha grande fede, ma a volte lamenta la scarsità di monaci con un buon equilibrio tra studio e pratica.

Indonesia e Malaysia

Monaci dello Sri Lanka hanno aiutato a ravvivare il Buddhismo Theravada a Bali, in altre parti dell’Indonesia e in Malaysia, dove si era lentamente estinto verso la fine del quindicesimo secolo. Questo avviene su scala estremamente limitata. A Bali, a mostrare interesse sono i seguaci della miscela tipicamente balinese tra Induismo, Buddhismo e lo spiritismo locale, mentre in altre parti dell’Indonesia e della Malaysia, i seguaci sono costituiti da comunità buddhiste mahayana di cinesi emigrati. Ci sono anche delle nuove sette buddhiste indonesiane, molto piccole, che sono degli ibridi con aspetti Theravada, cinesi e tibetani.

Secondo la linea programmatica “panchashila” del governo indonesiano, tutte le religioni devono affermare la credenza in Dio. Nonostante il Buddhismo non affermi Dio come un essere individuale e dunque a volte venga classificato come ateistico, viene ufficialmente riconosciuto per la sua affermazione di Adibuddha. Questo è, letteralmente, il “primo Buddha” ed è discusso nel Tantra di Kalachakra, che era fiorente in Indonesia circa un millennio fa. Adibuddha è il creatore onnisciente di tutte le apparenze, al di là del tempo, delle parole e delle altre limitazioni. Nonostante sia rappresentato da una figura simbolica, egli stesso non è veramente un essere. Adibuddha è più astratto e lo si ritrova in tutti gli esseri in forma della natura di chiara luce della mente. Su questa base, il Buddhismo è accettato come una delle cinque religioni di stato in Indonesia, insieme all’Islam, all’Induismo e alle forme cattolica e protestante del Cristianesimo.

India

Il Buddhismo è lentamente scomparso nelle regioni sub-himalayane dell’India intorno al diciassettesimo secolo. Alla fine del diciannovesimo secolo, tuttavia, i singalesi, con l’aiuto di studiosi britannici, fondarono la Maha Bodhi Society con lo scopo di restaurare i luoghi sacri di pellegrinaggio buddhisti in India. Hanno avuto molto successo e ora ci sono templi con monaci in ognuno di questi siti, e lo stesso è stato fatto da molte altre tradizioni buddhiste.

Negli anni Cinquanta, Ambedkar iniziò un movimento neo-buddhista tra gli intoccabili dell’India occidentale. Centinaia di migliaia si sono uniti al movimento, principalmente per evitare lo stigma dell’appartenenza alla casta più bassa. L’enfasi è posta sul raggiungimento dei diritti politici e sociali degli appartenenti al movimento. Ambedkar è morto poco dopo aver fondato questa rinascita. Da allora il movimento è stato guidato da Sangharakshita, un inglese che ha fondato l’Ordine degli Amici dei Buddhisti Occidentali come una nuova forma di Buddhismo specialmente concepita per praticanti occidentali.

Thailandia

In Thailandia, sotto l’influenza del modello della monarchia Thai, la comunità monastica buddhista ha un Patriarca Supremo e un Consiglio degli Anziani responsabili del mantenimento della purezza della tradizione. Ci sono due tipi di comunità monastiche: coloro che vivono nelle foreste e coloro che vivono nei villaggi. Entrambe sono oggetto di grande venerazione e supporto da parte della comunità laica. Nella tradizione della foresta, che è molto forte, i monaci mendicanti vivono in giungle isolate e si applicano intensamente alla meditazione. Viene seguita una stretta osservanza delle regole disciplinari monastiche, che formano il punto focale del programma di studi. I monaci dei villaggi effettuano numerose cerimonie per il benessere della popolazione locale. Tuttavia, il loro studio consiste primariamente nella memorizzazione di testi. Inoltre, in accordo con la credenza culturale thailandese negli spiriti, questi monaci forniscono amuleti di protezione alla popolazione laica. C’è un’università buddhista per monaci, principalmente allo scopo di educare la comunità monastica a tradurre le scritture buddhiste dal Pali classico al Thai moderno.

