LA SAGGEZZA DELL’UGUAGLIANZA E DELLA GENEROSITÀ: IL DHYANIBUDDHA RATNASAMBHAVA
Dalla gialla sillaba seme SOHA – TRAH – TRAM d’oro splendente, a mezzogiorno, al culmine d’una calda e limpida giornata d’autunno, dalla terra pura di Ratnakuta o Shrimat s’origina a sud il giallo Buddha Ratnasambhava (tib. Gyalwa Rinjung, Rinchen Jung ne, Rin jung), rappresentante la chiarezza della mente, quintessenza dell’aggregato delle sensazioni, simbolo dell’elemento terra, capo della Famiglia Ratna simboleggiante il dono dei Tre Gioielli coi quali il Buddha dona la propria persona, la propria dottrina (Dharma) e la propria comunità (Sangha), in quanto nato dal giallo gioiello ratna, connesso al regno samsarico dei preta.
Con la mano sinistra regge la ciotola delle elemosine (emblema della dignità del capo supremo) contenente la gemma o gioiello splendente cintamani o ratna (dalla forma del triratna: Buddha, Dharma e Sangha) che esaudisce tutti i desideri, appaga spontaneamente ogni bisogno ed è la fonte di tutte le ricchezze. Questa pietra preziosa è simbolo della mente che comprende direttamente la vacuità, che percepisce l’infinito nel finito e trasforma il samsara nel nirvana e che, tramite la saggezza equanime, annienta il difetto mentale dell’orgoglio e dell’avarizia.
Buddha Ratnasambhava dal giallo oro fulgente tiene le mani nel mudra che esaudisce i desideri, il dana o varada mudra, nel gesto di donare con la mano destra che, appoggiata sul corrispondente ginocchio, tocca la terra col palmo verso l’esterno. È il gesto di porgere la dottrina. Questa posizione del palmo, simbolizzante la Bodhicitta, indica una comunicazione con gli altri, perché Ratnasambhava è rivolto verso gli esseri, dei quali condivide gioie e dolori ed ai quali dona amore e compassione.
Buddha Ratnasambhava è abbinato al Buddha terrestre (che gira la ruota del Dharma) Kashyapa ed al bodhisattva trascendente Ratnapani, il portatore del gioiello che regge cintamani, la gemma che esaudisce i desideri.
Il Buddha Ratnasambhava è l’essenza dell’aggregato delle sensazioni (di piacere e dolore fisico, di gioia e dolore mentale, di indifferenza ed equanimità), il secondo vedana-skandha. La caratteristica delle sensazioni, in generale, è l’esperienza. Distinguiamo tre tipi di sensazioni: piacevole, spiacevole e indifferente. Esse corrispondono sia al corpo che alla mente. Le sensazioni mentali, quando ad esempio sono sperimentate in meditazione, possono essere divise in innumerevoli ulteriori aspetti. Assenza di paura, gioia e compassione, sono definite sensazioni assolute, poiché si correlano con la natura della mente. Tutte le altre sensazioni sono relative, poiché sorgono da condizioni. L’aggregato della sensazione è, al tempo stesso, una della formazioni mentali.
Quando il “principio (o skandha) della sensazione” non è più connesso con l’ego ed interessato solo al proprio benessere o ad attrazioni ed avversioni puramente personali, ma si estende in un onnicomprensivo senso di compassione verso tutti gli esseri nel riconoscimento della grande unità della vita, sorge la Saggezza dell’uguaglianza o dell’identità. Questa saggezza mette in evidenza le caratteristiche di base di tutti gli esseri umani, mostrando noi stessi come tutti gli altri esseri, organicamente uniti al flusso totale dell’umanità. In questo stato d’illuminazione, non c’è nessuno superiore o inferiore agli altri, in tal modo è impossibile generare il pur minimo orgoglio. Ratnasambhava, che rappresenta questa saggezza, significa “nato da un gioiello” o “miniera di gioielli”, indica cioè un concetto di preziosità. Tale saggezza trasforma il sentimento (vedana) egocentrico e produttore dell’illusione che vede distinzioni e differenziazioni fra gli esseri. E il nostro skandha della sensazione, invece di essere connesso con l’ego ed interessato soltanto al proprio benessere, diventa onnicomprensiva solidarietà con tutti gli esseri viventi, cosicché l’amore viene liberato dalla possessività e la compassione dalla compiacenza. L’orgoglio può trasformarsi nell’intuizione che la natura del Buddha e quella di tutti gli esseri e di ogni cosa è identica, cioè nella saggezza dell’uguaglianza: vedendo che tutte le cose, nella loro vera natura (che è la Vacuità), sono essenzialmente uguali (cioè, riconoscendo la grande unità della vita), non ci poniamo più su un piedistallo che crea un dislivello tra noi e gli altri, sopravvalutandoci come migliori e superiori.
