Le pratiche preliminari tipiche del Vajrayana costituiscono i “preliminari straordinari” Thun-mon ma-yin-pa’i snon-‘gro bzi, che consistono in 100.000, o, meglio, 111.111:
• prostrazioni e prese di Rifugio;
• recitazioni del mantra di Vajrasattva;
• offerte del mandala;
• recitazioni del guru-yoga;
da compiersi ovviamente in successive sedute di meditazione.
Nell’Ordine Ghelupa a un praticante possono essere assegnati fino a 9 tipi di “preliminari straordinari”, ossia 9 serie di “centomila”: rifugio, prostrazioni davanti al simbolo dei Tre Gioielli (che costituiscono un ‘preliminare’ a sé stante), offerte d’acqua, offerte del mandala semplice, fabbricazione e offerte di tsa-tsa, mantra lungo di Vajrasattva, mantra dei voti di purificazione (mantra di Vajradakiniu e mantra di Samayavajra), offerta del fuoco, guru-yoga.
I “Preliminari ordinari” sono invece le “4 meditazioni che rivolgono la mente al Dharma”: il prezioso corpo umano, l’impermanenza, la legge del karma, la struttura sofferente del samsara.
Le prostrazioni e la recitazione del mantra di Vajrasattva servono alla purificazione, cioè ad eliminare gli ostacoli mentali che potrebbero intralciare la strada verso l’Illuminazione; gli altri preliminari invece servono ad accumulare meriti e saggezza.
Il compimento di queste pratiche, ripetuta ognuna per 100.000 volte, costituisce la qualifica necessaria per intraprendere pienamente il Sentiero tantrico.
1) PROSTRAZIONI E PRESA DI RIFUGIO
La presa di Rifugio, normalmente connessa con lo sviluppo di bodhicitta, serve per approfondire il nostro impegno e la nostra motivazione.
Tutte e quattro le principali Scuole tibetane https://www.sangye.it/altro/?p=9979, https://www.sangye.it/altro/?p=4477 sottolineano l’importanza di prendere Rifugio nei Tre Gioielli https://www.sangye.it/altro/?p=3 e nelle Tre Radici; sono però diverse le particolari visualizzazioni e le liturgie adoperate dalle singole Tradizioni.
Così, secondo i Kargyu, dopo esserci seduti a gambe incrociate davanti ad una rappresentazione delle Sorgenti di Rifugio, si immagina il Campo dei Meriti https://www.sangye.it/altro/?p=426 o Albero di Rifugio: ossia, che l’ambiente circostante perda il suo solito aspetto per diventare un prato bello e grande, al cui centro si trova un vasto lago, dalle acque speciali e miracolose (su cui riposano bellissimi uccelli acquatici) e dalle rive colme di fiori; al centro del lago cresce un albero enorme, dal cui tronco si dipartono 5 rami principali coperti di foglie, boccioli e frutti: quello centrale si innalza verticalmente e gli altri 4 si protendono verso ognuno dei punti cardinali.
Sul ramo centrale visualizziamo un trono (ornato di splendidi gioielli e preziosi metalli, sostenuto da 8 leoni), che regge un seggio a forma di fiore di loto pienamente sbocciato : su questo è posto il disco piatto della luna e – su di esso – quello del sole. Qui sta seduto il nostro guru-radice, che si manifesta come il Buddha Vajradhara, di colore blu, luminoso e splendente, ed ornato di vesti di seta e gioielli : è l’aspetto Dharmakaya del Buddha.
Sulla sommità della testa del nostro guru visualizziamo l’immagine del suo guru e, sopra di essa, quella del guru del suoi guru e così via, in modo da formare una progressione del lignaggio sotto forma di una colonna che sale verso l’alto. Sulla sommità delle immagini c’è di nuovo Vajradhara, che è la fonte del lignaggio stesso.
Riuniti attorno all’asse centrale di tale lignaggio principale visualizziamo anche tutti gli altri lignaggi: Sakya-pa, Ghelug-pa, Nyma-pa.
