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Sua Santità il Dalai Lama al Global Buddhist Summit 2023
Aprile 25th, 2023 by admin

Sua Santità il Dalai Lama interviene al Global Buddhist Summit 2023 all’Ashok Hotel di Nuova Delhi, India, il 21 aprile 2023. Foto di Tenzin Choejor.

21 aprile 2023. Nuova Delhi, India – Quando questa mattina Sua Santità il Dalai Lama è arrivato all’Ashok Hotel, sede del Global Buddhist Summit 2023, è stato accolto dal Dr. Abhijit Halder, Direttore Generale della International Buddhist Confederation (IBC) e dal Ven Dr Dhammapiya, Segretario Generale IBC.. Tutti si sono alzati in piedi quando Sua Santità quando ha fatto ingresso nell’auditorium.

Una volta salito sul palco, Sua Santità ha reso omaggio ad una statua del Buddha, inchinandosi davanti. Successivamente, ha salutato i vari dignitari buddisti ed i membri della congregazione riuniti nella sala.

Alla sinistra di Sua Santità sul palco sedevano Sua Eminenza Rev Khamba Lama Gabju Choijamts Demberel (Mongolia), Chamgon Kenting Tai Situpa (Tibet), Ven Bhikshu Dhamma Shobhan Mahathero (Nepal) e Most Ven Thich Thien Tan (Vietnam). Alla sua destra sedevano Most Ven Waskaduwe Mahindawansa Mahanayake Thero (Sri Lanka), Venerable Abhidhajamaharahthaaguru Sayadaw Dr Ashin Nyanissara (Birmania), Sua Santità 43rd Sakya Trizin, Khöndung Gyana Vajra Rinpoché (Tibet), Sua Eminenza Padma Acharya Karma Rangdol (Bhutan), Sua Eminenza Kyabjé Yongzin Ling Rinpoché Tenzin Lungtok Thinley Chöphak (Tibet) e il Ven. Dr Dhammapiya (India).

Il Ven Dr Dhammapiya ha aperto i lavori della mattinata dando il benvenuto a Sua Santità, ai venerabili ospiti ed ai membri del pubblico, osservando che il giorno precedente il vertice aveva trattato le diverse tradizioni buddiste che si sono evolute in diverse parti del mondo. Ognuno di queste è come un fiore dal colore diverso che cresce dallo stesso stelo,: l’insegnamento del Buddha Shakyamuni. Il Buddha ha dato insegnamenti diversi a persone diverse con capacità diverse in luoghi diversi quindi, ha aggiunto, è bene ricordare a noi stessi ciò che è detto nel verso 194 del Dhammapada:

Felice è il sorgere di un Buddha;

felice è l’esposizione dell’Ariya Dhamma;

felice è l’armonia tra il Sangha;

felice è la pratica di coloro che sono in armonia.

Ha suggerito che tutte le comunità del Sangha buddista devono farsi avanti per affrontare le sfide che ci attendono nel mondo di oggi. Siamo tutti esseri umani, ha osservato. Non siamo così diversi l’uno dall’altro. Condividiamo la stessa aria e la stessa acqua. Pertanto, dobbiamo adottare un punto di vista globale per promuovere la pace nel mondo, proteggere la Madre Terra e praticare la compassione. Dobbiamo implementare i valori universali impliciti in tutte le tradizioni religiose per aiutare tutti noi.

Teniamoci per mano”, ha detto, “per lavorare in armoniosa unità per promuovere gli insegnamenti del Buddha per il benessere e la felicità di tutti gli esseri senzienti”.

Il colonnello Rajesh Jindal, il moderatore, ha introdotto un gruppo di monaci Theravadin che hanno cantato versi di buon auspicio in pali. Sono stati seguiti da monaci della tradizione sanscrita che cantavano in tibetano.

Jindal ha spiegato che è ora il momento della lettura del messaggio del Venerabile Abhidhajamaharahthaaguru Sayadaw Dr Ashin Nyanissara (Birmania), che era stato invitato a parlare, ma ma non aveva potuto partecipare. In esso il maestro ha sottolineato l’importanza di coltivare un buon cuore e le sue implicite qualità di amore, compassione e perdono.

