Ghesce Ciampa Ghiatso: Le otto stanze dell’addestramento mentale 4

Ghesce Ciampa Ghiatso e Lama Yesce a Pomaia. Ven. Ghesce Ciampa Ghiats : È l’attaccamento, soprattutto, che ci vincola all’esistenza ciclica e impedisce la liberazione da essa perché bramiamo i cinque oggetti dei sensi: forme visive, suoni e musica, profumi e aromi, sapori e cibo delizioso, oggetti tangibili soffici e morbidi.

Lama Yesce e Ghesce Ciampa Gyatzo

Insegnamenti sul testo “Le otto stanze dell’addestramento mentale” di Langri Tangpa Dorje Senghe, vedi https://www.sangye.it/altro/?p=27, conferiti dal ven. Ghesce Ciampa Ghiatso presso l’Istituto Lama Tzong Khapa, Pomaia, PI, nel settembre 1995. Trascrizione di Ivan Zerlotti e Francesco La Rocca, Revisione Edizioni JTK.

Ghesce Ciampa Ghiatso: Esaminare il nostro comportamento

Al tempo del Buddha precedente a Buddha Shakyamuni, in India vi fu un re che fece dieci sogni diversi. In uno di questi vide una scimmia completamente coperta di fango che diceva a un’altra scimmia che aveva solo la coda sporca: ‘Guarda come sei sporca!’. Il re domandò a Buddha Kashyapa il significato del suo sogno. Buddha gli predisse che in futuro, al tempo di Buddha Shakyamuni, le persone colme di difetti sarebbero state molte, mentre sarebbero state rare quelle con pochi difetti e, inoltre, le prime avrebbero sopraffatto le seconde. Sembra che in questo periodo avvenga proprio questo. Questa storia è un’esortazione a riflettere sui propri difetti e non su quelli altrui. Soltanto se ci rendiamo conto dei nostri errori possiamo agire in modo tale da eliminarli. È necessario esaminare il nostro comportamento, le azioni fisiche, verbali e mentali.

In ogni azione esaminerò la mia mente

e, non appena sorgerà un’afflizione mentale,

poiché essa nuoce a me stesso e agli altri,

la affronterò fermamente e la abbandonerò senza indugio.

Le azioni fisiche e verbali derivano dall’azione mentale chiamata ‘intenzione’, che induce a compiere azioni virtuose e non virtuose. Occorre quindi esaminare l’intenzione con la quale si compie un’azione. Quando sorge un’afflizione mentale nella nostra mente, dovremmo osservarla e riflettere sugli effetti rovinosi che essa potrebbe causare a noi stessi e agli altri. Alcuni fattori mentali ci danneggiano perché provocano dolore, malessere e infelicità. Perciò cerchiamo di impegnarci per vincerli, applicando antidoti idonei. Nel caso in cui sorgesse la collera, per esempio, dovremmo applicare immediatamente l’antidoto generando amore verso la persona al nostro cospetto, pensando ‘È vero che lui mi ha danneggiato, tuttavia non ha agito così per libera scelta ma perché sopraffatto dal potere delle afflizioni mentali’. Cerchiamo di sviluppare amore e compassione per questa persona che ci ha fatto adirare. Dovremmo osservare ogni nostra azione ed esaminare la nostra mente, sia mentre lavoriamo sia quando siamo semplicemente seduti a pensare.

Qualcuno crede che sia utile scaricare all’esterno le proprie emozioni, ma coltivando la rabbia, ad esempio, non faremo altro che accrescerla e diventare sempre più familiari con essa. La rabbia è estremamente distruttiva, perciò va contrastata e neutralizzata.

