1 – Lama Denys Rinpoche: Le 37 Pratiche del Bodhisattva, sintesi del cuore della via del Bodhisattva, Composto dal Venerabile Tongmè Zangpo. Seminario di 3-5 dicembre 2010 presso l’Oasi di San Nicola, Pesaro. Appunti di Nicoletta Nardinocchi, editing del Dr. Luciano Villa, pubblicato nell’ambito del Progetto “Free Dharma Teachings” approvato da Sua Santità il Dalai Lama per il beneficio di tutti gli esseri senzienti.
Omaggio A Cenresi
Voi che vedete tutti i fenomeni liberi dall’andare e venire
Pertanto agite solo diligentemente per il bene dei viventi, a voi che siete il sublime La e il protettore Cenresi,
perpetuamente e rispettosamente rendo omaggio con le mie tre porte!
Di tutti i benefici e libertà i prefetti Buddha son la fonte E come appaion dalla pratica del dharma sacro.
La cui realizzazione anche dalla comprensione dipende, qui spiegherò le pratiche dei Figli dei Vittoriosi.
Le 37 Pratiche del Bodhisattva sintetizzano l’insegnamento Mahayana ed in particolare quello di Shantideva.
Il Dharma è via di liberazione da malessere, dalle illusioni ed in particolare dall’illusione di un ego indipendente.
Al centro di questi insegnamenti vi è l’apertura cuore-mente ossia la disponibilità.
Chenresig esprime la bontà illuminata del risveglio, comprende la realtà aldilà dei concetti, direttamente, oltre eternalismo e dualismo, è amore naturale, spontaneo.
Gampopa lo paragona al sole che è calore, che fa crescere e fiorire le piante, questa energia intelligente si irradia in tutte le direzioni e su tutti i viventi
Chenresig è anche il Lama supremo.
L’omaggio è l’attitudine ad abbandonarsi, a smettere ciò che siamo di fronte all’esperienza del risveglio
Le 3 dimensioni ordinarie nel risveglio sono: spirito
– Dharmakaya parola
– Sambogakaya (lucidità) corpo
(Nirmanakaya (compassione)
Chiarezza, apertura, Bontà sono le 3 dimensioni di Chenresig.
Il primo verso ha il senso di rivolgerci con le nostre tre porte verso la dimensione del risveglio. La seconda quartina esprime la motivazione di Tongme Zangpo.
La realizzazione della bontà fondamentale avviene attraveso il Dharma e dipende dalla comprensione di questo.
I Bodhisattva, Bodhisattvi (se femminili) sono chiamati Figli dei Vittoriosi e hanno due dimensioni: si muovono verso il risveglio,
esprimono il risveglio.
Le prime 7 stanze sono di preparazione.
STANZA 1
Ascoltare, riflettere, meditare
Noi ora abbiamo questo raro e grande vascello libero e qualificato Affinché il mare attraversi del ciclo del me e dell’altro,
senza nessuna indolenza pratica di giorno e notte:
ascolto, riflessione e meditazione è la pratica dei bodhisattva
Prendiamo atto della situazione odierna, della preziosa esistenza umana che è un grande supporto per la liberazione.
È un vascello che ci permette di passare oltre l’oceano del samsara.
La pratica di Bodhicitta è un addestramento come espresso nel Lodjong, è una trasformazione del nostro modo costante, della nostra esperienza, avviene attraverso le 3 fasi di:
Ascolto (ricevere gli insegnamenti).
Riflessione (esaminare gli insegnamenti).
Meditazione (Mettere in pratica gli insegnamenti che sono stati ricevuti e su cui abbiamo riflettuto).
Infatti non dobbiamo prendere l’insegnamento in modo dogmatico, ma riesaminarlo, testarlo come si fa con l’oro, verificarne l’autenticità.
Bisogna essere aperti come un vaso, capaci di trattenere l’insegnamento (come un vaso senza fessure) ed essere puri, ossia non mescolarlo con le passioni, con l’agitazione.