Myanmar (Birmania)

Nel Myanmar (Birmania), il regime militare controlla fermamente il Buddhismo tramite il Ministero della Religione. I monasteri in cui vivevano dissidenti sono stati brutalmente distrutti, in particolare nel Nord del paese. Attualmente il governo sta dando grandi somme di denaro al resto dei monaci, nella speranza di guadagnare il loro supporto e mettere a tacere qualsiasi critica. In Birmania si trova una lunga tradizione con un’enfasi parimenti bilanciata tra meditazione e studio, in particolar modo dell’Abhidharma, il sistema buddhista di psicologia, metafisica ed etica. Molti monasteri con questo approccio sono ancora aperti e la popolazione laica mantiene una fede profonda. Dalla fine del diciannovesimo secolo, forse sotto l’influenza dell’occupazione coloniale britannica, ci sono molti centri di meditazione dove monaci e insegnanti laici istruiscono la popolazione laica birmana in pratiche meditative di base per poter sviluppare consapevolezza.

Bangladesh

Nel Bangladesh meridionale, nelle montagne al confine con la Birmania, ci sono molti villaggi isolati che tradizionalmente osservano la tradizione buddhista birmana. Tuttavia, essendo isolati dalla Birmania, il loro livello di comprensione e di pratica è piuttosto basso.

Laos

Nel Laos, il Buddhismo è ancora insegnato e praticato in maniera tradizionale in un contesto rurale, ma i monasteri sono in cattive condizioni a causa della guerra tra l’America e il Vietnam. I laotiani laici continuano ad offrire cibo ai monaci quando essi vanno in giro facendo la questua e vanno al tempio nei giorni di luna piena. Tuttavia, la tradizione della meditazione è estremamente debole. In precedenza, i monaci dovevano studiare e insegnare il Marxismo, ma ora questo obbligo non sussiste più. Al giorno d’oggi, basta che le persone professino un’adesione meramente formale al comunismo ed è più facile diventare monaco.

Kampuchea (Cambogia)

Nella Kampuchea (Cambogia), il Buddhismo sta avendo una rinascita dopo la distruzione e le persecuzioni per opera di Pol Pot e soprattutto sotto il regno del Principe Sihanouk, le restrizioni stanno avendo un lento allentamento. Tuttavia, bisogna avere più di 30 o 40 anni per ricevere l’ordinazione monastica, poiché il paese ha bisogno di manodopera. Il principale monaco Khmer, Maha Ghosananda, ha studiato meditazione in Thailandia, poiché essa era praticamente scomparsa in Cambogia, e ora sta cercando di ravvivare questa pratica nel suo paese. Quel poco rimasto della tradizione della foresta era più intento ad ottenere poteri speciali che a praticare la meditazione.

Vietnam

Anche se non c’è mai stato un equivalente della Rivoluzione Culturale in Vietnam, ciononostante il Buddhismo è ancora considerato un nemico dello stato in questo paese, con monaci che continuano a sfidare l’autorità e il controllo dello stato. È molto difficile ricevere l’ordinazione monastica e molti monaci continuano ad essere imprigionati. Soltanto monasteri di pura facciata sono ancora aperti, principalmente per motivi di propaganda. Il regime è più permissivo con i monaci nel nord del paese, dove le istituzioni monastiche hanno convissuto con i comunisti durante la guerra del Vietnam. Invece, al sud il regime è molto più sospettoso e severo nei confronti dei monaci.

Il Buddhismo Mahayana dell’ Asia orientale

Taiwan, Hong Kong, e Zone Cinesi d’Oltremare

Le tradizioni del Buddhismo Mahayana dell’Asia orientale di origine cinese hanno la loro massima presenza a Taiwan, Hong Kong e nella Corea del Sud. Taiwan ha una forte comunità monastica di monaci e monache, che vengono sostenuti con grande generosità dalla comunità laica. Esistono università buddhiste e programmi buddhisti di welfare sociale. Anche Hong Kong ha una comunità monastica fiorente. Tra le comunità buddhiste cinesi in Malaysia, Singapore, Indonesia, Thailandia e nelle Filippine, l’enfasi è posta sulle cerimonie per il benessere degli antenati così come per la prosperità e la ricchezza dei viventi. Ci sono molti medium attraverso i quali oracoli buddhisti parlano in trance e che vengono consultati dalla comunità laica in caso di problemi di salute e psicologici. Uomini d’affari cinesi, che sono la principale forza motrice di queste “Tigri asiatiche,” spesso fanno generose donazioni ai monaci affinché essi celebrino rituali per propiziare il loro successo finanziario.