La rabbia, l’invidia, l’orgoglio e la pigrizia vanno neutralizzati mediante l’applicazione dei rispettivi antidoti. Possiamo iniziare con l’osservazione e il riconoscimento dei vari fattori mentali, comprendendo che alcuni dei nostri pensieri sono positivi mentre altri sono distruttivi e apportatori di sofferenza. Gradualmente riusciremo a riconoscerli e a individuare i fattori mentali che vanno coltivati in quanto apportatori di felicità. Per esempio, quando sorge la fede in Buddha, nei santi o in Dio, dovremmo coltivarla e cercare di accrescerla, mentre quando sorgono attori mentali quali l’invidia o la pigrizia dovremmo immediatamente cercare di neutralizzarli. Per riuscire in ciò, occorre controllare costantemente la nostra mente e prestare attenzione a quel che facciamo e diciamo. Le azioni che compiamo possono essere negative o positive. Dovremmo comprendere bene la corrispondenza fra ogni azione e il risultato specifico che essa determina. Dovremmo comprendere che le esperienze dolorose e i problemi che ci affliggono sono il risultato di azioni non virtuose compiute in passato e che, viceversa, le esperienze di felicità e benessere derivano da azioni virtuose.

È essenziale, pertanto, esaminare le azioni di corpo, parola e mente e cercare di evitare, fino ad annientarle, tutte le azioni distruttive, incrementando invece quelle costruttive. Se appuriamo che qualcosa può esserci d’aiuto, cerchiamo di adottarla e incrementarla, mentre se qualcosa ci danneggia cerchiamo di abbandonarla. Fra i cinquantun fattori mentali, vedi https://www.sangye.it/altro/?p=3414, ventisei sono afflizioni; fra queste ultime, sei sono afflizioni radice: ignoranza, attaccamento, collera, orgoglio, dubbio afflittivo e visioni erronee; le venti rimanenti sono afflizioni secondarie che sorgono dalle sei principali. Ciascuno di questi fattori mentali ha un’entità e una funzione specifiche; essi sono ben definiti e vanno chiaramente esaminati.

Osserviamo come l’attaccamento ci spinga ad agire in modo dannoso. Mangiare troppi dolci, per esempio, può danneggiare i denti e obbliga a sottoporsi a cure costose. Anche il vizio del fumo provoca gravi danni alla salute, oltre a bloccare i sottili canali psichici del nostro corpo e ad indebolire così le nostre facoltà. L’attaccamento, quindi è molto pericoloso. Quando in un rapporto vi è disarmonia o conflitto, solitamente la causa è l’attaccamento. La causa principale della disarmonia è il nostro attaccamento, il nostro egoismo che ci porta a pensare ‘voglio questo, voglio quello’. Le nostre esigenze devono prevalere, così litighiamo con il compagno o la compagna. Per esempio, la moglie desidera andare al mare mentre il marito preferisce la montagna, così sorge discordia. Se la situazione si ripete nel tempo e diventa intollerabile, le discussioni si fanno sempre più accalorate e si giunge al punto di pensare ‘Sarebbe meglio separarsi’, e così avviene. Dopo la separazione il malessere continua, anche se si finge il contrario. Queste sofferenze derivano dall’attaccamento e dall’odio. Qualsiasi afflizione mentale è pericolosa perché ci danneggia, provoca dolore e porta alla separazione di coppie e amici. All’inizio di un rapporto c’è molta passione ma, dopo qualche tempo, spesso sorge una forte attrazione per un’altra persona e si pensa:‘Non provo più desiderio per mio marito, lo considero ormai come un padre o un fratello’. Nasce così la disarmonia e ci si separa. Tutto ciò è causato dall’attaccamento, perciò esso va indebolito applicando con fermezza e senza indugio gli antidoti adeguati, cercando di gioire del nostro rapporto, di apprezzare le qualità del nostro compagno o compagna. Svalutiamo invece l’altra persona, cercando di non considerarla così attraente e pensando ‘Certo, mi sembra affascinante, ma si tratta solo di una mia falsa proiezione, è un’illusione simile a quelle create da un mago’.

