Ven. Ghesce Yesce Tobden: I tre oggetti del rifugio
12. Insegnamenti del Ven. Ghesce Yesce Tobden al Centro Ewam, Firenze.
Dei tre oggetti del rifugio prima abbiamo Buddha che è l’essere illuminato che non ci protegge con la sua mano, con il suo potere; egli ci mostra come realizzare la protezione, come realizzare il rifugio. Quindi Buddha, il primo oggetto del rifugio, è colui che mostra il sentiero del rifugio, della protezione.
Il secondo oggetto del rifugio è il Dharma che sarebbe la pratica personale. La salvezza, cioè il vero rifugio, viene dalla pratica personale. Quindi il Dharma è la vera protezione, la sicurezza, che uno può avere.
Se uno pratica, cioè abbandona le azioni negative, distruttive, e quindi non accumula delle impronte negative, e invece si impegna sempre nelle azioni positive, lasciando un’impronta positiva, in questo modo evita di rinascere nelle esistenze inferiori e si salva dal rinascere nelle esistenze inferiori perché non ha accumulato impronte negative. La pratica personale, Dharma, è il passaporto, la garanzia, che uno può avere per non avere la sofferenza, per non rinascere nella esistenza di infelicità. Con la pratica personale, ad esempio dei tre addestramenti superiori dell’autodisciplina morale, della concentrazione, della saggezza, riuscirà ad eliminare le attitudini mentali distorte. Riuscendo ad eliminarle, purificando le attitudini mentali distorte, non avrà più le sofferenze.
Sempre con la pratica personale, ad esempio l’addestramento mentale nella mente dell’illuminazione e l’addestramento mentale della saggezza, il coltivare la visione della vacuità congiunta insieme, riuscirà a liberarsi definitivamente da qualsiasi impurità mentale, o meglio da tutte le attitudini mentali distorte, non solo quelle già manifestate ma vengono eliminate anche le loro impronte, le tracce. In tal modo sarà libero da qualsiasi tipo di impedimento alla completa conoscenza.
La prima richiesta agli esseri illuminati dovrebbe partire da noi: “Per favore proteggetemi, o proteggete tutti quanti, dalla sofferenza”. L’essere illuminato Buddha accetta la richiesta. Una volta che abbiamo fatto la richiesta e lui ha accettato ci dice: “Se vuoi essere libero devi fare questo e quello, cioè seguire il sentiero”. Visto che interessa essere liberi dalla sofferenza non solo a noi ma a tutti quanti, e visto che noi abbiamo fiducia in Buddha dovremo applicare il suo insegnamento. In tal modo riusciremo a realizzare la protezione, la liberazione.
Non esiste il manoscritto di Buddha Sakyamuni, cioè il Buddha storico che è comparso nel mondo 2500 anni fa, ma il suo insegnamento venne trascritto successivamente dagli altri. In seguito alcuni Pandit indiani e alcuni maestri tibetani, insieme, hanno composto dei libri che contengono sintesi degli insegnamenti di Buddha Sakyamuni per facilitare per i futuri interessati al sentiero dell’illuminazione. Perciò noi abbiamo a nostra disposizione questi libri che contengono l’insegnamento sintetizzato facile da applicare, comprensibile, graduale; quindi, seguendo questo insegnamento, gradualmente realizzeremo l’illuminazione.
Questa è l’istruzione per coloro che riceveranno rifugio, la trasmissione verrà data alla fine dell’insegnamento.
DOMANDE E RISPOSTE:
D: Per amare gli altri bisogna amare prima se stessi, perché altrimenti non si riesce ad amare nemmeno gli altri. Però, per amare se stessi bisogna dare valore a stessi; come si fa a dare valore a se stessi per poi poter dare valore anche agli altri?
Ven. Ghesce Yesce Tobden: Si può dare valore a se stessi, per esempio si può pensare che innanzitutto sono un essere umano, e questo è già molto, e non solo sono un essere umano ma, se voglio, non solo posso aiutare la mia esistenza presente, ma posso anche aiutare la mia esistenza futura, per esempio posso evitare di rinascere nell’esistenza inferiore quindi posso fare in modo di rinascere ancora come essere umano. Posso anche fare in modo di liberarmi dalla esistenza ciclica di sofferenza; inoltre posso anche realizzare la totale, completa, illuminazione che è capace di beneficiare tutti gli esseri senzienti. Quindi posso pensare che è meraviglioso il fatto che io abbia tutta questa capacità: questo potrebbe essere un modo di valorizzare se stesso.
