Le principali scuole buddiste indiane e tibetane

LE PRINCIPALI SCUOLE BUDDHISTE INDIANE E TIBETANE.

1) HINAYANA

Sravaka” (‘uditori’) vengono chiamati tutti gli aderenti all’insegnamento buddhista durante i primi 5 secoli della storia del Buddhismo. Successivamente, col sorgere verso il sec. d.C. del Mahayana e in contrapposizione a questo, quella forma di Buddhismo fu chiamata Hinayana. La figura principale di quest’ultimo fu l’indiano Buddhaghosa (4° sec. d.C.).

Gli Hinayanisti attuali chiamano la loro Scuola “Theravada” (‘dottrina degli antichi’) e se stessi “Theravadin” (che è la forma pali di “staviravõdin”). Sono diffusi in Sri Lanka (dal sec.), Myanmar, Thailandia, Laos e Cambogia.

L’antico sistema degli Sravaka comprendeva i sistemi filosofici detti:

a] VAIBHSHIKA

Sostiene la reale esistenza degli oggetti esterni al soggetto conoscente, che sono: forme, menti, fattori mentali, forme menti, non prodotti. Il mondo è dunque reale, esiste indipendentemente dall’uomo che lo afferra coi suoi sensi e lo pensa con la sua mente. Circa il soggetto conoscente, questa Scuola sostiene due principi: la mente (citta) e gli eventi mentali (caitta); dovunque c’è la mente ci sono anche eventi mentali. Considera i dharma come gli ultimi e più piccoli elementi conoscibili della realtà.

Si suddivide in 18 sottoscuole.

b] SAUTANTRIKA o SOTANTRIKA

Sostiene l’esistenza reale tanto dei fenomeni che del soggetto autoconoscente. Ritiene che la mente è gli eventi mentali, cioè che un evento conoscitivo è già mente; e che esistono oggetti esterni corrispondenti al polo oggettivo della nostra esperienza conoscitiva ;

  1. MAHAYANA

Verso il 1° sec. d.C., all’antico sistema degli Sravaka (suddiviso nelle due sottoscuole suddette) venne a contrapporsi una nuova forma di Buddhismo, detto Mahayana. Le sue Scuole sono:

a] MADHYAMIKA :

fondata da Nagarjuna e Aryadeva nel 2° e 3° sec., sostiene che – mentre l’esperienza quotidiana ci fa illusoriamente vedere esseri e cose come esistenti in e per sé, come entità compatte, continue ed unitarie in realtà essi sono assolutamente contingenti, condizionati, relativi, dipendenti e non esistono unità essenziali ma insiemi ed agglomerati di parti e fattori costitutivi. Non vi è nulla dotato di un’esistenza intrinseca ed indipendente: è questa la Vacuità.

Questa Scuola si pone tra i due estremi di pensare che le cose esistano proprio nel modo in cui ci appaiono e di pensare che se non esistono nel modo in cui sembrano esistere – ciò significa che non possono esistere del tutto. Essa critica gli Yogaciara perché questi pur attaccandosi solo al principio della mente (e non anche alle cose esterne) concretizzavano la mente e riducevano la realtà a un’entità particolare. La realtà dell’io e dei fenomeni è invece ‘mancanza di esistenza intrinseca’ (Vacuità).

Essa comprende i sistemi Svatantrika e Prasangika:

  • Svatantrika:

sostiene che, benché gli oggetti non esistano realmente, possiedono una specie di esistenza e qualità nell’apparenza. I principali esponenti sono Bhavaviveka (5°/6° sec.) e Shantaraksita (8° sec.).

La Scuola tibetana corrispondente è quella dei Sa-skya-pa.

