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Sua Santità il Dalai Lama Presenta il Monlam Grand Tibetan Dictionary
Maggio 29th, 2022 by admin

Sua Santità il Dalai Lama presenta il Monlam Grand Tibetan Dictionary al Tempio Tibetano Principale a Dharamsala, India, il 27 maggio 2022. Foto di Tenzin Choejor

27 maggio 2022. Thekchen Chöling, Dharamsala, HP, India – Questa mattina, Sua Santità il Dalai Lama ha partecipato ad un incontro nel giardino dello Tsuglagkhang, il Tempio Tibetano Principale, adiacente alla sua residenza, di presentazione del Monlam Grand Tibetan Dictionary. Tra gli ospiti c’erano Sakya Gongma Rinpoché, il 42° e 43° Sakya Trizins, il capo della tradizione Bön, membri dell’amministrazione centrale tibetana, amici e sostenitori.

Sua Santità ha camminato dalla soglia della sua residenza attraverso il cortile del tempio, prendendosi del tempo per interagire col pubblico lungo il percorso, stringendo la mano ad alcuni, scambiando qualche parola con altri, benedicendo rosari ed altri oggetti che gli venivano offerti. Dopo mesi di restrizioni per il Covid, sembrava provare piacere a stabilire un contatto fisico con le persone.

Rivolgendosi alla folla, Sua Santità ha esordito: “Noi tibetani abbiamo una ricca tradizione religiosa e culturale. Mentre eravamo in Tibet, non eravamo consapevoli di come fosse paragonabile ad altre tradizioni, ma, una volta in esilio ci siamo resi conto di quanto il nostro patrimonio culturale e spirituale sia prezioso.

È una tradizione concreta al centro della quale ci sono metodi per affrontare le emozioni negative e coltivare la pace della mente. Nella mia pratica quotidiana mi concentro sulla mente di risveglio di bodhicitta e coltivo una comprensione della vacuità, che insieme mi portano una profonda pace interiore.

I praticanti di altre tradizioni religiose si concentrano sulla preghiera, ma noi cerchiamo di trasformare i nostri atteggiamenti mentali. Come spiega la “Guida allo stile di vita del Bodhisattva” di Shantideva https://www.sangye.it/altro/?cat=15, quando si tratta di coltivare la pazienza il nostro nemico è il nostro miglior maestro. Se ci riflettiamo attentamente, non ci sono condizioni avverse che non possano essere trasformate in circostanze favorevoli. Comprendere il funzionamento della mente e delle emozioni è al centro della tradizione di Nalanda https://www.sangye.it/altro/?p=9200. “La gente parla di pace nel mondo, ma, se hai rabbia e odio nel cuore, parlare di pace è semplicemente ipocrita. Quello di cui abbiamo invece bisogno è coltivare le antiche tradizioni indiane di non nuocere (ahimsa) sulla base della compassione per gli altri (karuna).

I pensatori tibetani hanno considerato cosa assumere dalle tradizioni cinesi e cosa accettare dall’India. Ciò che hanno trovato utile lo assimilarono. Noi tibetani abbiamo affrontato ogni tipo di difficoltà, ma, grazie alla nostra pratica dell’addestramento mentale, abbiamo mantenuto la nostra pace interiore. Quando altre persone incontrano delle difficoltà, ricorrono all’assunzione di sonniferi per riposarsi un po’, cosa di noi non necessitiamo.

In esilio abbiamo chiesto l’aiuto del governo indiano per creare scuole tibetane dove i nostri bambini potessero studiare nella loro lingua. La conservazione della lingua tibetana ha svolto un ruolo chiave nella nostra capacità di mantenere in vita la nostra religione e cultura. Vorrei ricordare a tutti i nostri amici e amici del Dharma qui riuniti che ciò che è prezioso del nostro patrimonio culturale e spirituale è che ci aiuta a raggiungere e mantenere la pace della mente”.

Tenzin Chimé, il moderatore del Dipartimento dell’Informazione e delle Relazioni Internazionali dell’Amministrazione Centrale Tibetana, ha rivolto un caloroso benvenuto a tutti gli ospiti, tra cui Sakya Gongma Rinpoché, il 42° e 43° Sakya detentori del trono, Ratna Vajra Rinpoché e Gyana Vajra Rinpoché, e il Capo della tradizione Bön, Menri Trizin Rinpoché. Ha fatto notare che è stata accesa una lampada per inaugurare l’evento ed ha invitato il Venerabile Lobsang Monlam a presentare il progetto Monlam Grand Tibetan Dictionary https://play.google.com/store/apps/details?id=com.monlamit.dictionary&hl=it&gl=US di cui è stato il curatore, il quale ha precisato che, con il supporto del Dalai Lama Trust, il dizionario in 223 volumi è stato compilato da più di 200 studiosi che per nove anni hanno lavorato insieme. Il dizionario è disponibile non solo in forma di volume, ma ha dato vita a 37 app e ad un un sito Web completo che viene aggiornato di volta in volta.

