Lama Denys Rinpoce: L’etica

Lama Denys Rinpoce. La regola d'oro: Rispetta l'altro come te stesso.

Lama Denys Rinpoce. La regola d'oro: Rispetta l'altro come te stesso.

Lama Denys Rinpoce: L’etica

1. Introduzione: tre apprendimenti, una motivazione

Śīla, samādhi e prajñā

La via, che è la transizione dall’esperienza condizionata all’esperienza risvegliata, può essere presentata in un modo tradizionale secondo tre principi: śīla, samādhi e prajñā, in altre parole: l’etica, la meditazione e la comprensione.

La disciplina come apprendimento

L’etica è una disciplina di vita. La parola “disciplina” può avere delle connotazioni negative, ma usata in questo contesto non ha senso di una disciplina militare: una disciplina è un’arte. Nelle belle arti ci sono diverse discipline; anche la medicina è una disciplina. Queste diverse discipline sono altrettanti apprendimenti. L’apprendimento della via è una disciplina nel senso più ampio. D’altronde un discepolo è colui che segue una disciplina. Entrando nell’apprendimento di una via, di un cammino, ne seguiamo le disciplina e proprio per questo diventiamo dei discepoli.

Motivazione giusta e bodhicitta

Possiamo seguire autenticamente un’etica, un apprendimento e fare un cammino solo sulla base di una motivazione, di un’intenzione, un desiderio di cuore. Questa motivazione è quella di risvegliare la propria mente-cuore, è la motivazione del risveglio. C’è un legame tra la fiducia e questa motivazione di risveglio, questa motivazione di cuore. La motivazione a risvegliare la propria mente-cuore, risvegliare la propria esperienza, risvegliarsi, è quella che chiamiamo tradizionalmente bodhicitta; bodhi significa risveglio, citta significa mente-cuore. In una formulazione tibetana più dettagliata, jangchub kyi sem kye pa (byang chub kyi sems bskyed pa) significa “sviluppare l’intenzione o l’aspirazione a risvegliare la propria mente-cuore”.

Una motivazione al cuore della nostra vita

Bisogna intendere questa motivazione come una motivazione del cuore perché, nel cammino, è necessario che questa motivazione sia il cuore della nostra esperienza, il cuore della nostra vita, quello che c’è di più centrale, di più importante, la priorità. Nella gerarchia di valori che organizza la nostra vita si tratta di fare in modo che vivere nel risveglio del cuore e della mente sia la prima delle priorità. Cosa che non possiamo evitare di fare, se si capisce bene di che cosa si tratta, perché è qui che si trova la fonte di tutto ciò a cui aspiriamo. Che aspiriamo al benessere di tutti, o al nostro benessere individuale, aspiriamo a ciò che è buono – quale che sia il nome che diamo a questa bontà, ognuno ci può mettere il suo ideale – e questa bontà, questo benessere, questa perfezione alla quale aspiriamo si trova nell’apertura della mente-cuore, nel risveglio della nostra esperienza. Mano a mano che nasce in noi la fiducia, questa motivazione del cuore prende forma e forza. Allora, vivere la disciplina è vivere in un modo ordinato, vivere secondo l’ordine armonioso che è quello della mente-cuore risvegliata.

2. I principi della disciplina

La disciplina come espressione di un principio di armonia

Si possono utilizzare delle indicazioni più precise, lo vedremo. Ci sono ad esempio 10 atti positivi e 10 atti negativi che sono dei punti di riferimento per la disciplina esteriore. Ma queste indicazioni sono l’espressione di ciò che è abitualmente armonioso, ovvero una situazione nella quale sono vissute apertura, lucidità e disponibilità autentiche. È quello che chiamiamo le disciplina esteriore. C’è poi, allo stesso tempo, una disciplina interiore che è semplicemente l’aspirazione del cuore, la motivazione a vivere nel risveglio del cuore e della mente, con tutto quello che significa. La disciplina intesa in questo modo ci darà un certo numero di punti di riferimento che ci permetteranno di strutturare il nostro sé e di sviluppare con l’ambiente uno scambio giusto, armonioso. Armonioso nella misura in cui è fondato su dei punti di riferimento che provengono da questa armonia fondamentale. Questo è un punto molto importante.

