Il triplice addestramento

bh-12IL TRIPLICE ADDESTRAMENTO

Tutto l’insegnamento del Buddha si può riassumere nel Nobile Ottuplice Sentiero che, a sua volta, può essere sintetizzato nel Triplice Addestramento, ossia nell’Addestramento alla Virtù o Etica suprema (adhisila), al Raccoglimento supremo (adhisamadhi) e alla Saggezza Discriminante suprema (adhiprajña):

1. l’etica o moralità :

consiste nell’astensione – cosciente o voluta – dalle 10 azioni negative, allo scopo di evitare di nuocere agli altri.

L’osservanza della morale acquista maggior valore quando è corroborata da un voto o da un impegno (samvara-sila). Basata sugli stessi principi fondamentali, essa varia tuttavia coi diversi stati di vita: gli obblighi di un monaco sono più severi di quelli di un laico.

2. il raccoglimento o concentrazione :

non serve a nulla evitare il male (cioè, osservare la moralità) se la mente e il cuore reagiscono ancora a tutti i richiami delle passioni : occorre pertanto staccarsi dal samsara mediante la purificazione del pensiero, che si ottiene con esercizi mentali di concentrazione (samadhi in senso lato),3. la saggezza discriminante :

la concentrazione non basta da sola per purificare completamente il pensiero ed assicurare il nirvana: occorre anche la visione penetrante, chiara e precisa che tutti i fenomeni formati da cause sono transitori, dolorosi, privi di esistenza autonoma e che agli antipodi del mondo della causalità vi è l’Incondizionato detto Nirvana – che

è pace e liberazione.

Tutto il Dharma si basa necessariamente su tutti questi 3 fattori: è come un tripode che ha bisogno di 3 gambe per poter stare in piedi.

1) ADDESTRAMENTO ALL’ETICA SUPREMA.

E’ quella parte del Nobile Ottuplice Sentiero che si articola nei 3 momenti detti:

retto discorso, retta azione, retto modo di vivere.

a) “Retto discorso o giusta parola (samyag vac)” consiste nel giusto modo di parlare, cioè parlare in modo verace, meditato, rispettoso ed utile (astensione dalla bugia, dai pettegolezzi maliziosi, dalle ingiurie, dalle calunnie e dalle chiacchiere sciocche) e corretto insegnamento (orale e scritto) della Vacuità agli altri;

b) “Retta azione (samyak karmanta)” consiste nel giusto modo di agire ossia nel corretto comportamento, in sintonia col Dharma : comprende quindi l’astensione dalle “10 azioni negative” e l’osservanza dei voti ed impegni assunti;

c) “Retto modo di vivere o corretti mezzi di sostentamento (samyag ajiva) consiste nel procurarsi da vivere con mezzi non immorali né illegali (cioè senza esercitare professioni violente o disoneste, come il commercio di armi, veleni, droghe, schiavi, carne, ecc.) ed evitando i seguenti modi erronei di acquisizione delle cose:

– impressionare gli altri per trarne qualche beneficio;

– dare qualcosa sperando di ricevere di più in cambio;

– adulare per ottenere qualche oggetto desiderato;

– insinuare od accennare a un desiderio nella speranza che in seguito venga esaudito ;

– usare una scusa non valida per sfruttare gli altri.

L’attuazione dell’Etica suprema consente di pervenire all’Addestramento al Raccoglimento supremo, di cui è un prerequisito.

2) ADDESTRAMENTO AL RACCOGLIMENTO SUPREMO

Il “samadhi in senso ampio” (raccoglimento o meditazione o assorbimento meditativo) è quella parte del Nobile Ottuplice Sentiero che si articola nei 3 momenti del retto sforzo, della retta consapevolezza e della retta concentrazione (la quale è il “samadhi in senso stretto”).

