Lama Yeshe: Hinayana, Mahayana e il significato di Yana
L’intero sentiero Buddista può essere diviso in due yana, l’Hinayana e il Mahayana. A volte le persone fanno riferimento a tre yana (e con questo intendono riferirsi allo Shravakayana, al Pratyekabuddhayana e al Mahayana—NdE]. Non si sbagliano, ma generalmente si inizia con l’Hinayana e il Mahayana, e successivamente si suddivide il Mahayana nel Paramitayana e Tantrayana, o Mantrayana. Pertanto, il Mahayana include due veicoli.
Cos’è uno yana? E’ un veicolo, qualcosa che vi porta da dove siete a dove volete andare; che vi conduce in un qualche luogo. Le navi e gli aeroplani sono veicoli, ma sono veicoli esteriori. Uno yana è un veicolo interiore, un’attitudine mentale. Per esempio, se volete andare a New York, il desiderio di essere là è il vostro veicolo, è ciò che vi porta a New York. Analogamente, uno yana è ciò che vi conduce alla vostra destinazione spirituale.
Effettivamente, yana è un concetto facile da capire. Abbiamo seguito ogni sorta di veicoli da quando siamo nati. Appena nati, il desiderio di bere il latte di vostra madre per proteggere il vostro corpo è un veicolo. Questo tipo di desiderio permette alla vostra vita di svilupparsi in una maniera integrale. Ottenere un’educazione, ad esempio, rappresenta una funzione del vostro veicolo.
Quando si segue il sentiero Hinayana, si è principalmente interessati alla soluzione dei propri problemi. Ci si vuole liberare dalla propria confusione, e comprendendo le cause radice della propria sofferenza, si entra nel sentiero dell’auto-realizzazione. Chiamiamo questo tipo di attitudine Hinayana.Quando alcune persone, gli studiosi per esempio, parlano dell’Hinayana, lo interpretano come una specie di filosofia minore. Si trovano spesso testi che svalutano questa dottrina filosofica. Questa è un’attitudine sbagliata. Ora, se guardiamo come ci comportiamo noi, come Buddhisti Tibetani, parliamo sempre di Mahayana e Bodhicitta, ma se verificassimo attentamente lo stato delle nostre menti, troveremmo così tanta attitudine auto-gratificante e “io, io, io, io, io” che – potendosi scordare di ritenersi di essere sul sentiero Mahayana – non potremmo neppure qualificarci come praticanti di quello Hinayana.
Hinayana e Mahayana non sono filosofie o dottrine. Naturalmente, si può dare un’interpretazione filosofica di questi sentieri, ma il loro significato reale è psicologico: hanno a che fare con gli stati della mente. La realizzazione non è una filosofia. Lo yana non può essere trovato nei libri; yana è un’attitudine mentale. Se si sviluppa un’attenzione eccezionale per i propri problemi e un intenso desiderio di esserne completamente liberi e ottenere la liberazione individuale, o nirvana, l’attitudine è quella Hinayana.
Le cose non possono essere così semplici come pensiamo. Pensiamo di seguire un sentiero spirituale, pensiamo di essere dei meditatori. Ma se controlliamo con attenzione, possiamo vedere che seguire il sentiero per la liberazione non è una cosa semplice. In primo luogo, e innanzitutto, dobbiamo comprendere quale sia la radice del samsara – l’esistenza ciclica, la ruota della vita, la morte e la rinascita.
Anche in questa vita facciamo così tante cose per essere felici e praticamente ogni volta finiamo per sentirci tristi. Andiamo in Oriente alla ricerca della religione e alla fine ci sentiamo avviliti; andiamo in un centro di questa religione sperando di trovare sollievo e di nuovo ci sentiamo infelici, andiamo in un centro di quell’altra religione sperando che possa risolvere i nostri problemi e di nuovo finiamo un’altra volta tristi e avviliti. Corriamo da una allucinazione spirituale a un’altra e ogni volta finiamo col sentirci infelici. Così ci stufiamo della religione e decidiamo di essere liberi, proprio come le persone normali. Andiamo alle feste, usciamo a bere e ballare, abbiamo questa ragazza, quel ragazzo, un partner dopo l’altro, ma tutto ciò che otteniamo è solo una crescente confusione. Questo è samara, il ciclo dell’interminabile sostituire un oggetto sensoriale al successivo, senza mai trovare soddisfazione; cambiando, cambiando, cambiando, ma sostanzialmente rimanendo sempre allo stesso punto.
