Chögyal Namkhai Norbu: Bodhicitta

Chögyal Namkhai Norbu Rinpoche: Fondamentale nel Mahayana è l’intenzione. L’intenzione è considerata molto importante. Quando parliamo di bodhicitta, la prima cosa menzionata è l’intenzione. Nella vita, in ogni circostanza, possiamo osservare che tipo di intenzione abbiamo. Se siamo presenti nella nostra intenzione, allora non dobbiamo seguire regole e tutto funziona.

Nessuno sarà realizzato o illuminato solo studiando i concetti della mente. Bisogna ritrovarsi nello stato della conoscenza e rendere concreta questa conoscenza. Buddha disse: “Ho trovato una conoscenza molto profonda e molto illuminata, uno stato molto pacifico, al di là di ogni concetto. E quando lo comunico agli altri non capiscono”.

Questa è conoscenza, non qualcosa che viene analizzato a livello logico. Non sto dicendo che i termini logici non servano, ma dipende.

Fin dall’inizio, gli insegnamenti Dzogchen sono stati spiegati in molti modi dai maestri. Ci sono vie intellettuali e poi la via simbolica, che è collegata allo stile tantrico. Esiste anche il metodo diretto: dalla conoscenza direttamente alla conoscenza. Questa è quella che viene chiamata la trasmissione della conoscenza degli esseri realizzati.

È essenziale capire che anche se gli insegnamenti vengono spiegati intellettualmente, ciò che viene comunicato non è intellettuale. E, se non si riesce a trasmettere questa conoscenza, tutto diventa solo aride parole. Molte persone hanno una sorta di convinzione di possedere un qualche tipo di conoscenza. Quando ho incontrato il mio Maestro Changchub Dorje, ero davvero convinto di avere molta conoscenza, soprattutto degli insegnamenti buddisti. Non pensavo a me stesso come a una persona molto stupida. Quando ho incontrato il mio Maestro per la prima volta, ero molto orgoglioso, perché quando il mio Maestro insegnava parlava a persone non molto istruite. Ero un po’ sconvolto e ho pensato, beh, conosco i sutra, i tantra e la filosofia buddista. Credevo davvero che questo fosse il significato degli insegnamenti.

Molte persone hanno questo tipo di atteggiamento e pensano di sapere davvero qualcosa. Ma devi capire cosa significa conoscenza. Un buon esempio di ciò fu quando Manjushrimitra incontrò Garab Dorje. Manjushrimitra fu uno dei più grandi studiosi di quel periodo in India e la guida principale della scuola Yogācāra. Era considerato il Pandit supremo.

Quando seppero che Garab Dorje dava un insegnamento che andava oltre la legge di causa ed effetto, i buddisti si preoccuparono molto. Gli insegnamenti buddisti, soprattutto i sutra, si basano sul principio di causa ed effetto quindi, ovviamente, è strano quando qualcuno parla di andare oltre causa ed effetto. Molti studiosi e pandit sentivano di dover andare a trovare Garab Dorje e scoprire cosa stava succedendo. Come dice un famoso proverbio: “Se c’è un piccolo incendio, è meglio spegnerlo subito. Altrimenti si svilupperà e non potrai più spegnerlo”.

C’era questo giovane Garab Dorje che spiegava questo insegnamento che era un po’ diverso e Manjushrimitra e altri studiosi andarono dall’India a Oddiyana per vederlo. A quei tempi il viaggio era molto lungo e per intraprenderlo fecero un grande sacrificio. Quando arrivarono a Oddiyana iniziarono una discussione con Garab Dorje. Manjushrimitra andò per primo, convinto di possedere la maggiore conoscenza di un certo tipo. Dopo che ebbero scambiato alcune parole, Manjushrimitra capì immediatamente ciò che Garab Dorje stava comunicando. E capì che ciò che Garab Dorje stava insegnando era la finalità, il punto di arrivo di tutti gli insegnamenti dei sutra. Manjushrimitra si arrabbiò e chiese scusa perché si rendeva conto che Garab Dorje non era un intellettuale qualunque, ma un’emanazione. Così Manjushrimitra divenne il primo e anche il più importante dei discepoli di Garab Dorje. Non aveva bisogno di studiare o trascorrere molti anni con Garab Dorje, ma tutti gli anni di filosofia e studio che aveva fatto fino a quel momento erano stati una preparazione per il momento dell’incontro con Garab Dorje e la comunicazione dello stato realizzato. Così diventò subito un grande maestro di Dzogchen. Quindi puoi vedere che esiste questo metodo di comunicazione intellettualmente. Manjushrimitra disse: “Sei un’emanazione di Nirmanakaya e avevo questa pessima intenzione quando sono venuto qui. Come posso purificarlo?”. Garab Dorje disse: “Non preoccuparti affatto di questo. Tu sei uno studioso e un filosofo buddista, puoi comunicare questa conoscenza nel modo che hai imparato finora.”