  • Prasangika:

sorta nel 5° sec. dalla Scuola Madhyamika, questo sistema sostiene il nominalismo, cioè che l’io e gli oggetti non esistono indipendentemente dal nostro dar loro dei nomi: tutto ciò che è non esiste in realtà, ma la nozione di una cosa deriva soltanto da una serie di proposizioni, di nomi, di etichette. Nega la credenza in uno stato ontologico (sia il individuale che il degli oggetti esterni). Si basa su una forma di dialettica sillogistica, con cui si mettono in luce le contraddizioni inerenti ad ogni ragionamento logico: ad es., la contraddittorietà inerente all’idea di ‘caratteristica’ (infatti, fino a quando non è caratterizzata, una cosa non esiste e se non esiste – non ha alcuna possibilità di essere caratterizzata).

Vi appartengono i filosofi Chandrakirti e Shantideva (entrambi del sec.).

La Scuola tibetana corrispondente è quella dei dGe-lugs-pa e dei primi bKa- brgyud-pa.

b] YOGACHARA o CITTAMATRA o VIJÑANAVADA:

sorta nel 4° sec. ad opera di Asangha e Vasubandhu, sostiene che esiste solo la mente come realtà ultima (concezione idealistica e soggettivistica): le cose non esistono come oggetti esterni all’osservatore, ma in quanto asseriti/sperimentati (cioè non vi sono realtà esterne all’infuori del nostro sperimentarle). La mente o coscienza è una serie (o successione) di atti cognitivi. L’unico esistente sono le idee, le rappresentazioni e creazioni mentali senza che ad esse corrisponda esternamente nessun correlato reale: gli esseri e gli oggetti non esistono in quanto entità reali, rimanendo soltanto entità di natura mentale. Infatti, la mente ha in sé le varie caratteristiche che concorrono a creare l’illusoria realtà esterna: pertanto, tutti i fenomeni sono della stessa natura della mente (analogamente alle cose viste in sogno, essi non sono la mente che li percepisce, ma non sono separati da essa). Aldilà del vuoto, esiste un’inesprimibile identità tra ciò che sperimenta e ciò che viene sperimentato: essa è la mente basilare (alayavijñana), per sua natura pura. È dall’alayavijñana che promana tutta l’infinita congerie di elementi cui soggiace la nostra impressione di realtà oggettiva.

Vi appartiene il filosofo Dharmakirti (7° sec.).

La Scuola tibetana corrispondente è quella dei rÑin-ma-pa (che armonizzò lo Yogõcara e il Madhyamika).

  1. VAJRAYANA

Il termine significa ‘veicolo di diamante’, intendendosi per ‘diamante’ la vacuità, la verità assoluta, che al pari di esso è indistruttibile, immutabile ed inalterabile.

Questo tipo di Buddhismo Mahayana fu fondato in Tibet da Padmasambhava, che vi introdusse alcuni sistemi tantrici nel 749 d.C.: è il ‘veicolo’ delle pratiche yogiche sul nostro ‘corpo sottile’, dei mantra e dei poteri psichici straordinari.

È detto anche Tantrayana e Mantrayana. Ed è diffuso specialmente in Tibet, Mongolia, Bhutàn e Nepal.

Comprende le Scuole descritte nel paragrafo seguente.

IL BUDDHISMO NEL TIBET.

Si deve al 32° re del Tibet, Sron-btsan-sgam-po (629-649) se il Dharma è arrivato in tale Paese. Aveva infatti due mogli, una nepalese (Bhrkuti) ed una cinese (Kong-jo), che provenivano da terre buddhiste e che fondarono i due santuari di Lha-sa detti Ra-mo-che e ‘Phrul-snan (poi noto come Jo-khan). Inoltre, egli inviò il proprio ministro Thon-mi Sam-bhota in India a studiare ed a cercarvi un tipo di scrittura che servisse da base per creare un alfabeto tibetano; e invitò in Tibet vari pandit buddhisti indiani e nepalesi, tra cui gli acharya (maestri) Kumara, Brahmanasamkara e Súlamañju che tradussero alcuni sutra e tantra.