Sul ramo posto di fronte a noi (il ramo orientale, secondo la terminologia tibetana, al quale seguono il ramo rivolto a sud, quello ad ovest e quello a nord) vi sono gli Yi-dam: la figura più importante può essere Chakrasamvara oppure Vajravarahú (circondati da altre divinità tantriche, quali Kalachakra, Mahamaya, Guhyasamaja, Hevajra, Vajrakalaya, ecc.).
Sul ramo posto alla nostra sinistra immaginiamo Buddha Sakyamuni, di color dorato, seduto su un trono, sostenuto da leoni, sul quale poggia un seggio formato da un fiore di loto e da un disco lunare, è circondato dalla vastissima assemblea dei Buddha “dei 3 tempi e delle 10 direzioni”.
Sul ramo posto dietro il lignaggio dei guru, visualizziamo il Dharma sotto forma di libri o scritture, consistenti nel Kangyur e nel Tengyur, immaginati come un’enorme pila di testi che vibrano del suono degli insegnamenti che contengono.
Sul ramo rivolto alla nostra destra visualizziamo il Sangha https://www.sangye.it/altro/?p=10087 formato dagli “8 Grandi Bodhisattva” (Avalokitesvara, Manjustri, Vajrapani, ecc.) e da innumerevoli Arhat.
Nello spazio al disotto dell’albero immaginiamo una folla di Dakini e di Dharmapala (Mahakala, Palden Lha-mo, ecc.) come se stessero sostenendo l’albero stesso.
Visualizziamo noi stessi in piedi sul suolo di fronte all’albero, circondati dall’immensa folla di tutti gli esseri senzienti: tutti quanti veneriamo le Sorgenti di Rifugio con le mani giunte e recitiamo la formula del Rifugio mentre ci prosterniamo nel modo più sotto indicato. Nella Tradizione Kargyud-pa, la formula del Rifugio è sempre accompagnata dal voto del Bodhisattva (detto anche sviluppo di bodhicitta): “Da oggi fino all’Illuminazione prendo rifugio nel Guru, nel Buddha, nel Dharma, nel Sangha. Per i meriti acquisiti mediante la pratica della generosità e delle altre paramita, possa io raggiungere lo stato di Buddha per essere d’aiuto a tutti gli esseri senzienti”.
Successivamente, tutta la visualizzazione si fonde in luce in Vajradhara, questo si dissolve in luce e poi in noi; si lascia riposare la mente nel suo stato naturale non concettuale e si conclude la seduta con la dedica dei meriti.
Le prosternazioni, a cui si è accennato, consistono in un tipo di inchino (che può essere semplice o completo) per mostrare rispetto e venerazione al guru o alle rappresentazioni di corpo, parola e mente di un Buddha. E si effettuano nel modo seguente:
a) stando in piedi, si portano le mani giunte (= unione di saggezza e metodo):
in cima al capo (= desiderio di rinascere in Sukhavati),
alla fronte (= purificazione dalle negatività fisiche),
alla gola (= purificazione dalle negatività verbali),
al cuore ( = purificazione dalle negatività mentali) ;
b) si separano quindi le mani giunte (= simboleggiando così le attività del Sambogakaya) e ci si inginocchia (= simboleggiando così il raggiungimento dei 10 bhumi https://www.sangye.it/altro/?p=6524 e dei 5 Sentieri del Mahayana);
c) poi si tocca il suolo con la fronte (= desiderio di perfezionamento e di completo abbandono dell’io);
d) quando ci si rialza, si immagina di staccarci definitivamente dalle sofferenze del samsara https://www.sangye.it/altro/?p=577 e di giungere allo stato di completa Liberazione.
La prostrazione arreca inoltre benefici fisiologici: durante ogni prostrazione infatti l’avadhuti, in corrispondenza della colonna vertebrale, si curva, causando lo sciogliersi dei nodi che impediscono il libero passaggio dell’energia, cosicché, ergendosi poi in piedi, la circolazione del prana è libera e priva di ostacoli.