STANZA 2
Lasciare il paese dei nostri antenati
Attaccamento e desiderio per i nostri amici come l’acqua ci trascina, e come il fuoco è l’odio per i nostri nemici che ci consuma,
la cecità ci fa dimenticare ciò che occorre prendere o lasciare: lasciare il paese dei nostri antenati è la pratica dei bodhisattva Esistono 3 aspetti di attrazione, repulsione ed indifferenza.
Nella sua fissazione l’Ego è sempre in preda di questi 3 atteggiamenti.
L’indifferenza è cieca, è ottenebrazione che non ci fa capire cosa è giusto tenere e cosa non è buono per noi.
Il senso è che dobbiamo lasciare andare le situazioni dove siamo prigionieri di questi 3 veleni.
Liberarci dalle situazioni dove siamo intrappolati, dobbiamo cercare un ambiente più solitario, tranquillo, libero da queste passioni (è il concetto di ritiro dalle situazioni di passione).
STANZA 3
Dimorare soli nell’isolamento
Con l’abbandono dei cattivi oggetti, poco a poco sceman le passioni E senza distrazione pratica virtuosa cresce da se stessa,
quando l’intelligenza è chiara, la certezza nasce in noi del dharma:
dimorar solo nell’isolamento è la pratica di un bodhisattva.
I cattivi oggetti sono gli oggetti di attaccamento, ritirarsi da questi fa scemare le passioni e senza l’attaccamento cresce la pratica ed emerge la natura della realtà.
La certezza del Dharma viene fuori nell’ambiente del non-afferrare.
La solitudine esteriore è quella che favorisce quella interiore e si fa nei periodi di ritiro e nella meditazione.
La solitudine interiore è isolarsi dalla presa delle passioni.
STANZA 4
Non attaccarsi a questa vita
I vecchi amici, i parenti e i cari si separano.
Ricchezze materiali con fatica generate si esauriscono.
E la coscienza come l’ospite lascia l’albergo dei suo corpo materiale: non attaccarsi a questa vita è la pratica di un bodhisattva.
Tutto questo è possibile abbandonando gli attaccamenti.
Comprensione dell’impermanenza:
ciò che è unito sarà separato
ciò che è accumulato sarà esaurito ciò che nasce muore
ciò che è costruito viene distrutto.
La separazione è ineluttabile, moriremo ed andremo via a mani vuote per cui dobbiamo vivere in un atteggiamento di non possessività, la felicità si trova nella moderazione e semplicità.
Quello che resta sono solo le impronte karmiche che abbiamo generato (Che possono essere positive o negative, quelle positive sono generate dall’apertura e dal non attaccamento).
L’attaccamento e fissazione sono all’origine della sofferenza, la liberazione è liberazione dagli attaccamenti.
STANZA 5
Separarsi dai cattivi amici
Riunirsi coi cattivi amici fa aumentare i tre veleni della mente; essi danneggiano lo studio, riflessione e meditazione, rendendoci completamente privi di amore e compassione:
il separarsi dai cattivi amici è la pratica di un bodhisattva.
Le cattive compagnie fanno aumentare in noi le passioni, scatenano turbamenti, danneggiano le tre dimensioni di ascolto, riflessione, meditazione.
Ci fanno abbandonare l’apertura, la compassione e ci spingono verso un atteggiamento egoistico. Non si tratta di rifiutare, ma di non essere posseduti.
STANZA 6
Prediligere l’amico di virtù
Egli fa esaurire i difetti di chiunque a lui si rimette
E fa sbocciare tutte le sue qualità così come la luna cresce, tenere a questo professore nobile ancor più che al proprio corpo l’amico di virtù il preferire è la pratica di un bodhisattva.
Avvicinarsi ai buoni amici, in particolare all’amico spirituale. Alla sua presenza le nostre qualità crescono come la luna crescente, assorbiamo le sue buone qualità come in una foresta assorbiamo il profumo del sandalo.
L’amico spirituale:
ha ricevuto la trasmissione del Bodhisattva e pratica la compassione e l’apertura fa nascere in noi gli atteggiamenti positivi e diminuire quelli negativi
è mosso da sentimenti altruistici, non personali, è di esempio con la sua disciplina aiuta col suo insegnamento.