In genere possiamo dire ad esempio che se abbiamo tendenza all’orgoglio o avarizia possiamo essere più portati verso la pratica di Ratnasambhava e le divinità della famiglia Ratna che ci permettono di purificare e trasformare questi nostri problemi mentali.
Ratnasambhava infonde umiltà, generosità, la saggezza dell’equanimità, qualità pure congiunte al potere dell’accrescimento del Dharma. Buddha Ratnasambhava rappresenta perciò la ricchezza, non la ricchezza materiale ma quella della gemma nascosta che esaudisce i desideri, è perciò associato alla trasformazione della povertà in ricchezza. La sua Terra Pura di Shrimat riluce d’abbondanza e Ratnasambhava è “ricco senza avidità”. Quindi, la pratica di Ratnasambhava rende la mente una fonte inesauribile di ricchezze.
Le quattro generosità associate alla pratica di Ratnasambhava sono:
1 generosità del donare cose materiali;
2. generosità del donare insegnamenti di Dharma;
3. generosità del donare protezione dalla paura;
4. generosità del donare amore.
I Buddha della ricchezza (noti come Jambhalas) appartengono alla famiglia di Ratnasambhava e, rispecchiando la mentalità generosa di questa famiglia di Buddha, sono considerati come degli inesauribili benefattori. Perciò la pratica di Ratnasambhava ci permette di superare l’orgoglio e l’avarizia, sviluppando così la calma interiore. Ratnasambhava vede l’intero universo come una grande danza di gioia cui siamo invitati a partecipare. Tutto quello che dobbiamo perdere sono i nostri limiti, le nostre paure e la nostra follia egoistica. Siamo così invitati ad essere espansivi, estroversi, a dare, conquistando un’allegra vibrante vivacità che c’impedisce di trattenere alcunché. Sotto l’influenza di Ratnasambhava siamo incoraggiati a lasciare, a donare sia mentalmente, sia emotivamente, che verbalmente o anche finanziariamente e ci sentiremo spinti a dare, a dare, a dare. Quando la saggezza dell’uguaglianza inizia ad avere un effetto su di noi, siamo spinti lontano da qualsiasi tendenza verso una mentalità gretta e chiusa e cominciamo a sperimentare la ricchezza mentale, che non ha paura ed è in grado di dare, senza richiedere nulla e senza che ci sia richiesto. Dare diventa così naturale, così normale, che non è più pensabile come un qualcosa di speciale.
Mediante tale saggezza tramutiamo l’orgoglio in equanimità, in quando vediamo tutte le cose e persone nella loro vera natura (la Vacuità), essenzialmente uguali, per cui non poniamo più rigidi confini o dislivelli tra noi e gli altri, facendoci ritenere migliori e superiori.
Si accentua così l’essenziale unità della vita, perché, riconoscendo la nostra natura come Vacuità, comprendiamo che essa non è diversa dalla natura essenziale di tutti gli altri esseri viventi, inoltre riconosciamo che tutte le cose manifeste sono una nostra creazione mentale. Realizzando questa conoscenza, arriviamo a distruggere ogni tentativo di prepotenza e sopraffazione da parte del nostro io ed a conseguire invece un sentimento d’amore (libero dalla possessività) e di compassione (libera dalla compiacenza) onnicomprensivi per tutto ciò che ha vita: ci riconosciamo negli altri, il che crea equilibrio ed armonia. Quando abbiamo questa intuizione della medesima identità del Buddha, delle creature e di ogni cosa, di samsara e di nirvana, sviluppiamo così la calma interiore, perciò ci sentiamo sicuri, ricchi e colmi, e ci espandiamo e ci offriamo continuamente agli altri, trattando con imparzialità tutti gli esseri come essenzialmente uguali. Ci comportiamo come la terra (l’elemento con cui questa saggezza è connessa): come essa possiede ricchezze e nutrimenti inesauribili e disponibili per chiunque ne abbia bisogno, così ora siamo pronti a donare. Saper donare significa compiere atti di generosità con cui arricchire la nostra vita e quella degli altri. Può essere minimamente, anche fare un sorriso o dire una parola gentile al momento opportuno, essere disponibili a condividere un’esperienza, dire a qualcuno che ci piace ed interessarci alle sue idee. Ratnasambhava non fa alcuna distinzione e dà liberamente a tutti. Tutti gli esseri sono altrettanto preziosi per lui. Qualunque sia la nostra posizione sociale, razza, sesso, o sotto forma di vita, siamo tutti fatti dagli stessi elementi. Perciò la luce di Ratnasambhava splende anche sul letame. Meditando la sua saggezza svilupperemo solidarietà con l’intera umanità, anzi, con tutte le forme di vita. Questa saggezza ci dona la chiarezza della mente a percepire nella prospettiva corretta, anche gli Otto atteggiamenti o dharma mondani