Il “samadhi in senso lato” indica globalmente le tecniche di concentrazione e meditazione, cioè consiste in una qualsiasi forma di raccoglimento mentale, l’antitesi della divagazione e dispersione della mente (citta) – la quale normalmente ondeggia qua e là essendo impegnata con gli oggetti dei sensi : è quindi il ritrarsi della mente dai vari campi sensoriali, lo stato di meditazione in generale, l’assorbimento del meditante nell’oggetto di meditazione.

I 3 momenti suddetti sono dunque:

a) il “retto sforzo (samyag vyayama) consiste nel giusto impegno, energia e perseveranza – mediante l’esatto impiego delle proprie capacità – nel

1. coltivare la presenza mentale e la concentrazione ;

2. abbandonare tutti i klesha e sviluppare l’esperienza della Vacuità, cioè nel – prevenire il sorgere degli stati mentali negativi (ostacoli e tendenze sfavorevoli al progresso spirituale) ed eliminare quelli già presenti in noi;

– stimolare la nascita di quelli positivi che ancora non esistono e sviluppare quelli già esistenti;

b) la “retta consapevolezza o perfetta presenza mentale (samyak smrti)” consiste

nella giusta capacità di rappresentare e richiamare alla mente fatti e concetti (memoria), cioè l’attenzione che ricorda e contempla oggetti percettibili della meditazione (come il corpo, i sentimenti, i pensieri, ecc.) ; e l’auto-controllo del corpo (e dei suoi organi) e dei processi spirituali al fine di conseguire la meditazione e di affrontare nel senso dovutole situazioni più diverse conservando il pieno dominio di se stessi. In particolare, si tratta di un’attenzione continuamente vigile data ad ogni fenomeno che si presenti nel campo della coscienza; cioè, significa esser consapevoli in modo attento e preciso delle attività:

1. del corpo (kaya): es., camminare, guardare, mangiare;

2. delle sensazioni (vedana) fisiche o mentali: piacevoli, dolorose, neutre;

3. degli stati mentali (citta): es., una condizione di turbamento;

4. dei dharma (o contenuti) mentali: i 5 ostacoli mentali (nivarana), i 5 skandha, le 12 sfere sensoriali (ayatana), i 7 fattori dell’Illuminazione, le 4 Nobili Verità (la memoria mantiene tutti questi oggetti di meditazione costantemente presenti nella nostra mente).

Queste 4 consapevolezze vengono poi intensificate con altrettante meditazioni, che consistono nell’osservare analiticamente nei dettagli tutto quanto ci accade momento per momento e nel riconoscerlo per ciò che veramente è, senza concettualizzarlo o giudicarlo. Tali meditazioni rientrano nella “meditazione vipassana in senso lato” e possono essere praticate prima di shamatha.

c) la “retta concentrazione mentale o samadhi in senso stretto (samyak samadhi)” è un profondo stato (aldilà del pensiero discorsivo) di quieta unificazione mentale ottenuta concentrando l’attenzione su un solo e unico oggetto di meditazione, nel quale la mente (resa universa) è coinvolta, assorbita e focalizzata fermamente senza distrazione, agitazione o torpore : cosicché il contenuto della meditazione e la mente del praticante sono una cosa sola. Questa stabilizzazione meditativa è ottenuta mediante la pratica dei “dhyana in senso stretto”: questi rappresentano il processo (che è un graduale processo di assorbimento), mentre il samadhi è il risultato da raggiungere.

La funzione della “retta concentrazione mentale” è di calmare la mente, di affinare la percezione e di far da base alla consapevolezza (ses-pa).

Vi sono 3 tipi diretta concentrazione mentale” :

– quello grazie a cui controlliamo esattamente i nostri atti fisici e mentali;

– quello grazie a cui acquisiamo le qualità benefiche degli esseri avanzati spiritualmente (ad es., le 5 abhijña, tra cui la chiaroveggenza: in modo da conoscere quali esseri sono maturi e possono essere aiutati) ;

-quello grazie a cui agiamo per il bene degli esseri senzienti.

3) ADDESTRAMENTO ALLA SUPREMA SAGGEZZA DISCRIMINANTE.