Disciplina e non-aggressività

Un altro punto fondamentale è vedere l’importanza della non aggressività nella disciplina. La disciplina può essere ricondotta alla non aggressività fondamentale. La disciplina di benevolenza, di bontà, consiste nel non aggredire l’altro in un modo o in un’altro, nel corpo, nella parola o nella mente. la disciplina è praticare ciò che è buono, quello che fa bene e che evita le aggressioni. Inquadrando in modo generale la disciplina giusta e l’etica, è dunque appropriato considerare la non aggressività come fondamentale. La non aggressività d’altronde è strettamente in relazione con l’armonia. Una disciplina aggressiva nei confronti di noi stessi, degli altri e dello stato naturale, è una disciplina che è contraria all’armonia e che di conseguenza genera dei problemi . Nella disciplina ènecessaria la non aggressività ed anche, potremmo dire, la dolcezza. Dolcezza qui non significa lassismo o permissività. E’ possibile conciliare rigore e dolcezza.

Dal punto di vista del dharma, molte questioni che riguardano l’etica possono essere guardate nella prospettiva della non aggressività. La disciplina più profonda è dunque in relazione con questa non aggressività. Si tratta di coltivare la non aggressività che è essa stessa in relazione con l’assenza di fissazione. Se c’è qualcuno, nel vostro ambiente, che soffre, lasciarlo soffrire è molto aggressivo, è l’espressione di un rifiuto. L’indifferenza è dunque molto aggressiva, senza parlare del desiderio aggressivo o della collera aggressiva. L’aggressione di cui parliamo qui è l’energia di base dell’ego. È l’aggressione che anima l’ego nel suo funzionamento abituale. Quando parliamo di non aggressione – potremmo anche dire di non violenza – è la non violenza dell’ego che confluisce nella compassione, nell’amore e che è proprio la loro pratica. È la disciplina interiore, e anche la disciplina della meditazione più interiore nella quale si sviluppa la trasparenza, che è una qualità di non fissazione, di non attaccamento ed in questa non fissazione, questo non attaccamento, è una qualità di ricettività e disponibilità.

La disciplina come espressione d’amore

Vorrei anche che considerassimo la disciplina come pratica ed espressione dell’amore. La disciplina è in modo particolare in relazione con l’azione, con gli atti del corpo, della parola e della mente; e la disciplina, l’azione giusta è governata dall’amore, la compassione. La disciplina giusta è l’azione giusta; e l’azione giusta è l’azione d’amore, di compassione – intendendo sempre amore compassione nel loro significato fondamentale di ricettività-disponibilità, ricettività della compassione e disponibilità dell’amore.

C’è anche un legame evidente tra amore e non-aggressione. Sicuramente avremmo voglia di dire spesso: “ma nell’amore c’è qualcosa di più della non aggressività”. Sì, ma se andiamo fino alla dimensione più profonda della non aggressività arriviamo al non attaccamento. Nella non aggressività in quanto non agire dell’energia dell’ego c’è una qualità di non-passione; e l’assenza di passione è l’amore profondo.

Due tipi d’amore

Abbiamo la tendenza a dire: “ma l’amore non è una passione?”. In effetti è necessario fare una distinzione: c’è l’amore passionale e l’amore autentico. Quando parliamo della disciplina giusta in quanto azione d’amore, non si tratta dell’amore passionale. Qual è la differenza tra l’amore passionale e l’amore giusto? L’amore passionale è fondato sulla possessività e sull’attaccamento, sul desiderio: “questo mi piace, è mio” oppure “ti amo, sei mio, tengo moltissimo a te “. Una forma d’attaccamento è inevitabile nell’amore abituale. Nondimeno l’amore tanto più è giusto o è più profondo, quanto non è fondato sulla possessività e l’attaccamento. L’amore possessivo, l’amore-attaccamento è un amore di sofferenza, perché è nella natura delle cose che chi si è incontrato venga separato, quello che nasce muore. È la natura delle cose essere separati da ciò cui siamo attaccati, ed incontrare quello che avremmo preferito evitare.

