A. Berzin: In che modo differiscono le tradizioni buddhiste tibetane?

Dr. Alexander Berzin: È molto importante seguire un approccio non settario, come sottolinea costantemente Sua Santità il Dalai Lama.

Dr. Alexander Berzin: In che modo differiscono le tradizioni buddhiste tibetane?

Le quattro tradizioni tibetane hanno molto in comune e la maggior parte delle differenze consistono nel modo in cui interpretano la vacuità e il funzionamento della mente. Esamineremo ora alcune delle somiglianze e differenze tra le scuole Nyingma, Sakya, Kagyu e Gelug.

La tradizione monastica

In India nacquero diciotto diverse scuole hinayana e solo tre lignaggi principali vinaya di voti monastici sono ora esistenti. Questi sono:

  • Theravada – nel sudest asiatico

  • Dharmagupta – in Asia orientale

  • Mulasarvastivada – in Tibet e in Asia centrale.

Tutte e quattro le tradizioni tibetane condividono il lignaggio Mulasarvastivada per monaci completamente ordinati e per monache e monaci novizi; tutte e quattro sono praticate anche da laici. Come il Theravada, tuttavia, il Mulasarvastivada non ha più monache completamente ordinate – si trovano solo nel Dharmagupta – dal momento che il lignaggio dell’ordinazione non fu mai trasmesso in Tibet.

La tradizione Nyingma possiede anche l’ordinazione ngagpa (mantrika). I ngagpa detengono una vasta serie di voti tantrici e sono specializzati nella meditazione e nell’esecuzione di rituali per la comunità laica. Diventare un ngagpa non è mai stata un’alternativa importante all’istituzione monastica e quindi sono sempre stati piuttosto rari.

Studio, rituali e meditazione

Tutte e quattro le tradizioni tibetane integrano lo studio di sutra e tantra con rituali e meditazione. La formazione buddhista in ciascuno di essi comporta la memorizzazione di testi delle quattro scuole indiane e un dibattito formale sul loro significato. Differenze nell’interpretazione dei punti sottili appaiono non solo nell’ambito delle quattro scuole tibetane, ma anche all’interno di ciascuna scuola, nei libri di testo dei diversi monasteri. Tali differenze rendono vivaci i dibattiti e la comprensione più chiara.

Dopo aver completato con successo i loro studi, i gelugpa ricevono il titolo di “ghesce” e le altre tre tradizioni il titolo di “khenpo”. “Khenpo” è anche il titolo conferito agli abati. Tutte e quattro le tradizioni hanno anche il sistema “tulku”, i lama reincarnati. Sia i tulku che gli abati ricevono il titolo di “rinpoce”, indipendentemente dal loro livello di istruzione.

La pratica rituale in tutte e quattro le tradizioni comprende il canto, accompagnato da cimbali, tamburi e corni; la creazione e l’offerta di torma a forma di cono – dolci fatti con farina d’orzo e burro. Gli stili di canto e musica sono generalmente simili, anche se il canto gutturale contrabbasso con suoni armonici è più frequente tra i monaci gelugpa.

Tutte e quattro le tradizioni insegnano ai loro seguaci a compiere i preliminari ngondro di 100.000 ripetizioni di varie pratiche, come prostrazioni e guru yoga. I versi recitati e il numero specifico di pratiche da svolgere, tuttavia, differiscono leggermente. La meditazione in ogni tradizione include una pratica quotidiana, brevi ritiri di pochi mesi e ritiri di tre anni. Differiscono per lo più rispetto al periodo della vita in cui il praticante svolge il ritiro: Sakya, Nyingma e Kagyu tendono a compiere il ngondro e i ritiri nella parte iniziale del loro allenamento, mentre i gelugpa li integrano successivamente, lungo il percorso.

Definizioni e punti di vista

Alcune delle principali differenze nelle spiegazioni fornite dalle quattro tradizioni sugli insegnamenti derivano dai loro modi di definire e usare termini tecnici, oltre che dalla loro presentazione del Dharma da diversi punti di vista.

Ad esempio, la coppia “permanente/impermanente” può significare sia statico/non statico sia eterno/temporaneo. Quando i gelugpa dicono che la mente è impermanente, si riferiscono al fatto che le nostre menti sono consapevoli di diversi oggetti in ogni momento e quindi non rimangono mai statiche. D’altra parte, quando i kagyupa e i nyingmapa spiegano che la mente è permanente, si riferiscono al fatto che la natura della mente non cambia mai e che non ha né inizio né fine. Tutte le parti sono d’accordo, tuttavia, con le affermazioni degli altri, nonostante le loro posizioni riguardo all’impermanenza o alla permanenza della mente siano, superficialmente, diametralmente opposte.

Un’altra differenza è che i gelugpa spiegano il Dharma dal punto di vista degli esseri ordinari, i sakyapa da quello degli arya altamente realizzati sul sentiero, mentre kagyupa e nyingmapa dalla prospettiva degli esseri illuminati. Quindi, per esempio, i gelugpa dicono che la mente più sottile ha sempre le abitudini dell’ignoranza, come al momento della morte; i sakyapa dicono che è beatitudine come generata sul sentiero; mentre kagyupa e nyingmapa spiegano che è già completa e perfetta, come nel caso dei Buddha. Inoltre, Gelug e Sakya spiegano il sentiero dal punto di vista dei praticanti che procedono lentamente a tappe, mentre Kagyu e Nyingma spesso presentano il sentiero come avviene per quei rari praticanti per i quali “tutto accade in una volta”.