Il 37° re Khri-sron-lde-btsan (754-797) si interessò attivamente al Buddhismo, facendo venire in Tibet i “108 pandit” indiani più famosi, tra cui Shantarakshita, Padmasambhava (nel 749), Vimalamitra, Ksantigarbha, Dharmakirti, Buddhaguhya, Kamalashila e Vibuddhasiddha, che tradussero il Tripitaka e vari testi tantrici lavorando insieme a maestri tibetani (quali Vairocana, Ñag Jyõnakumõra, Kawa Pal- tseg e Chogro Lu Gyal-tsen) ed eressero nel 779 il primo monastero, quello di bSam- yas. (Kamalashila rappresentò il punto di vista indiano che prevalse nel dibattito al Concilio di bSam-yas (792-794) circa quale tipo di Buddhismo (indiano o cinese) avrebbe dovuto essere seguito in Tibet). Nello stesso anno il Buddhismo diventa religione di Stato.

Dall’815 all’838, il 41° re Khri-gtsug-lde-btsan (più noto come Ral-pa-can) invitò in Tibet i maestri indiani Jinamitra, Surendrabodhi, Súlendrabodhi, Danasila ed altri, fece rivedere le vecchie traduzioni ad altri acarya e fece preparare un’edizione dell’opera “La Grande Madre dei Bodhisattva”, ossia del Satasahasrikaprajñaparamita-sutra (“il sutra di centomila versi sulla Perfetta Saggezza”).

Il re successivo, gLan-dar-ma (838-842) perseguitò invece il Buddhismo, in quanto aderente all’antica religione bon, per cui vari bhikshu fuggirono nel Khambha (Tibet orientale).

In quest’epoca di decadenza monastica la religione poneva l’accento sull’esoterismo tantrico, estremizzandone alcuni aspetti rituali e dando loro una forte valenza magica: è questa la Scuola dei rÑig-ma-pa (‘gli antichi’), la prima vera istituzione buddhista (che diverrà peraltro un vero ordine monastico solo nell’11° sec.). Il primo nucleo dei suoi tantra risaliva al tempo di Padmasambhava, a cui seguirono i maestri dGons-pa-rab-gsal (832-915) e kLu-mes (950-1025). Ma questi insegnamenti, nella forma in cui oggi li conosciamo, verranno codificati solo nel 12° sec., fino ad essere organizzati nel 14° sec. in un corpus coerente, il “rÑin-ma’ i rgyud-‘bum” (‘raccolta degli antichi tantra’), tra i quali primeggia il ‘Guhyagarbha’ (gSan-ba-sñin-po). Questa Tradizione è famosa per il genere letterario dei “tesori” (gter-ma), testi mistici nascosti da Padmasambhava in posti segreti e che successivamente vennero ritrovati da ‘scopritori’ (gter-ston).

Tra questi vanno ricordati Grva-pa mNon-ses (1012-1090), che ritrovò testi di medicina tibetana ; Zan- ston bKra-sis rDo-rje (1087-1167), che scoprì il sÑin-thig, opera fondamentale della Scuola in esame; O-rgyan gLin-pa (1323-1360) che trovò le biografie di Padmasambhava ; Karma gLin-pa (sec.14°), che scoprì i manoscritti del “Bar-do’ i Thos-‘grol” ; Sans-rgyas gLin-pa (1340-1396) ; rDo-rje gLin-pa (1346- 1406) ; Rin-chen gLin-pa (1403-1479).