Il Ven Monlam ha dichiarato con orgoglio che, con più di 200.000 voci, questo è uno dei più grandi dizionari in qualsiasi lingua del mondo. Rivela la vasta profondità della cultura tibetana. Portarlo a compimento è un risultato storico che darà un contributo sostanziale alla conservazione delle tradizioni culturali tibetane.

Nel Tibet”, ha detto, “i cinesi stanno cercando di eliminare la nostra lingua e cultura, ma qui in esilio stiamo facendo sforzi ancora maggiori per mantenerle in vita. Vorrei ringraziare tutti coloro che hanno contribuito a portare a compimento questo progetto. Continueremo a lavorarci mentre lo aggiorneremo nei prossimi dieci anni.

Dedico la virtù rappresentata da questo dizionario alla lunga vita di Sua Santità il Dalai Lama ed al compimento della sua visione. Offro una serie completa di 223 volumi all’Ufficio di Sua Santità e prego affinché Sua Santità ed i leader di tutte le tradizioni del buddismo tibetano vivano a lungo. Possano arrivare presto giorni solari per il Tibet”.

Sua Santità è stato quindi invitato a parlare ancora una volta all’assemblea.

Noi tibetani abbiamo sempre vissuto tra l’India e la Cina, ma durante il regno di Songtsen Gampo abbiamo creato la nostra lingua scritta basata su un modello indiano. Più tardi, riconoscendo che questo ci forniva i mezzi per farlo, Shantarakshita incoraggiò i tibetani a tradurre nella nostra lingua la letteratura buddista, comprese le parole del Buddha ed i trattati di innumerevoli studiosi indiani. Di conseguenza, dico spesso agli amici indiani che, in passato siete stati i nostri maestri, ma ora potremmo esserlo noi perché abbiamo preservato la tradizione del Nalanda radicata nella ragione e nella logica.

Abbiamo tecniche per affrontare la rabbia e mezzi per coltivare amore e compassione. Le pratiche per estendere la compassione agli altri danno luogo ad una pace mentale negli individui, che a sua volta ha un effetto positivo nelle famiglie e nella comunità più ampia. In effetti oggi siamo così interconnessi che tali metodi possono dare un contributo sostanziale alla pace nel mondo. Senza pace della mente non ci sarà pace nel mondo.

Ciò che è fondamentale nell’insegnamento del Buddha è il suo consiglio di non dare per scontato il suo insegnamento, insistendo affinché i suoi seguaci esaminassero le sue parole ed indagassero le sue argomentazioni come un orafo verifica la purezza dell’oro. Quando leggiamo le opere di logici come Dignaga e Dharmakirti https://www.sangye.it/altro/?p=7077, scopriamo che hanno fatto di tutto per valutare e stimare i punti di vista degli altri.

Oggi, gli intransigenti comunisti cinesi criticano la cultura tibetana senza capire davvero di cosa si tratta. Potremmo al momento non essere in grado di inviare questi 223 volumi in Cina, ma a Taiwan ci saranno persone in grado di apprezzare il tipo di cultura che abbiamo preservato.

Non cerchiamo la totale indipendenza dalla Cina, ma dobbiamo essere in grado di mantenere viva la nostra religione e cultura. Saremo più che disposti a condividere questa conoscenza con i nostri fratelli e sorelle cinesi nella speranza che così facendo si promuova la pace tra di noi.

La nostra cultura è nata in India ed oggi abbiamo tutti i mezzi per farla conoscere meglio. Penso che sarebbe grandemente vantaggioso combinare aspetti dell’antica conoscenza indiana con la scienza moderna. Non vedo l’ora di discutere di come questo potrebbe essere fatto con educatori ed altri a Delhi. L’elemento più importante è comprendere il funzionamento della mente e delle emozioni, che porta alla pace della mente e, a lungo termine, alla pace nel mondo.

Gli intransigenti cinesi non capiscono il valore della nostra religione e cultura. La pubblicazione di questo dizionario, che è già stato tradotto in cinese, può in qualche modo educarli.

Un tibetano che conosco, che ha studiato in Cina, mi ha detto che, sebbene al momento siamo sotto il controllo politico cinese, a lungo andare le cose cambieranno e saremo in grado di aiutarli spiritualmente. Quando il presidente Mao mi confidò che la religione è veleno, lo disse perché non ne sapeva nulla di meglio. C’è un grande stress emotivo in Cina. Possiamo mostrare alle persone come trovare la pace della mente.

Quando siamo venuti in esilio ci siamo resi conto del potenziale della nostra conoscenza e cultura ed abbiamo lavorato con coraggio e determinazione per mantenerli in vita. Sono solo una persona ed ho fatto quello che potevo, ma tutti voi qui riuniti potete pure offrire il vostro contributo”.


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