Denys Rinpoce: la Piena Presenza

Lama Denys Rinpoce: L’esperienza ci unisce,  ma i concetti dividono.

Lama Denys Rinpoce: L’esperienza ci unisce, ma i concetti dividono.

Lama Denys Rinpoce: L’origine della piena presenza. Un’esperienza universale, naturale e laica.

Buonasera  a tutti e a tutte.  Grazie per questa gentile introduzione.  Com’è stato detto iniziano le celebrazione del 30º anniversario del circolo di praticanti di Lione.

L’origine della piena presenza. Un’esperienza universale, naturale e laica

Io sono l’erede e il detentore di una trasmissione buddhista che viene dal Tibet, ma questa sera sono venuto “svestito”, come si dice.  In altre circostanze sono “vestito” nel senso che porto la veste. Perché dunque questa tenuta civile?  Per parlarvi di un’esperienza, di una disciplina, di un addestramento che è completamente civile e completamente laico: la piena presenza. Nella nostra presentazione ci saranno tre aspetti:  l’origine e benefici, un momento di scambio poi la pratica, l’esperienza e, se volete, anche il racconto della propria esperienza.

Parliamo dunque della piena presenza, che chiamiamo anche piena coscienza. Qual è l’origine della presenza?  Quando abbiamo iniziato ad essere presenti, veramente presenti?  E’ qui che si situa tutta la questione. Ma per essere semplici,  la presenza autentica è un’esperienza che risale alla notte dei tempi. La piena coscienza esiste da quando esiste la coscienza, è un’esperienza vecchia come il mondo,  vecchia come l’umanità. E’ universale perché è naturale.  Questo è primo punto importante: ciò che è naturale è universale.  Siamo abituati a distinguere natura e cultura.  Il fondo è naturale,  alla superficie si trova il  culturale.  Siamo tutti umani e in questo senso condividiamo la stessa natura,  ma abbiamo delle diverse culture.  Ad esempio qui siamo tutti francofoni…  C’è  dunque una dimensione universale,  naturale della piena coscienza, piena presenza ed è molto importante capirlo perché come vedremo in seguito non si tratta di costruire qualcosa di nuovo.

L’origine antica

Vediamo ora   l’origine antica. La pratica, l’insegnamento della piena presenza è il cuore della tradizione del buddhismo e anzi il suo insegnamento, la sua trasmissione, la sua esperienza è centrale, fondamentale nella  tradizione del Buddha.  2500 anni fa, al centro dell’India nel Magada,  il Buddha realizza la piena presenza ed inizia ad insegnarla. Lui stesso, 2500 anni fa, non ha fatto che aprire una porta più antica ed è questo il senso dell’origine universale e naturale.

La trasmissione della piena presenza, la sua comprensione e la sua esperienza è continuata da allora per 25 secoli ed è arrivata fino qui , fino ad oggi. Questa esperienza di piena presenza non è solo buddhista. Va precisato che  non amiamo molto gli “ismi” ed è per questo che sono venuto “svestito” senza la veste. L’ “ismo”  in francese suggerisce una dottrina, come comunismo,  maoismo, fascismo,  cattolicesimo, l’islamismo eccetera eccetera…. e anche il laicismo!  Gli “ismi” suggeriscono dunque delle dottrine, ma la piena presenza non è assolutamente una dottrina, è un’esperienza che non è specifica della tradizione del Buddha ma si trova  al centro di tutti i processi spirituali autentici e profondi.  In particolare si trova al cuore di un processo, di un cammino spirituale naturale, universale e laico.  ”Osiamo”  quindi parlare di un’etica e di una spiritualità laica universale e naturale che è appunto nell’esperienza della piena presenza e i suoi molteplici aspetti applicati alla vita.

Le origini moderne

Dopo le sue origini più antiche ci sono delle origini moderne.  La piena presenza è diventata oggi mainstream, fa parte della cultura dominante.  Si può  dire che si tratta di un risultato benefico  della tradizione del Buddha e degli insegnanti di questa tradizione che hanno trasmesso quest’esperienza. Trent’anni fa un medico americano ha portato questa esperienza negli ospedali americani (John Kabat-Zhin). Nel contesto medico, i benefici della piena coscienza/ piena presenza  che erano già conosciuti da millenni,  sono diventati una scoperta scientifica!  Dunque è così che piano piano  si è diffusa la piena presenza ed è così che la troviamo oggi un po’ dappertutto.  Il che è una cosa buona perché fa bene, perché può aiutare tutti e può fare del bene a tutti:  cosa si può chiedere di più?  Ci sono oggi dei metodi, delle trasmissioni,  degli addestramenti della piena presenza/ piena coscienza per le professioni mediche, per le imprese, nell’educazione dei bambini ed anche nell’esercito perché permette di gestire meglio lo stress, di essere più efficaci e più performanti in qualunque situazione nel bene e nel …..  Anche se non direi “nel male”…  Nella piena presenza c’è una qualità , una capacità che può essere utilizzata in numerose situazione.