La pratica della saggezza discriminante (prajña) è quella parte del Nobile Ottuplice Sentiero che si articola nei due aspetti della retta visione e del retto pensiero.

a) La “retta visione (o giusta opinione o corretto discernimento)” (samyag dÕØëi) è la corretta comprensione della dottrina del Dharma : consiste nell’eliminare le false opinioni e nel comprendere la Vacuità (vedere le cose come sono in realtà, nella loro vera natura, senza pregiudizi ed etichette), la legge del karma e le Quattro Nobili Verità (nel senso che ogni cosa porta solo sofferenza e che il Dharma serve per neutralizzarne gli effetti);

b) il “retto pensiero (o retto proposito o giusta intenzione)” (samyak samkalpa) è la risoluzione o ferma decisione di entrare nella via che conduce al nirvana, rinunciando ad ogni piacere e progetto mondano e al desiderio di danneggiare gli altri, al fine di applicarsi alla ricerca meditativa e al bene altrui. Consiste pertanto nell’analisi delle cause che conducono alla realizzazione della Vacuità e nell’analisi delle caratteristiche di quest’ultima, cosicché sorge

–un pensiero dotato di nobili qualità che, estraneo ad ogni desiderio egoista, malevolenza, odio e crudeltà – ci porta a vivere in armonia con tutta la realtà;

–il proposito dei bodhisattva di comunicare la propria comprensione (specie della Vacuità) agli altri esseri.

Prajña, in generale, è la saggezza (o comprensione o consapevolezza) valutativo discriminante o discriminativo-apprezzativa, cioè la facoltà (o funzione) – inerente e connaturata ad ogni essere senziente – consistente nell’esaminare, analizzare, distinguere ed apprezzare [con la riflessione (ragionamento) oppure direttamente] le caratteristiche di qualsiasi oggetto di conoscenza; è la consapevolezza che distingue tra le singole qualità e difetti (e anche tra le qualità o i difetti) di ciò che si sta valutando; in breve, è l’intelligente capacità discriminativo-valutativa della mente: consiste nel vedere le situazioni quali sono e nell’usare l’intelligenza su quello che occorre fare qui ed ora. Questa forma di conoscenza è un “fattore mentale” sempre presente nella conoscenza.

Gli strumenti che la saggezza usa per indagare ed analizzare i fenomeni sono i 4 tipi di ragionamento:

1. il ragionamento sulla funzione: per es., il comprendere tramite il ragionamento che l’elemento fuoco ha la funzione di bruciare, l’elemento acqua di bagnare, l’elemento aria di essere mobile e l’elemento terra di ostruire:

2. il ragionamento sulla dipendenza: si riferisce alle relazioni che intercorrono tra i fenomeni attraverso la comprensione della dipendenza o relazione che hanno con cause e condizioni;

3. il ragionamento sulla possibilità: fa riferimento alla validità o correttezza. Ad es .: se batto il tavolo si percepisce un rumore e la ragione per cui questo suono è udibile è perché si tratta di un fenomeno momentaneo ed impermanente;

4. il ragionamento sulla natura dei fenomeni: ad es., il fuoco va verso l’alto perché è nella sua natura bruciare espandendosi verso l’alto; oppure: è nella natura dell’acqua scorrere scendendo verso il basso.

Prajña può essere mondana o sopramondana, contingente o trascendente: quella che qui interessa consiste nel selezionare ciò che è tendente alla vita spirituale, nel discriminare ciò che è appropriato e vero da ciò che non lo è, nel distinguere tra la virtù e l’errore. Si tratta dell’acume intellettuale/spirituale dell’uomo saggio che s’avvia a trascendere il samsara (e il cui sviluppo è impedito da avidya, l’ignoranza), una funzione che ci consente di andare aldilà dei limiti del nostro atteggiamento non illuminato e di entrare nel reame della spiritualità (cosicché superiamo i klesha: le “ostruzioni affliggenti” e le “ostruzioni all’onniscienza”). In particolare, prajña è la comprensione corretta dei fenomeni, libera da ogni concezione dualistica, cioè la profonda conoscenza consistente nell’apprendere la

reale natura delle cose : il reale e vero modo in cui esistono i fenomeni è la Vacuità.