Poiché ci vuole più tempo per recitare una presa di Rifugio https://www.sangye.it/altro/?p=5990 che per compiere una prosternazione, dovendone fare 100.000 di entrambe, le recitazioni che mancano possono essere aggiunte sia dopo aver terminato tutte le prosternazioni sia dopo ogni sessione di prosternazioni.
2) RECITAZIONE DEL MANTRA DI VAJRASATTVA.
Per purificarci dalle nostre negatività, cioè per neutralizzare il nostro karma negativo, è necessario l’intervento di un certo numero di forze o poteri diversi :
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un sentimento di profondo e sincero pentimento e rimorso per l’azione negativa compiuta, da confessare al Buddha o al Sangha, cioè il riconoscimento di non aver agito secondo una giusta moralità e il dispiacere (il rammaricarsi) nel renderci conto degli effetti negativi di quell’azione;
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l’applicazione di antidoti (o rimedi) per neutralizzare il karma negativo accumulato col corpo, con la parola e con la mente, cioè rispettivamente facendo prostrazioni, recitando sutra, preghiere e mantra https://www.sangye.it/altro/?p=6163 (comprendendo anche i nomi dei 35 Buddha https://www.sangye.it/altro/?p=6946 della Confessione), leggendo testi sacri (specialmente il Prajñaparamita sutra https://www.sangye.it/altro/?p=206), eseguendo (o facendo eseguire a nostre spese) pitture o statue sacre, stupa, atti d’offerta, meditando su bodhicitta, sul Rifugio e sulla Vacuità dell’azione negativa commessa, di chi l’ha compiuta e della vittima;
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la rinuncia a compiere in futuro azioni negative, cioè la sincera determinazione (o proposito) di non agire mai più (o almeno per un certo periodo) in modo sbagliato;
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la presa di Rifugio e la generazione di Bodhicitta https://www.sangye.it/altro/?p=7501: cioè la fede nel Buddha, Dharma e Sangha (a cui ci si affida), rivolgendo sempre il pensiero all’Illuminazione per il beneficio degli esseri senzienti (bodhicitta).
Questi 4 poteri costituiscono la “confessione” (sags-pa) https://www.sangye.it/altro/?p=8336: con essa ci si può purificare di ogni karma negativo, anche di quello derivante dai “5 tipi di azioni inespiabili” (Uccidere la propria madre. Uccidere il proprio padre. Uccidere un distruttore del nemico (Bodhisattva). Causare con intenzioni malvagie, lo spargimento di sangue di un Tathagata. Provocare uno scisma nel Sangha) oppure dall’infrazione del Samaya fondamentale (cioè dell’impegno che abbiamo assunto verso un guru particolare ricevendone l’iniziazione).
Tra le varie pratiche di purificazione la migliore è la meditazione di Vajrasattva, nella quale visualizziamo tale divinità sulla sommità del nostro capo e recitiamo il suo mantra.
Vajrasattva è la divinità che personifica il potere di tutti i Buddha di purificare la nostra mente dagli ostacoli creati dal karma negativo (compresa la rottura dei voti tantrici). Nella tradizione Karghyu-pa, la meditazione si articola come segue :
visualizziamo noi stessi nell’aspetto usuale, con un fiore di loto bianco sulla sommità della testa; su di esso è posato il disco piatto della luna piena, in modo da formare un trono su cui siede Vajrasattva (che rappresenta il nostro guru-radice, manifestato in un aspetto puro). Egli è bianco, tiene con la mano destra un vajra d’oro all’altezza del cuore e con la sinistra una campanella d’argento, è adorno di abiti di seta e di gioielli: è questo il “samayasattva”, una nostra creazione mentale, cioè il concetto visualizzato che noi abbiamo della divinità.