Ha osservato che se non c’è pace nei cuori delle persone, non ci sarà pace nel mondo. E l’unico modo per raggiungere quella pace è praticare la meditazione d‘introspezione che può aiutarci a raggiungere una mente equilibrata, proprio come coltivare la compassione ci permette di trasformare una mente negativa in una positiva. Il messaggio del Venerabile si è concluso con l’augurio che la pace e la concordia prevalgano in tutto il mondo.

Il colonnello Jindal ha presentato il prof. Robert Thurman, un allievo molto anziano di Sua Santità il Dalai Lama, per rappresentare l’eccellenza dello studio accademico del buddismo. Thurman ha esordito dicendo che si sentiva un po’ intimidito all’idea di parlare davanti a Sua Santità, ma ha compensato recitando una preghiera ad Avalokiteshvara. Ha notato che Sua Santità dichiara, tra l’altro, che la pace nel mondo viene dalla pace interiore e che le persone hanno bisogno di essere addestrate sui modi per raggiungere tale tranquillità.

Il prof. Thurman ha ricordato che nel suo discorso di ieri al vertice, il primo ministro Modi ha annunciato che l’India è stata storicamente dedita all”ahimsa’, alla non violenza od al non nuocere. Questo è importante in quanto si tratta di persone disposte a morire pur di non far del male, anzi di uccidere. Thurman ha notato che il Buddha nacque in una famiglia di guerrieri, ma abbandonò quel tipo di vita per superare le oscurazioni che avvertiva nella mente.

Grandi università indiane come Nalanda svilupparono un approccio all’istruzione che permise ai propri studenti di arrivare a comprendere la natura della realtà ed, in termini di psicologia, come trasformare la mente. Il curriculum di base di Nalanda viene tramandato nei grandi monasteri di Ganden, Drepung e Sera, che sono attualmente ristabiliti nel sud dell’India.

Thurman ha menzionato l’importanza che i buddisti si impegnino in dialoghi con gli scienziati. Ha suggerito che unabituale visione scientifica e materialistica della vita, tale per cui al momento della morte svaniamo completamente, è un errore con implicazioni etiche. Se, alla morte, diventiamo il nulla, è facile credere che non avremo bisogno di affrontare le conseguenze delle nostre azioni. Invece, ha concluso, dobbiamo trovare il modo di prenderci cura di tutti.

Successivamente, il colonnello Jindal ha invitato Sua Santità a parlare al Global Buddhist Summit 2023. Sua Santità ha preso la parola in tibetano, tradotto in inglese dal dottor Thupten Jinpa, iniziando con la recitazione d’un verso di saluto al Buddha Shakyamuni.

“Innanzi tutto, permettetemi di rendere omaggio a Buddha Shakyamuni che ha insegnato la verità dell’origine dipendente (pratītyasamutpāda). Tra tutti i grandi maestri spirituali, ciò che rende il Buddha davvero unico dal punto di vista buddhista è il suo insegnamento sull’origine dipendente. 

L’origine dipendente racchiude l’essenza della sua intuizione e del suo insegnamento e, in due parole, svela una potente comprensione della natura della realtà. La parola “dipendente” indica una verità fondamentale: qualsiasi cosa esiste in dipendenza da qualcos’altro, nulla è indipendente, ed è questa interdipendenza a costituire l’effettiva realtà fondamentale di ogni cosa. La parola “origine” indica in che modo le cose vengono in essere, ovvero attraverso questa interdipendenza. Ecco perché la parola “origine” è altrettanto importante: anche se non c’è nulla che sia indipendente, è attraverso le relazioni di dipendenza che le cose possono venire in essere. 

La comprensione di questa verità – l’origine dipendente – può aiutarci a dissipare la nostra ignoranza e la nostra assenza di comprensione della natura della realtà. In che modo? Se esaminiamo la nostra esperienza quotidiana di essere nel mondo, ognuno di noi riconoscerà che al centro della nostra esistenza c’è un forte senso di un sé, di un “io”. Se manca la comprensione dell’origine dipendente, la nostra tendenza a considerare questo sé come reale e ad aggrapparci a esso sarà molto forte e quando ciò accade creiamo la base per la divisione tra “io” e “voi”, tra “sé” e “gli altri”. Su questa base, poi, sorgeranno le nostre emozioni e reazioni: l’attaccamento per coloro che consideriamo vicini a noi e che riteniamo importanti e l’avversione per le persone che vediamo come diverse o forse minacciose. Attaccamento e avversione sorgono dalla nostra percezione di un sé, dal nostro aggrapparci al sé, all’io.