Corea

Il Buddhismo è ancora molto forte nella Corea del Sud, anche se deve fronteggiare una sfida crescente da parte dei movimenti cristiani evangelici. Ci sono molte comunità monastiche di monaci e monache che godono di grande sostegno popolare. La tradizione meditativa è particolarmente fiorente, in particolar modo quella del Son, la forma coreana dello Zen. Nella Corea del Nord, d’altro canto, fatto salvo per qualche monastero di pura facciata aperto per motivi di propaganda, il Buddhismo è soggetto ad una severa repressione.

Giappone

Il Giappone ha molti templi mantenuti con cura per turisti e visitatori, ma molti di essi sono commercializzati. Nonostante la presenza di alcuni praticanti seri, la maggior parte delle tradizioni sono estremamente formalizzate e deboli. A partire dal tredicesimo secolo, i giapponesi hanno mantenuto una tradizione di sacerdoti sposati e senza proibizione del consumo di alcol. Questi sacerdoti hanno gradualmente rimpiazzato la tradizione dei monaci celibi. La maggior parte dei giapponesi osserva una combinazione di Buddhismo e dello Scintoismo, la religione spiritistica tradizionale giapponese. Ci sono sacerdoti scintoisti che celebrano usanze e cerimonie per la nascita e i matrimoni e ci sono sacerdoti buddhisti per i funerali; in entrambi i casi con poca comprensione. Ci sono alcune iniziative per adottare metodi buddhisti per alleviare la pressione lavorativa nelle grandi aziende e una grande setta buddhista giapponese ha un vasto programma per costruire Pagode della Pace in tutto il mondo. C’è anche un certo numero di sette con il culto del giorno del giudizio universale che si proclamano buddhiste, ma che, di fatto, hanno poco a che fare con gli insegnamenti di Buddha Shakyamuni. Storicamente, alcune delle tradizioni buddhiste giapponesi sono state estremamente nazionaliste, basandosi sulla convinzione che il Giappone fosse un paradiso buddhista. Questo deriva dal culto scintoista dell’imperatore e dall’importanza dell’appartenenza alla nazione giapponese. Queste tradizioni hanno dato origine a partiti politici buddhisti a carattere estremamente nazionalista e fondamentalista.

Repubblica Popolare Cinese

Nella Cina interna, cioè nelle aree Cinesi Han della Repubblica Popolare, la maggior parte dei monasteri buddhisti sono stati distrutti e la maggior parte dei monaci, monache e insegnanti altamente educati sono stati giustiziati o imprigionati durante la Rivoluzione Culturale degli anni Sessanta e Settanta. Tuttavia, non è stata raggiunta l’enorme estensione che si è vista nelle regioni non-Han, cioè il Tibet, la Mongolia Interna e lo Xinjiang. Oggigiorno, nella Cina interna un vasto numero di cinesi Han di tutte le età ha interesse per il Buddhismo, ma il problema principale è la mancanza di insegnanti. Molte persone giovani ricevono l’ordinazione monastica, ma la qualità è bassa. La maggior parte dei giovani laureati preferiscono lavorare e guadagnare soldi, mentre coloro che entrano nel monastero provengono perlopiù da famiglie povere e/o senza istruzione, provenienti principalmente dalle aree rurali. Sono rimasti soltanto pochi monaci e monache anziani qualificati che sono sopravvissuti alla persecuzione comunista e che possono insegnare e non c’è alcuna persona di mezza età che abbia alcuna educazione. Ci sono università buddhiste governative che offrono programmi da due a quattro anni nelle principali città della Cina interna e nei luoghi di pellegrinaggio; l’educazione politica fa parte integrante del loro curriculum. Relativamente pochi dei nuovi monaci cinesi Han li frequentano.