Così Manjushrimitra scrisse un testo chiamato Dola Sershung. Dola significa “come una pietra”. Di solito abbiamo una visione pura o impura. Quando si comprende il significato degli insegnamenti si scopre che la pietra è in realtà oro e questo oro puro rappresenta la dimensione di ogni individuo. Negli insegnamenti Dzogchen diciamo che il nostro stato si autoperfeziona fin dall’inizio. Ciò che è auto-perfezionato è la nostra infinita potenzialità ma non abbiamo questa comprensione, questa conoscenza. Se non abbiamo questa conoscenza, allora vediamo la pietra come una pietra e non come oro puro. Manjushrimitra ha spiegato perfettamente lo Dzogchen nei termini della filosofia buddista Yogācāra. Molti studiosi affermano che questi insegnamenti Dzogchen sembrano essere in stile Yogācāra. Questo perché Manjushrimitra usò i termini Yogācāra per trasmettere gli insegnamenti. È diventato uno dei più rilevanti maestri di Dzogchen e ha assiemato tutta la raccolta degli insegnamenti di Garab Dorje. Quando parliamo di Dzogchen semde, sem (sems) significa mente. Questa è l’abbreviazione di ciò che chiamiamo Changchub Sem. Changchub Sem significa bodhicitta in sanscrito, ma non è lo stesso significato di bodhicitta nei sutra.

Nella bodhicitta dei sutra ci sono due aspetti: assoluto e relativo. Bodhicitta assoluta significa la conoscenza o la comprensione della effettiva vacuità. Il bodhicitta relativo viene spiegato in due modi: il primo è la nostra intenzione e il secondo la sua applicazione. Quando facciamo una pratica, diciamo che coltiviamo bodhicitta. Questa è la bodhicitta dell’aspirazione. Nei sutra Mahayana, bodhicitta è considerata fondamentale. Attraverso questa intenzione possiamo governare il nostro atteggiamento, il nostro comportamento. Alla base degli insegnamenti Hinayana c’è il Vinaya, che si fonda su delle leggi. Se riceviamo un voto, dietro questo voto c’è la legge, che deve essere applicata. Usiamo questi voti se la nostra capacità, il nostro carattere, non è forte, e vogliamo controllare il nostro comportamento e non commettere alcuna negatività.

Nello Dzogchen cerchiamo di diventare responsabili di noi stessi, ma, per la maggior parte delle persone questo non avviene. Comprendendo la debolezza fondamentale della condizione umana, Buddha spiegò chiaramente lo stile Hinayana, secondo cui, se non possiamo governarci, abbiamo una legge che limita il nostro comportamento. Pertanto possiamo capire perché nell’insegnamento dei sutra esiste un voto e non dovremmo considerarlo come un qualcosa che non è valido. È un qualcosa da adottare ed utilizzare. Abbiamo tutti i tipi di insegnamenti con caratteristiche diverse. Se siamo praticanti Dzogchen, allora dobbiamo avere consapevolezza, consapevolezza di noi stessi ed anche delle circostanze e della relazione tra i due. Se abbiamo consapevolezza di questo, allora abbiamo consapevolezza di tutti gli aspetti degli insegnamenti. Quindi, praticare Dzogchen significa praticare Hinayana e Mahayana. Significa cercare l’essenza di tutti gli insegnamenti e vivere in questa essenza.

Certamente non possiamo seguire tutti i diversi tipi di regole specifiche. Ad esempio, la cosa fondamentale nel Mahayana è l’intenzione, che è molto più importante di una regola. Se c’è una buona intenzione e succede qualcosa di negativo, questo può avere un buon risultato. L’intenzione è considerata molto importante. Quando parliamo di bodhicitta, la prima cosa menzionata è l’intenzione. Nella vita, in ogni circostanza, possiamo osservare che tipo di intenzione abbiamo. Se siamo presenti nella nostra intenzione, allora non dobbiamo seguire regole e tutto funziona.