Cosa è la Piena Presenza

La presenza attenta

Che cosa intendiamo dunque con piena coscienza/ piena presenza?  E’ uno stato, è un’esperienza che scopriamo nell’ attenzione.  In un modo molto semplice possiamo dire che è uno stato di attenzione, di presenza attenta, presenza lucida,  vigile, attenta al presente,  presenza presente,  attenzione al presente, attenzione all’istante.  Questa qualità di presenza attenta non è uno stato di focalizzazione,  di concentrazione.  L’attenzione è uno stato senza tensione,  è uno stato di lucidità vigile senza tensione, presenza attenta.

La presenza aperta

Una seconda dimensione della piena presenza, che è complementare alla prima, è la presenza aperta, una qualità di apertura dei sensi, sensorialità aperta, presenza aperta, i sensi aperti, un risveglio dei sensi che sono completamente aperti.

Ci sono dunque questi due aspetti che sono la presenza attenta e la presenza aperta.  In inglese si usano i termine mindfulness e awareness .  Mindfulness è più la presenza attenta, awareness  è più la presenza aperta. Questo uso può però variare ….  poco importa.

I benefici

Questa qualità di presenza attenta e aperta porta degli enormi benefici.  Ci sono dei benefici personali temporanei, dei benefici etici e spirituali, dei benefici medici e dei benefici sulla salute e sulla vita.  La piena presenza è uno stato di salute della mente: una mente sana, in salute, è una mente presente.  In un certo senso più la mente è presente più la mente è sana. Notate che di solito non siamo presenti, di solito noi stiamo nel mentale; un mentale che è nel passato mentre si ricorda degli avvenimenti del passato ,oppure un mentale che sta nell’avvenire, che anticipa avvenimenti futuri, delle possibilità future. Ma  anche quando siamo in una situazione presente c’è sempre uno sfasamento:  il mentale è quello che ci tiene in un certo senso fuori dal presente. Non stiamo dicendo che dobbiamo sopprimere il mentale, rassicuratevi!  La piena presenza allora si realizzerebbe quando abbiamo l’encefalogramma piatto….

Noi impariamo con la piena presenza a non essere posseduti dal mentale e a poter sperimentare l’istante presente in modo completo,  e l’istante presente è la sola vera realtà.  Ogni altra realtà oltre a quella dell’istante presente è una realtà mentale:  ricordo o anticipazione, reminiscenza o proiezione. Dunque la pratica della piena presenza è quella di immediatezza , o dell’istantaneità immediata. Non è evidente capire che cosa significa tutto questo immediatamente: è un’esperienza. Per quanto riguarda i benefici vi dicevo che uno stato mentale sano è un corpo sano e una mente sana. La piena presenza ha molti benefici fisici. E’ una pratica che libera, un’esperienza che libera dalle tensioni, dallo stress e anche da varie forme di sofferenza e di dolore. E’ uno stato, una pratica di benessere che libera dal malessere dallo stare male, dal non stare bene. Dunque la pratica della piena coscienza/ piena presenza si è diffusa molto nella nostra società come metodo per gestire lo stress, come la  Mindfulness Based  Stress Reduction (MBSR), la riduzione dello stress basata sulla piena coscienza/ piena presenza.  Lo stress non viene dagli avvenimenti e dalle situazioni ma dalla nostra relazione con essi, con queste situazioni, nella nostra relazione con gli avvenimenti e nel modo in cui noi ci situiamo e li viviamo. Questo stato di piena presenza/ piena coscienza permette di ridurre ed anche di liberarci dagli schemi abituali che sono quelli che producono le tensioni e lo stress. Nel presente, nell’attenzione, nell’apertura, l’istante si gestisce in modo armonioso. Parlando poi dei benefici medici, la piena presenza diminuisce la tensione arteriosa, diminuisce lo stress, permette una buona gestione delle emozioni: nella pratica della piena presenza c’è tutta una dimensione di liberazione psichico emozionale. E’ anche uno stato che porta un equilibrio generale delle funzioni fisiologiche del corpo, che favorisce l’immunodifesa e, in senso generale, porta  un buon terreno sano che è il primo fattore di salute.