In generale, il livello dell’educazione buddhista è estremamente basso nei monasteri cinesi Han. Al momento ci si concentra principalmente sulla ricostruzione fisica del Buddhismo – templi, pagode, statue e così via – e questo richiede l’impiego di tempo e sforzi per raccogliere fondi e per i lavori di costruzione. In alcuni casi, il governo cinese contribuisce al finanziamento della ricostruzione. Come risultato, molti templi buddhisti ora sono aperti come dei musei o attrazioni turistiche, con i monaci che fungono da controllori dei biglietti e custodi del tempio. Questo consente di avere una facciata di “libertà religiosa,” un’immagine molto ambita dal governo di Pechino. Tuttavia, la maggior parte delle ricostruzioni sono finanziate dalle popolazioni locali, a volte con l’aiuto di benefattori stranieri, e spesso dalle stesse comunità monastiche. Alcune pratiche legate al culto degli antenati che venivano praticate nei templi prima della persecuzione comunista, stanno attualmente avendo una rinascita. Ci sono tuttavia alcuni monasteri cinesi in varie parti della Cina interna che sono attivi ed hanno un certo livello di studio e di pratica.

Il Buddhismo Mahayana dell’Asia centrale

Tibetani in esilio

Tra le tradizioni tibetane dell’Asia centrale, la più forte si trova nella comunità di profughi tibetani che hanno seguito Sua Santità il Dalai Lama in esilio in India a seguito della rivolta popolare contro l’occupazione militare cinese del Tibet nel 1959. La maggior parte dei grandi monasteri maschili e molti monasteri femminili del Tibet sono stati riavviati ed offrono il tradizionale programma educativo completo per eruditi monastici, maestri meditatori ed insegnanti. Strutture educative, di ricerca e di pubblicazione sono state istituite allo scopo di preservare tutti gli aspetti di ciascuna delle scuole della tradizione buddhista tibetana.

I tibetani in esilio hanno contribuito a dare nuova vita al Buddhismo nelle regioni himalayane di India, Nepal e Bhutan, inclusi il Ladakh e il Sikkim, inviandovi insegnanti e trasmettendo nuovamente i lignaggi. Molti monaci e monache di queste regioni ricevono la loro formazione ed educazione nei monasteri maschili e femminili dei profughi tibetani.

Nepal

Nonostante la tradizione tibetana del Buddhismo venga osservata tra la popolazione Sherpa del Nepal orientale e tra i profughi tibetani nella parte centrale del paese, la forma tradizionale del Buddhismo nepalese esiste ancora, ad un livello limitato, tra la popolazione Newari della Valle di Kathmandu. Basandosi su una miscela della forma tarda del Mahayana indiano con l’Induismo, essi sono l’unica società buddhista che mantiene le distinzioni in caste all’interno dei monasteri. A partire dal sedicesimo secolo, i monaci hanno avuto il permesso di sposarsi e tra di loro si trova una casta ereditaria di custodi dei templi e maestri di cerimonie rituali. Chi svolge queste funzioni deve provenire da queste caste.

Tibet

La situazione del Buddhismo nel Tibet stesso, che è stato suddiviso dalla Repubblica Popolare Cinese nelle cinque province di Tibet, Qinghai, Gansu, Sichuan e Yunnan è ancora assai grigia. Dei 6500 monasteri maschili e femminili antecedenti il 1959, tutti tranne 150 sono stati distrutti, prevalentemente durante la Rivoluzione Culturale. La grande maggioranza dei monaci e delle monache istruiti sono stati giustiziati oppure sono morti in campi di concentramento e in generale la maggior parte dei monaci e delle monache sono stati costretti ad abbandonare la vita monastica. A partire dal 1979, i cinesi hanno permesso ai tibetani di ricostruire i loro monasteri e molti già sono stati riedificati. Il governo cinese ha aiutato in due o tre casi, ma la grande maggioranza è stata ricostruita grazie agli sforzi e ai finanziamenti di ex monaci, popolazioni locali e tibetani in esilio all’estero. Migliaia di giovani sono diventati monaci e monache ma ora il governo cinese sta nuovamente imponendo severe limitazioni e restrizioni. Molte spie della polizia e del governo sono mascherati da monaci per sorvegliare strettamente i monasteri. Monaci e monache hanno spesso condotto proteste contro la politica cinese di soppressione dei diritti umani, chiedendo una vera autonomia e libertà di religione.