Nel suo cuore visualizziamo un disco lunare, su cui stanno la bianca sillaba-seme di Vajrasattva HUM e, intorno al margine esterno del disco, il ‘mantra delle 100 sillabe”, pure di color bianco.
Dalla sillaba HUM si irradia una luce per tutto l’universo, evocando la divinità vera e propria (jñanasattva), che è invitata a fondersi con il samayasattva e ad impregnarlo. Ciò avviene immaginando che i Buddha e i Bodhisattva di tutte le direzioni appaiano sotto forma di innumerevoli Vajrasattva che vengono assorbiti in quello precedentemente visualizzato sul capo: ora la divinità è veramente presente su di noi.
Riconoscendo quindi tutte le azioni negative commesse, ce ne pentiamo sinceramente e supplichiamo Vajrasattva di purificarci. In risposta a tale preghiera, dalla HUM e dal mantra nel cuore di Vajrasattva inizia a scorrere del nettare bianco simile a latte luminoso, che riempie il corpo della divinità fino a traboccarne, fluendo da essa nel nostro corpo attraverso un’apertura posta sulla nostra testa. Mentre esso ci pervade il corpo, espelle ogni negatività sotto forma di fuliggine o sporcizia attraverso gli orifizi di escrezione, i pori della pelle, i palmi delle mani e le piante dei piedi.
Durante la visualizzazione si recita continuamente il “mantra delle 100 sillabe”, che va ripetuto fino a 100.000 volte in successive sedute di meditazione1.
Al termine di ogni seduta supplichiamo Vajrasattva, riconosciamo tutte le nostre colpe e immaginiamo che la divinità (che è identica al nostro guru) ci dica che esse sono state purificate: al che dobbiamo sviluppare un atteggiamento di gioia.
Poi Vajrasattva si dissolve in luce e viene assorbito in noi, identificando il nostro corpo, parola e mente con i suoi. Infine, lasciamo riposare la mente in quello stato non-concettuale per un breve periodo.
Il testo del ‘mantra delle 100 sillabe’ è il seguente :
«OÏ! Vajrasattva samaya manupalaya,
Vajrasattva tenopatiszta,
dridho me bhawa,
sutokayo me bhawa,
supokayo me bhawa,
anurakto me bhawa.
Sarva siddhim me prayatza,
sarva karma sutza me.
Tsittam sri yam kuru hum.
HA HA HA HA HOH!
Bhagawan sarva Tathagata vajra ma me muntza.
Vajra bhawa,
mahasamaya sattva.
HA HUM PHAT!»
Il suo significato è il seguente :
«OM Vajrasattva, mantieni la (tua) promessa!
Vajrasattva, che io sia sorretto da te!
Rimani fermamente con me,
sii soddisfatto di me,
sii compiaciuto di me,
sii amorevole con me !
Concedimi tutte le realizzazioni,
rendi positive le mie azioni,
rendi più chiara la (mia) mente, HUM
HA HA HA HA HOH!
Benedetto, diamante di tutti i Tathagata, non abbandonarmi!
Natura adamantina,
Essere della grande promessa!
HA, HUM, PHAT!»
OM è simbolo degli indistruttibili corpo, parola e mente dei Buddha, premesso all’intero mantra quale espressione di buon augurio.
HUM è il simbolo dell’indistruttibile mente dei Buddha e quindi anche di quella di Vajrasattva.
HA HA HA HA HOH sono simboli dei 5 tipi della saggezza trascendentale : saggezza del Dharmadhatu, simile allo specchio, discriminante, dell’uguaglianza, che tutto realizza.
Tathagata = Tu che personifichi la natura adamantina di tutti i Buddha.
AH è il simbolo dell’indistruttibile parola dei Buddha e quindi anche di quella di Vajrasattva.
PHAT (pronunciato ‘pè) indica l’auspicio che ogni difetto mentale ed ogni negatività esterna vengano distrutti dalla natura adamantina.