Un mago, infatti, con il potere dei mantra e utilizzando sostanze che alterano la percezione visiva, può far apparire una bellissima donna trasformando un pezzo di legno. Un credulone, vedendola, penserà ‘La voglio! Voglio sposarla!’. Pur essendo una mera emanazione magica, lo stupido la desidera. Eppure, l’attaccamento funziona proprio in questo modo: ci appare un oggetto, lo troviamo irresistibile e quindi lo ricerchiamo. A volte vediamo la bellezza anche laddove non esiste; è come nei sogni, che, per quanto siano meravigliosi, sono irreali. Essendo ingannati dalle proiezioni, le cose ci appaiono in modo falso come nei sogni. Per attenuare il nostro attaccamento, dovremmo riflettere e meditare sugli aspetti repellenti del corpo. Possiamo immaginare l’oggetto del nostro attaccamento in un aspetto repellente e, se si tratta di una persona, vederla come un cadavere o un sacco di sporcizia. Possiamo pensare che l’involucro esterno racchiuda un insieme di sostanze impure. In effetti, se si apre il corpo umano lo spettacolo è terrificante. Anche l’invidia è un sentimento molto pericoloso. Sono numerosi gli stati mentali deleteri e occorre applicare gli antidoti appropriati. Per neutralizzare odio e collera è necessario meditare e coltivare l’amore e la compassione. Quando sorge l’orgoglio dovremmo meditare sugli aggregati e sugli elementi del corpo e analizzare dove si possa ritrovare l’io. Per eliminare l’ignoranza occorre meditare sul ‘sorgere dipendente’, sull’interdipendenza dei fenomeni. Se sorge un’eccessiva discorsività mentale conviene praticare la meditazione sul respiro. È una meditazione che consiste nell’osservare semplicemente il ciclo naturale del respiro, concentrandosi sull’aria che entra ed esce dalle narici e, eventualmente, contando il numero delle respirazioni. In questo modo è possibile placare una mente troppo concettuale. Riguardo a questa meditazione, peraltro, vi sono diverse tecniche.

Quando incontrerò esseri di natura malvagia,

oppressi da intense sofferenze,

li riterrò cari come se avessi scoperto un tesoro prezioso,

così raro a trovarsi.

Vi sono persone molto malvagie che, tuttavia, vanno aiutate. Perché esistono persone che nascono con una natura distruttiva? Perché nelle vite passate si sono familiarizzate con abitudini negative e hanno creato cause che sono maturate nel presente. In realtà, la natura degli esseri senzienti non è negativa in quanto, essendo mutevole, può essere trasformata. L’addestramento mentale può trasformare la natura degli esseri rendendola simile a quella degli esseri realizzati, dei santi. Abbandoniamo le abitudini nocive e coltiviamo quelle benefiche, perché è questo il modo per ottenere lo stato di un Buddha. Trovando un tesoro possiamo soddisfare i desideri di questa vita; nello stesso modo, quando incontriamo esseri malvagi, cerchiamo di prenderci cura di loro. Questa è un’attitudine che porterà benefici, non solo in questa vita, ma anche in quelle future. Aiutare le persone malvagie produce un’accumulazione di meriti che consente di raggiungere l’illuminazione, perciò è una grande fortuna incontrare e aiutare persone simili. Quando siamo tormentati dalla sofferenza siamo grati a chi ci aiuta a guarire; riflettendo su questo, cerchiamo di sviluppare amore e compassione per tutti gli esseri senzienti. Amore e compassione rappresentano una religione universale, nessuno li rifiuta; anche gli atei e i materialisti danno valore all’amore e alla compassione, non possono rigettarli. Amore e compassione sono le cause principali della pace. Vi sono persone che, purtroppo, perseguendo i propri interessi, non desiderano la pace. I produttori di armi, per esempio, senza le guerre non potrebbero combinare i loro affari. Alcuni sostengono la pace solo a parole, ma per soddisfare il loro interesse personale desiderano invece la guerra. Purtroppo il mondo è così, c’è chi specula sulla guerra per un guadagno personale. I politici, a volte, sono veramente strani: sostengono di volere la pace, la felicità, tuttavia nei loro programmi c’è la guerra e nascono così conflitti che provocano distruzioni, sofferenze e la morte di moltissime persone.

La cosa migliore che possiamo fare, quindi, è quella di sviluppare amore e compassione. Ciascuno di noi ha la responsabilità di accrescere tali qualità e contagiare gli altri, ispirandoli in tale percorso; sviluppando queste qualità si risolveranno molti problemi. Quando si sviluppa amore e compassione si indeboliscono l’attaccamento, la collera e l’orgoglio. Tutte le nostre afflizioni mentali sono pericolose.