I benefici etici e spirituali

Parliamo ora dei benefici etici e spirituali. Questo punto è più delicato, più sottile. Può sembrare curioso di suggerire che ci sono dei benefici etici della piena presenza. Nello stato della piena presenza c’è una qualità profondamente, fondamentalmente etica, perché nello stato di piena presenza siamo naturalmente in uno stato di empatia. La presenza, la piena presenza, completa, è un’esperienza di incorporazione. Questo significa che “facciamo corpo” con l’esperienza e con l’istante presente.  In una situazione di relazione è l’esperienza nella quale siamo uno con l’altro, o detto altrimenti, siamo in empatia, in compassione, in  uno stato di apertura e di empatia aperta. La piena presenza fa cadere la barriera dualista che di solito sta tra qui e là, tra me e l’altro.  La questione adesso è:  questo stato di empatia ha una qualità etica? Sì.  E andrei anche più lontano: la vera empatia è il fondamento naturale di ogni etica autentica, perché in uno stato di empatia l’altro viene vissuto come se stessi. Non c’è differenza, non c’è la separazione che c’è di solito tra me e l’altro, ce n’è di meno… In una autentica empatia, in una empatia assoluta non ce ne sarebbe  più. L’altro è un altro me stesso. Se sperimentiamo l’altro nella piena presenza c’è una vicinanza, un’intimità e, naturalmente, una connessione da cuore a cuore, da cuore aperto.

La regola d’oro

Questa empatia è il fondamento di quello che di solito chiamiamo “La regola d’oro”,  la regola d’oro dell’etica universale che dice : non fare agli altri la violenza di cui non vorresti essere vittima.  Ci sono varie formulazioni: umanista, religiosa, come :  rispetta l’altro come te stesso, non fare all’altro la violenza di cui non vorresti essere vittima, considera l’altro come un altro te stesso e non fargli quello che tu non vuoi che ti venga fatto. Questa regola d’oro dell’etica universale è fondata sull’esperienza.  Forse in una certa misura si può anche capire intellettualmente,  ma la sua esperienza è fondata sull’empatia, l’empatia della piena presenza.

Se ci sono dei benefici etici ci sono anche dei benefici spirituali. Nella piena presenza sperimentiamo la natura della nostra esperienza, la natura di quello che sono e di quello che vivo. Anche questo è punto delicato. Prima dicevo che c’è natura e cultura,  in altri termini: c’è l’esperienza immediata e l’esperienza concettuale. Di solito siamo nel nostro mentale concettuale, nell’esperienza concettuale, nelle rappresentazioni delle rappresentazioni.  Viviamo quindi in un mondo completamente fatto di rappresentazioni, di mentale, di concetti ed è questo che ci taglia fuori dalla realtà fondamentale, dalla realtà naturale, ci esilia. Lo stato di piena presenza è uno stato in cui ci si ritira dalle concezioni, i concetti si ritirano, è il silenzio anche del pensiero . In questa sospensione, in questo ritirarsi delle proiezioni, del livello superficiale della realtà, si può sperimentare il fondo, il fondo dell’esperienza, il fondo della mente, il fondo di ciò che sono, il fondo della vita.  Questa è l’essenza della spiritualità d’Oriente e d’Occidente. “Realizza la natura della tua mente” diceva Buddha,  ”conosci te stesso” diceva Socrate. Fondamentalmente è la stessa cosa. Questa esperienza della realtà si scopre nella piena presenza.

Queste sono alcune nozioni sulle origini, su cos’è la Piena Presenza e sui  benefici. La terza parte di questa presentazione è la sperimentazione, la pratica, ma prima vorrei dedicare un momento alle domande o osservazioni per chiarire quello che vi ho esposto, se ce n’è bisogno.

Domande e Risposte

Lei ha detto che la presenza è qualcosa di naturale. Cosa intende con “naturale”?