Dunque quando parliamo dell’amore autentico, si tratta di un amore fondato sulla presenza all’amato, sulla ricettività e la disponibilità all’amato, in un atteggiamento che è quello della non-possessione e del dono, dove piuttosto che possedere e prendere, noi diamo. La presenza all’amato è la ricettività e la capacità di dare all’amato è la disponibilità. In questo senso, c’è un rapporto profondo tra l’amore e la non aggressività, un atteggiamento di non-passione fondamentale. Nell’apertura piena e totale che permette questa ricettività-disponibilità, apertura che è l’assenza di fissazioni e di ogni forma di aggressione passionale, c’è una comunione tra l’amante e l’amato; c’è il superamento di una relazione dualista e, al limite, c’è un incontro dell’amato nell’amante, dell’amante nell’amato ed è allora la forma più profonda di amore. Questo mostra la presenza dell’amore nella disciplina giusta, l’azione giusta.

Una disciplina gioiosa

C’è ancora un punto importante, che è quello di capire che quello che intendiamo con disciplina è, in effetti, fare ciò che è buono, per se stessi e per gli altri. Se ne comprendiamo il significato, se comprendiamo l’essenza della disciplina, essa non diventa una costrizione, qualcosa di doloroso al quale ci sottomettiamo recalcitranti, piegandoci sotto il giogo, lamentandosi. Nella disciplina c’è una dimensione profondamente gioiosa che arriva quando abbiamo la sensazione di fare ciò che è buono, ciò che è giusto, quello che ci fa bene, quello che porta la bontà, quello che porta benessere e felicità agli altri e a se stessi. Fantastico! In questa prospettiva, nella misura in cui la integriamo, la disciplina non solo non è dolorosa ma è essa stessa una forma di felicità.

3. La disciplina esteriore

Introduzione

Ci sono due modi di presentare questa serie, in positivo o in negativo. Possiamo presentare i 10 atti negativi e dire che i positivi sono il contrario o possiamo fare l’inverso, ovvero iniziare con i positivi e dire che i negativi sono contrario. Vista la nostra costituzione psicologica in Occidente, ci sono dei vantaggi nel presentare gli atti positivi che seguono il carattere positivo della natura di buddha, della salute fondamentale, che sono innati o acquisiti. In Occidente dove il senso della natura di buddha, di una salute essenziale, non è qualcosa di culturalmente scontato, enunciare degli atti negativi suggerisce delle interdizioni vissute in modo teista.

La disciplina del corpo

Proteggere la vita

Il primo atto positivo del corpo è proteggere la vita, rispettare la vita. La vita è quello che noi siamo fondamentalmente e rispettare la vita è rispettarsi, rispettare tutti i viventi, gli umani come i non-umani. La vita non si ferma agli umani, anzi…. Gli umani non sono che un caso particolare della vita. Non avrebbero alcun esistenza senza l’ambiente. La vita umana senza la vita globale non ha alcun senso: la vita umana emerge dalla vita dell’ambiente e sussiste nel suo contesto. Rispettare la vita è un atteggiamento non aggressivo che consiste nell’evitare l’ atto di aggressione quale uccidere, ma è evidente che rispettare la vita ha un senso molto più ampio del semplice non uccidere. Rispettare la vita non significa nemmeno che nessun essere vivente non debba essere ucciso. Nella vita c’è la nascita e la morte ed il fatto che certi viventi continuino la loro esistenza implica che ci sia la sparizione di altri viventi. Nondimeno rispetteremo la vita sotto tutte le sue forme, fino agli insetti, sapendo anche che ci sono degli insetti che saranno probabilmente uccisi. Ma è qui che la non aggressività è molto importante perché l’atteggiamento fondamentale di rispetto della vita è che l’io, l’individualità non si affermi passionalmente a detrimento degli altri. “Tu mi dai fastidio, bum! Ti elimino.” Vorremmo poter schiacciare le persone che ci danno fastidio come si schiaccia una zanzara. È questa aggressività passionale che ci allontana dal risveglio. Il rispetto della vita corrisponde anche al rispetto dell’ambiente, perché la vita è un ecosistema, ogni vivente è legato al suo ambiente e dunque nel rispetto della vita c’è una dimensione ecologica.