In effetti siamo come bambini. I bambini corrono da una cosa all’altra, perdendo facilmente interesse, facilmente distratti. Noi pensiamo che i bambini siano, come dire, infantili. Ma se ci fermiamo per un istante e gettiamo uno sguardo penetrante alle nostre allucinazioni, potremo vedere quanto infantili siamo noi stessi. Lasciamo perdere le vite passate e quelle future, anche soltanto in questa vita per quanti viaggi allucinatori siamo partiti? Da quando siamo nati a oggi quanti veicoli abbiamo preso? Vi posso garantire che si tratta di migliaia di migliaia. E se controllate onestamente, troverete che praticamente tutti sono terminati con la disillusione, senza una conclusione soddisfacente. Cosa intendo per conclusione soddisfacente? Intendo una pura chiara convinzione, una indistruttibile determinazione che “Sì, questa è una cosa giusta per me.” Ma non è così. Siamo come yo-yo. Ci rechiamo in un centro religioso e il prete – o la guida o il lama o lo yogi – ci dice che la nostra filosofia è completamente sbagliata e che quello è il modo corretto di ragionare. Così, ci convinciamo di non essere nel giusto e proviamo a pensare in quel modo. In seguito ci rechiamo in un posto diverso, dove a sua volta ci dicono “No, quel modo è errato, dovresti pensare in quest’altro modo” e ci spiegano qualche altra filosofia. Di nuovo si pensa, “Tutto ciò che avevo appena appreso era sbagliato”. Si viene strattonati tra giusto e sbagliato, sbagliato e giusto e si finisce più confusi di prima.. Adesso siete venuti a questo centro Buddhista tibetano e ascoltate da questa sedile elevato non solo che il viaggio allucinatorio del samsara è sbagliato ma che anche lo è anche quello del nirvana. Si suppone che andare a un corso di meditazione per ascoltare un maestro spirituale che parla del sentiero per la liberazione sia una cosa giusta, ma stiamo dicendo che potrebbe anche non esserlo. Di nuovo, incrementa soltanto la vostra confusione e non vi porta più vicini ad una chiara convinzione di quanto non lo foste in precedenza. Tuttavia, per entrare nel sentiero Hinayana, si deve per lo meno aver ottenuto la realizzazione della rinuncia al samara. Questo è, di fatto, un risultato eccezionale. La persona che abbia realizzato la rinuncia al samara diventa oggetto di rifugio, una persona di fronte alla quale dovremmo prostrarci. E’ davvero raro trovare qualcuno che abbia questa realizzazione. Questo è il motivo per il quale, quando spiego il sentiero Hinayana, non dovreste pensare che lo sto svalutando. Raggiungere il livello nel quale si è entra nel sentiero Hinayana è un ottenimento assai elevato. Spero che adesso il significato di yana vi sia chiaro. Come ho detto, si possono dare interpretazioni dottrinali dei sentieri Hinayana e Mahayana. Ad esempio, alcune scuole Hinayana, come quelle in Thailandia e Sri Lanka, chiedono ai monaci di aderire ad un codice di disciplina estremamente rigoroso. I monaci non possono posare lo sguardo sul volto delle donne e di sicuro non possono toccarle, nemmeno per stringere la mano. Se un monaco tocca una donna, automaticamente, ha rotto un voto. Per molti aspetti è una buona regola, ma dal punto di vista Mahayana, di fatto dipende dalla mente: dipende dall’attitudine con cui la donna viene toccata. Se viene toccata con una mente di attaccamento, per afferrarsi, il suo unico risultato sarà maggior conflitto all’interno della mente stessa, che è qualcosa di sbagliato. Ma se viene toccata per compassione, per beneficiarla in qualche modo, pensiamo che non soltanto sia un’azione ammissibile ma addirittura necessaria. Adesso, osservando questi due insegnamenti, qualcuno potrebbe concludere che Buddha si è contraddetto. Un veicolo dice no, l’altro dice sì. Non c’è contraddizione invece: dipende dalla mente del singolo individuo. Questo è ciò che rileva. La considerazione dei bisogni dei singoli individui è l’elemento saliente degli insegnamenti del Buddha. Questo è il motivo per il quale il Buddhismo accetta la validità di tutte altre religioni. Non abbiamo problemi con i Cristiani, gli Ebrei, gli Hindu o i Musulmani. Li rispettiamo tutti. Dovremmo rispettarli tutti. Filosofie e dottrine diverse sono necessarie affinché la maggior varietà possibile di individui possa svilupparsi sul sentiero spirituale. Le diverse persone hanno differenti livelli mentali. Un unico sentiero non potrebbe adattarsi a tutti.
Lama Yeshe ha dato questo insegnamento al Manjushri Institute, il 30 Luglio 1977.Editing a cura di Nicholas Ribush. Dal mensile on-line del Lama Yeshe Wisdom Archive Giugno 2004, n.15