La natura è quello che c’è prima della cultura. Il crudo e il cotto. Per naturale si intende quello che c’è prima delle diverse specificità concettuali del mentale. L’esperienza ci unisce,  ma i concetti dividono. L’esperienza fondamentale unisce perché è comune. L’esperienza fondamentale di un francese, di un cinese, di un americano è la stessa, ma c’è poi  un secondo strato, culturale, concettuale. Questa nozione di natura e di cultura,  di esperienza e di spiegazione dell’esperienza è molto importante perché è proprio il paradigma dell’unità nella diversità, nell’etica e nella spiritualità. Quindi noi siamo fondamentalmente gli stessi, abbiamo tutti  la stessa aspirazione al benessere che si ritrova in tutti gli umani e non solo…

(dal pubblico) … Anche gli animali…

Anche per gli animali è la stessa cosa.  L’aspirazione al benessere è l’aspirazione all’armonia, all’equilibrio, alla salute. Cos’è  il benessere? E’ la salute.  Il malessere è la malattia. E’ vero negli umani, è vero per gli animali, è vero anche per le cellule. Una cellula è viva  quando mantiene la sua omeostasi, quando mantiene il suo equilibrio interno. C’è dunque  una dimensione naturale nell’aspirazione alla salute.

Possiamo prendere  l’esempio della coscienza, considerando  le esperienze di morte imminente, delle persone che sono in un coma e vivono  delle esperienze particolari. Alcuni ritornano e raccontano quello che avevano vissuto. Ci sono state numerose sperimentazione che hanno analizzato scientificamente questi dati e anche noi stessi abbiamo pilotato degli studi su questo soggetto. Che cosa si nota? Nell’interpretazione dei dati è importante considerare due livelli. Le persone vivono una specie di perdita di coscienza in cui partono nella luce,  con diverse esperienze …ma  essenzialmente diciamo che  c’è una perdita di appoggio, è un tuffarsi e uno svanire nella luce. Come quando sveniamo…. Questa è la parte naturale, quando perdiamo coscienza, la perdita di coscienza, con un velo bianco, uno svanire nella chiarezza, per dirlo semplicemente.  Su questo strato che è naturale, che è uguale per tutti i viventi, o almeno per gli umani , si aggiunge uno strato culturale. Alcune persone in  questa luce vedono un vecchio con la barba e le chiavi in mano…  ci sono varie versioni, a seconda della tradizione, delle credenze o dell’assenza di credenze. Quindi c’è uno strato culturale che si sovrappone all’ esperienza comune, ma la concezione, l’interpretazione, è specifica del proprio mentale.  E’ così che la piena presenza è naturale e universale, mentre  il modo di cui se ne parla è culturale. Quindi oggi parlo francese, ma potremmo dirlo in inglese, in tibetano.

Nella presentazione che lei ha appena fatto, qual è il posto per i rituali?

Ci sono molti rituali, la vita è fatta di rituali. Ci sono dei rituali repubblicani, dei rituali sacri, dei rituali spirituali. La  domanda è complessa perché il tema della ritualità spirituale non ci è familiare.  La ritualità repubblicana (laica N.d.T.) non ci pone problemi però a volte non è  poca cosa.  In un rituale c’è una dimensione simbolica, la forza, il potere del simbolo. Se andiamo ad accendere la lampada  del milite ignoto all’Arco di trionfo c’è un senso, il simbolo del ricordo  che può essere anche profondamente commovente e significativo nella memoria, nel ricordo, in tutto quello che può significare, per alcuni anche personalmente.  Dunque nel rituale c’è una dimensione simbolica. In  un rituale spirituale, come ce ne sono in alcune pratiche della tradizione del Buddha, nel vajrayana e nei tantra in particolare, la piena presenza assoluta è vista in un simbolo che diventa il supporto di un addestramento e di una pratica che permette di realizzare l’esperienza di cui si tratta.  Il simbolo significante, nella pratica che lo porta, lo propone, introduce all’esperienza significata. E’ un mezzo molto potente e profondo che si fa accedere all’esperienza e, una volta scoperta, ci permette di coltivarla, di integrarla. Si tratta di una pratica particolare di quella che si chiama “la via iniziatica”, che ha bisogno di un’introduzione, di un’iniziazione, di una presentazione  per poterla utilizzare .

Come possiamo essere sicuri che siamo in uno stato di piena presenza? In secondo luogo lei ha spesso detto che essere coscienti vuol dire essere coscienti di qualcosa e ha anche citato un maestro che diceva “quando mangio mangio”. Quindi è cosciente del fatto che mangia o la piena presenza è uno stato più aperto?