I suoi aderenti praticano sovente i riti (magia ed esorcismi) di origine bon-po; e sono loro permessi il matrimonio e le bevande alcoliche. La Scuola prevede una suddivisione in 9 “yana” (veicoli graduali):

  • Sravakayana, pratyekabuddhayana e bodhisattvayana: si riferiscono all’insegnamento dei sutra e sono anche denominati i “veicoli dalla direzione dell’origine della sofferenza” ;

  • Kriyatantra, upayogatantra e yogatantra: si riferiscono all’insegnamento dei tantra; sono detti anche ‘veicoli esterni’ o ‘tantra esterni’ (per il rilievo posto su attività esteriori come i rituali, le purificazioni, ecc.) e ‘tantra dell’austera consapevolezza’ (perché propongono precise pratiche ascetiche, come il digiuno, diete particolari, ecc.) ;

  • Mahayogatantra, anuyogatantra e atiyogatantra o mahatiyogatantra (rdzogs- chen): sono i tre ‘tantra interni’ corrispondenti ai tantra-padre, tantra-madre e tantra non-duali dell’anuttarayogatantra ; sono denominati anche ‘veicoli dei mezzi dominanti’. Dei maestri rdzogs-chen va ricordato l’indiano Vimalamitra, che tramite il suo discepolo Myan Tinne-‘dzin-bzan-po – ha trasmesso il testo intitolato ‘Dottrina essenziale delle istruzioni esoteriche della Grande Perfezione’ (‘rDzogs- chen man-nag sñin-thig’).

La restaurazione del Dharma in forma più ortodossa di quella esoterica iniziò nel 10° sec. con l’appoggio dei re di Gu-ge (Tibet occidentale) e culminò nel sec. 11° per merito di due eruditi: il traduttore tibetano Rin-chen-bzan-po (958-1055) e il bengalese Dipankara-Sriana o Atisa (982-1054). Il primo fu inviato dal re Ye- ses-‘od nel 970 a studiare Buddhismo nel Kasmir, donde tornò con molti testi; il secondo venne in Tibet nel 1042: la sua opera principale fu il ‘Bodhipathapradúpa’ (‘La Lampada sul Cammino del Risveglio’) e col suo arrivo il Dharma divenne la religione dominante nel Tibet: egli sottolineò l’importanza della disciplina monastica e della trasmissione diretta della dottrina da maestro a discepolo. Importante fu anche il suo lavoro sulla cronologia, costruendo in base al Kalacakratantra un sistema di computo degli anni (a partire dal 1027) secondo un ciclo sessagesimale.

Allievi dei due eruditi furono ‘Brom-ston (1003-1064), Legs-pa’i-se-rab (morto nel 1073) e Po-to-ba (1031-1105), che ebbe come discepolo bLo-gros-grags-pa (1106-1166).

Nell’11° sec. iniziarono ad essere fondate diverse Scuole e tradizioni coi rispettivi ordini monastici, che esaminiamo qui di seguito.

La Scuola bKa’-gdams-pa o Kadampa (“Coloro che sono vincolati dai precetti” o “coloro [che beneficiano] del consiglio [del Maestro])venne fondata dal citato ‘Brom-ston (detto Domtonpa), che accentuò l’austerità della disciplina monastica. La pratica centrale di questa Tradizione era la purificazione della mente, che presuppone l’eliminazione delle contaminazioni intellettuali e morali al fine di ottenere una chiara visione della vacuità (suñiata). Il testo basilare è la “Prajñaparamita”, coi suoi trattati relativi. Nel 15° sec. questa Scuola verrà assorbita dai dGe-lugs-pa.

La Scuola bKa’-brgyud-pa o Kargyupa (o della Trasmissione orale o sussurrata) sottolinea l’importanza della trasmissione diretta dell’insegnamento esoterico da maestro a discepolo, senza che l’insegnamento stesso possa venire sviato: il lignaggio deriva dall’Adibuddha Vajradhara (rDo-rje-chan), che insegnò per via telepatica al siddha bengalese Tilopa (988-1069), a cui successe lo yogi Naropa (capo dell’Università di Nalanda, nel Bihar: 1016-1100) e a questi Mar-pa il Traduttore (1012-1096/7), che fu il fondatore della Scuola in esame – insieme al suo discepolo Mi-la-ras-pa (1040-1123), autore del “mGur-‘bum” (‘centomila canti’) e maestro di Ras-chun-pa (1084-1161).