STANZA 7
Entrare nel Rifugio prezioso
Incatenati essi stessi alla prigione del ciclo di esistenze, come potranno mai proteggerci gli dei del samsara?
Così ci rimettiamo a coloro che proteggono infallibilmente: entrare nel Rifugio prezioso è la pratica di un bodhisattva. Entrare in rifugio è mettersi in cammino verso il risveglio.
Gli dei mondani sono imperfetti, limitati in quanto sottostanno essi stessi a dei limiti, sono basati su illusioni, incarnano le passioni (soldi, sesso, potere).
Dobbiamo cercare rifugio in divinità infallibili.
Il rifugio assoluto è lo stato di Buddha, la liberazione aldilà della separazione dualistica, è nel Dharmakaya, la realtà ultima assoluta.
Il Dharma è l’insegnamento di realtà che conduce verso questa realtà assoluta.
Il Sangha costituisce la comunità di chi segue l’insegnamento e cammina insieme verso il risveglio.
Le massime successive descrivono la pratica vera e propria introducendo la progressione secondo il modello dei tre tipi di persona/motivazione con facoltà minime, medie e superiori.
Sono tutte motivazioni alla liberazione dove:
– le persone con facoltà minime mirano alla liberazione dalle sofferenze di questa vita;
– le persone con facoltà medie oltre che alla liberazione dalle sofferenze di questa vita, mirano alla realizzazione del risveglio;
– le persone con facoltà superiori mirano alla liberazione dal samsara per se stessi e per gli altri.
STANZA 8
Non commettere più atti nocivi
Le sofferenze insopportabili ed estreme dei cattivi divenire,
non son che i frutti degli atti nocivi, così ha insegnato il Potente, perciò anche a costo di doverci perdere la vita,
il non commettere mai più atti nocivi è la pratica di un bodhisattva.
Corrisponde alle motivazioni di tipo inferiore
Le sofferenze provengono dagli atti malsani, mentre la gioia proviene dagli atti positivi, sacri Per cui dobbiamo coltivare un comportamento sano. Gli stati inferiori del samsara sono causati da comportamenti insani, frutto delle tendenze ed impronte da atti negativi.
I 10 atti negativi di corpo, parola, mente sono atti di violenza sugli altri, mossi dalle passioni che provocano sofferenze e problemi.
10 azioni negative |
10 azioni positive |
Uccidere mossi da passione, odio o stupidità |
Rispettare la vita e proteggere la vita sotto tutti gli aspetti, è principio che si attua in un contesto di vita non violento a livello economico, ecologico |
rubare |
Non prendere ciò che non è stato offerto. Il suo antidoto è la Generosità. |
Comportamenti sessuali aggressivi, instabilità |
Avere una relazione stabile, fondata su amore e stabilità, consistenza |
Usare parole che dividono |
Evitare le parole che dividono, creare armonia e concordia |
Mentire o travestire la verità |
Dire la verità |
Usare parole dure, che feriscono |
Usare parole dolci, non violente, gradevoli |
Fare pettegolezzi che turbano la mente, che fanno crescere le passioni |
Evitare l’uso smodato della parola, parlare se necessario, in modo perspicace che sia allo scopo |
Essere malevoli |
Evitare la malevolenza, coltivare uno spirito di condivisione e attitudine benevola |
Avere brama e cupidigia |
Evitare la possessività, coltivare un atteggiamento di soddisfazione, accontentarsi |
Avere concezione errate |
Evitare le idee errate e coltivare le giuste prospettive |
Bisogna coltivare questa disciplina interamente, siamo sempre nella situazione di poter scegliere, siamo relativamente liberi e responsabili.
Abbiamo l’opportunità, attraverso l’attenzione, di fare la scelta giusta.
STANZA 9
Compiere sempre grandi sforzi
Come rugiada su di un filo d’erba le felicità dei tre divenire, son tutte effimere e soggette a distruzione in un istante, rivolto al supremo stato della liberazione senza mutamento, compìre sempre grandi sforzi è la pratica di un bodhisattva.