Ci sono più aspetti nella sua domanda. Come sapere se siamo autenticamente nella piena presenza? E’ molto difficile ed infatti ci sono molti livelli di piena coscienza/ piena presenza. Secondo la tradizione, in modo sintetico, se ne possono distinguere 33. Per essere più precisi, sono tutti gli stati della coscienza, tutti gli stati della mente: dalla mente abituale fino alla mente libera, risvegliata. In altri termini, dalla mente dualista abituale fino alla mente/esperienza non duale. L’esperienza dualista è l’esperienza della coscienza abituale, ovvero è lo  stato cognitivo nel quale io sono cosciente di. Soggetto-io sono cosciente di : oggetti visuali, di oggetti sonori, di oggetti mentali. C’è soggetto e oggetto e tra i due c’è la coscientizzazione, la presa di coscienza che li mette in relazione l’uno con l’altro: soggetto – oggetto, osservatore – osservato. In modo semplice si può dire che questa è la coscienza abituale, duale. In realtà non c’è veramente una coscienza non duale.  La non dualità è il fondo dell’esperienza spirituale in ciò che ha di più essenziale; la non dualità non è un’esperienza della coscienza: è un’esperienza di assenza di coscienza, è un’esperienza di coscienza pura. Ma la coscienza pura non è più della coscienza. Nella tradizione del Buddha questa intelligenza di immediatezza non duale la chiamiamo gnosi, o esperienza prima, primordiale, tutti  dei sinonimi. L’esperienza prima, primordiale è prima della concezione, chi ero  prima di essere concepito? Concezione ha due significati: c’è la concezione dei genitori, e c’é la concezione mentale. L’esperienza prima è prima della concezione mentale, prima della proiezione, è il presente prima della rappresentazione. Si nota qui una difficoltà nell’utilizzo di un termine “piena coscienza” perché la piena coscienza è una coscienza aperta, è una coscienza attenta e aperta, e non si intende piena coscienza come il fatto di essere cosciente: “io sono ben cosciente” nel senso di un io pesante. La piena coscienza è, al contrario, una coscienza leggera, una coscienza aperta e leggera, una coscienza semplice, completamente semplice, una visione nuda, una coscienza nuda, un’esperienza nuda, un’esperienza assolutamente semplice, nuova, vergine, virginale, un’esperienza di immediatezza, “nowness”  si dice anche, ed è proprio per esprimere questa esperienza che parliamo di “piena presenza” e piena presenza in francese ha una dimensione più aperta che “piena coscienza”. Ma queste sono delle opzioni di traduzione, comunque la sensazione che danno le parole è importante. Abbiamo smrti in sanscrito,drenpa in tibetano, mindfulness in inglese… Ma anche in inglese ci sono dei problemi perché mindfulness in realtà è mind-emptyness. Quindi mindfulness in inglese ha il senso di una mente aperta , in inglese “big mind”:  tutto aperto, completamente aperto, come la “presenza aperta” in francese.

L’esperienza

Siete pronti per un momento di esperienza? Possiamo muoverci, saltare… fa bene muoversi un po’ in modo da rilasciarsi, decontrarsi…. in uno spazio più grande si possono fare degli stiramenti…  quello che facciamo è attivare il nostro corpo, sentire bene il nostro corpo… ci muoviamo. …. E adesso che ci siamo agitati e mossi possiamo sederci. Vi invito a sedervi bene, con i piedi bene a terra, senza appoggiarvi alla schiena, senza affossarvi, in una posizione confortevole, seduti bene, possiamo mettere le mani sulle cosce. Così seduti bene, dopo aver attivato il nostro corpo, sentite il vostro corpo, così come è.  E la nostra esperienza inizia sentendo il nostro corpo…. semplicemente com’è…. niente di particolare…. nel nostro corpo “respira”[1]….. niente di nuovo, niente di particolare, ma semplicemente sentire che “respira” …. sentire il nostro corpo che respira…. non ha bisogno di noi, si fa da solo, respira….. restiamo in questa sensazione del movimento naturale del respiro, come viene, così come si presenta…… respira….. sentiamo che respira… il nostro corpo respira e restiamo distesi nella sensazione del respiro naturale che va e viene naturalmente… respira…. si tratta di restare semplicemente in questa sensazione…..