Abbiamo l’intenzione di non creare alcuna negatività. Per commettere un’azione negativa, dobbiamo prima avere l’intenzione. Inoltre, le condizioni per produrre karma negativo significano che prima dobbiamo avere una cattiva intenzione, poi entrare nell’azione, concludere l’azione e quella diventa una forza negativa.

Anche se abbiamo questa intenzione malvagia ed entriamo nell’azione, se non la concludiamo, allora manca qualcosa per un karma negativo. Non solo sul piano filosofico, ma anche giuridico, si dice che il delitto è premeditato. Qualcuno che ha fatto qualcosa intenzionalmente è colpevole. Anche il karma è fatto in questo modo.

Se stiamo camminando fuori e schiacciamo un insetto sotto i nostri piedi, questo muore. Quando muore, soffre. Sia che la persona schiacci deliberatamente l’insetto oppure no, questo soffre lo stesso. Certamente non è positivo. Un’azione negativa significa che produciamo sofferenza per altri esseri.

Se andiamo lì con l’intenzione di uccidere quell’essere, è diverso. Non stiamo parlando solo di un’azione negativa, stiamo parlando di produrre un karma negativo; una potenzialità del karma. La forza e la potenzialità di questo karma negativo possono produrre un risultato. Questo è ciò che chiamiamo causa ed effetto. Quando c’è una causa negativa e poi è presente una causa secondaria per quella causa, allora si produce un effetto.

Quando produciamo questa potenzialità di karma negativo, certamente non vediamo nulla di concreto. Ciò è legato alla nostra condizione. Quando è presente la causa secondaria questo karma si manifesta. Darò un esempio. Il karma è come un’ombra. Abbiamo un corpo fisico e quando c’è la causa secondaria del sole, sorge l’ombra. Perché? Perché abbiamo un corpo. Ma quando non esiste una causa secondaria, l’ombra non si manifesta, come se non fosse mai esistita.

È lo stesso con tutti quei karma negativi che sono associati a noi. Finché le cause secondarie non si manifestano, non compaiono. Significa che quando abbiamo tutti questi diversi tipi di cause, le loro conseguenze si manifestano come samsara. Innanzitutto questa potenzialità può manifestarsi solo se ne abbiamo l’intenzione. L’intenzione è legata all’azione, sia essa diretta o indiretta, e alla fine quando si è soddisfatti di ciò che si è fatto e queste tre qualifiche sono presenti, si produce un karma perfetto che avrà qualche tipo di risultato.

Ecco perché nel Mahayana l’intenzione è molto importante. Dobbiamo osservare bene la nostra intenzione. Soprattutto, la prima cosa che facciamo quando svolgiamo una pratica è rifugio e bodhicitta. Osserviamo le nostre motivazioni e vediamo perché stiamo facendo questa pratica. Se non abbiamo una buona intenzione, possiamo cambiarla subito e diventa una buona intenzione. Almeno, nel momento della pratica, lo facciamo. È anche un buon esempio di vita. Non abbiamo bisogno di limitare le nostre buone intenzioni a periodi di pratica.

Quando siamo praticanti Dzogchen, cerchiamo di non essere distratti, ma di essere presenti. Quando siamo presenti, possiamo osservare la nostra intenzione. Se abbiamo un’intenzione cattiva, ne diventiamo immediatamente consapevoli e possiamo cambiarla. Possiamo invece coltivare una buona intenzione. Almeno possiamo renderci conto che questa cattiva intenzione può produrre un risultato molto negativo. Se siamo presenti in questo modo, come può sorgere la negatività? Questo è un buon modo per regolare il nostro atteggiamento o comportamento nella vita. Ecco perché nel Mahayana l’intenzione è più importante dell’applicazione di qualsiasi tipo di regola.

Allora potremmo pensare: “Oh, praticherò il Mahayana perché non credo nelle regole”. Le persone hanno una mentalità molto ristretta. Pensano che debba essere una cosa o l’altra. Dobbiamo convivere con più spazio e dare più spazio alla nostra mente.

Quindi, prova ad applicare questo principio di Mahayana e Hinayana. Se una regola ha un senso ed è utile, certamente, possiamo applicarla. La finalità dell’Hinayana è rinunciare a disturbare gli altri esseri. Questo è lo scopo principale di quel voto. Anche se non abbiamo alcun voto, dovremmo mantenerlo presente. So che insultando una persona le creo sofferenza, perché quando succede a me, soffro. Quindi nel sutra diciamo che possiamo prendere esempio da noi stessi. Il Buddha lo ha insegnato nei sutra ed è qualcosa di molto pratico e concreto.