Insieme all’origine dipendente, l’altro insegnamento fondamentale del Buddha è quello sulla compassione. Quanto la compassione fosse rilevante nell’insegnamento del Buddha è illustrato nel commentario di Candrakīrti “Ingresso nella via di mezzo”. A differenza di altri testi e di altri maestri, come oggetto del suo omaggio all’inizio del testo Candrakīrti scelse la compassione, paragonata a un seme, che è importante all’inizio per la crescita spirituale, all’umidità che nel mezzo permette ai semi di crescere e anche alla fruizione e al risultato. La compassione è quindi fondamentale in tutte le fasi dello sviluppo spirituale. Quando si combinano la compassione e la saggezza dell’origine dipendente, si realizza l’essenza dell’insegnamento del Buddha. Quindi, come buddhisti, il nostro compito è coltivare queste due qualità: la compassione e la saggezza.

Per quanto riguarda la saggezza, l’essenza è l’insegnamento dell’origine dipendente o, in altre parole, l’insegnamento dell’assenza di un sé. Ma in che modo possiamo coltivare questa saggezza? Il maestro buddhista del II secolo Aryadeva dice quanto segue: “La radice dell’esistenza ciclica è la coscienza e gli oggetti sono ciò che la coscienza sperimenta. Quando si ottiene l’intuizione dell’assenza del sé, o della non realtà degli oggetti, è allora che si distrugge il seme che dà origine all’esistenza”. Quindi, in altre parole, molti dei problemi che affrontiamo e che portano all’esistenza del samsara sono radicati nel modo in cui percepiamo la realtà. Sebbene la realtà sia priva di esistenza indipendente, intrinseca dalla propria parte, tendiamo a credere in ciò che ci appare e a seguire queste apparenze. Ma una volta che attraverso la coltivazione della saggezza iniziamo a vedere l’assenza di tale esistenza indipendente e intrinseca, allora la nostra tendenza ad afferrarci,  la nostra tendenza ad avere un attaccamento basato sull’aggrapparci, si allenterà e in questo modo sorgerà la saggezza.

Una delle cause dei nostri problemi è la tendenza a credere nelle apparenze che sperimentiamo, la tendenza a proiettare sulla realtà cose che in realtà non sono reali, a proiettare un’esistenza indipendente. Attraverso la coltivazione della saggezza, il cui cuore è l’insegnamento sulla vacuità (shunyata), si inizierà anche a riconoscere che le nostre percezioni non rispecchiano la realtà e che pertanto non dobbiamo credervi ingenuamente, non dobbiamo correre dietro alle nostre proiezioni mentali. Quando saremo in grado di farlo, allora questo ci libererà dal forte desiderio e dall’attaccamento. E il desiderio non verrà rimosso semplicemente perché lo vogliamo, ma grazie all’intuizione della natura della realtà: a quel punto la mente diventa pura e quella purezza della mente è lo stato del nirvana. Il nirvana è uno stato mentale.

Pertanto, ciò a cui noi praticanti buddhisti dobbiamo prestare molta attenzione sono questi due processi: il processo di decostruzione della nostra tendenza ad afferrare, che è la pratica della saggezza – la vacuità del sé e dei fenomeni – in modo da liberarci dall’attaccamento; e il processo di attiva coltivazione di qualità come la compassione, come quella che ho citato da Candrakīrti. Attraverso questa combinazione di saggezza, coltivata attraverso la rimozione dell’ignoranza, e la coltivazione attiva della compassione, esiste la reale possibilità di raggiungere l’Illuminazione, come indicato dal Buddha. 

Pensare all’esistenza come caratterizzata dalla sofferenza, senza una via d’uscita dalla sofferenza, senza una soluzione alla sofferenza sarebbe demoralizzante, ma il messaggio del Buddha è in definitiva positivo: c’è una fine alla sofferenza, c’è la possibilità di liberarsi dalla sofferenza e ciò avviene attraverso l’intuizione della natura della realtà e la coltivazione di qualità come la compassione. 