È la stanza delle facoltà intermedie
È addestramento a lasciare i piaceri mondani per ottenere la liberazione, praticare il non attaccamento che ci conduce alla liberazione e ci libera da ciò che ci possiede. Abbiamo la tendenza ad attaccarci ai piaceri mondani che sono effimeri.
La nostra motivazione alla felicità e le azioni che compiamo sono in contraddizione. L’attaccamento è il demone che ci possiede e ci trascina nelle difficoltà.
STANZA 10
Generare il cuore mente del risveglio
Da tempi senza inizio, essi hanno avuto per me dell’amore Oh madri, se soffrite come posso io felicità provare?
E per condurre alla liberazione illimitatamente i viventi:
il generare cuore mente del risveglio è la pratica di un bodhisattva.
Persone con facoltà superiori e pratica di Bodhicitta di aspirazione.
La vera liberazione richiede addestramento, apertura verso gli altri che è bodhicitta Bodhicitta dell’aspirazione
Bodhicitta dell’impegno (relativa ed assoluta)
Motivazione del Mahayana: siamo tutti uguali con la stessa motivazione alla felicità, indipendentemente da razza, età, cultura ecc.
Siamo stati parenti, figli, genitori nelle vite precedenti, siamo tutti interconnessi.
Meditiamo vedendo gli altri come nostre madri,con questa visione sviluppiamo empatia, ricettività, disponibilità, compassione, partecipazione il che favorisce lo sviluppo di bodhicitta
STANZA 11
Scambiare in modo perfetto
Le sofferenze tutte vengono dal desiderio di felicità egoista;
perfetto Buddha nacque da una mente che al solo bene altrui aspira;
così io scambierò le mie felicità con le altrui sofferenze:
scambiare in modo perfetto è la pratica di un bodhisattva.
Bodhicitta dell’impegno a livello relazionale.
Le sofferenze sono desideri di felicità egoististiche.
TONGLEN è la pratica più importante perché accogliere ed offrire è l’opposto della tendenza egoistica abituale.
Scambierò la mia felicità con gli altri, essere egoisti in modo intelligente vuol dire essere altruisti.
TONGLEN è una pratica molto concreta, in una situazione relazionale difficile (Partner, collega, amico) accogliamo le difficoltà, i blocchi e allo stesso tempo diamo gioia e ciò che normalmente abbiamo tendenza a trattenere, dare una luce chiara dal profondo del nostro cuore in un atteggiamento senza limitazioni.
È la tecnica per risolvere i blocchi, la barriera dualistica, la territorialità, le fissazioni.
Le stanze successive sono indicazioni di come integrare Bodhicitta nelle circostanze quotidiane. Le circostanze avverse sono di 4 tipi:
-
Paura.
-
Circostanze difficili.
-
Povertà.
-
Desiderio/odio.
STANZA 12
Dedicare a chi ci deruba
Chiunque, sotto l’influenza di un’irresistibile cupidigia,
arrivi a derubare, o a far derubare, tutti i beni miei e le ricchezze, il mio corpo, i miei possedimenti e le virtù mie nei tre tempi
chi noi deruba dedicare è la pratica di un bodhisattva.
Come trasformare la paura della perdita in liberazione (paura della perdita, della sofferenza, infamia, critica)
Se siamo stati vittime di un furto dedicare tutte le nostre virtù e ricchezze è la pratica di un B.
Dedicare ciò che ci è stato rubato al ladro (a lui evita un’azione negativa, e noi facciamo un’azione positiva)
STANZA 13
Prendere su di se gli atti nocivi
Desiderasse una persona l amia testa da tagliare senza alcun motivo, sebbene io non gli abbia provocato dispiacere alcuno,
mettendo allora in atto il potere di una nobil compassione, prendere su di sé gli atti nocivi è la pratica di un bodhisattva.
Trasformare la sofferenza in via di liberazione.
Quando qualcuno ci aggredisce anche senza motivo, accettare questa aggressione.
STANZA 14
Proclamare forte le qualità
E se qualcuno proclamasse dappertutto nella gran distesa del trichilo cosmo
Una gran moltitudine di cose negative sulla mia persona,
con una mente d’amor piena, al riguardo di quest’individuo le qualità proclamar forte è la pratica di un bodhisattva.