Inoltre, possiamo insegnare ai nostri figli spiegando loro che non dovrebbero uccidere un insetto perché causano terribili sofferenze all’insetto e che l’insetto potrebbe essere una madre o un padre e i bambini si chiederanno dove sia la loro madre o il loro padre. Quando il bambino diventa sensibile a questo, non vorrà più uccidere gli insetti.

Abbiamo molte esperienze nella vita del genere. Se qualcuno fa qualcosa che mi piace, e io faccio qualcosa di piacevole per quella persona, allora quella persona è molto felice. Se non ci preoccupiamo degli altri, siamo considerati molto egoisti. Soprattutto è importante metterci nei panni degli altri. Nel Mahayana ci sono molti tipi di addestramenti in cui cambiamo mentalmente la nostra posizione con un’altra. Se vediamo una persona che soffre terribilmente e proviamo a immaginarci nella sua posizione, allora possiamo capire come soffre. Con questa pratica, una persona diventa più sensibile. Spesso sembra che la sensibilità di molti praticanti diminuisca e diventino come pietre. Questo è molto negativo. Perché succede questo? Perché non ci osserviamo e non lo vediamo accadere. Nello Dzogchen dobbiamo comprendere l’essenza di tutti gli insegnamenti ed integrarli. Quindi ricorda il principio dell’Hinayana e non creare problemi agli altri. Dovremmo controllare la nostra esistenza, il nostro corpo, la nostra parola e la nostra mente. Questo è un voto creato da noi stessi e applicarlo è molto utile.

Il principio del Mahayana è la bodhicitta. Il primo principio di bodhicitta è l’intenzione e quindi la sua applicazione. Ecco perché nei sutra Mahayana parliamo di applicazione e intenzione.

Diciamo: “Voglio realizzare me stesso per il bene degli altri”. Quando si crea questa intenzione ciò si chiama coltivare bodhicitta. Fondamentalmente è [avere] un buon pensiero attraverso il quale si possono accumulare meriti. Ma se è solo questo e non accade nulla di molto concreto, è perché dopo aver avuto l’intenzione di applicarlo, si deve entrare in azione. Con del karma negativo entriamo in azione e quindi si produce una causa. È lo stesso con le buone azioni: se coltiviamo bodhicitta, dobbiamo applicarlo per produrre una buona azione.

Bodhicitta è anche qualcosa che recitiamo. “Voglio realizzarmi per il bene di tutti gli esseri, ho questa intenzione.” Questo è qualcosa di concreto. Nel Mahayana si parla del “Dono”. Il dono più grande che possiamo fare è quello dell’insegnamento. C’è anche il dono materiale. Se qualcuno non ha nulla da mangiare, possiamo dargli un po’ di cibo o un po’ di denaro e diventerà molto felice. Creiamo molta virtù compiendo questa buona azione, ma dobbiamo avere l’intenzione di fare questo buon dono. A volte doniamo avendo a cuore i nostri interessi e questo non crea una buona azione. Se abbiamo una buona intenzione, non ci aspettiamo nulla in cambio. La nostra unica intenzione è a beneficio di qualcuno che ha qualche tipo di bisogno.

Un praticante dovrebbe essere molto presente ogni giorno della sua vita. In generale, abbiamo molte intenzioni malvagie e questo produce automaticamente molto potere negativo. Negli insegnamenti di Jigmed Lingpa dice: “Se l’intenzione è buona, tutta la vita ed il frutto della vita saranno buoni, ma se l’intenzione è cattiva accade esattamente il contrario”. Quindi, cerca di coltivare buone intenzioni.

Una buona intenzione rende felici molte persone e se le persone sono molto felici, puoi produrre in loro molto potere decisamente molto positivo.

Offro molte pratiche. Nell’astrologia tibetana esiste un qualcosa chiamato anno nero. In questo Anno Nero tutti gli elementi e le influenze sono estremamente negativi. Se una persona non sta attenta, tutte queste cattive condizioni e tutte le cause secondarie gli produrranno problemi. Durante questo periodo può manifestarsi della debolezza nelle circostanze della persona, come la malattia, e, se quella persona non ha molta protezione, può essere colpita piuttosto duramente. Se sono molto passivi, ricevono tutta questa negatività. Lo scopo dell’astrologia è comprendere la condizione dell’individuo e le sue circostanze.