Gli sforzi delle autorità comuniste cinesi per controllare il Buddhismo in Tibet sono venuti alla luce in maniera assai evidente nel caso del ritrovamento della reincarnazione del Panchen Lama. Il primo Panchen Lama, vissuto nel diciassettesimo secolo, era il tutore del quinto Dalai Lama ed è considerato il secondo capo spirituale tibetano dopo il Dalai Lama. A seguito della morte di un Dalai Lama o di un Panchen Lama, viene scelto come successore un bambino piccolo riconosciuto come la reincarnazione del suo predecessore. Il bambino viene individuato tramite la consultazione di oracoli e messo accuratamente alla prova in merito a ricordi di persone ed oggetti della sua vita precedente.

Nonostante i Dalai Lama siano stati, a partire dal quinto, leader sia spirituali che temporali del Tibet, i Panchen Lama non hanno mai ricoperto un ruolo politico. A partire dall’inizio del ventesimo secolo, tuttavia, i cinesi hanno cercato, senza successo, di dividere i tibetani promuovendo il Panchen Lama come rivale politico del Dalai Lama.

I Manciù, una popolazione cinese non-Han dell’Asia nordorientale, hanno governato la Cina dalla metà del diciassettesimo fino all’inizio del ventesimo secolo. Essi cercarono di attirare la lealtà delle popolazioni della Mongolia e del Tibet verso la sfera di influenza del loro impero, apparentemente sostenendo il Buddhismo tibetano, ma in realtà cercando di manipolarne e controllarne le istituzioni e di spostarne il centro di gravità da Lhasa a Pechino. Verso la metà del diciottesimo secolo, dichiararono che soltanto l’imperatore Manciù aveva l’autorità di scegliere e riconoscere le reincarnazioni dei Dalai Lama e dei Panchen Lama, tramite un sistema di estrazione da un’urna dorata. I tibetani ignorarono la loro affermazione e la scelta dei Panchen Lama è stata sempre confermata dai Dalai Lama.

Il governo comunista cinese è dichiaratamente ateo, e apparentemente non interferisce in questioni religiose ed ha completamente condannato le politiche delle precedenti dinastie imperiali che hanno governato la Cina. Eppure nel 1995 si è proclamato il legittimo erede degli imperatori Manciù nel detenere l’autorità di trovare e riconoscere la reincarnazione del decimo Panchen Lama che è deceduto nel 1989. Questo è stato poco dopo che l’abate del monastero del Panchen Lama avesse individuato la reincarnazione e il Dalai Lama avesse comunicato ufficialmente il riconoscimento del bambino. In seguito, il bambino e la sua famiglia sono stati portati a Pechino e da allora non si è più saputo nulla di loro, l’abate è stato imprigionato e il monastero del Panchen Lama posto sotto stretta sorveglianza comunista. Le autorità cinesi quindi hanno imposto a tutti gli alti Lama insegnanti di riunirsi per una cerimonia in cui hanno scelto il loro Panchen Lama reincarnato. Successivamente, il presidente cinese ha incontrato il bambino di sei anni e lo ha istruito ad essere fedele al partito comunista cinese.

In aggiunta alle interferenze da parte del governo cinese, il problema principale che i buddhisti devono affrontare in Tibet è la mancanza di insegnanti qualificati. Soltanto una manciata dei vecchi maestri sono sopravvissuti alla persecuzione comunista e i pochi insegnanti disponibili hanno ricevuto soltanto due o al massimo quattro anni di educazione in un curriculum molto limitato presso istituti di educazione buddhisti governativi, istituiti grazie agli sforzi del defunto Panchen Lama. Nonostante in generale si studi di più che nella Cina interna, molti dei monasteri in Tibet sono aperti come attrazioni turistiche e i monaci devono lavorare come controllori di biglietti e guardiani dei templi. La popolazione laica in generale ha una fede molto profonda, ma una vasta porzione dei giovani sono demoralizzati dalla mancanza di occupazione a causa del massiccio trasferimento di popolazione cinese Han e dal continuo aumento dell’offerta di alcol a basso prezzo, eroina, pornografia e tavoli da biliardo per il gioco d’azzardo, di provenienza dalla Cina interna.