Successore di Mi-la-ras-pa fu Dvags-po Lha-rje (detto sGam-po-pa: 1079-1153) – autore del “Il prezioso ornamento della liberazione” – che pose la base dottrinale della Scuola e del quale fu allievo Dus-gsum-mkhyen-pa (1110-1193); infine, il grande maestro e storico Padma-dkar-po (1527-1592) fu la più importante autorità nel campo tantrico della Scuola.

Dopo sGam-po-pa la Scuola si suddivise in due gruppi di sottoscuole:

  • le Quattro Grandi”, tra cui la Karma-pa (“Quello dell’azione”), il cui capostipite fu il citato Dus- gsum-mkhyen-pa. Con centro principale a Tsur-phu (presso Lha-sa), questa sottoscuola si suddivise a sua volta in ‘Cappelli Neri’ (Sono coloro che introdussero il sistema delle reincarnazioni successive, applicato poi ai Dalai Lama e, in seguito, a tanti altri dignitari ed abati.) e Cappelli Rossi, a partire dal 14° sec. ;

  • le Otto Piccole”, tra cui la sMar-pa, la ‘Bri-gun-pa, la ‘Brug-pa, la sTag-lun– pa.

I bKa’-brgyud-pa sono i maggiori seguaci dello yoga e dell’ascetismo: i monaci si ritirano in eremitaggi montani o si fanno murare per anni in cellette scavate nella roccia e passano il tempo in continua meditazione cercando di acquistare il dominio sul corpo e sulla mente secondo le “Sei Dottrine” di Naropa.

Essi – che oggi prevalgono nel Bhutàn – pongono come scopo supremo la Mahamudra (o superamento del pensiero dicotomizzante nella sua vera natura della buddhità) ed annoverano, tra le altre tecniche, le “Sei Dottrine” suddette. Oltre all’Adibuddha Vajradhara, danno importanza alle divinità Hevajra, Cakrasamvara e Vajravarahi.

La Scuola Zi-byed-pa deriva dall’eredità spirituale del maestro Pha-dam-pa Sans- rgyas dell’ordine dei rÑin-ma-pa, che nel 1092 venne dall’India in Tibet (dove incontrò Mi-la-ras-pa). Egli insegnò due dottrine:

  • calmare la sofferenza” (zi-byed),

  • recidere (gcod o Ciod) tutte le radici del pensiero legate al mondo esteriore”.

Suoi successori furono sKyo-ston bSod-nams bLa-ma e la grande asceta Ma-gcig Lab-sgron-ma (1055-1149), della quale furono allievi Khu-sgom Chos-kyi Sen-ge e rGyal-ba Don-grub.

Gli insegnamenti gCod-pa – che provenivano (inizialmente in India) dalla tradizione della Prajñaparamita ritengono che il processo dicotomico che fa sorgere il fluire dei pensieri tiene lontano l’uomo dalla consapevolezza della “vacuità”. Tutti gli opposti (bene e male, vita e morte) devono perciò venir recisi mediante il sacrificio simbolico del corpo o immolazione mistica del proprio ego: ciò avviene mediante meditazioni compiute di notte nei cimiteri o in altri luoghi dove sono esposti dei cadaveri. I praticanti evocano dei demoni immaginari fino al punto d’essere in grado di far comparire davanti a le orribili forme dell’iconografia tibetana; poi eliminano i demoni riassorbendoli nel cuore per dimostrare così la loro non-esistenza.

La Scuola adottò successivamente gli indirizzi della rÑin-ma-pa e della bKa’- brgyud-pa.

La Scuola Sa-skya-pa o Sakyapa deriva il proprio nome dal monastero di Sa-skya (“terra grigia”), fondato nel 1073 da ‘Khon-dkon-mchog rGyal-po (noto come Vairupa o Gayadhara, 1034-1102), discepolo di ‘Brog-mi (992-1072, seguace dell’abate Santibhadra in India).