Sebbene non possa affermare di avere un’esperienza profonda, posso però condividere con voi che, come risultato di una riflessione intensa e di una pratica approfondita di decenni, si sente davvero che c’è un senso di libertà che nasce dentro di noi, che c’è una reale possibilità di trasformazione.

Lo stesso Candrakīrti afferma anche che, man mano che si affinano e si sviluppano le proprie qualità della mente, l’illuminazione della propria mente aprirà la natura della realtà e attraverso i mezzi abili della verità convenzionale – che è l’aspetto del metodo del percorso – si potrà viaggiare verso la riva dell’Illuminazione. Quindi una parte importante di questa sfida è sviluppare effettivamente shamata, la capacità di mantenere la mente completamente concentrata e ferma per un lungo periodo di tempo. E’ una pratica in cui io stesso mi sto ancora molto impegnando, ma sento di essere in grado di fare dei progressi nella direzione suggerita da Candrakīrti.

In un’altra strofa Chandrakirti afferma anche che quando si è in grado di acquisire una profonda comprensione della natura della realtà attraverso la saggezza della vacuità, la compassione per gli esseri che soffrono nel mondo sorgerà spontaneamente. La compassione per gli esseri sofferenti, pertanto, è un “sottoprodotto” della coltivazione della saggezza e quando si è in grado di coltivare la saggezza della vacuità e la compassione, allora si è equipaggiati con le due ali di un uccello potente e con queste due ali – compassione e saggezza – si può procedere, si sarà in grado di attraversare lo spazio per raggiungere l’illuminazione. Quindi ritengo davvero che questo tipo di insegnamento e la metafora che Candrakīrti ha adottato ci consentono di provare ottimismo e speranza.

Nella tradizione tibetana c’è anche la pratica tantrica Vajrayana che prevede la meditazione sulla divinità e, nel mio caso, la visualizzazione della divinità è stata una parte importante della mia pratica fin dall’infanzia. Ma a essere sincero, anche se faccio queste pratiche, quella di cui sento davvero il maggiore impatto nella mia mente è la coltivazione della saggezza e soprattutto la coltivazione della bodhicitta, che è l’aspirazione a raggiungere l’Illuminazione a beneficio di tutti gli esseri, fondata sulla compassione. Queste sono le due pratiche principali che sembrano avere un impatto reale nella mia mente. 

Molti di noi che sono qui riuniti sono seguaci del Buddha, ci consideriamo praticanti del Dharma.

Il motivo per cui ho condiviso qualcosa della mia esperienza personale e della mia pratica è per far capire che tutti noi, ognuno di noi, se prendiamo sul serio la nostra pratica attraverso la combinazione di meditazione analitica – di indagine profonda della natura della realtà e della compassione – e calmo dimorare – l’interiorizzazione di quanto abbiamo compreso – possiamo realmente vedere una vera differenza anche nella sua nostra vita quotidiana. Se riusciamo a coltivare un po’ di saggezza, cambia il modo di vedere la realtà e l’esistenza e se riusciamo a coltivare la compassione allora noteremo davvero la differenza anche nella vita di tutti i giorni. Se dedichiamo più tempo alla pratica personale potremo persino aspirare a raggiungere livelli più elevati di realizzazione. Quindi esorto tutti voi a fare uno sforzo.

Nei monasteri si svolgono numerosi rituali. Nella tradizione tibetana si suonano tamburi, cimbali e altri strumenti musicali, ma è importante per noi ricordare che l’esecuzione di questi rituali non è l’aspetto più importante perché, se ci si concentra troppo su di essi, l’unica cosa che si ottiene è un gran baccano, mentre invece dovremmo prestare più attenzione e concentrarci sullo sviluppo interiore. La coltivazione interiore deve essere fatta attraverso la combinazione di approccio analitico e meditazione profonda, coltivando la saggezza, una certa comprensione della natura della realtà, e la compassione, in particolare della bodhicitta. Se siamo in grado di farlo, se dedicate un po’ di tempo alla coltivazione interiore attraverso la meditazione, tutti gli insegnamenti del Buddha diventano reali, attuali, vivi; prenderanno vita in voi e ne sperimenterete davvero i frutti e i benefici. Esorto quindi tutti voi a impegnarvi maggiormente nella vostra pratica quotidiana.

