Ven. Ghesce Yesce Tobden: Visione dell’ignoranza e visione della saggezza.
7. Insegnamenti del Ven. Ghesce Yesce Tobden al Centro Ewam, Firenze.
Noi abbiamo due tipi di visione: una visione dell’ignoranza e una visione della saggezza.
La visione della nostra ignoranza è quella di mantenere questa nostra convinzione che le cose esistono di per sé, cioè in modo indipendente, inerente, a sé stante, senza dipendere dalla nostra etichetta concettuale. Questa è la visione dell’ignoranza.
Però abbiamo anche la visione della saggezza, cioè quella di afferrare esattamente come è l’oggetto, cioè percepire l’oggetto non come un oggetto che esiste di per sé, come tale, ma che esiste in dipendenza alla etichetta concettuale. La visione dell’ignoranza dell’aggrapparsi al sé viene, quindi, eliminata sviluppando la visione della saggezza, cioè realizzando la visione dello sunyata o vacuità.
La nostra ignoranza sostiene, percepisce e autoconvince che la cosa esiste in modo indipendente, che cioè l’esistenza della cosa non dipende da niente, che esiste grazie alla sua capacità autonoma, inerente, naturale: quindi la cosa esiste in modo naturale, autonomo, inerente, senza dipendere da niente. Questa è la nostra visione della ignoranza.
Invece, la nostra visione della vacuità, quindi della saggezza, dice che la cosa non esiste in modo autonomo, naturale, inerente, a sé stante, ma esiste soltanto in dipendenza dalla sua etichetta concettuale. Cioè la sua esistenza dipende dalla etichetta concettuale; senza l’etichetta concettuale la cosa di per sé non esiste.
Fino ad ora abbiamo continuato a coltivare la visione dell’ignoranza, cioè abbiamo continuato a mantenere la nostra convinzione che la cosa, la materia, l’oggetto esterno, esiste realmente, oggettivamente, indipendentemente, in modo autonomo, naturale, senza essere dipendente da altri. Tuttora continuiamo a mantenere ed a coltivare questo tipo di visione. Ma, quando poi inizieremo ad addestrare, a sviluppare la visione della nostra saggezza, inizieremo a scoprire che quell’oggetto non esiste di per sé, naturalmente dalla sua parte, ma esiste soltanto dipendentemente da altri, cioè dipende dalla etichetta concettuale. Quindi, quando inizieremo a coltivare la visione della saggezza, scopriremo che la visione che avevamo praticato finora, cioè la visione dell’ignoranza, è una visione sbagliata, e inizieremo a scoprire che la cosa non esiste di per se stessa, dalla sua parte, in modo indipendente.
Noi, tuttora, continuiamo a mantenere la convinzione che esistiamo realmente, che esistiamo dalla nostra parte, oggettivamente, indipendentemente, in modo naturale, autonomo, a sé stante, indipendente, quindi il nostro nemico esiste realmente, oggettivamente, in modo a sé stante, naturale, indipendente; quindi allo stesso modo esiste anche il mio amico senza essere dipendente da niente. La conseguenza sarà quindi odio e via dicendo.
Ma anche noi non esistiamo come crediamo, il nostro io non esiste nel modo in cui noi lo percepiamo, come lo vediamo, come crediamo, cioè non esiste di per sé, oggettivamente, in modo naturale, inerente, indipendente. Di conseguenza non esiste nemmeno il nemico a sé stante, indipendente, né l’amico come amico in modo indipendente, inerente. La conclusione, dunque, è che nessuno, io e gli altri, amici o nemici, esiste oggettivamente, in modo naturale, indipendente. Di noi, amici o nemici, non c’è nemmeno un atomo che esista oggettivamente, in modo indipendente. Quando avremo la percezione diretta, ferma, stabile, di questa caratteristica, di questa realtà, questo significherà che noi avremo percepito la visione della vacuità.
Innanzitutto bisogna ascoltare tutte le spiegazioni possibili su come sviluppare la visione dalla saggezza, cioè tutte le spiegazioni che parlano di come esiste, di come è composta, di come si produce, dopodiché cercare di assimilare, di comprendere bene il vero significato della visione della vacuità e poi bisogna familiarizzare, cioè meditare. Queste sono le tre fasi.
Supponiamo di aver ascoltato sufficientemente e di aver capito bene il significato e iniziamo quindi a seguire la meditazione concentrativa sulla visione della vacuità. Quando abbiamo iniziato a meditare concentrativamente sulla visione della vacuità se, contemporaneamente, nella mente viene da pensare a qualcos’altro, questo si chiama eccitazione o distrazione.
Per evitare il rischio di una possibile distrazione durante l’esercizio della meditazione concentrativa sulla visione della vacuità, occorre seguire una disciplina: bisogna controllare precedentemente il comportamento del corpo.
L’ordine dell’addestramento è:
partire dall’autodisciplina morale, quindi addestramento superiore nell’autodisciplina morale, sulla base di questo:
addestramento superiore nella concentrazione, sulla base di questo:
realizzazione della visione della vacuità.
Quindi la prima aiuta il secondo ed i primi due aiutano il terzo.
Quando una persona non avrà più queste attitudini mentali distorte, dal momento preciso in cui avrà tolto, abbandonato, completamente queste attitudini mentali distorte in poi sarà sempre felice perché non ci sarà niente che lo turberà o lo disturberà.
Per realizzare questa totale eliminazione delle attitudini mentali distorte, che corrisponde appunto alla totale eliminazione della sofferenza, detta la cessazione della sofferenza, dobbiamo seguire il sentiero.