Dovremmo essere estremamente disponibili nei confronti degli altri, dovremmo prendercene cura e considerarli molto cari.

Quando altri, per invidia,

mi maltratteranno e insulteranno ingiustamente,

accetterò la sconfitta e

concederò loro la vittoria.

Qualcuno potrebbe invidiarci, criticarci e maltrattarci; in ogni caso, non conviene reagire nello stesso modo, criticando o maltrattando questa persona. È meglio accettare le sue critiche e rispondere: ‘Hai ragione, ho sbagliato.’ Questo è il modo in cui un bodhisattva addestra la propria mente. La perdita è solo momentanea, relativa a questa vita, in realtà quella che al momento può sembrare una sconfitta è una vittoria. Praticando la generosità, l’umiltà e il buon cuore, generiamo moltissima energia positiva, molti meriti. Nel caso in cui gli altri ci maltrattassero, ci criticassero o ingiuriassero, non dovremmo reagire negativamente ma concedere loro la vittoria. In realtà siamo noi a vincere perché generiamo moltissima energia positiva, mentre gli altri, comportandosi in modo non virtuoso e generando energia negativa, creano cause che porteranno risultati di sofferenza in futuro. Ciò significa che loro hanno perso, mentre noi, concedendo loro la vittoria, generando energia positiva e felicità, vinciamo. Se reagissimo con azioni non virtuose perderemmo, perché in futuro dovremmo sperimentarne i relativi risultati di sofferenza. In ciò consiste il principio di ‘causa ed effetto’, che a volte è difficile da comprendere e da accettare. Vi sono due tipi di ‘leggi’: quelle naturali, o non create da nessuno, e quelle formulate. Per esempio, uragani, inondazioni, terremoti, incendi e così via sono provocati da energie negative naturali e sono segni di cattivo auspicio. Chi provoca la pioggia che poi si trasforma in alluvione? Chi crea i terremoti, gli incendi?

Secondo il buddhismo, nessuno crea questi eventi, perché essi sono dovuti al karma collettivo generato dagli abitanti delle zone colpite. In passato queste persone hanno compiuto azioni non virtuose che maturano in un determinato

momento e nell’ambiente si manifestano come calamità naturali. Qualcuno sostiene che tutto è creato da Dio. Una scuola filosofica indiana sostiene l’esistenza di un creatore identificato come ‘principio generale’. Questo sistema asserisce l’esistenza di un ‘dio’ creatore di tutto. Questa è un’asserzione che andrebbe verificata. ‘Chi ha creato il creatore?’ Secondo questa scuola, il creatore ha generato anche fenomeni negativi; quando una persona si rende conto che il responsabile è il creatore, quest’ultimo, vedendosi scoperto, si vergogna e svanisce nello spazio come un arcobaleno. La persona, a quel punto, ottiene la liberazione e tutte le apparenze e le sofferenze svaniscono.

Per natura, le fiamme salgono verso l’alto, l’acqua scende verso il basso, gli alberi in autunno perdono le foglie. Tutto ciò avviene per legge naturale.

Per quanto riguarda le leggi formulate vi sono i voti, le promesse e gli impegni

che assumiamo dai maestri spirituali, come il non uccidere, il non rubare, non

praticare una sessualità scorretta, non mentire e così via. Se non mantenessimo gli impegni assunti, trasgrediremmo una legge formulata da Buddha Shakyamuni.

Nel cristianesimo si insegnano i comandamenti e nell’islamismo i precetti stabiliti da Maometto. Chi si assume questi impegni e poi li trasgredisce infrange un codice etico.

Qualsiasi danno ci procurino gli altri, cerchiamo di non essere vendicativi.

Lasciamo loro la vittoria e accettiamo la sconfitta. Infatti, siamo noi a ottenere il vantaggio maggiore, per quanto in realtà non vinca nessuno. Quando c’è una guerra, la perdita avviene sempre da entrambe le parti; per quanto appaia, convenzionalmente, che una delle due parti sia la vincitrice e l’altra la sconfitta, vi sono invece solo ingenti perdite:muoiono moltissime persone da una parte e dall’altra, danni economici sono rilevanti, sicché nessuno vince realmente.