Bene. Ora sentiamo dei resoconti dell’esperienza e poi facciamo un altro esercizio. Com’è andata? Che cosa avete notato?

Domande e Risposte

Ho notato che il ritmo della respirazione rallenta

Quando siamo rilassati il respiro tende a  rallentare naturalmente. Ma lasciamo venire, perché può rallentare ma può anche accelerare. Lasciamo venire come arriva. Il fatto di prestare attenzione al respiro a volte tende a interferire un po’ con il ritmo del respiro, ma non cerchiamo di fermare l’interferenza perché altrimenti diventa complicato… quindi così come viene.

Non capisco il senso della naturalità, perché la nostra respirazione viene da noi, viene dal mentale…

E no!  Che cosa c’è di più naturale del soffio della vita che ci anima tutti?

Avete notato altre cose nella vostra esperienza?

Si tratta giusto di sentire che stiamo accogliendo ciò che è qui. In effetti noi pensiamo che il benessere vuol dire sentirsi meglio. In realtà è più profondo di questo… si tratta di sentire semplicemente così come siamo, anche se non ci sentiamo troppo bene e quindi accettiamo il fatto che, per esempio, non siamo per forza allegri. Possiamo invece accogliere ogni sensazione così come arriva, senza rifiutarla, con un atteggiamento di non violenza nei nostri confronti… ed è questo che probabilmente porta al benessere…

Lasciamo arrivare quello che arriva così come arriva, senza giudizio, senza interferire nella sensazione, nella semplice sensazione naturale del respiro e tutto quello che arriva… arriva senza giudicare, senza interferire . Quale che sia il nostro stato, la nostra esperienza, lasciamo  essere,  restando nella sensazione del respiro.  La parola chiave qui è “sensazione” “sentire”:  non si tratta di pensare ma di sentire.

Ho notato che l’esperienza da soli e l’esperienza in gruppo non hanno lo stesso sapore. In gruppo c’è come una comunione, una condivisione….

Essere in gruppo ed essere soli non è la stessa cosa, questo è sicuro. Ci possono essere diverse reazioni.  In gruppo ci può essere effettivamente una forma di emulazione, lei parla di comunione,  va bene… ma ci può essere anche l’effetto contrario. Ci sono persone che in gruppo si sentono un po’ a disagio,  se ci sono persone intorno. Quindi ci sono reazioni diverse, ma la presenza è proprio un’esperienza che va sperimentata qui ed ora, nel presente, in ogni situazione.

L’esperienza

Facciamo un altro esercizio. Ci sediamo bene e riprendiamo lo stesso esercizio: sentire il nostro corpo e la nostra respirazione naturale. Vi invito adesso a tenere gli occhi aperti, un po’ in alto e a distendere gli occhi, rilassare gli occhi. E’ un esercizio di presenza aperta. Se rilasciamo gli occhi, senza avere qualcosa davanti, abbiamo naturalmente un campo visivo ampio, vediamo quasi a 180°. Senza guardare qualcosa in particolare, c’è una visione diffusa, larga… e nella sensazione del respiro, in questa visione ampia, rilassata, che chiamiamo visione panoramica, perché c’è tutto il panorama, semplicemente, quando gli occhi sono distesi. Restiamo così, respira… “respira” in questo campo visivo, largo e aperto. Ci rilasciamo…. ci lasciamo andare e lasciamo essere… semplicemente…. respira… come prima.. nella sensazione, noi sentiamo che respira… e con gli occhi aperti, rilassati, abbiamo questa visione ampia, aperta nella quale lasciamo essere ciò che c’è , così com’è,  semplicemente….. restiamo distesi in questo stato di apertura,  a riposo… a riposo nell’ aperto…. allo stesso tempo “respira”…… possiamo osservare com’è questo stato aperto… il campo visivo largo, aperto nel quale restiamo a riposo….. lasciare essere….

Bene. Vi invito di nuovo a fare dei piccoli resoconti dell’esperienza. E’ importante di alternare questi resoconti dell’esperienza perché permette di capire l’esperienza, di comprendere nell’esperienza, comprendere l’esperienza e comprendere in essa.  Cosa avete notato? Se avete notato qualcosa?  niente?

Domande e risposte

Un grande riposo

Sì, bene. E’ una cosa simpatica…. Effettivamente è uno stato di riposo, uno stato di riposo della coscienza, di riposo della coscienza nella presenza.