“Vajrasattva, mantieni la (tua) promessa!”= Promessa assunta nei confronti di tutti gli esseri senzienti quando Vajrasattva aveva fatto il voto di bodhicitta per diventare un Buddha per il beneficio altrui.
Va anche recitato il mantra breve di Vajrasattva (“OM VAJRASATTVA HUM”) per 600.000 volte, con ripetizioni addizionali, per tener conto degli errori, fino ad un totale di 666.666 volte.
3) L’ OFFERTA DEL MANDALA.
Questo ‘preliminare straordinario’, con cui il meditante si arricchisce di karma positivo e di suprema conoscenza, si concretizza in una costruzione simbolica dell’universo concepito secondo la cosmogonia dell’Abhidharma e nella sua offerta alle Fonti di Rifugio per ringraziare i Maestri per il dono inestimabile della Dottrina.
Dunque, questo tipo particolare di mandala https://www.sangye.it/altro/?p=6114 rappresenta l’intero universo e tutto quanto di bello, piacevole e prezioso vi è contenuto (compresi il nostro corpo, i nostri beni materiali, i nostri meriti e quelli di tutti gli esseri): facendo l’«offerta del mandala» https://www.sangye.it/altro/?p=6106 si presenta ai Buddha e si dedica all’ideale del raggiungimento della Buddhità tutto ciò che esiste e tutto ciò che si possiede; inoltre, liberandoci mentalmente dai nostri beni, ci si stacca gradualmente dall’attaccamento che proviamo per essi.
In questa pratica si usano due piccoli piatti di metallo, detti “mandala” :
• quello detto “sgrub-pa’i mandal” (‘mandala del raggiungimento’) è il più bello dei due: esso viene posto sull’altare, con 5 mucchietti di riso (o miglio) sistemati uno al centro e gli altri nei 4 punti cardinali, e costituisce la base per visualizzare le 6 Fonti del Rifugio alle quali offriamo l’universo. Tale visualizzazione è simile a quella descritta nella “presa di Rifugio”, ma il lago e l’albero (con la sua assemblea di Esseri Illuminati) vengono immaginati all’interno di un enorme palazzo nel cielo difronte a noi, a base quadrata e con un ingresso ad ogni lato;
• l’altro mandala, che è tenuto nella mano sinistra, è il “mchod-pa’i mandal” (‘mandala per fare offerte’): costituisce la base per visualizzare l’universo offerto alle Fonti di Rifugio.
Invece di due, si può usare anche un solo piatto, che allora verrà tenuto in mano. Se non ne abbiamo alcuno, la pratica verrà svolta interamente con la visualizzazione.
La seduta inizia strofinando il 2° piatto con la parte interna del polso destro, pulendolo e lucidandolo tre volte in senso orario e tre in senso antiorario, mentre recitiamo il ‘mantra delle 100 sillabe’ di Vajrasattva. Rispettivamente simbolo di purificazione dagli atti negativi compiuti con corpo, parola e mente e simbolo dell’ottenimento delle virtù di corpo, parola e mente divini.
Quindi, iniziamo la costruzione su 3 livelli (concentrici e di diametro decrescente) dell’universo, costituito da 37 mucchietti di riso (o miglio) secondo una disposizione che corrisponde alla configurazione della cosmologia tibetana: al 1° livello mettiamo sul piatto (visualizzato come la base o fondamento del nostro universo) alcuni granelli in senso antiorario per formare un cerchio intorno al bordo del piatto stesso (per rappresentare la catena montuosa che circonda esternamente il nostro mondo); poi sistemiamo il 1° mucchietto di riso al centro del piatto per raffigurare il monte Meru e altri 4 nei punti cardinali per simboleggiare i continenti, a cui seguono gli 8 subcontinenti.