Spiegazione e modo di meditare sulla vacuità

Tutte e quattro le tradizioni concordano sul fatto che la spiegazione della vacuità – la vacuità di esistenza veramente stabilita – riportata nei testi Madhyamaka è la più profonda. Differiscono, tuttavia, nel modo in cui dividono Madhyamaka in sotto-scuole e nel modo in cui queste scuole differiscono l’una dall’altra. L’obiettivo è raggiungere la cognizione non concettuale della vacuità – con il livello grossolano della mente nel sutra, con la mente chiara più sottile o rigpa pura consapevolezza nel tantra più elevato. Ciò significa raggiungere sia un certo stato mentale che un certo oggetto, la vacuità, il suo oggetto. I gelugpa sottolineano la meditazione rispetto all’oggetto, mentre Sakya, Kagyu e Nyingma rispetto alla mente.

Ogni tradizione insegna anche i propri metodi per raggiungere una comprensione non concettuale, e per accedere e attivare la mente più sottile. Quello che i gelugpa chiamano non concettuale, sakyapa, kagyupa e nyingmapa chiamano “al di là di parole e concetti”.

Per quanto riguarda la relazione tra la mente e i suoi oggetti, i gelugpa spiegano che possiamo solo dar conto dell’esistenza di oggetti come essere ciò a cui si riferiscono le parole e i concetti a loro attribuiti; ma naturalmente l’etichettatura mentale con concetti e designazione con le parole non creano alcun oggetto trovabile. Sakya, Kagyu e Nyingma sottolineano la non-dualità della mente e dei suoi oggetti; ma ciò non significa che i due siano identici, bensì che non possono esistere indipendentemente l’uno dall’altro. Questo è indicato come l’inseparabilità della mente e delle apparenze. Le due posizioni delle scuole tibetane non sono contraddittorie.

Inoltre, entrambe le parti concordano sul fatto che, al momento dell’analisi, nulla è trovabile, esistente indipendentemente da solo e che stabilisce la propria esistenza dalla propria parte; tuttavia causa ed effetto funzionano comunque. I gelugpa spiegano che le apparenze di un’esistenza veramente stabilita sono come illusioni in quanto non corrispondono a nulla di reale; mentre le altre tre tradizioni sottolineano che l’esistenza veramente stabilita è di fatto un’illusione.

Teoria della percezione

Le scuole non-gelug dicono che ciò che percepiamo non concettualmente è solo sensibilia: i dati sensoriali di un senso, ad esempio forme colorate con la nostra visione. Inoltre, percepiamo solo un momento alla volta. Tuttavia, gli oggetti convenzionali possono essere conosciuti attraverso molti sensi diversi: possiamo conoscere una mela attraverso la vista, l’olfatto, il gusto o una sensazione fisica nella nostra mano e ciò avviene attraverso una serie di momenti di percezione. A causa di ciò, Sakya, Kagyu e Nyingma affermano che possiamo solo conoscere gli oggetti del senso comune convenzionale, come la mela, concettualmente. Naturalmente, ciò non significa che le mele esistono solo nelle nostre menti concettuali, ma che possiamo solo conoscerle attraverso costrutti mentali concettuali.

Gelug afferma che anche non concettualmente vediamo non solo un momento di forme colorate, ma in ogni momento vediamo anche oggetti convenzionali, come le mele, che possono essere conosciuti attraverso vari sensi e che durano nel tempo. La relazione tra pensiero concettuale e oggetti convenzionali non consiste nel fatto che gli oggetti possono essere conosciuti solo concettualmente, né che sono solo la creazione del pensiero concettuale. Piuttosto, possiamo spiegare la loro esistenza solo in termini di etichettatura mentale con pensiero concettuale, come spiegato sopra. Pertanto entrambe le parti concordano sul fatto che la comprensione del ruolo del pensiero concettuale nel nostro modo di conoscere il mondo è essenziale per superare ed eliminare per sempre la nostra confusione e ignoranza sulla realtà – la causa più profonda di tutta la nostra sofferenza.

In sintesi

È molto importante seguire un approccio non settario, come sottolinea costantemente Sua Santità il Dalai Lama. Non c’è bisogno di entrare nella mentalità di una squadra di calcio con i lignaggi, dove pensiamo che uno sia migliore dell’altro. Il miglior antidoto al settarismo è l’educazione: più impariamo a conoscere le diverse tradizioni, più vediamo come tutte si integrano, anche se spesso descrivono le cose in modo molto diverso. In questo modo, possiamo rispettare gli insegnamenti di tutti i lignaggi.

Traduzione italiana a cura di Rita Trento.

https://studybuddhism.com/it/studi-avanzati/abhidharma-e-i-sistemi-di-principi/le-tradizioni-tibetane/in-che-modo-differiscono-le-tradizioni-buddhiste-tibetane