Possiamo imparare a fare nella giornata delle piccole pause, dei momenti di riposo. E’ eccellente e ha molte virtù: tutte quelle che vi ho già presentato prima ed anche molte altre.

Qualunque sia l’esperienza ci sono sempre dei pensieri che vengono a perturbare. Cosa facciamo?

Niente. Niente. Se ci sono dei pensieri va bene, se non ci sono pensieri va bene. Semplicemente restate in questa esperienza di apertura.

Cosa avete notato? Come andava con i pensieri?

Vanno  e vengono…

Vanno e vengono, sì.  Bisogna lasciarli passare, in effetti. Passano da soli.  Il punto è di non preoccuparsi dei pensieri. Se restate in questo stato aperto, i pensieri passano senza che voi vi interessiate ad essi, senza che voi li prendiate… passa… da solo… passa… e lasciamo passare. Nella pratica di quello che noi chiamiamo meditazione i pensieri sono spesso un problema e  diamo spesso molte istruzioni su come gestire pensieri. Ma diventa rapidamente un fattore controproducente. Dei pensieri non ce ne preoccupiamo proprio.  Restiamo aperti… lasciare essere nell’aperto e nell’aperto passa…

A un certo punto ho avuto un’esperienza un po’  strana perché ho visto come un alone blu intorno alle persone, anche intorno a lei… Una sorta di luminosità che focalizzava il mio sguardo.

Se restiamo con lo sguardo disteso, aperto, ci possono essere delle variazioni cromatiche nel campo visivo…. ed è vero che possiamo vedere in certi casi degli oggetti o delle persone con un’aura.  Potrà dire che qui ha imparato a vedere l’aura! Si tratta di  un fenomeno neurofisiologico degli occhi che fa sì che in questo stato di distensione, con certo tipo di luce, con dei contrasti c’è una specie di aura intorno alle persone o agli oggetti. C’è della gente che c’ha fatto tutto un trip…!  Ma in realtà è qualcosa di naturale, che in realtà rivela molto più sullo stato della persona che guarda piuttosto che su quello di chi è visto ed è significativo del fatto che siamo in uno stato di apertura rilassata. E’ un  buon segno ma non bisogna complicare, ma  capire che è naturale, che non ci sono problemi ed è inutile cominciare a farsi delle idee.  Lasciamo fare, senza voler controllare, lasciare essere.

Ho avuto problema con lo sguardo panoramico perché per me non è qualcosa di naturale e quindi richiede uno sforzo, il che è un po’ contraddittorio con lasciare andare. Pratico molto la meditazione ma per me non è naturale avere uno sguardo panoramico.

Vuol dire che per lei non è naturale essere naturale.  Ma è vero, è vero per tutti, perché di solito non siamo naturali e dunque lo stato naturale, dal punto di vista abituale, per noi non è naturale. Detto ciò si tratta semplicemente di avere gli occhi distesi, rilassati. E’ uno stato che conosciamo, che tutti conosciamo, che tutti sperimentiamo in certe situazioni, quando siamo staccati,sospesi… Non si tratta di fare uno sforzo, non c’è una tensione oculare… semplicemente di restare…

Sento che c’è molta distensione. Ho sentito il contatto del corpo con la mia sedia… si è fatto da solo.

Sì, bene. Quando si entra nella sensazione del corpo, che avviene naturalmente quando si entra in questa esperienza aperta, c’è una sensibilità sensoriale maggiore, una sensitività e va bene, davvero eccellente e riposante. Non cerchiamo nulla: è così com’è, è uno stato di distensione ed è piacevole. Dunque se c’è una difficoltà, un dolore, una sofferenza è il modo migliore per sperimentarla senza lotta, senza conflitto, permettendogli di liberarsi. C’è una qualità liberatrice che appartiene a questo stato e quando restiamo così, in quello che possiamo definire come apertura, questa esperienza aperta e rilassata, ci sono molte cose che possono emergere.  Ci sono varie forme di liberazione di cose che in genere vengono represse e che invece a questo punto si scaricano, si esprimono, si liberano. E’ una forma di liberazione psico-emozionale, un modo per scaricarsi emozionalmente, in modo catartico e quindi in un modo dolce. Ci si libera nel lasciare essere.