Nel 2° livello, di diametro inferiore al precedente, sistemiamo ai 4 punti cardinali altri mucchietti che rappresentano gli attributi particolari dei suddetti continenti, a partire dall’est (che corrisponde al nostro sud) in senso orario: la montagna di gioielli e sostanze preziose, il boschetto di alberi magici che concedono a chi li avvicina tutto ciò che desidera, la mandria di mucche che concedono a chi le avvicina tutto ciò che vuole, il campo di messi miracolose che crescono spontaneamente e in modo inesauribile. I successivi elementi della visualizzazione sono gli 8 preziosi attributi del ‘monarca universale’ (chakravartin): ruota, gioiello, consorte, ministro, elefante, cavallo, generale, vaso. Seguono 8 bellissime dee nell’atto di offrire diversi piaceri sensoriali : la dea della gioia, quella delle ghirlande di fiori, del canto, della danza, dei fiori, dell’incenso, della luce, dell’acqua profumata.
E’ poi la volta del 3° livello, più ridotto dei precedenti: qui si dispongono il sole e la luna, nonché il parasole (simbolo di maestà e di potere) e il vessillo della vittoria (simbolo del superamento delle forze del male).
Per completare questo ‘preliminare straordinario’ si ripete 100.000 volte l’offerta del mandala https://www.sangye.it/altro/?p=10067 come è stata ora descritta oppure nella sua versione abbreviata nota come “il mandala di 7 punti”, in cui ci si limita a sistemare altrettanti mucchietti di riso
− nel centro del mandala per rappresentare il Meru;
− ai punti cardinali per raffigurare i 4 continenti;
− a nord-est e a sud-ovest per simboleggiare rispettivamente il sole e la luna.
L’offerta è abbinata alla seguente preghiera (che va quindi ripetuta anch’essa 100.000 volte): “All’assemblea dei Buddha che stanno davanti a me offro questo mandala costruito su una base splendente di fiori, acqua di zafferano e incenso, e adorno del monte Meru e dei 4 continenti, del sole e della luna. Possano tutti gli esseri partecipare agli effetti benèfici di questa offerta.”
Dopo l’offerta si rovescia il mandala https://www.sangye.it/altro/?p=4446 verso di noi: mentre i grani ci cadono in grembo, si immagina di ricevere una pioggia di benedizioni e si dedicano a tutti gli esseri le energie positive così accumulate.
Si recitano varie preghiere, tra cui una forma abbreviata della “Preghiera dei 7 rami” https://www.sangye.it/altro/?p=8341, e quindi immaginiamo che l’assemblea visualizzata nel cielo si dissolva in luce e venga assorbita in noi stessi. Identifichiamo il nostro corpo, parola e mente
con quelli delle divinità e lasciamo riposare la mente in questo stato di consapevolezza non-concettuale.
4) IL GURU-YOGA.
Come abbiamo visto nel capitolo dedicato al Rifugio, ogni Maestro spirituale dal quale abbiamo ricevuto iniziazioni ed insegnamenti Vajrayana diventa uno dei nostri guru-radice. Il rapporto guru-discepolo viene paragonato ad un uncino e ad un anello: con l’«uncino della compassione del guru» e con l’«anello della fede del discepolo» è possibile creare un legame che non potrà spezzarsi finché l’allievo non avrà raggiunto l’Illuminazione.
Il guru-yoga è una pratica devozionale al nostro guru-radice, nella quale egli viene visualizzato nell’aspetto di un Essere Illuminato, viene ripetuto il mantra del suo nome, gli vengono fatte suppliche ed offerte; pratica che permette di far entrare in contatto diretto e in unione (yoga) la nostra mente ordinaria con la mente di saggezza del Maestro, ricevendo così l’influenza spirituale di tutti i guru del lignaggio (cioè la grazia o benedizione o ispirazione della discendenza di trasmissione iniziatica). Una pratica di guru-yoga è la guru-puja, che è il ‘metodo per fare offerte al guru’ e contiene tutti i punti essenziali dei sutra e dei tantra.