Trasformare l’infamia, l’insulto in via di liberazione
STANZA 15
Inchinarsi davanti ai maldicenti
Se un individuo nel bel mezzo di un’assemblea gremita Venisse ad enunciare i miei difetti e a dir cose cattive, considerare la persona come di virtù un amico,
davanti ai maldicenti inchinarsi è la pratica di un bodhisattva.
Trasformare la critica in via di liberazione
STANZA 16
Dare ancora più affetto
E se qualcuno che proteggo e a cui tengo come un figlio Ciononostante arrivasse a reputarmi suo nemico,
come una madre verso il suo bambino da una malattia colpito, ancor più affetto dare è la pratica di un bodhisattva.
Trasformare l’ingratitudine, gli amici che ci tradiscono in via di liberazione.
STANZA 17
Mettere al di sopra della propria testa i malvagi
Se le persone che mi sono uguali o che mi sono inferiori,
sotto l’influsso dell’orgoglio di rispetto mi mancassero o m’ingiuriassero, come faremmo al riguardo del nostro maestro,
porre i malvagi al di sopra della propria testa è la pratica di un bodhisattva.
Trasformare l’umiliazione in via di liberazione
Rendere omaggio a chi ci umilia sotto l’influsso dell’orgoglio o di altre passioni.
STANZA 18
Non piangere né lamentarsi
Anche se privo di risorse e dagli uomini infamato, colpito da malattia grave e da un dèmon posseduto,
ancor prendere su di sé le sofferenze e le malefatte di tutti i viventi: non lamentarsi e piangere è la pratica di un bodhisattva.
Trasformare la povertà in via di liberazione
È coraggio, abnegazione illimitata
STANZA 19
Non cedere all’arroganza
Anche se celebre e con buona reputazione, da molte persone osannato, provvisto di beni paragonabili a quelli dei figli di dei delle ricchezze, vedere che del divenire tutte le ricchezze sono senza essenza, all’arroganza il non ceder è la pratica del bodhisattva.
Trasformare la ricchezza in via di liberazione
Integrare le circostanze felici è ancora più difficile perché sviluppano in noi sufficienza, arroganza, orgoglio.
STANZA 20
Dare buon ordine al corso della propria vita
Se non si vince il nemico interiore della propria ira,
volere vincere quelli esteriori non fa altro che moltiplicarli.
Di conseguenza, grazie all’armata dell’amore e compassione,
dare buon ordine al corso della propria vita è la pratica di un bodhisattva.
Trasformare l’odio in via di liberazione
Applicare i rimedi di amore e compassione per dare ordine alla nostra vita, vincere la nostra collera che è il nostro nemico interiore.
Se uccidete per odio i vostri nemici, questi diventeranno eterni, ma se distruggete la vostra collera avrete vinto i vostri nemici per sempre.
STANZA 21
Abbandonare ogni fissazione
Gratificare il desiderio è come bere acqua salata,
la nostra sete aumenta tin proporzione alla quantità che ne beviamo; così, rispetto agli oggetti che son fonte degli attaccamenti, abbandonare ogni fissazione è la pratica di un bodhisattva
Vincere l’attaccamento è una via di liberazione
Se cediamo all’attaccamento questo crescerà sempre di più per cui è meglio non iniziare “Non è l’oggetto che ti lega ma è l’attaccamento, quindi taglia l’attaccamento” (Tilopa).
STANZA 22
Non elaborare nella mente
Tutte le apparenze che emergono non son che in sé la mente, quanto alla mente stessa, è da sempre libera da concezioni.
Sapendo ciò, non concepire nulla in termini di un soggetto e di un oggetto; e nella mente non elaborare è la pratica di un bodhisattva.
Abbiamo completato la parte di Bodhicitta relativa ed ora passiamo a Bodhicitta assoluta, non relazionale, non duale, all’esperienza della natura della realtà immediata
Contemplazione è restare in uno stato privo di perturbazioni mentali e dualismo.
Lo stato di Bodhicitta è lo stato libero da concettualizzazioni mentali che costituiscono la fissazione dualistica, la mentalizzazione, la presa che crea la separazione oggetto-soggetto.
