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Quel che resta della cultura tibetana
Mag 27th, 2005 by admin

Il monastero di Ganden che fu completamente distrutto.

Il monastero di Ganden che fu completamente distrutto.

Quel che resta della cultura tibetana, nei monasteri e nella vita dei monaci di oggi.

Il buddismo è stato per centinaia di anni il centro dell’identità culturale e nazionale dei tibetani. Per questo, dall’epoca dell’occupazione cinese ad oggi, la repressione religiosa è sempre stata strettamente collegata alla repressione del dissenso politico. La maggioranza dei prigionieri politici tibetani noti ad Amnesty International, infatti, sono monaci o monache buddisti. I monumenti e le istituzioni religiose distrutti durante l’invasione degli anni ’50 sono stati oltre seimila e, anche in tempi più recenti, la campagna di rieducazione patriottica del 1996 ha portato all’espulsione dai monasteri di circa undicimila monaci.

Prima dell’occupazione cinese del Tibet, i monasteri erano importanti centri di studio. Erano divisi nei collegi delle varie discipline con le relative residenze e venivano retti, secondo una struttura piramidale, da un abate cui erano subordinati i capi religiosi preposti ai culti rituali. Entro le sue mura si svolgevano una moltitudine di attività e gli abitanti non erano solo religiosi, il monastero spesso controllava anche grandi ricchezze e terreni, gestiti in modo feudale, imponendo tasse ai contadini. Read the rest of this entry »

Il bimbo rubato al Tibet
Mag 24th, 2005 by admin

Decimo anniversario della sparizione del Panchen Lama, prigioniero politico a sei anni.

Il piccolo Panchen Lama fatto sparire 10 anni orsono: il più giovane prigioniero politico al mondo.

Il piccolo Panchen Lama fatto sparire 10 anni orsono: il più giovane prigioniero politico al mondo.

Panchen Lama, che significa il grande scolaro, è il nome della seconda autorità religiosa tibetana dopo il Dalai Lama. Anche lui è un reicarnato, o almeno viene scelto mediante il riconoscimento da parte delle autorità religiose, secondo le indicazioni rituali lasciate dal predecessore. L’ultimo Panchen tibetano, Gendhun Choekyi Nyima, venne riconosciuto nel 1989 dopo la morte del decimo il quale, contrariamente al Dalai Lama, non aveva potuto fuggire in esilio e si era duramente opposto all’occupazione cinese passando anche 15 anni in carcere. Quando Gendhun Choekyi Nyima venne riconosciuto dal Dalai Lama, era un bambino di sei anni ma, il 17 maggio 1995, i cinesi arrestarono lui e tutta la sua famiglia per rimpiazzarlo con un diverso reincarnato scelto da loro, oggi ancora in carica.

Svanito nel nulla. Da allora, nonostante tutte le pressioni da parte di numerose organizzazioni non governative e del governo tibetano in esilio a Dharamsala, di Gadhun non si sono più avute notizie. Le autorità cinesi hanno sempre rifiutato di rivelare dove e come stiano lui e la sua famiglia, ammettendo solo che sarebbero stati  “affidati al Partito Comunista per per essere protetti dai tentativi di rapimento da parte dei seguaci del Dalai Lama”.

Ricordare Gadhun. Oggi, in occasione del decimo anniversario della sparizione, a Dharamsala e presso le ambasciate cinesi di molti Paesi sono state organizzate manifestazioni e fiaccolate di protesta per chiedere la liberazione del più giovane prigioniero politico del mondo, o perlomeno per mostrare alle autorità cinesi che l’opinione pubblica internazionale, nonostante il silenzio interessato dei governi, non è disposta a dimenticare crimini come il rapimento di Gendhun, diventato un simbolo di quel che all’intero popolo tibetano è stato rubato.

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