Anche se qualcuno che ho aiutato e

in cui ho riposto grandi speranze mi dovesse danneggiare

in modo del tutto ingiustificato,

lo considererò come un supremo amico spirituale.

Questo è piuttosto difficile da mettere in pratica, tuttavia fa parte dell’addestramento mentale del bodhisattva. Anche noi possiamo imparare a sviluppare la pazienza. Quando una persona di cui ci siamo presi cura e in cui abbiamo riposto grandi aspettative, sperando nella sua gratitudine, ci ripaga rivoltandosi contro di noi o danneggiandoci, dovremmo considerarlo come un amico spirituale gentilissimo, perché ci sta insegnando il modo di sviluppare la pazienza. Una persona a cui abbiamo dato molto e che, invece di ricambiare il nostro aiuto, ci nuoce, solitamente è considerata una persona ingrata e irriguardosa. Da un punto di vista spirituale, tuttavia, possiamo considerarla come estremamente gentile perché il suo comportamento indegno può essere trasformato in una causa per raggiungere l’illuminazione. Nel sesto capitolo del testo Una guida allo stile di vita del bodhisattva, Shantideva https://www.sangye.it/altro/?cat=15 spiega i vantaggi che derivano dalla pazienza e gli svantaggi dell’odio, e descrive diversi modi per sviluppare la pazienza.

Se qualcuno ci ferisse e noi non reagissimo, saremmo considerati stupidi e vigliacchi, mentre se contrattaccassimo saremmo ritenuti coraggiosi. Questo è un modo di pensare originato dall’ignoranza, perché in realtà le cose non stanno così.

È molto importante, prima di compiere ogni azione, generare una corretta motivazione. Al mattino, al risveglio, possiamo pensare ‘Qualsiasi cosa farò oggi, la farò per servire gli altri. Camminare, mangiare, vestirmi, stare in piedi, farò tutto ciò per aiutare gli esseri senzienti’.Vi sono molte attività che possiamo trasformare positivamente, utilizzando ad esempio lo yoga del sonno, del risveglio, del lavarsi, del mangiare, del vestirsi, del camminare, del lavorare e così via. Determiniamoci pensando: ‘Ogni mia attività sarà rivolta al beneficio di tutti gli esseri. Per essere in grado di agire così è necessario mantenere il corpo in salute, quindi me ne prenderò cura e lo utilizzerò per aiutare e render felice il prossimo. Possa ogni mia azione procurare l’altrui felicità e non essere mai causa di malessere e infelicità’. Al risveglio, cerchiamo di generare questa motivazione e ripromettiamoci anche ‘Oggi non mi arrabbierò’. Ciò che dobbiamo fare è cercare di migliorarci.

In breve, offrirò a tutte le mie madri,

direttamente o indirettamente, ogni beneficio e felicità, e

prenderò su di me, segretamente,

ogni loro male e sofferenza.

Le prime sei stanze illustrano il metodo delle ‘sei cause e un effetto’ per lo sviluppo della mente dell’illuminazione.

Nella settima, è esposto il metodo dello ‘scambiare se stessi con gli altri’, la pratica del ‘prendere e dare’. ‘Prendere’ significa addossarsi le sofferenze e i problemi degli altri. Nel testo Sette punti dell’addestramento mentale di Ghesce Cekawa, vedi https://www.sangye.it/altro/?p=2469, si legge: ‘Inizia prendendo su di te le tue stesse sofferenze’.

Al mattino, per esempio, potremmo pensare di accettare tutti i problemi che incontreremo nel corso della giornata, quelli che incontreremo nei giorni successivi e così via, progressivamente, fino al momento della nostra morte. Ci addestriamo così ad addossarci tutti i nostri problemi e a donare i nostri meriti per ottenere benefici nelle vite future. Immaginiamo per prima cosa di prendere su di noi le sofferenze fisiche dovute a malattie, invecchiamento e morte. Immaginiamo poi di prendere tutto il karma non virtuoso della parola che danneggia gli altri, come il mentire, l’usare parole che creano discordia, usare parole dure e parlare a vanvera. Prendiamo infine su di noi le negatività della mente come la bramosia, la malevolenza e le visioni erronee. Immaginiamo che tutte queste energie negative, nell’aspetto di fumo nero, entrino attraverso la nostra narice sinistra e visualizziamo al nostro cuore un grumo nero che rappresenta il nostro egoismo. Il fumo nero scendendo al nostro cuore colpisce il grumo nero dell’egoismo e lo disintegra completamente. Motivati dalla compassione ci addossiamo le negatività, e motivati dall’amore doniamo ogni nostra qualità ed energia positiva. Questa meditazione può essere condotta anche in modo esteso, iniziando con il prendere le sofferenze specifiche degli esseri dei reami infernali, continuando