Ho avuto la sensazione di sollevarmi sulla punta dei piedi…. ma non era vero… la sensazione che i piedi si sollevassero… ho dovuto fare uno sforzo per prendere coscienza del mio corpo e rendermi conto che avevo i piedi per terra…

Può accadere, ma non bisogna preoccuparsi del fatto di non sentire più alcune parti del corpo. Nel momento in cui avremo i piedi incollati al soffitto allora  ci preoccuperemo!  Qualunque cosa accada accogliamo l’esperienza come viene. Questa è la chiave:  ci lasciamo andare e lasciamo essere. Non c’è pericolo!

Ho osservato che all’apertura visiva si accompagnava  un’apertura uditiva…

L’apertura visiva si accompagna all’apertura uditiva e all’apertura dei sensi. In generale il campo visivo aperto è un modo per entrare nell’esperienza sensoriale aperta. E’ uno stato per ascoltare ad esempio della musica, per suonare della musica, per danzare… Lo sguardo panoramico è un modo per toccare lo stato di apertura e lo stato di apertura è lo stato nel quale abbiamo le risorse ottimali. Nella presenza attenta qualunque cosa facciamo lo faremo molto meglio, facendo corpo con la situazione, con quello che siamo, in modo armonico, adeguandoci immediatamente, cosa che è naturale in questo stato.

L’esperienza

Un piccolo momento di esperienza. Siete stanchi? Possiamo muoverci un po’… Seduti bene, come abbiamo fatto prima, i glutei ben in contatto con la sedia, i piedi bene per terra…. Sentiamo il nostro corpo così com’è…. Sentire bene il proprio corpo…. lo sentiamo naturalmente e sentiamo che respira…. “respira” semplicemente è naturalmente….. semplice sensazione… come abbiamo fatto prima gli occhi aperti distesi un po’ in alto,   che non ci sia niente davanti a noi che arresti lo sguardo, per quanto è possibile… gli occhi distesi in questa visione ampia…ci lasciamo andare nell’esperienza dei sensi… ci lasciamo andare, ci abbandoniamo senza trattenerci… lasciamo essere così com’è… come viene…come accade, senza interferire…. lasciamo essere, a riposo….riposandoci in questo stato di apertura nel quale “respira”, respira silenziosamente, per un po’….

Conclusioni

E’ eccellente.  Questa sera, se abbiamo sentito qualcosa, che cos’è la presenza, la piena presenza va molto bene. Se avete scoperto, avuto l’intuizione di qualcosa  ne sarei molto contento, ed è per questo che sono venuto. E’ una scoperta che può trasformare e cambiare la vostra vita. Se fate delle piccole pause, così come abbiamo fatto, nella vostra giornata è eccellente, non ci sono controindicazioni. Potrete lasciare andare e lasciare essere anche quando vi addormentate: è un buon momento. La piena presenza  è un’arte di vivere, è una via per il risveglio.

Qui a Lione c’è un circolo di praticanti della piena presenza. Questo circolo è stato fondato trent’anni fa e ci sono delle pratiche regolari, dei momenti in cui ci si siede e va molto bene, fa parte dell’addestramento. La pratica della piena presenza è un addestramento, si tratta di addestrarsi a questo stato e questo si fa proprio con un addestramento quotidiano, con dei momenti seduti o con dei momenti di richiamo durante la giornata,  in tutte le circostanze è un addestramento di vita, è un addestramento alla presenza e per svilupparlo bene ci sono dei metodi. Recentemente abbiamo messo a punto un metodo che abbiamo chiamato Mindfulness Based Fundamental Training, ovvero  l’addestramento fondamentale basato sulla piena coscienza. Si può fare con  un ritiro di otto giorni,  oppure si può fare un giorno a settimana in cui ci addestriamo, continuando poi nella propria vita. E’ molto positivo e vi incoraggio a provare a  continuare.  Per concludere  auguro che tutto sia propizio, che tutto vada bene nella piena presenza. Buona sera.

[1] In francese “ça respire” che è una terza persona, neutro. Impossibile da tradurre perfettamente in italiano, dà il senso che non c’è un soggetto dell’azione.

Conferenza di Lione del 15/11/2013. scaricare il video al seguente link. https://drive.google.com/file/d/0B_-jikYVNnVeVWFjU3d1QXlLSlE/edit

http://pienapresenza.altervista.org/conferenza-di-lione-su-la-piena-presenza/, http://pienapresenza.altervista.org/cosa-dicono-gli-esperti/.