Cosa possiamo fare per rimediare a questo? In astrologia esistono molti metodi per superare questi problemi. Se non si fa nulla, la condizione peggiorerà. Per rafforzare l’energia dell’individuo, possiamo realizzare bandiere di preghiera. Possiamo fare pratiche di lunga vita. Esistono molti modi semplici per superare le negatività. Esiste una pratica chiamata Chi Thun. Chi – significa bambino e – Thun – festeggiare. Invitiamo molti bambini, facciamo dei regali e facciamo tante cose per farli divertire tutto il giorno per molte ore – questi bambini saranno pieni di gioia – ed il potere della gioia di questi bambini ha una grande potenzialità per superare tutti tipi di negatività.

Vedi quanto è potente la mente quando è felice o il contrario. Inoltre, fare regali ai poveri ha la stesso motivazione. Quindi, nella vita, bisogna capirlo. Quando nella nostra vita si verificano molti tipi di circostanze come questa, cerchiamo di non rendere le persone infelici, cerchiamo di renderle quanto più felici possibile, e se abbiamo un minimo di buona intenzione e comprensione, non è molto difficile rendere felici le persone.

Se sciogliamo le nostre tensioni ed entriamo in amicizia con le persone, per qualche ora saremo sicuramente più felici. In sostanza la cosa fondamentale da raggiungere nella pratica è il rilassamento, quindi possiamo vedere quanto sia importante il rilassamento. Molti insegnamenti parlano di bodhicitta come una sorta di propaganda, per dimostrare qualcosa di molto dolce nella società. La società non funziona così, con un qualcosa di falso.

Molti praticanti Dzogchen sentono di non aver bisogno di praticare bodhicitta, tuttavia si deve arrivare ad applicare bodhicitta, anche se si desidera essere un praticante Dzogchen. Penso che i nostri praticanti debbano lavorare attivamente per sviluppare bodhicitta. Con bodhicitta dobbiamo comprendere la nostra stessa essenza, la condizione di ogni individuo.

La gente dice che molti praticanti Dzogchen non sembrano avere molto amore. Se ci manca l’amore significa che siamo diventati come una pietra. Non è che dobbiamo pensare all’amore, è che dobbiamo diventare un po’ più sensibili. Sensibilità significa essere consapevoli del tempo, delle circostanze e della condizione umana. È molto importante avere rispetto reciproco. Senza rispetto, niente funziona. Il rispetto nasce dall’osservazione e dal diventare sensibili verso se stessi. È molto meglio diventare sensibili verso se stessi piuttosto che cercare di rendere sensibili gli altri.

Molte persone sono abituate a criticare gli altri. Abbiamo un modo dualistico di vedere che è caratteristico del nostro modo generale di essere. Abbiamo due occhi e non appena li apriamo identificano un altro oggetto. Non osserviamo mai noi stessi, guardiamo sempre fuori, quindi abbiamo sviluppato la nostra tecnologia per criticare gli altri. Guardiamo sempre fuori, cercando il colpevole.

Se guardiamo sempre fuori, facendo sentire gli altri in colpa, la nostra esistenza non cambia mai e non diventiamo mai sensibili. È meglio osservare e analizzare noi stessi. Se siamo più consapevoli e sensibili, altre persone, che potrebbero essere molto arroganti, si avvicineranno. Una persona diventerà più dura se proviamo a educarla. Se non abbiamo sensi di colpa e manteniamo la calma, non c’è nulla da difendere. Dobbiamo cercare di sciogliere queste tensioni in noi stessi.

Questo è un aspetto molto importante, ad esempio, tra marito e moglie, o tra persone che stanno insieme e partecipano agli insegnamenti. Una relazione spirituale è centinaia di volte più importante di qualsiasi relazione normale. Se roviniamo tutto questo e creiamo problemi tra un praticante e l’altro, questo è molto negativo e triste e diventa un pesante ostacolo alla realizzazione.

Insegnamento conferito durante il ritiro pasquale a Merigar, Italia, 1991. Ripubblicato da The Mirror numero 8, maggio 1991. https://melong.com/chogyal-namkhai-norbu-on-bodhicitta/?fbclid=IwAR2z_eP2_Yk4SLShWKFYrE9s2VefjjNxD2DzChaRgEYaW_lp7hnTJq1Klio Tradotto dal Dr Luciano Villa del Centro Studi Tibetani Sangye Cioeling, il cui nome è stato conferito da Sua Santità il Dalai Lama https://www.sangye.it/lettera/99ltt_hh_nom_cntr_sangye.jpg, nell’ambito del progetto Free Dharma Teachings approvato da Sua Santità il Dalai Lama https://www.sangye.it/letter2.jpg.