con quelle degli spiriti famelici, animali, esseri umani, semidei e dèi, donando loro ogni nostra qualità eccellente, felicità, ricchezza e radice di virtù. Questa pratica va condotta segretamente. Questo tipo di meditazione potrebbe intimorire se si pensasse ‘Con questa pratica dovrò subire ogni tipo di malattia e di difficoltà. Sarò in grado di tollerarlo?’ In realtà ciò non avviene. Solo gli esseri che hanno elevate realizzazioni possono effettivamente assumersi le altrui sofferenze; essi, tuttavia, non possono eliminare le afflizioni mentali come l’attaccamento, l’odio e l’ignoranza degli altri esseri. Gli esseri realizzati possono però pacificare la mente degli altri e placare le loro sofferenze. Dovremmo considerare gli svantaggi dell’attitudine egoistica, la radice di tutti i nostri problemi e sofferenze, cercando di eliminarla. Contempliamo poi i vantaggi che derivano dal prendersi cura degli altri, la qual cosa garantisce anche il proprio beneficio.

Un raccolto lo si ottiene seminando semi di riso od orzo, mentre le erbe infestanti crescono spontaneamente, senza bisogno di seminarle. Dall’attitudine altruistica derivano benefici sia per sé sia per gli altri. Per esempio, se un imprenditore retribuisce adeguatamente i dipendenti efficienti, oltre a beneficiare gli altri ne trarrà vantaggio egli stesso. Il desiderio di aiutare il prossimo genera in noi molta energia positiva, che ci porta molti vantaggi. Sfruttare il prossimo, invece, come accade in alcuni posti dove i detenuti devono lavorare dodici ore al giorno per cibo scarso e di pessima qualità, produce un’accumulazione enorme di energia negativa, con risultati distruttivi. Il nostro egocentrismo crea situazioni simili. L’egocentrismo, il prendersi cura solo di se stessi trascurando gli altri, non porta ad agire in modo costruttivo, quindi occorre trasformare la nostra attitudine autogratificante e cercare di prendersi cura degli altri; solo in questo modo otterremo risultati vantaggiosi anche per noi stessi. Dobbiamo anche controllare la nostra motivazione. Il macellaio che nutre i suoi animali, lo fa con una motivazione egoistica perché mira a ingrassarli per ottenere un maggior guadagno; altri, invece, si prendono cura degli animali in modo del tutto altruistico, senza alcuna aspettativa. Cercare di aiutare gli altri senza nutrire aspettative di ricompensa è un ottimo atteggiamento.

Mantenendo incontaminate tutte queste pratiche

dalle impurità delle otto preoccupazioni mondane, e

con la comprensione che tutti i fenomeni sono simili a illusioni,

scevro da attaccamento, sarò liberato dalla schiavitù.

Questa stanza spiega la mente dell’illuminazione, la realizzazione diretta della vacuità. Con una cognizione intellettuale dello stato di un Buddha, possiamo comprendere che la sua causa è la mente ultima dell’illuminazione. Qui vengono anche menzionati le otto preoccupazioni mondane: quattro sono sensazioni spiacevoli e quattro sensazioni piacevoli che sorgono a causa di preoccupazioni o interessi mondani. Analizziamo queste otto esperienze considerandole a coppie:

Quando si ottiene un oggetto desiderato, per esempio la ricchezza, si gioisce. Quando invece non lo si ottiene o lo si perde, ci si sente infelici. Queste due reazioni emotive vanno riequilibrate, pensando ‘Se trovo qualcosa è ottimo, se non lo trovo non importa’. Vi è un detto tibetano: ‘Se lo trovo sono felice, se non lo trovo sono felice!’