1. Desiderio di fama.
2. Infelicità o angoscia alla perdita di fama.
3. Desiderio di piaceri mondani.
4. Infelicità o angoscia alla perdita di piaceri mondani.
5. Desiderio di profitti materiali.
6. Infelicità o angoscia alla perdita di profitti materiali.
7. Desiderio di lodi.
8. Infelicità o angoscia alla perdita di lodi.
L’animale associato a Ratnasambhava è il cavallo, per lo più bianco, che rappresenta la rapidità dell’azione come pure l’energia possente e veloce che trasporta verso l’illuminazione gli esseri sofferenti. Inoltre, nell’arte tibetana, il cavallo è spesso rappresentato portare dei gioielli sulla schiena: un ulteriore rafforzamento della sua relazione con Ratnasambhava. Oltre al cavallo, Ratnasambhava talvolta compare associato al leone.
CHAKRA. Ratnasambhava è associato al secondo chakra Manipura o Nirmanachakra dell’ombelico, a causa della luce e dell’acceso calore che lo caratterizza; da qui si dipartono 64 petali-canali da cui nasce un prezioso gioiello giallo, rappresentato da un triangolo giallo splendente, su sfondo bianco, come il sole che sorge con la svastica sui lati. Come piano di realizzazione è perciò associato al Nirmanakaya (corpo della trasformazione, di emanazione, della rinascita) ed all’azione del merito karmico guna e nel Bardo ha come emanazioni le cinque Dakini della saggezza.
Rispetto al mantra esasillabico di Avalokitesvara è associato alla sillaba PAD, al mondo degli animali ed alla luce azzurra.
Il giallo che contraddistingue Ratnasambhava è il colore più vicino alla luce del giorno. Ha il più alto valore simbolico nel Buddhismo attraverso il suo legame con le vesti color zafferano dei monaci. Questo colore, in precedenza indossato dai criminali, è stato scelto da Gautama Buddha come un simbolo della sua umiltà e della separazione dalla società materialista. Significa quindi rinuncia di desiderio e umiltà. E’ il colore della terra, simbolo del radicamento e della serenità della terra e rappresenta l’esaudimento dei desideri. Il giallo oro simboleggia il sole, il fuoco ed il raggiungimento dell’illuminazione. Il colore giallo di Ratnasambhava è molto luminoso, vivacissimo, esprime l’esuberanza e l’energia che rilasciata dalla saggezza dell’uguaglianza. Il giallo è il colore della terra. Anche la terra è estremamente generosa nel condividere con noi le sue ricchezze. Inoltre dà senza aspettative o in cambio di favori. Dà e riceve tutto e tutti allo stesso modo. La terra è quindi la grande livellatrice. Allo stesso modo, la luminosità Ratnasambhava dissolve i confini tra noi e gli altri, facendoci superare la dualità d’un ‘sé’ che dà e degli ‘altri’ che ricevono.
Il simbolismo fisico di Ratnasambhava è legato all’organo di senso dell’olfatto, al corrispondente fisico energetico della carne ed all’organo della milza, mentre la splendente sillaba seme TRAH – TRAM – SOHA – SVA è associata al giallo midollo osseo.
Nelle raffigurazioni tantriche, Ratnasambhava che tiene in mano il vajra e la ghanta, campana, è in unione con la la prajna Mamaki associata all’acqua (che regge una calotta cranica ed una mannaia, unione di metodo e saggezza), rappresentante la vacuità della mente, la sua non esistenza intrinseca che è sempre unita (yab-yum) alla chiarezza della mente stessa, simboleggiata dal Buddha. Mamaki rappresenta l’elemento della sensazione, vedanaskanda, la cui meditazione libera dalla superbia generata dall’egocentrismo, simboleggia la saggezza dell’uguaglianza perché la legge del Dharma ha un unico sapore in cui tutti gli esseri sono uguali.