Una volta valorizzato, se prendiamo in considerazione solo noi stessi dimenticando gli altri, cioè se ci preoccupiamo esclusivamente della propria felicità e della propria sofferenza dicendo “Voglio essere felice solo io, voglio essere libero dalla sofferenza solo io”, questo diventa egoismo.
Una volta valorizzato se stesso non bisogna dimenticare che anche tutti gli altri esseri senzienti vogliono essere felici e liberi dalla sofferenza come me. Quindi: “Voglio che gli altri possano essere liberi dalla sofferenza, voglio che gli altri possano essere felici”. Questa è una forza mentale enorme che rende la persona veramente potente.
Quindi pensare: “Io sono solo io, un singolo essere senziente, gli altri sono innumerevoli, includono tutti gli altri”. Anche dal punto di vista del numero gli altri sono maggiori, perciò è più importante la felicità della maggioranza che quella della minoranza, del singolo; è più importante eliminare la sofferenza della maggioranza che quella della minoranza, del singolo. E’ un tipo di attitudine mentale valida, molto potente.
Ovviamente, questo tipo di motivazione, di attitudine mentale altruistica, si svilupperà in seguito, non si può parlare da adesso. Prima bisogna capire la propria situazione, cioè bisogna partire da se stessi, cioè avere la consapevolezza del fatto che desideriamo essere felici, che non desideriamo la sofferenza, che c’è il bisogno di essere liberi, poi sorgerà la motivazione di voler essere liberi dalla propria sofferenza. Solo da questo punto in poi potremo dire: “Non basta solo a noi stessi, ma vogliamo che anche gli altri siano liberi”. Da questo punto in poi si può cominciare a sviluppare la visione altruistica, ma prima di arrivare a questo dobbiamo partire da noi stessi.
Per questo il sentiero graduale è organizzato secondo una evoluzione di un singolo praticante che al livello base, elementare, parte da se stesso, prende in considerazione se stesso, la propria felicità, la propria sofferenza. Quindi, il praticante prima realizzerà quello che viene chiamato “lo scopo piccolo”, poi, maturando, realizzando, raggiungerà “lo scopo intermedio” e poi, alla fine, “lo scopo superiore”.
D: Esistono tante religioni, tanti maestri, come facciamo noi, con la mente oscurata, a riconoscere il maestro spirituale che sarà la base per il nostro sentiero?
Ven. Ghesce Yesce Tobden: Ovviamente prima bisogna accumulare più conoscenze possibili, o attraverso la lettura o attraverso l’ascolto, dell’insegnamento. Poi dobbiamo fare delle esperienze secondo l’insegnamento ricevuto, dovremo provare, sperimentare gli insegnamenti ricevuti e facendo le prove, le esperienze, se nella prova si sono verificati gli effetti descritti secondo gli insegnamenti, secondo la parola che abbiamo ricevuto da un determinato maestro, naturalmente sorgerà fiducia in quel maestro perché il maestro ha detto una cosa di beneficio non solo per noi, una parola valida perché abbiamo verificato attraverso l’esperienza e le prove. Quindi nascerà naturalmente fiducia in quel maestro.
L’altra cosa è accumulare più conoscenze possibile a livello filosofico, non in senso astratto, ma conoscere le opinioni delle diverse scuole filosofiche di insegnamenti. Bisogna cioè accumulare il più possibile una corretta conoscenza delle opinioni delle diverse scuole filosofiche. Alla fine noi, da soli, dovremo valutare questi diversi pensieri filosofici dell’insegnamento e sceglieremo quella che riterremo più valida, o più utile, o più corretta. Una volta che abbiamo scelto non ci preoccuperemo delle altre opinioni, ma continueremo a seguire la strada che abbiamo scelto. Però, per fare questo, prima dobbiamo accumulare più accurate conoscenze possibili sulle diverse opinioni e filosofie, quindi alla fine potremo scegliere quella più valida.
12. Insegnamenti del Ven. Ghesce Yesce Tobden al Centro Ewam, Firenze. Fontehttps://www.facebook.com/ciampa.yesce?fref=ts che si ringrazia di cuore.