La coscienza abituale è conoscenza duale oggetto-soggetto (un soggetto osservatore è cosciente di un oggetto osservato), è una coscienza di qualcosa, è esperienza di qualcos’altro.
La pratica di B. assoluta è risvegliarsi ad un altro livello di coscienza, oltre la coscienza abituale, in modo diretto, immediato.
ASSOLUTO ha il senso di non duale, esperienza di mente cuore risvegliato nella sua interezza Bodhicitta relativa è l’attitudine a superare l’egocentrismo, a coltivare l’altruismo, Bodhicitta assoluta è l’esperienza del non-ego, non oggetto, non soggetto.
La stanza 22 spiega Shamata-vipassana
Tutte le apparenze sono la nostra mente in sé, sono la nostra mente, il nostro processo cognitivo, tutti i fenomeni sono sperimentati dalla nostra mente.
Negli Auspici di Mahamudra (Terzo Karmapa) si dice proprio questo, che i fenomeni sono elaborati dalla mente.
Le qualità di piacevolezza dell’oggetto visuale è dell’elaborazione della mente, la bellezza è nell’occhio di chi guarda.
C’è l’esperienza iniziale e poi la rappresentazione elaborata della mente e ci ripresentiamo l’esperienza.
Potremmo dire che la rappresentazione è la mappa, l’esperienza diretta è il terreno.
Noi viviamo in genere nella bolla delle nostre rappresentazioni di attività mentale della nostra mente.
La mente (in tibetano SEM) è vuota di essenza, di per sé non esiste.
Ha un forte impatto provocatorio dire che la mente non esiste.
La mente è mentalizzare gli oggetti, è il processo cognitivo che concepisce la realtà (questa è la coscienza abituale).
Mind is minding the objects
La mente è vuota di esistenza, è vuota di essenza, è da scoprire tramite la meditazione (pratica di LANGTONG o chiara visione o vipassana) è osservare la mente con i suoi pensieri.
È una pratica paradossale nel senso che la mente osserva chi osserva, osserva se stessa, è una sorta di riflessione, un ripiegamento nel senso che osserva se stessa e nella pratica si sviluppa una comprensione di come opera.
Nella prima fase sviluppiamo il Calmo Dimorare (shinè) e nella seconda fase la visione profonda (Vipassana).
È fondamentale capire la differenza tra mente e natura della mente Mente è la coscienza abituale, la presa.
Natura della mente è chiarezza vuota della realtà, è presa diretta non duale, libera da tutte le concezioni.
Attraverso una meditazione analitica (ad esempio chiedendoci dov’è la mente, che colore ha, ha delle caratteristiche??) capiamo che la mente non può essere identificata con niente, è vuota di essenza, non identificabile, tuttavia NON è inesistenza inerte, nella mente qualsiasi apparenza può manifestarsi.
La natura della mente è intelligenza, lucidità, è vuota di fissazioni, è esperienza illimitata ossia qualsiasi esperienza può sorgere nella mente
La mente libera da fissazioni dualistica è bodhicitta assoluta ed è la pratica del bodhisattva.
Mahamudra, Dzogchen, le 6 paramita sono differenti pratiche che convergono a realizzare B. assoluta.
Le stanze 23 e 24 sono pratiche di integrazione nelle situazioni post-meditazione, ossia shamata vipassana integrata nella vita quotidiana
Nel lodjong si dice “sperimenta tutte le apparenze nella trasparenza”.
La trasparenza è un’apparenza nell’apertura tramite l’abbandono della presa, delle fissazioni che solidificano le apparenze.
COLOPHON
Appunti scritti da Nicoletta Nardinocchi (Detchen Dradul) nel corso del seminario di Lama Denys su “Le 37 pratiche del bodhisattva” 3-5 dicembre 2010 presso l’Oasi di San Nicola (Pesaro).
Mi assumo la piena responsabilità e mi scuso per tutti gli errori che possano essersi verificati, ascoltando e scrivendo in modo non corretto ciò che è stato insegnato. Possano tutti essere di buon auspicio.