Con il maestro successivo, Sa-chen Kun-dga’ sÑin-po (1092-1158), la Scuola acquistò un proprio orientamento ed assurse ad un’importanza spirituale e temporale che travalicò il territorio tibetano. I successori seguenti furono bSod-nams rTse-mo (1142-1182), Grags-pa rGyal-mtshan (1147-1216), Sa-skya Pandita (1182-1231) e ‘Phags-pa (1235-1280), tutte incarnazioni del bodhisattva Mañjustri. Questi maestri promossero una grande attività di traduzione dal sanscrito e prepararono il terreno a Bu-ston (1290-1364) che fece la revisione dei testi tradotti al fine di accertarne l’autenticità ed eliminarne le versioni dubbie: egli diede così la forma definitiva al “canone tibetano”, composto dal bKa’-‘gyur (‘traduzione della parola di Buddha’) e dal bsTan-‘gyur (‘traduzione degli insegnamenti’). Sotto l’abate ‘Phags-pa, i Sa-skya-pa godettero di un considerevole potere politico: egli infatti conferì l’iniziazione secondo l’Hevajra- tantra a Kublai Khan (fondatore della dinastia mongola in Cina) e a sua volta fu nominato ti-sih (precettore imperiale) e governatore del Tibet (benché sotto il controllo mongolo).

Il sistema Sa-skya-pa è anche chiamato “il sentiero ed il suo frutto” (lam-‘bras). Il sentiero, come presentato qui, si evolve in 3 stadi:

  • il momento presente, la particolare esistenza in cui il ricercatore ritrova se stesso ;

  • la via da seguire, lungo la quale egli impara ciò che va accettato o respinto e le esperienze che sono realizzabili con l’aiuto di varie forme di meditazione e di yoga ;

  • il risultato, l’ottenimento della buddhità. Questa esperienza può essere ottenuta mediante la meditazione mentre si percorre il sentiero o durante il bar-do.

Nel Buddhismo tibetano, tutto è basato sulla mente (citta), che – attraverso momenti successivi – può essere trasformata nel “corpo di diamante” (cioè nella buddhità). Questo citta non è solo mente, ma è anche luce: e mentre i Sa-skya-pa considerano la luce come una caratteristica specifica della mente, i dGe-lugs-pa asseriscono che la luce è la sua vera natura.

I Sa-skya-pa tentarono una classificazione dei tantra ancor prima di quella fatta da mKhas-grub-rje nel 14°/15° sec.. Opera caratteristica è pure il rimaneggiamento dell’Hevajra-tantra secondo il maestro indiano Santibhadra.

Nel 14° sec. sorse la sottoscuola Tshar-pa e nel 1429 quella dei Nor-pa (fondata da Kun-dga’ bZan-po, 1382-1444).

I Sa-skya-pa sono famosi per aver sviluppato, più degli altri, grandi poteri parapsicologici e scuole magiche ed esoteriche. Il loro capo è il Sakya Lama Dagti Rimpoce, oggi in India.

La Scuola Jo-nan-pa deriva il suo nome dal monastero Jo-nan fondato dal nepalese Dol-bu-pa Ses-rab rGyal-mtshan (1292-1361), il cui maestro fu un discepolo del kasmiri Candranatha. Altro grande rappresentante di questa Tradizione fu Jo-nan Taranatha (1575- ?), autore di una “Storia del Buddhismo in India” e di testi fondamentali sul Kalacakra.

La Scuola riflette gli orientamenti assunti dal Buddhismo indiano durante i suoi ultimi secoli; e nella formulazione della sua dottrina sulla vacuità suggerisce possibili paralleli, benché indiretti, con le scuole indù dello Scivaismo e della filosofia Vedanta. Come conseguenza, fu considerata eterodossa dalle altre Scuole e i suoi monasteri furono costretti a chiudere.