La generosità

Il secondo atto positivo del corpo è la generosità. Ne abbiamo già parlato in precedenza: un atteggiamento di apertura e di disponibilità che sappia dare quando e come è necessario. Si tratta di dare la cosa giusta nel modo adeguato, con la disposizione d’animo giusta. Diamo qualcosa e poi “Ahhh. Forse non avrei dovuto, forse ho dato troppo”. Dare la cosa giusta è molto importante perché si possono dare delle cose che non sono affatto necessarie: “nonna, comprami una mitragliatrice!”, “Sì piccolo mio, ecco qua.” È un esempio caricaturale ma ci sono molte situazioni in cui possiamo dare quello che non è necessario, adeguato e appropriato. C’è anche un modo giusto di dare, anche qui con la non aggressività. Non si tratta di “Tieni, va…. Prendi ‘sta cosa”. Anche questo esempio è caricaturale, ma ci sono molti modi di dare che possono essere condiscendenti o che possono essere un modo di dare per valorizzare se stessi, per darsi valore: “guarda come sono buono nella mia generosità”. Il contrario di questo atteggiamento di generosità è non essere generoso e anzi fare il contrario del dono, ovvero prendere quello che non ci è dato. In questo caso prendere quello che non c’è dato, al limite, rubare, ma in un senso più largo. Vedete tutti i diversi gradi che ci sono dalla generosità autentica, in quanto atto positivo, fino al fatto di evitare di prendere quello che non è dato, evitare il furto.

Una sessualità armoniosa

Il terzo atto positivo del corpo è una sessualità armoniosa. Noi siamo naturalmente degli esseri sessuati e la sessualità è una parte costitutiva e fondamentale della vita. Si tratta dunque di vivere la sessualità in modo armonioso. Questo punto è particolarmente importante perché la sessualità è qualcosa di fondamentale nell’economia delle energie che animano le specie in generale, e gli umani non fanno eccezione. Una sessualità giusta, anche qui, è armoniosa nel senso che è libera dall’aggressività, dall’aggressione. Una sessualità autenticamente armoniosa è fonte di arricchimento, di realizzazione, una fonte di condivisione e può anche essere espressione di un amore autentico. La sessualità non è necessariamente possessiva, passionale, fondata sul desiderio e l’attaccamento. Al contrario una sessualità disarmonica è una sessualità aggressiva, disordinata, passionale. Che si viva in coppia o che si prendano alcuni impegni di castità o di celibato, ci possono essere diverse regole più precise, come ad esempio l’ordinazione monastica.

La disciplina della parola

La parola autentica

Ci sono poi i quattro atti positivi della parola. Il primo è la parola autentica, “parlare vero”, la franchezza, dire la verità, dire ciò che è. Dire ciò che è significa anche parlare secondo il dharma. Una frase celebre del Buddha dice: “tutto ciò che è detto bene è dharma”. Tutto ciò che viene enunciato di reale, della realtà, tutto ciò che è enunciato di verità, tutto ciò che è enunciato di “ciò che è ” è dharma; questo permette di superare una prospettiva provinciale o settaria. Dunque è la parola giusta, la parola vera, la parola autentica, la parola del cuore che non è manipolata da un mentale egotico. È una parola che non utilizza la comunicazione per manipolare le situazioni o gli altri secondo i propri disegni o per proteggersi. La parola autentica è il dharma. Il contrario della parola autentica è la parola falsa, la parola manipolatrice, la parola che inganna, la parola che è utilizzata per profitto. È quello che si chiama comunemente la menzogna.

La parola fattore di armonia

Secondo atto positivo della parola: essere con la propria parola fattore di concordia, ovvero comunicare in un modo tale che la comunicazione che facciamo porti l’armonia, l’equilibrio, la concordia, che la nostra parola riduca le passioni, la confusione, tutto ciò che è fattore di discordia, di disarmonia. Parole di concordia, parole di armonia. Il contrario delle parole di concordia sono le parole di discordia, ovvero tutti quei discorsi portano agitazione, che seminano la zizzania, che montano gli uni contro gli altri. “Sai che cosa ha fatto, sai che cosa ha detto di te?”. Si può per desiderio, per interesse o per altri motivi, seminare la zizzania, portare la discordia tra le persone che si vorrebbero vedere separate.