Quando veniamo elogiati o lusingati ci sentiamo gratificati, mentre quando veniamo disprezzati, denigrati o tacciati d’ignoranza ci sentiamo infelici. Che ci elogino o ci denigrino, dovremmo bilanciare questi due tipi di sentimento, ridimensionando l’importanza attribuita agli elogi e alle critiche. Dovremmo pensare che sono soltanto parole, che non possono cambiarci. Infatti, se qualcuno ci dice: ‘Tu sei un mascalzone’ non lo diventiamo veramente. Per esempio, se una ragazza fosse al cospetto di due persone, una delle quali le dicesse: “Sei molto carina e gentile” e l’altra per contro affermasse: “Non sei affatto bella, e sei anche arrogante”, probabilmente proverebbe al contempo due sensazioni opposte: si sentirebbe felice da un lato e infelice dall’altro, tuttavia non diverrebbe bella o brutta a seconda di ciò che le viene detto. Queste opposte sensazioni rivelano che siamo sottoposti all’influenza delle preoccupazioni mondane. Abbandonando gli interessi mondani non avremo reazioni emotive opposte, ma sentimenti equilibrati.

Godere di buona reputazione ci rende felici, mentre una cattiva reputazione ci rende infelici. Anche queste due sensazioni vanno equilibrate. La fama e la

reputazione sono solo parole e non ci possono cambiare, ne consegue che non ha importanza alcuna quello che altri dicono di noi. Per quanto sia difficile, cerchiamo di equilibrare anche questi due sentimenti.

Godere di buona salute ci rende felici, mentre la sofferenza della malattia ci provoca anche sofferenza mentale. Cerchiamo di ridurre queste sensazioni. Il

praticante spirituale, quando soffre o è malato in realtà prova gioia, perché pensa ‘Ciò è ottimo perché sto purificando il karma negativo ed esaurendolo raggiungerò la felicità’. Quando invece tutto va bene, quando è in ottima salute, prova molti piaceri, si sente felice, egli cerca di equilibrare tutte queste sensazioni pensando che queste sono il risultato di meriti creati in passato che ora si stanno esaurendo. Noi abbiamo un atteggiamento opposto. Cerchiamo dunque di abbandonare queste otto preoccupazioni mondane. In presenza di determinate condizioni è possibile far apparire oggetti. Un giorno un mago disse a un sarto ‘Posso mostrarti delle magie’. Il sarto, che stava cucendo con ago e filo, era molto scettico al riguardo, ma il mago trasformò l’ago in un meraviglioso cavallo selvaggio e il filo nelle briglie di quest’ultimo; mediante i suoi poteri, egli fece provare al sarto l’esperienza di cavalcare e ben presto quest’ultimo cominciò a sudare e a mostrarsi angosciato. Dopo qualche minuto il mago sciolse l’incantesimo e tutto scomparve. Quindi il mago chiese al sarto: “Cosa ti è successo, perché sei così sudato?” Questi, in preda all’agitazione, spiegò che da tre o quattro mesi stava cavalcando un grande cavallo molto bizzoso, sicché temeva di cadere. Il mago gli rispose che in realtà erano trascorsi solo pochi minuti, infatti il tè che stavano bevendo era ancora caldo; il sarto era rimasto seduto sul suo cuscino e non c’era effettivamente un cavallo, ma l’esperienza gli era sembrata reale. I fenomeni ci appaiono come veramente esistenti anche se in realtà non lo sono. Essi sono privi di esistenza intrinseca, non esistono dalla propria parte, ma sono interdipendenti ed esistono in relazione alle loro cause e alle loro parti, analogamente ai cavalli che appaiono per un’illusione magica, dipendendo dall’aggregazione di cause e condizioni quali sostanze, mantra e tecniche specifiche.