Turkestan orientale (Xinjiang)

La maggior parte dei monasteri della popolazione Mongola Kalmyk, vivente nel Turkestan orientale (Xinjiang), sono stati distrutti durante la Rivoluzione Culturale. Svariati sono stati nel frattempo ricostruiti, ma la carenza di insegnanti è ancora più forte che in Tibet. I nuovi giovani monaci sono molto scoraggiati dalla mancanza di strutture per lo studio e molti di loro se ne sono andati.

Mongolia Interna

La situazione peggiore per i buddhisti tibetani che si trovano sotto il controllo della Repubblica Popolare Cinese, tuttavia, è nella Mongolia Interna. La maggior parte dei monasteri nella parte occidentale della regione è stata distrutta durante la Rivoluzione Culturale. Nella parte orientale, che in passato era parte della Manciuria, molti monasteri erano già stati distrutti dalle truppe di Stalin alla fine della seconda guerra mondiale, quando i russi aiutarono i cinesi a liberarsi dai giapponesi. La Rivoluzione Culturale ha soltanto completato la devastazione. Dei 700 monasteri precedentemente esistenti nella Mongolia Interna, soltanto 27 sono rimasti. Tuttavia, contrariamente al Tibet e allo Xinjiang, non c’è stato quasi alcuno sforzo per ricostruirli. L’influenza dei coloni cinesi Han e dei matrimoni misti ha avuto un’influenza talmente vasta che la maggior parte della popolazione locale mongola, in particolar modo nelle città, ha un interesse molto limitato per il proprio linguaggio, la propria cultura tradizionale o per la religione buddhista. Qualche monastero è aperto come attrazione turistica e c’è una manciata di giovani monaci, ma non ricevono quasi nessuna educazione. Nelle aree molto remote del deserto del Gobi, sono rimasti uno o due monasteri con monaci che ancora celebrano i rituali tradizionali. Ma nessuno di loro ha meno di settant’anni. Contrariamente alle regioni tibetane, dove le praterie sono ricche e i nomadi hanno le risorse necessarie per ricostruire i monasteri e nutrire i nuovi monaci, i nomadi della regione del Gobi della Mongolia Interna che hanno mantenuto la fede sono estremamente poveri.

Mongolia

Nella Mongolia stessa (Mongolia Esterna) c’erano migliaia di monasteri. Tutti sono stati distrutti totalmente o in parte nel 1937 per ordine di Stalin. Nel 1946, un monastero fu riaperto nella capitale, Ulaan Baatar, come segno simbolico, e all’inizio degli anni Settanta vi è stato istituito un programma educativo di cinque anni per i monaci. Aveva un curriculum molto abbreviato, con forte enfasi sullo studio del Marxismo. I monaci avevano il permesso di celebrare un numero limitato di rituali per il pubblico e venivano esaminati attentamente dalle autorità governative. Con la caduta del comunismo nel 1990, c’è stata una grande rinascita del Buddhismo con l’aiuto degli esuli tibetani in India. Molti nuovi monaci vengono mandati in India per venire educati e 150 monasteri sono stati riaperti o ricostruiti su scala modesta, con molti insegnanti provenienti dai tibetani in India. Contrariamente al Tibet, dove i monaci anziani che avevano abbandonato la vita monastica non sono rientrati nei monasteri, ma hanno soltanto lavorato per contribuire alla loro ricostruzione e al loro sostegno, molti monaci anziani della Mongolia sono tornati nei monasteri. Poiché la maggior parte di loro non ha smesso di vivere a casa con le loro mogli e di bere vodka, c’è un forte problema in merito alle regole della disciplina monastica.

Tuttavia, il problema più serio che il Buddhismo deve affrontare in Mongolia al giorno d’oggi sono gli aggressivi missionari Mormoni d’America e Cristiani Battisti. Venuti inizialmente per insegnare l’inglese, essi offrono denaro ed aiuto per far studiare in America i figli delle famiglie locali, a patto che si convertano. Distribuiscono opuscoli gratuiti su Gesù, splendidamente stampati e scritti nel linguaggio colloquiale mongolo, e proiettano film. I buddhisti non possono sostenere la competizione. Non ci sono ancora libri sul Buddhismo scritti nel linguaggio colloquiale, solo nel linguaggio classico, c’è a malapena qualcuno che potrebbe fare queste traduzioni e, anche se venissero fatte, non ci sono i soldi per stamparle. In questo modo i giovani e gli intellettuali vengono distolti dal Buddhismo verso il Cristianesimo.