Parlare dolcemente

Terzo atto positivo della parola, parlare dolcemente, ovvero un’espressione che non ferisce, un’espressione la cui forma possa essere ben ascoltata nella misura in cui non viene percepita come un’aggressione. Se il vostro discorso nella sua forma veicola un’aggressione, reale o presupposta, la risposta non ci sarà in rapporto al contenuto del messaggio. L’uditore riceverà semplicemente l’aggressione che percepisce nella vostra espressione e risponderà ad essa. Dunque è in questo senso che è necessario parlare in modo non aggressivo, non violento, con dolcezza, sapendo comunque che non si tratta da di fare dei discorsi soavi o mielosi.

Parla a ragion veduta

Il quarto atto positivo della parola consiste a parlare a ragion veduta. Qui c’è qualcosa di profondo e di poco evidente all’inizio. Parlare a ragion veduta presuppone il rispetto della parola come qualcosa di sacro, il rispetto della forza e della potenza della parola che non verrà utilizzata in modo inconsistente per diventare semplicemente l’espressione della frivolezza dell’ego. Parlare a ragion veduta significa parlare in un modo sensato, il che significa esprimere qualcosa che ha un senso, qualcosa di significativo. Questo è ovviamente in contrasto con le parole frivole, a ruota libera, che servono solo per riempire il silenzio o spesso per provocarsi delle emozioni che non hanno nulla di particolarmente sano. È quello che si chiama chiacchierare, le parole futili, il chiacchiericcio esterno anima e coltiva il chiacchiericcio interno. La logorrea esteriore va in coppia con una grande agitazione interiore. Le parole futili, le parole frivole fabbricano dell’emozione. Ci annoiamo, allora troviamo qualcuno con cui condividere qualcosa, un desiderio o un’aggressione che sono in seguito fonte di emozioni. In ogni caso nelle parole futili c’è una dimensione notevole di distrazione e anche di stimolo delle passioni. Dunque parlare a ragion veduta è il quarto atto positivo della parola.

La disciplina della mente

Il non attaccamento

Ci sono poi i tre atti positivi della mente. Il primo è il non attaccamento, la non possessività o anche il contentarsi. Contentarsi non significa rassegnazione ma “essere con il presente”. Il presente, la situazione dell’istante è quello che è, questo è certo, e sapersi contentare di quello che c’è qui è fondamentalmente realistico. Altrimenti ci si trova semplicemente in un atteggiamento di frustrazione e quel che è peggio, la frustrazione impedisce di sperimentare e di godere di ciò che c’è qui, le possibilità del presente. Dunque si tratta di un’accettazione del presente, della realtà presente. Essere soddisfatto di quello che c’è qui, perché in ogni caso la situazione è quella che è e ogni atteggiamento di insoddisfazione non fa altro che portare dei conflitti e delle frustrazioni. Ma dobbiamo ben capire: questo atteggiamento di soddisfazione che è l’accettazione del presente, non è affatto una forma di rassegnazione; al contrario è il preliminare, la base, per un lavoro intelligente con il presente, quale che sia la forma che questo lavoro può prendere. Il contrario di questo atteggiamento di accontentarsi, di soddisfazione è l’insoddisfazione o la possessività, una sorta di avidità. Vogliamo sempre qualche cosa diversa da quello che c’è qui e non siamo mai felici con quello che c’è, il che fa sì che non si è mai nel presente. Siamo sempre altrove, con un avvenire che vorremmo fosse diverso e che non esiste, e che d’altronde forse non verrà mai.

La benevolenza

In seguito il secondo atto positivo della mente è la benevolenza: avere un atteggiamento del cuore e della mente che aspiri al bene, alla felicità in un senso generale, volere il bene degli altri, desiderare ciò che è buono per tutti i viventi. Il contrario della benevolenza, l’avrete indovinato, è la malevolenza. La malevolenza è quell’atteggiamento per il quale si desidera il male. Si può desiderare il male per rancore, per invidia, per desiderio, per collera, in tutte le situazioni dove in fondo si desidera qualcosa che non è veramente buono per gli altri o per se stessi.

La comprensione giusta

Il terzo ed ultimo atto positivo della mente consiste nello sviluppare una comprensione giusta, apprezzare l’importanza del comprendere ciò che è, comprendere il reale, comprendere la realtà ed andare nel senso di una ricerca della comprensione giusta. Il contrario è coltivare delle concezioni erronee che sono fondamentalmente diverse forme di fissazione su delle idee. Nel senso più ampio, tutte le forme di fissazione sono erronee, in modo particolare se sono delle fissazioni che rafforzano l’illusione, le passioni e tengono lontani dal risveglio. I tre atti positivi della mente sono anche i rimedi ai tre veleni della mente, delle forme di antidoto, ricordando che i tre veleni della mente sono il desiderio-attaccamento, l’aggressività e l’indifferenza.

