Ghesce Choe-Khor Tshang Rinpoche: I Sei Lumi

Choekhortshang Rinpoche: È la nostra mente che ci crea i problemi, per far sì che scopriamo il suo stato primordiale, non si tratta di incolpare, biasimare ciò che è all’esterno, ma di dirigere la nostra attenzione all’interno.

Conferenza e Seminario di Choe-Khor Tshang Rinpoche ad Azzano d’Asti dal 20 al 22 aprile 2018.

Appunti non revisionati.

Nyima Woser Choekhortshang Rinpoche è un maestro appartenente alla tradizione Bon del Buddismo tibetano. Rinpoche è nato nel Dolpo, una regione di alta montagna nel Nepal nord- occidentale al confine col Tibet, nel 1976, in una importante famiglia del posto. Egli è il capo spirituale del monastero di Tashi Namgyal nel Dolpo. Seguendo l’usanza tradizionale, all’età di otto anni suo padre e suo nonno lo portarono in India, per studiare presso il monastero di Menri, nel villaggio di Dolanji nell’Himachal Pradesh. Questo è il luogo dove risiede il capo spirituale di tutta la religione Bon, Sua Santità Menri Trizin. Qui, Rinpoche ha frequentato la scuola ricevendo un’istruzione fondamentale e moderna. Nel 1992, all’età di 16 anni, ha preso I voti monastici ed incominciato lo studio delle materie tradizionali, quali filosofia, astronomia, astrologia, storia e letteratura tibetana, medicina tradizionale tibetana, rituali di guarigione e meditazione. Dopo 16 anni, nel 2008, ha conseguito il diploma di Gheshe, e da allora è impegnato in un’intensa attività accademica, sia presso alcuni monasteri che presso prestigiose università europee, come Leiden, Oxford and Praga.

Dal 2009 risiede a Praga, dove insegna Cultura e Lingua tibetana alla Charles University. Nel corso degli anni, ha tenuto insegnamenti sulle pratiche spirituali Bon in molti paesi, quali Germania, Francia, Austria, Italia, Polonia, Ungheria, Slovacchia e Romania. Nel 2015 è stato ufficialmente nominato abate del suo monastero in Dolpo e insignito Rinpoche da Sua Santità Menri Trizin. Nel 2017 ha conseguito il PhD alla Charles University di Praga.

Ghesce Choekhortshang Rinpoche Conferenza 20/04/18 ad Asti

Vengo dal Dolpo, una remota regione himalayana geograficamente e politicamente appartenente al Nepal, ma culturalmente totalmente tibetana. Non è contaminata dal mondo moderno: non c’è elettricità, strade e trasporti. Ma ora sta cambiando con l’introduzione dell’energia solare, l’apertura di scuole. Ma, in un certo senso, è un area importante per le diverse scuole buddiste in quanto vi vivono molti praticanti tantrici e Dzochen, ci sono molti Nagpa, che riconoscete dai lunghi capelli raccolti, che sono rari in Tibet. Il mio villaggio è a 4000 metri sul livello del mare. In inverno c’è tanto freddo che si congela il fiato. Qui l’antica tradizione tibetana è tuttora molto viva e ci sono molte cose da vedere, credenze molto forti che perdurano nella catena himalayana, si pratica ancora il funerale celeste.

Avete visto il film Himalaya? È girato nel Dolpo, il mio è il primo villaggio subito dopo il lago, è privo di vegetazione, non ci sono alberi.

La scuola Jonampa, il primo maestro di questa scuola è proprio del Dolpo e fu riconosciuto come il Buddha del Dolpo, ci furono qui molti famosi maestri durante il regno del Tibet. Qui si sviluppò una tradizione diversa dal Tibet.

Si poteva riconoscere, quando ero giovane, la professione d’una persona dalla acconciatura dei capelli. Non aveva importanza a quale scuola spirituale appartenesse questo o quel praticante, al di là che fosse monaco o meno. I monaci erano e sono tutti rasati, mentre i laici uomini e donne avevano tutti i capelli lunghi raccolti a treccia.

I Nagpa sono i praticanti tantrici, dai capelli intonsi, raccolti sul capo e nel film lo si vede. E li trovati a Katmandu specialmente a Bodinath, potete dire che quasi certamente vengono dal Dolpo. Cosa hanno gli abitanti del Dolpo di differente dagli altri tibetani?

Nel Dolpo vi sono i semi monaci, dai capelli corti ma non completamente rasati. Si sposano, ma non in una cerimonia pubblica. Le loro mogli portano i capelli lunghi ma senza ornamenti. Sono semi monaci, ma sono estremamente dotati di speciali prerogative. Devono fare dei rigorosi e lunghi ritiri. Fanno pratiche speciali non consentite ai monaci, mostrando anche il pubblico i poteri del mantra.

C’è un video in cui questi monaci avevano mostrato dei rituali di purificazione dalle energie negative, lo fecero in una cerimonia pubblica con dei segni di potere. Raccolgono campioni d’acqua da diverse fonti, la benedicono, la fanno bollire e, mentre è bollente, la rimestano con la mano nuda. Chiunque con la pratica seria ed intensa può conseguire questo risultato e perciò godono di molto rispetto. Se nasce un bambino, vengono richiesti di fare delle pratiche di purificazione e di dargli un nome. Mio padre è uno di questi. Era un sacerdote capo di tutte le scuole.