Vi sono 3 tipi di prajña :

a.- quella che comprende la realtà relativa (come il rapporto di causa ed effetto o le Quattro Nobili Verità);

b.- quella che comprende la realtà ultima (o Vacuità);

c.- quella che comprende ciò che è proficuo e vantaggioso agli esseri, applicando loro la generosità, le parole amabili, la disponibilità a venire in aiuto, ecc. per attirarli al Dharma.

La comprensione della vacuità o sunyata, consiste nel riconoscere l’assenza della natura intrinseca come la Verità Assoluta.

Precisamente, è la consapevolezza che:

1. tutti gli oggetti di conoscenza sono apparenze illusorie della verità relativa e quindi sono vacuità perché prive di essenza: ogni cosa è dipendente da molte condizioni che si concatenano ma non ha fondamento, sostanza o natura propria; ad es., che cosa fa suonare una campana? Il metallo che la compone, il battaglio, la mano che lo muove o l’orecchio che l’ascolta? Sono tutte cause interdipendenti dello stesso fenomeno “suono”. Dove sta la dolcezza di una caramella: nella lingua o nella caramella ? Se la mente non lo percepisce, niente è dolce.

2. la stessa mente che conosce quegli oggetti, siccome li trascende (non ha né inizio né fine, né forma, né localizzazione, ecc.) è priva di qualsiasi propria natura: è vuota. Ma è tale solo quando è calma, cioè nel suo stato naturale (in cui le illusioni di un “io” e di tutte le dualità possono essere fermate);

mentre normalmente essa è costretta ed agitata dal karma negativo e quindi è insieme “non-vuota” e “non non-vuota”, aldilà della comprensione e perciò indefinibile (come lo specchio che riflette immagini colorate a seconda della

Un’altra distinzione considera la prajña come la conoscenza profonda che deriva:

–dall’ascolto degli insegnamenti;

–dalla riflessione su di essi,

–dalla meditazione relativa,

a cui si può aggiungere la comprensione che deriva dal capirli.

Cosa che vi è posta davanti, pur restando esso sempre uguale a se stesso, cioè incolore).

Per acquisire prajña è indispensabile lo sviluppo mentale (bhavana), cioè la meditazione – che consiste di shamatha e vipassana. Con vipassana si genera il Sentiero della Preparazione; inoltre, quando si conosce la Vacuità direttamente ed intuitivamente per la prima volta, si consegue il Sentiero della Visione;

successivamente, si eliminano passo passo i klesha acquisiti ed innati.

Nella sua forma più alta, completa e perfetta, prajña corrisponde alla 6° paramita (prajñaparamita).

Lo sviluppo di prajña porta infine a jñana (la saggezza conoscitiva tipica di un Buddha).

Prajña – in quanto presa di coscienza della vacuità – è il fattore (o elemento o principio) statico, passivo, femminile nel processo dell’Illuminazione. Ad esso è complementare l’upaya (metodo), che è l’azione appropriata (quello che occorre fare qui ed ora) eticamente positiva, consistente nell’esercizio delle prime 5 paramita – di cui la compassione rappresenta il fondamento: si tratta quindi dell’amore e della pietà universali ed attivi. Pertanto, upaya è il fattore dinamico e maschile dell’Illuminazione.

La realizzazione dello stato di Buddha o Illuminazione dipende dalla pratica simultanea di questi due fattori:

–il metodo agisce sul piano della verità relativa; lo sviluppo e la realizzazione di bodhicitta fan parte del metodo;

–la saggezza agisce sul piano della verità assoluta; la penetrazione nella vacuità (ossia la giusta visione della realtà) è la pratica della saggezza.

Infine, con riferimento ai Tre Corpi di un Buddha va detto che l’accumulazione di prajña è la causa principale del Dharmakaya.

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