4 – La disciplina e le sei pāramitā

Nella tradizione del mahāyanā, la disciplina e l’azione giusta sono presentate secondo l’ordine di quelle che si chiamano le pāramitā, una parola sanscrita che significa “perfezioni” o “virtù”. Ci sono sei virtù, sei perfezioni: il dono, la disciplina, l’energia, la pazienza, la meditazione e la comprensione profonda. Queste sei virtù riassumono il modo in cui si può mettere in opera la motivazione del cuore di cui abbiamo parlato in precedenza, la motivazione di risveglio, l’intenzione a risvegliare la propria mente-cuore. L’intenzione è indispensabile ma non si tratta di avere soltanto l’intenzione, essa deve iscriversi praticamente, concretamente nel vissuto, cosa che si può fare con queste sei virtù, queste sei perfezioni.

Le prime quattro sono in rapporto con la disciplina, ed in particolare le prime due, la seconda infatti si chiama disciplina. Qui ci sono due categorie che si sovrappongono. Abbiamo parlato in precedenza di tre principi che ci serviranno come filo conduttore per la comprensione del cammino, questi tre principi sono la disciplina, la meditazione e la comprensione. In seno alla disciplina questi tre principi ricoprono le sei pāramitā, le sei perfezioni. Le prime due, dono e disciplina, appartengono più al campo dell’azione, le ultime due, che si chiamano meditazione e comprensione, sono il secondo e il terzo principio e le due che si trovano a metà sono utili per la disciplina dell’azione, per la meditazione e per la comprensione. Abbiamo bisogno di energia e di pazienza sempre e dovunque.

L’approccio della via inizia con il dono che è in rapporto con l’abbandono e con un atteggiamento di apertura e di lasciare andare. Dare è abbandonare qualche cosa che sia ha e che si dà. Il dono è strettamente legato all’apertura. Dare è dare il proprio tempo, la propria energia, il proprio cuore, il proprio denaro, la propria mente . Noi diamo aprendoci, aprendo il cuore, aprendo la mente, aprendo il portafoglio, aprendo ciò che siamo e ciò che si è all’altro, facendolo condividere. Per colui che cammina nell’apertura del cuore e della mente, nel risveglio della mente -cuore, la capacità a dare, la generosità è la prima virtù; è aprire il proprio territorio, la propria bolla, offrendo, lasciando andare, smettendo di tenere, di ritenere e di essere in una situazione di chiusura, di protezione e di possessività. Dare è dunque darsi; dare di se stessi in ciò che si è, in ciò che si ha. Ci si dà.

La seconda di queste sei perfezioni porta il nome di disciplina. È evidente che questa perfezione ricopre tutto quello che abbiamo detto finora, dal momento che il dono è un aspetto particolare della disciplina.

5 – La regola d’oro

Abbiamo già affrontato i punti di riferimento concreti e precisi della disciplina esteriore che sono i 10 atti positivi. Al livello più interiore, c’è un principio, una regola, nota in modi diversi negli ambienti religiosi, in tutte le religioni. Questa regola d’oro dice: “non fare all’altro la violenza di cui tu non vuoi essere vittima“. “Non fare all’altro quello che non vorresti che ti fosse fatto”. “Rispetta l’altro come te stesso”. “Rispetta il tuo prossimo come te stesso”. “Non fare all’altro la violenza che tu non vuoi subire”. Questa regola si può pronunciare in tanti modi diversi.

6 – Conclusione: vivere in armonia col risveglio

Di tutto quello che abbiamo detto fin qui è chiaro che, nella dimensione più profonda dell’etica, i nostri atti sono positivi in quanto partecipano delle qualità fondamentali del risveglio, in quanto sono l’espressione di ciò che, nell’ordine delle cose, è naturalmente positivo, ovvero in armonia con le qualità del risveglio, in armonia con l’apertura, la lucidità e la ricettività-disponibilità del risveglio.