L’Iniziazione del vaso comprende l’iniziazione della corona o “del diadema (mukuëa)”, in relazione appunto a Ratnasambhava che, eliminando l’orgoglio, lo skandha della sensazione, esprime la saggezza dell’equanimità che riconosce l’identità delle cose; questa iniziazione porterà come frutto l’usnisha (protuberanza di lunga vita) ed altre caratteristiche fisiche del Buddha; fa ottenere il potere dell’accrescimento del Dharma.
Nel Tantra Yoga la famiglia del gioiello ratna è guidata da Ratnasambhava, emblema dell’azione, il cavallo. Nell’Anuttarayoga Tantra Ratnasambhava rappresenta le buone qualità dell’equanimità e della generosità. In termini di Cinque Fattori di Aggregazione della nostra esperienza (Cinque Aggregati), come, presentate secondo il Tantra di Guhyasamaja, con i colori e le direzioni nel mandala di Guhyasamaja per Ratnasambhava (giallo, a sud) rappresenta l’aggregato delle sensazioni dei livelli di felicità (Bhumi). In termini degli aggregati della forma dei fenomeni fisici (il corpo), la famiglia di Ratnasambhava rappresenta l’acqua. In termini degli aggregati dei tipi di coscienza mentale, la famiglia di Ratnasambhava rappresenta la coscienza uditiva. In termini di buone qualità, un altro aspetto della coscienza secondo i Gelug, facendo riferimento ai cinque tipi di consapevolezza profonda (Yeshe, le cinque saggezza del Buddha): Ratnasambhava rappresenta la consapevolezza profonda dell’equanimità. Il significato del colore giallo è associato sia al concetto di nutrimento (il nutrimento della terra), ma anche a quello di limitazione e rinuncia. A sua volta il giallo della terra è associato alla figura geometrica del quadrato, dalla chiara espressione limitante.
Riferimenti storici
La prima menzione documentata di Ratnasambhava si trova nell’Ārya Suvarna-prabhā-sottamasutrendrarājamahāyana Sutra (Sutra della Luce Dorata) e nel Tantra di Guhyasamaja (4° sec. d.C.), e sembra quindi in un certo numero di testi Vajrayana. Il racconto più elaborato si trova nella sezione Panchakara del Advyavajra sangrah. Ratnasambhava compare per primo, insieme a Amoghasiddhi, nel Tattvasamgraha Sarvatathāgata Tantra nel periodo attorno alla fine del 7° – inizio dell’8°sec. d.C. ed alla successiva citazione del gran maestro Sakya Jetsun Dragpa Gyaltsen 1147-1216: “Posto in direzione sud è Ratnasambhava su un cavallo, Loto e trono di sole; ha il corpo di colore giallo e la mano destra si trova nel mudra della supremo generosità “.
Nel Libro Tibetano dei morti
Nei primi cinque giorni di questo bardo, sorgono le gloriose figure delle cinque Divinità Pacifiche. Sono i Dhyani Budda trascendenti, o Tathagatas, avvolti in luci brillanti di vari colori: Vairocana, Akshobhya, Ratnasambhava, Amithaba e Amoghadsiddhi. Essi appaiono assieme ai loro Bodhisattvas maschili e femminili.
Seduto su un trono di cavallo, Ratnasambhava tiene in mano il gioiello realizzatore dei desideri. Il suo colore giallo rappresenta la fertilità, la prosperità e la ricchezza della Terra; la sua consorte Mamaki rappresenta l’acqua, un elemento indispensabile alla fertilità. I due Boddhisatva maschili che li accompagnano sono Akashagarbha, l’Essenza dello Spazio, e Samantabhadra , la Compassione attiva, e le loro controparti femminili sono Mala, rappresentando gioielli con adorni preziosi di tutti i tipi, e Dupe, la dea dell’olfatto, del profumo e della fresca.
Dall’ottavo al dodicesimo giorno, i Tathagats appaiono nel loro aspetto demoniaco, orribili e spaventosi, come heruka, e con le loro consorti. Essi hanno tre teste, sei braccia e quattro piedi e rappresentano la qualità illimitata e senza restrizioni dell’energia delle famiglie Buddiche. L’energia basica di tutti i Collerici Heruka è concentrata nel Grande Glorioso Heruka marrone scuro; egli è l’aspetto orribile di Vairochana. Vajra-Heruka è blu scuro ed è la forma collerica di Vajra-Sattva (Akshobhya). L’apetto orribile di Ratnasambhava è il Ratna-Heruka giallo fumo con la consorte Dakini Ratnakodesvari, mentre la controparte scura del Budda Amitabha è Padma-Heruka, nero rossiccio, e quella di Amogha-Siddhi è il Karma-Heruka, verde scuro.