Impegnarsi in questo tipo di sviluppo interiore e in particolare concentrarsi sulla saggezza e sulla compassione può inoltre aiutarci ad avere più coraggio. Pensando ad esempio alla attuale situazione del Tibet, se la osservo solo da un punto di vista ristretto potrei perdere la speranza, ma dalla prospettiva più ampia del coraggio che la coltivazione della bodhicitta e della compassione ci dà, allora posso avere una mente molto più resistente. 

Anche nella vostra vita quotidiana ci possono essere problemi che possono apparire enormi e insopportabili, ma se avete il coraggio che la bodhicitta e queste pratiche possono offrire, sarete in una posizione molto più forte per trasformare le avversità e le difficoltà, senza esserne sopraffatti, trasformandole in modo creativo in opportunità, in una sorta di ulteriore assistenza sul suo cammino. Il coraggio che viene dalla pratica è uno strumento potente per affrontare le avversità e trasformarle in opportunità.

Molti dei testi e dei trattati buddhisti scritti dai grandi maestri indiani e dedicati agli insegnamenti sulla saggezza e sulla compassione hanno avuto un notevole impatto su di me, sia quando ero in Tibet e soprattutto da quando sono in esilio. Mi sono familiarizzato con questi testi, ne ho contemplato il contenuto e personalmente li trovo una fonte potente non solo per la mia pratica personale, ma anche per la mia resilienza mentale, per darmi coraggio. Credo che questo sia davvero importante da tenere a mente.

Il Buddhismo è una delle tante religioni di questo pianeta e tutte le grandi tradizioni veicolano lo stesso messaggio: amore, compassione e così via. Ciò che rende unico il Buddhadharma è la ricchezza delle risorse che offre per lo sviluppo interiore, in particolare attraverso la combinazione di quello che ho chiamato approccio meditativo analitico e la pratica del calmo dimorare.

Credo che questa sia una caratteristica importante del Buddhadharma e se lo riconosciamo e lo incarniamo nella nostra vita quotidiana, i risultati saranno evidenti per tutti, non solo per i buddhisti. Ci sono molte tradizioni religiose in questo mondo e ci sono anche molte persone che non aderiscono a nessuna tradizione in particolare.

A beneficio di tutti, noi buddhisti dovremmo testimoniare attraverso la nostra vita il beneficio ed il valore del Buddhadharma; in questo modo offriremmo un prezioso servizio al Buddhadharma ed allo stesso tempo esprimeremmo la nostra gratitudine al nostro maestro, il Buddha.”

Shartsé Khensur Jangchub Chöden ha offerto un voto di ringraziamento. Ha ringraziato Sua Santità per il suo discorso eloquente ed edificante. “Sei un’ispirazione per molte persone su questo pianeta, che continuerà nelle generazioni future. Abbiamo bisogno dei tuoi consigli e della tua guida: per favore, vivi a lungo. Ha continuato ringraziando il Prof. Robert Thurman e Sitagu Sayadaw per i loro contributi. Ha ringraziato gli altri ospiti sul palco, così come gli altri partecipanti alla sala, per essere qui convenuti.

In un incontro con i capi delle delegazioni buddiste internazionali, che è proseguito fino a pranzo, Sua Santità ha menzionato il crescente interesse per il buddismo in tutto il mondo. Parte della sua attrazione in questo momento, ha detto, dipende dalla connessione tra buddismo e razionalità.

Il dottor Dhammapiya ha chiesto a Sua Santità di tornare ancora ed ancora in futuro a beneficio degli esseri senzienti. Sua Santità ha risposto che questo concorda con le preghiere che fa ogni giorno, in particolare uno dei versi di Shantideva “Entrare nella via del Bodhisattva”:

Finché ci sarà lo spazio,

E finché rimarranno gli esseri senzienti,

Fino ad allora, posso anch’io rimanere

Per aiutare a dissipare la miseria del mondo. 10/55

Sua Santità ha tenuto a sottolineare l’importanza dello studio e della ricerca. Ha rivelato che il Buddha incoraggiò i suoi seguaci a non accettare ciò che insegnava sulla base della fede cieca, ma ad esaminarlo ed investigarlo approfonditamente.


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