Dovremo iniziare a fare l’esperienza, a seguire il sentiero, a praticare il sentiero e a realizzare la cessazione, cioè la fine del dolore. Quando una persona sarà riuscita a fare questo percorso, questo sentiero, e quindi sarà riuscito a realizzare la cessazione, o la fine, del dolore, potrà spiegare agli altri, parlare o insegnare agli altri che hanno ancora bisogno di eliminare la loro sofferenza. Quindi, potrà spiegare agli altri quello che ha fatto e gli effetti che ha avuto. Gli altri, ascoltando, se sono interessati praticheranno; quando praticheranno, anche loro otterranno l’effetto.
Così si chiude il cerchio del nostro discorso da cui abbiamo iniziato. Noi abbiamo iniziato dicendo che vogliamo essere felici, non vogliamo essere infelici e poiché vogliamo essere felici dovremo mettere insieme della cause e condizioni che ci rendano felici. Siccome noi non vogliamo essere infelici dovremo eliminare o non accumulare le cause e condizioni che ci rendono infelici; poiché ora dovremo fare questo lavoro rimane il dubbio se è possibile accumulare le cause e condizioni necessarie per essere felici, se è possibile eliminare le cause e condizioni che ci rendono infelici. E’ possibile accumulare le cause e condizioni che fanno maturare la felicità perché esistono il sentiero e il metodo; è possibile eliminare le cause e condizioni che fanno maturare l’infelicità perché esistono gli antidoti.
Quindi tutto questo spiega la possibilità di realizzare la liberazione dall’esistenza ciclica condizionata di nascita e di morte. Tutto questo non vuol dire però che con l’ottenimento della liberazione dalla esistenza ciclica si perde la propria identità o il proprio corpo: non dobbiamo avere questo tipo di timore. Attraverso la liberazione dall’esistenza ciclica non avremo mai più un corpo che produce continuamente sofferenza come adesso abbiamo, ma potremmo avere una propria identità, con un’apparenza, con un corpo, che non produce più la sofferenza perché non avremo più le attitudini mentali distorte.
In altre parole, dovremo costruire, cioè accumulare le cause e condizioni che sono necessarie per darci in futuro una vita, un corpo che non ha fame, non ha sete, non ha bisogno di vestiti, non ha bisogno di una casa, di un letto e non solo non ha bisogno di tutto questo ma che possiede un’enorme capacità, tale da aiutare correttamente e validamente gli altri esseri senzienti.
Nella canzone di Milarepa c’è un verso che dice
“Se io non mi nutrissi con il cibo della mia concentrazione, solo le ortiche non sarebbero sufficienti” (lui mangiava le ortiche).
Nella sua canzone si parla di alcune persone che dopo aver sviluppato un certo grado di concentrazione non hanno più fame e riescono comunque a sostenere la vita con questa forza di concentrazione, quindi si dice che si parla di cibo della concentrazione: Milarepa dice questo. Lui, effettivamente, si nutriva non solo di ortiche, perché non sarebbero state sufficienti, ma si nutriva con la concentrazione.
Un altro verso dice: “Se io non mi riscaldassi con il fuoco interiore (tummo) solo la caverna non mi sarebbe sufficiente.”
Lui viveva in caverna e aveva come vestiti degli stracci. Si parla della pratica del tummo, cioè calore interiore, che attraverso un certo tipo di esercizio può far aumentare il calore all’interno del corpo. Ovviamente Milarepa praticava.
Conoscendo, quindi, la vera natura dell’esistenza ciclica, della nostra esistenza come una esistenza di sofferenza, cioè caratterizzata da sofferenza, che è nella natura di sofferenza, si va a scoprire l’origine, le cause, della natura di sofferenza. Andando a scoprire, a capire, si scopre che le cause della natura di sofferenza sono le proprie attitudini mentali distorte e, quindi, alla fine la persona desidera liberarsi definitivamente da questa esistenza ciclica condizionata di morte e nascita iniziando ad abbandonare le attitudini mentali distorte. In tal modo questa persona raggiungerà la liberazione personale dalla propria esistenza ciclica e tutto questo fa parte del primo livello del sentiero graduale, cioè il praticante dello scopo inferiore.
Quando la persona, dopo aver compreso la natura dell’esistenza ciclica (che è nella natura della sofferenza) ed aver scoperto le cause, inizia a desiderare di liberarsi dalla sofferenza, cioè liberare solo se stesso dalla esistenza ciclica, dalla sofferenza, prima ancora di impegnarsi realmente fa un altro tipo di ragionamento e dice: “Non basta che sia libero solo io, perché anche tutti gli altri vogliono essere liberi, non vogliono soffrire, come me, vogliono essere felici, come me, vogliono essere liberati dalla loro esistenza di sofferenza, come me, perciò devo, o voglio, non solo liberare me stesso, ma fare in modo che tutti possano essere liberi dalla esistenza ciclica”. Facendo questo tipo di ragionamento, di contemplazione, di pensiero, si chiede: “Come posso realizzare la liberazione di tutti quanti?”. Pensando a ciò, alla fine scopre che solo diventando illuminato, solo realizzando la propria illuminazione, è possibile realmente, concretizzare il pensiero di liberare tutti quanti dall’esistenza ciclica di sofferenza. Scoprendo questo, decide con determinazione di voler realizzare al più presto possibile l’illuminazione per poter liberare tutti gli esseri senzienti dalla loro esistenza ciclica di sofferenza.
Questo tipo di attitudine mentale, questo ciclo, viene chiamato “lo scopo superiore” e la sua attitudine mentale è chiamata “la mente dell’illuminazione”. 7. Insegnamenti del Ven. Ghesce Yesce Tobden al Centro Ewam, Firenze. Fontehttps://www.facebook.com/ciampa.yesce?fref=ts che si ringrazia di cuore.