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“Ricominciare a vivere”, lo scopo degli ex detenuti politici tibetani
Maggio 13th, 2011 by admin

Lukar Jam ha passato diversi anni in una galera cinese per aver fatto parte di un’organizzazione contraria alle atrocità di Pechino nella regione

Lukar Jam ha passato diversi anni in una galera cinese per aver fatto parte di un’organizzazione contraria alle atrocità di Pechino nella regione

Ricominciare a vivere”, lo scopo degli ex detenuti politici tibetani
Lukar Jam ha passato diversi anni in una galera cinese per aver fatto parte di un’organizzazione contraria alle atrocità di Pechino nella regione. Fuggito in India, ha fondato una Ong che aiuta gli ex carcerati come lui con lezioni di inglese, computer e avviamento professionale: “Così torniamo a vivere”.
Dharamsala (AsiaNews) – Nonostante siano passati quattordici anni da quando è stato rilasciato, Lukar Jam sa ancora recitare tutte le regole imposte ai prigionieri tibetani chiusi nella prigione cinese di Pinang: “Venivamo picchiati tutti i giorni durante la recita di queste regole, che ovviamente doveva avvenire in lingua cinese”. Dei suoi anni in galera gli è rimasta anche una grossa cicatrice sul costato ma soprattutto la voglia di aiutare chi, come lui, è riuscito a scappare in India dopo la prigionia. Oggi è a capo di una Ong con sede a Dharamsala che aiuta gli esuli della diaspora tibetana.

La polizia cinese lo ha fermato una mattina di febbraio del 1992 quando, da Lhasa, era in viaggio per Thengri: “Non mi hanno detto nulla. Soltanto che sapevano chi ero e cosa stessi facendo. Si riferivano alla Dokham Shunu Shithup, un gruppo formato da me e altri cinque amici che protestava contro le atrocità commesse dalla Cina in Tibet. All’epoca ero molto giovane, ma sapevo cosa volevo: maggiore libertà per il mio popolo”.

Più istruito della media dei tibetani residenti nella regione – dove la Cina impone un’educazione in lingua han e non permette che si tramandino lingua e cultura locali – viene arrestato e condannato a cinque anni di prigionia. Uscito di galera, però, riesce a fuggire e a raggiungere Dharamsala, sede del governo tibetano in esilio e residenza forzata del Dalai Lama, che Pechino costrinse all’esilio dopo l’invasione del 1949.

Oggi la sua esperienza giovanile lo ha portato a fondare insieme ad altri esuli la Go Chu Sum, Organizzazione non politica che sostiene gli ex prigionieri politici che riescono a raggiungere l’India. Lo scopo è quello di fornire un’istruzione di base a chi è stato chiuso in galera: lezioni di inglese, computer e avviamento professionale per formare cittadini validi e utili a loro stessi e alla comunità.

Tuttavia, le cicatrici della prigione lo tormentano ancora: “Manganelli elettrici per gli interrogatori o per punire piccole imperfezioni, celle di isolamento strette come bare, violenza gratuita e brutale: la Cina usa i sistemi di tortura medievale per piegare il Tibet e coloro che ancora lottano per la sua libertà. Ma noi qui ricominciamo a vivere, nonostante i loro sforzi”.


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