Esaminiamo ciò che ci limita e ci vincola. L’esistenza ciclica è vasta come un oceano in cui siamo tenuti prigionieri dalle afflizioni mentali e dalle percezioni distorte della realtà. È l’attaccamento, soprattutto, che ci vincola all’esistenza ciclica e impedisce la liberazione da essa perché bramiamo i cinque oggetti dei sensi: forme visive, suoni e musica, profumi e aromi, sapori e cibo delizioso, oggetti tangibili soffici e morbidi. Dal contatto fra i tre fattori – l’oggetto, la facoltà e la coscienza, – derivano le sensazioni. Il contatto con un oggetto gradevole produce la sensazione di benessere che suscita e incrementa l’attaccamento per tale oggetto. Ciò impedisce di abbandonare l’attaccamento e porta a inseguire continuamente le sensazioni piacevoli e la felicità mondana. L’attaccamento è il vincolo che ci tiene legati all’esistenza ciclica. Fra le cause principali dei conflitti e delle discordie ci sono proprio le sensazioni. Un’altra delle cause principali sono le discriminazioni, da cui sorgono dispute per divergenze filosofiche o differenti opinioni. Questi due fattori mentali sono la causa di tutti i dissidi e i conflitti. Le sensazioni piacevoli che continuamente ricerchiamo e consideriamo così importanti sono la causa principale dei problemi famigliari. Abbiamo un forte attaccamento per le sensazioni piacevoli e cerchiamo con ogni mezzo di liberarci da disagi e sensazioni spiacevoli. Il testo afferma che il forte attaccamento e le otto preoccupazioni mondane impediscono la liberazione dall’esistenza ciclica. Riconoscendo che i fenomeni sono illusori e realizzando la vacuità spezzeremo i vincoli dell’attaccamento e taglieremo la radice dell’esistenza ciclica, l’ignoranza. Il processo che ci lega al ciclo delle esistenze avviene attraverso dodici anelli: 1. ignoranza; 2. formazioni karmiche; 3. coscienza; 4. nome e forma; 5. sei sorgenti; 6. contatto; 7. sensazione; 8. bramosia; 9. afferrarsi; 10. divenire; 11. nascita; 12. invecchiamento e morte. Questi dodici anelli ruotano in cerchio, perciò si parla di esistenza ciclica. La radice di tutto ciò è l’ignoranza, che va estirpata.Vi sono molte forme d’ignoranza, principalmente possiamo considerarne due: (1) la non conoscenza della realtà, la talità dei fenomeni e (2) la non conoscenza della legge di causa ed effetto. La non conoscenza della talità dei fenomeni è il primo dei dodici anelli, ciò che produce l’afferrarsi ai fenomeni come se fossero intrinsecamente esistenti. Comprendendo la vacuità di esistenza a sé stante si elimina l’afferrarsi all’esistenza intrinseca. Un tavolo di legno, per esempio, non esiste di per sé perché è originato in modo interdipendente. È un insieme di condizioni e di parti che permette l’esistenza del tavolo, esso sorge mediante una relazione di dipendenza. La sua esistenza dipende dal legno e dal falegname che lo ha fabbricato. Anche di noi stessi possiamo pensare ‘Non esisto intrinsecamente, non esisto in modo isolato dal resto perché sono nato dai miei genitori, dipendo dalla mia famiglia’. Noi dipendiamo dal padre e dalla madre; se essi non fossero esistiti, neppure noi esisteremmo.

Nel buddhismo si parla di mancanza di un sé: ciò che va negato è un sé, o un ‘io’, intrinsecamente esistente, o esistente dalla propria parte. Anche i fenomeni, gli aggregati come il nostro stesso corpo, non sono intrinsecamente esistenti perché sono interdipendenti. I ragionamenti che dimostrano questa visione sono numerosi. I fenomeni, per esempio, non esistono né come unità né come molteplicità. Occorre per prima cosa comprendere intellettualmente la vacuità; questa comprensione diverrà progressivamente sempre più profonda e causerà un’esperienza diretta della vacuità, tramite un cognitore diretto non concettuale.

L’ignoranza e tutto ciò che ne deriva cesseranno e non dovremo più rinascere, invecchiare e morire a causa delle afflizioni mentali, e otterremo l’immortalità.

Con la realizzazione della vacuità saremo in grado di viaggiare molto rapidamente, potremo spostarci da un luogo all’altro in un istante. Otterremo un corpo mentale, luminoso, e ogni sofferenza cesserà.