Questa Scuola sostiene che la sola realtà è il “tathagata-garbha” (matrice dei Buddha) presente in ogni persona. Le cose sono vuote ; il meditatore e ciò su cui egli medita sono soltanto la mente luminosa, l’essenzialità stessa. Parlare del frutto della meditazione è solo un modo di dire, perché l’effetto è già inerente nella causa. Le contaminazioni sono apparenze illusorie. La liberazione non è una nuova situazione, ma piuttosto la liberazione dell’essenzialità da tali contaminazioni. Il tathagata- garbha è la vacuità stessa; in altre parole, è privo di tutto ciò che è altro da se stesso. In effetti, se le contaminazioni fossero inerenti alla mente, esse non potrebbero venir cancellate, perché la mente scomparirebbe con la cancellazione delle contaminazioni.

La Scuola dGe-lugs-pa o Ghelupa (“i virtuosi”) è la più recente, essendo stata fondata da bLo-bzan-grags-pa, soprannominato Tson-kha-pa (1357-1419) – che era in realtà l’incarnazione dei tre mahasattva Avalokitesvara, Mañjusri e Vajrapani. Egli frequentò le più importanti Scuole del 14° sec.: la Sa-skya-pa, la bKa’-brgyud-pa e soprattutto la bKa’-gdams-pa. Quella da lui fondata è la continuazione della terza, che egli riformò.

Tson-kha-pa fu indotto ad iniziare la riforma della disciplina monastica perché riteneva esservi una generale rilassatezza morale, un’osservanza meno rigorosa delle regola monastiche ed una prevalente deviazione nell’interpretazione dei tantra. Egli impose il rispetto delle regole tradizionali del Vinaya e pose l’accento sulla dogmatica e sulla logica quali aiuti per la salvezza.

Il suo trattato principale è il “Byan-chub lam-rim chen-mo” (‘Il Grande Sentiero Graduale dell’Illuminazione’), basato sul “Bodhipathapradipa” di Atisa e nel quale Tson-kha-pa presenta il processo della purificazione mentale che conduce alla vittoria, ascendendo i 10 livelli spirituali (bhumi) verso la buddhità. Questa Scuola afferma che la natura della mente (sems) è luce, che costituisce la capacità cognitiva : il continuum di ogni persona è perciò un’energia pensante e luminosa, che si trova in uno stato sia grossolano sia sottile (quest’ultimo è ottenuto solo dopo la purificazione mediante la meditazione e la contemplazione). E’ un lungo studio, nutrito di logica e dialettica, che conduce alla trasformazione del modo di pensare concettuale, che non deve essere più fondato sul senso dell’ego, dell’individualità separata, condizionata e limitata, definita da un nome e da una forma.

Egli attribuì grande importanza allo studio della logica ed istituì lo svolgimento di regolari dibattiti nei monasteri. Questa insistenza sui problemi logici e dottrinali non escluse però l’interesse per i tantra e il suo “sNags-rim chen-mo” (‘il grande Sentiero tantrico graduale’) si occupa del rituale tantrico: tecnica della meditazione, fondata sulla creazione di immagini, nonché sulla creazione e successiva dissoluzione di deità tantriche uscite dalla mente del meditante. Le scuole tantriche tuttavia furono aperte solo a quegli studenti che si fossero impadroniti degli insegnamenti teoretici.

A Tson-kha-pa succedettero i lama rGyal-tshab (1364-1432), mKhas-grub-rje (1385-1438) e dGe-‘dun-grub (1391-1475: il primo Dalai Lama). Il terzo Dalai Lama fu bSod-nams rGya-mtsho (1543-1588), sotto il cui governo la Mongolia divenne definitivamente buddhista. Il quinto Dalai Lama fu Nag-dban bLo-bzan rGya-mtsho (1617-1682) il costruttore del Potala che richiese l’aiuto del capo mongolo Gusri Khan nella lotta contro i governanti dello gTsan e i loro protettori Karma-pa; dopo la sconfitta dell’esercito dello gTsan, nel 1642 il Khan assegnò il Tibet al Dalai Lama come un dono religioso, nominandolo capo spirituale e temporale dell’intero paese. Da allora fino all’occupazione comunista cinese del 1950, i dGe-lugs-pa sono stati la Scuola dominante nello Stato ed i Dalai Lama i suoi governanti.