In Tibet, Vaiśravaṇa, noto anche come Jambhala e Kubera, è considerato un Dharmapala mondano, ed è spesso raffigurato come un componente del seguito di Ratnasambhava. Una manifestazione di Ratnasambhava (Hosho Nyorai) è il Re della saggezza Gundari.
Il Borobudur è un immenso mandala a piramide di 5 grandi terrazze concentriche a pianta quadrata e da 3 a base circolare, sormontate dalla grande cupola centrale: a Sud spiccano le 108 statue di Buddha Ratnasambhava nel gesto della generosità.
In apparenza tranquillo, un volto e due braccia, di colore giallo, siede nella tradizionale posizione di un Buddha. I capelli sono raccolti sulla parte superiore del capo formando uno crocchia che ne lascia cadere qualcuno sulle spalle. Un punto d’oro orna la fronte, gli occhi rivelano lo sguardo benevolo e la bocca è rivolta verso l’alto in un sorriso gentile. La mano destra è esteso a tutto il ginocchio con il palmo rivolto verso l’esterno nel mudra (gesto) di generosità suprema. La mano sinistra è nel mudra della meditazione. Il capo è ornato da una corona d’oro e gioielli con dei nastri arancioni svolazzanti ai lati. Fiori ornano la parte superiore delle orecchie ed orecchini pendono dai lobi. Il corpo è ornato da collane, bracciali e braccialetti: tutti d’oro splendenti. Le spalle sono coperte da un mantello di porpora ed una sciarpa arancione orna il petto mentre un vestito rosso e viola copre il corpo. Con le gambe piegate nella postura vajra è seduto su un trono sorretto da un loto multicolore ed un cavallo circondato da un alone verde e areola giallo. Lo schienale del trono è decorato con due makaras (mitiche creature marine), due giovani ed un rosso Garuda con le ali aperte che stringe tra gli artigli un serpente. Ad ogni lato del trono c’è un bodhisattva dalla chiara carnagione giovanile, ornato d’oro, gioielli e sete con le mani al cuore nel mudra dell’insegnamento. In alto a sinistra ed al bordo destro dello schienale sono 6 bodhisattva seduti detentori di strumenti vari. Sopra quello a sinistra è Arya Manjushri nell’aspetto die Namasangiti, di colore arancione, con un viso e quattro braccia, afferra una spada ed una freccia nella destra ed un libro e l’arco con la sinistra. A lato è Arya Avalokiteshvara nell’aspetto di Chaturbhuja, di colore bianco con una sola faccia e quattro braccia. Lungo la parte anteriore del trono, sedute tra cavalli verdi e blu, vi sono 3 delle 4 Guardiane della Porta.
Nel mezzo, nella direzione sud è Vajrapashi in possesso di un laccio. A sinistra, ad ovest, è Vajrasphota, in possesso di un catena ed, a destra, ad est, Vajrakushi in possesso di un gancio. Dietro a nord, è Vajraghanta. In basso al centro è un’azzurra figura irata maschile con una faccia e sei braccia. Ai due lati ed in alto sono tre assistenti irati: bianco, blu e verde; ciascuno con un volto e due braccia, in piedi, in atteggiamento adirato con la gamba destra piegata e la sinistra diritta.
In basso a sinistra è il Guardiano della Direzione sud, il blu Yama, nell’aspetto d’una divinità celestiale che cavalca un bufalo bruno. In piedi, a fianco, è il Re Guardiano del Sud, Virudhaka, di colore blu: con entrambe le mani impugna una lunga spada ed indossa l’elmo e l’armatura d’un guerriero. In basso a destra è il Guardiano della Direzione sud-ovest, Rakshasa: giallo, a cavallo di uno zombie marrone.
Tutto attorno, allineate in fila, compaiono 165 figure di Buddha Amitabha: di colore rosso, ciascuno con una faccia e due braccia, nel mudra della meditazione con le mani sovrapposte in grembo per reggere una ciotola da mendicante, indossa vesti rosse ed seduto nella postura vajra, circondato da cerchi di luce. Alla base compare la figura di un leone che sorregge il trono.
(Appunti a cura di Luciano Villa, Graziella Romania e di Alessandro Tenzin Villa)