Ci preoccupiamo in occidente se il prezzo del petrolio cade o scende, ma là il problema è la pioggia e la grandine ed il loro compito è di prendersi cura della pioggia in queste regioni aride e d’evitare la grandine. Non possono impedire la grandine, perché è naturale, ma possono dirigerla verso la montagna invece che lasciare che colpisca il villaggio, in modo da non danneggiare il raccolto.

Quando ci sono dei Naga in un certo luogo lo si può capire dal colore dell’ambiente. E se i bambini vi andavano a giocare, spesso capitavano loro delle dermatiti. E in Tibet ci si lavava pochissimo, una volta all’anno, in occasione del festival del bagno, che cade quando appare una certa stella rishi. Ed avviene al chiaro di luna in cui potete vedere delle ragazze che fanno il bagno, il che è poco usuale.

Ma ora in Tibet ci si lava di più. Ma ciò non vuol dire che ci si ammali di più. Ma anche questo sta via via scomparendo.

E ci sono anche le semi monache, hanno la frangia in fronte, pochi ornamenti di gioielli, orecchini e collane, hanno i capelli raccolti. Purtroppo non esistono fonti scritte su queste tradizioni. Nella mia zona si crede molto al potere della pratica e dei ritiri.

Il funerale celeste ha come base il fatto che il nostro corpo è fatto di 5 elementi, e quando la mente lascia il corpo, essa deve rilasciare gli elementi. La cremazione, il seppellimento, la mummificazione tramite il vento è comune, specialmente quando muoiono nella postura meditativa.

Per restituire il corpo allo spazio lo si fa a pezzi e lo si offre agli avvoltoi che lo portano nello spazio. In Tibet lo si fa ancora. Se il morto ha commesso misfatti, gli avvoltoi non la mangeranno. Allora si mischia la carne con pillole e mantra ed allora gli avvoltoi la mangeranno. Qual’è la parte più appetitosa per gli avvoltoi? Il cervello. Se lasciate che mangino prima il cervello, non mangeranno il resto del corpo. Mi ricordo che mio padre tornò a casa con le mani sporche di sangue e se le lavò dopo aver presieduto a questa pratica. C’è una danza per stimolare gli avvoltoi a cibarsi di quel corpo.

Nel Buddhismo il nostro corpo dopo la morte perde di qualsiasi importanza, perché è una casa che hai lasciato per una nuova vita. Solo il corpo di un gran lama potrebbe essere tenuto in monastero per dare benedizioni. Solo i corpo delle persone molto longeve sono considerati di buon auspicio, così dopo speciali riti sarà sepolto nella casa così non si disperde quest’energia positiva.

Domanda. Come possiamo ricevere le benedizioni, se la mente ha lasciato il corpo?

Ghesce Choekhortshang Rinpoche. Il corpo, anche se la coscienza se ne è andata, rimane carico di energie e benedizioni cosicché le possiamo ricevere. Sopratutto quando muore nella postura di meditazione. Ma non ho mai assistito a nessun funerale celeste. Nella società Bon, non importa se il defunto è ricco o povero, i monaci se ne prenderanno comunque cura, lavando il corpo, facendo preghiere giorno e notte e vi ho assistito diverse volte dando il mio contributo.

Domanda. Per quanti giorni si fa il rituale?

Ghesce Choekhortshang Rinpoche. Dai 3 ai 49 giorni. Si pensa che al terzo giorno la coscienza non ha ancora lasciato il corpo, i 49 giorni sono il numero minimo di giorni da trascorrere nel Bardo prima di prendere una nuova vita.

Domanda. Cosa può succedere al corpo tumulato o cremato dopo 12 ore, il che sta diventando comune in occidente?

Ghesce Choekhortshang Rinpoche. Da parte mia scrivo apertamente di non seppellire subito i morti. Nella società tibetana diamo la possibilità di tornare, sono i Delog, ma in occidente non ci sono, perché non gli date questa possibilità. E queste persone acquisiscono dei poteri. Ed una notevole parte dei Delog sono donne.

Domanda. Dopo quanti giorni tornano?

Ghesce Choekhortshang Rinpoche. Se il cadavere al terzo giorno inizia a puzzare, è un segno che la coscienza ha lasciato il corpo. Se la mente abbandona il corpo la radice è spezzata.

Domanda. C’è anche il coma pilotato, vero?

Ghesce Choekhortshang Rinpoche. Se lo si seppellisce troppo presto, poiché la coscienza rimane nel corpo, il soggetto potrebbe pensare d’essere stato ucciso.

Domanda. La coscienza è sinonimo d’anima?

Ghesce Choekhortshang Rinpoche. La coscienza, non è l’anima, ma è l’energia d’un essere vivente, che si dissolve con la morte del corpo

Domanda. Come definisce la coscienza che si reincarna?

Ghesce Choekhortshang Rinpoche. È una continuità di coscienza e mente. Alla morte la coscienza abbandona il corpo ed entra nel bardo, ma c’è chi da morto la coscienza non riesce a prendere una nuova nascita.