Russia

Tradizionalmente ci sono tre regioni Buddhiste tibetane in Russia: la Buryatia in Siberia, vicino al lago Baikal, la Tuva, anch’essa in Siberia, a Nord della Mongolia occidentale, e la Kalmykia a Nord-ovest del Mar Caspio. Le popolazioni della Buryatia e della Kalmykia sono mongole, mentre gli abitanti della Tuva sono turcici. Tutti i monasteri in ciascuna di queste aree, ad eccezione di tre in Buryatia che furono solamente danneggiati, furono completamente distrutti da Stalin alla fine degli anni Trenta. Alla fine degli anni Quaranta, Stalin riaprì simbolicamente due monasteri in Buryatia, sotto la stretta sorveglianza del KGB. I monaci che avevano abbandonato la vita monastica si rimettevano la tonaca come uniforme durante il giorno e celebravano alcuni rituali. Molti andarono a studiare all’istituto d’educazione in Mongolia. Dopo la caduta del comunismo nel 1990, c’è stata una grande rinascita del Buddhismo in tutte tre le regioni. I Tibetani in esilio hanno mandato insegnanti e nuovi giovani monaci vengono educati nei monasteri tibetani in India. Al giorno d’oggi ci sono diciassette monasteri ricostruiti in Buryatia. Al pari della Mongolia, c’è un problema con il consumo di alcol e con monaci che avevano precedentemente abbandonato i voti e che si sono sposati. Ma al contrario della Mongolia, questi monaci non hanno la pretesa di essere monaci celibi. Attualmente sono in atto dei progetti per riaprire monasteri nella Kalmykia e nella Tuva. Missionari cristiani sono attivi nelle tre regioni, ma non hanno una presenza forte come in Mongolia.

C’è anche molto interesse verso il Buddhismo tibetano tra gli asiatici di altre tradizioni buddhiste. Molti maestri tibetani vengono invitati dalla comunità in esilio in India ad insegnare nel Sud-est asiatico, a Taiwan, Hong Kong, Giappone e Corea. Le persone di questi paesi trovano che le spiegazioni chiare degli insegnamenti di Buddha presentate nella tradizione tibetana siano un utile supplemento per la comprensione delle proprie tradizioni. Molti sono anche attratti dagli elaborati rituali tibetani per la prosperità e la salute.

Paesi tradizionalmente non-Buddhisti

Tutte le forme di Buddhismo si trovano in tutto il mondo anche in paesi tradizionalmente non buddhisti. Sono coinvolti due gruppi principali: gli immigrati asiatici e i praticanti non-asiatici. Gli immigranti asiatici, particolarmente negli Stati Uniti e in Australia, hanno molti templi etnici. Su scala minore, questo si trova anche in Canada, Brasile, Perù e vari paesi dell’Europa occidentale, in particolar modo in Francia. L’enfasi principale è sulla pratica devozionale e sull’offrire un centro di comunità per aiutare le comunità degli immigrati a mantenere le loro identità culturali e nazionali.

Centri di Dharma” buddhisti di ogni tradizione si trovano oggigiorno in oltre ottanta paesi in tutto il mondo e in tutti i continenti. Essi sono principalmente frequentati da non-asiatici ed enfatizzano la meditazione, lo studio e la pratica dei rituali. La maggior parte di questi centri appartengono alle tradizioni Tibetane, Zen e Theravada. Gli insegnanti in questi centri includono sia occidentali che buddhisti nativi dell’Asia. I numeri più vasti si trovano negli Stati Uniti, in Francia e in Germania. Studenti seri spesso si recano in Asia per approfondire la loro educazione. Inoltre, ci sono programmi di studio buddhisti in molte università in tutto il mondo ed un dialogo e uno scambio di idee sempre più crescente tra il Buddhismo ed altre religioni, la scienza, la psicologia e la medicina. In questo contesto, Sua Santità il Dalai Lama ha avuto un ruolo fondamentale.

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