Appartengono alla Scuola in esame i monasteri di dGa’-ldan (1409), di ‘Bras- spuns (1416), di Se-rwa (1419) e di bKra-sis-lhun-po (1447).

La Scuola accentuò l’insegnamento della “via di mezzo” (madhyamika) del filosofo indiano Nagarjuna e quello dei precetti della Prajñaparamita; ed adottò, come tantra essenziali, il Guhyasamaja e il Kalacakra.

I dGe-lugs-pa danno grande importanza allo studio delle Scritture ed alla cultura in generale, e i suoi monaci sono obbligati al celibato ed al divieto di bevande alcoliche, di magie ed esorcismi. Questa Scuola è anche denominata “dei Cappelli Gialli”, in contrapposizione alle altre sopra elencate che appartengono ai “Cappelli Rossi”: mentre la prima più importanza allo studio intellettuale e metafisico, le altre si dedicano di più alla pratica, all’esercizio, all’esperienza immediata anche se attualmente vi è in atto uno sforzo di reciproca comprensione e di avvicinamento.

Ai dGe-lugs-pa appartengono i Dalai Lama e i Pancen Lama:

  • Dalai Lama è il nirmanakaya del dhyanibodhisattva Avalokitesvara (emanazione del Buddha Amitabha), principio spirituale che simboleggia la suprema compassione, la quale è la forma in cui nel samsara si manifesta appunto il misericordioso potere attivo di Amitabha. Quindi, il Dalai Lama è il rappresentante in Terra di un principio celeste o potenza o flusso ininterrotto di influenza spirituale caratterizzata dall’ ‘aroma’ della compassione. Questo influsso spirituale si irradia attraverso la sua persona, e ciò indipendentemente da qualsiasi cosa egli possa fare o non fare in quanto individuo umano. Egli è quindi l’occasionale veicolo o supporto che serve da struttura fisica ad uno specifico influsso spirituale: il quale si manifesta esteriormente attraverso quella persona.

Poiché il Dalai Lama è un nirmnaakaya (manifestazione o emanazione di influssi spirituali), la sua dinastia finirà un giorno, perché un influsso legato a determinate circostanze di tempo e di spazio deve un giorno o l’altro esser riassorbito alla sua fonte da cui era emanato.

Il titolo rivolto al Dalai Lama è “rGyal-ba Rin-po-che” (‘il prezioso vittorioso’).

L’attuale Dalai Lama è bsTan-‘dzin rGya-mtsho, nato nel 1935 e ricoprente tale carica dal 1940 ;

  • il Pancen Lama (più esattamente: ”gTsan Pan-chen rin-po-che” = il prezioso grande sapiente [della provincia] di gTsan) fino al 1959 risiedeva nel monastero di bKra-sis-lhun-po. Pan-chen o maha-pandita, significa grande erudito. Egli rappresenta, simboleggia, incorpora sulla Terra la presenza divina di Amitabha: infatti, è un nirmanakaya (incarnazione) di Amitabha e, nello stesso tempo, di Subhuti, un discepolo di Gotama.

La teoria dell’incarnazione del Pancen Lama fu instaurata dal Dalai Lama (1617-1682) sul fondamento di una tradizione rivelata.

L’attuale Pancen Lama è dGe-‘dun Chos-kyi Ñi-ma.

Fonte, che gentilmente si ringrazia https://media.wix.com/ugd/25bb7e_417c91967f6b4916a4a885cb425e9c69.pdf