Pertanto, non si tratta solo di una pratica in cui si visualizza una divinità, ma è soprattutto il riconoscimento che il proprio guru-radice è in realtà un autentico Buddha. Con tale atteggiamento il praticante si applica in modo da compiacere effettivamente il proprio guru, seguendo i suoi consigli e soprattutto mettendo in pratica i suoi insegnamenti : in tal modo trasferisce nel proprio continuum mentale le realizzazioni del guru.
In questa pratica il nostro guru è visto come identico a tutti i Buddha, al nostro yi- dam e alla natura pura ed essenziale della nostra mente, dei quali egli è l’effettiva incarnazione. Pertanto, rispetto ai Tre Gioielli, il suo corpo personifica il Sangha, la sua parola il Dharma e la sua mente il Buddha; rispetto alle Tre Radici, il suo corpo incarna la forma fisica del Guru stesso, la sua parola è la manifestazione delle Dakini e dei Dharmapala, la sua mente lo è degli Yi-dam. Egli è quindi identico al livello assoluto di essere illuminato, cioè al livello Dharmakaya della realizzazione ultima che è simboleggiato da Vajradhara. Pertanto, egli è una fonte di benedizioni: si rivolgono preghiere al Maestro per ricevere le sue benedizioni e il suo potere spirituale e quelli del lignaggio cui appartiene3.
Nella pratica del Guru-yoga secondo la Scuola Kargyu-pa, visualizziamo come figura centrale il nostro guru-radice sopra la nostra testa (oppure nel cielo difronte a noi), seduto sul seggio formato dal trono, dal loto e dai dischi del sole e della luna: egli è rivolto nella nostra stessa direzione, coi guru del lignaggio, uno sull’altro, posti sul suo capo; è circondato dai guru degli altri lignaggi, mentre gli yi-dam (Chakrasamvara, ecc.) sono difronte a noi, Sakyamuni e tutti i “Buddha dei 3 tempi e delle 10 direzioni” sono alla nostra sinistra, il Dharma è dietro i guru del lignaggio, il Sangha (gli 8 Grandi Bodhisattva) si trova alla nostra destra e i Dharmapala stanno sotto l’intera assemblea1.
La liturgia comincia con la descrizione della suddetta assemblea e continua con la “preghiera dei 7 rami” https://www.sangye.it/altro/?p=6177; quindi si supplicano i guru del lignaggio Karghyu-pa di accordarci la loro benedizione così da poter scoprire e sperimentare in modo autentico e diretto la natura fondamentale della mente.
Si recita quindi la “preghiera dei quattro ma-rnams” (così detta perché ognuno dei suoi 4 versi comincia con tale parola tibetana): con essa il praticante riconosce che il guru personifica il Buddha e i suoi Tre Kaya.
A questo punto ripetiamo il “mantra del Karmapa”: «Karma-pa mkhyen-no», il cui significato può essere “Karmapa, mi appello a voi” o “Karmapa, conoscimi!” o “Il Karmapa sa”.
Il corpo principale della pratica del Guru-yoga è una preghiera di 7 versi, che comincia con le parole “Io supplico il prezioso guru”. In essa
-
a) si riconosce che il nostro egocentrismo è l’ostacolo maggiore al raggiungimento dell’Illuminazione;
-
b) si chiede la benedizione per far cessare il concetto dell’io auto-esistente ed ottenere così uno stato di appagamento in cui non abbiamo nessun bisogno da soddisfare;
-
c) si prega per realizzare direttamente la natura della mente come non-originata e non soggetta a nascita e morte ;
-
d) si chiede che, attraverso l’esperienza della vera natura della mente, vengano eliminati tutti i livelli di ignoranza mentale e l’intero mondo fenomenico venga percepito come la manifestazione dell’essenziale vacuità della mente.
Al termine di ogni seduta del Guru-yoga, le figure visualizzate intorno al Guru centrale si dissolvono in una luce che viene poi assorbita in quello.
Quindi cominciamo la meditazione detta “Il ricevere iniziazioni dal guru”, immaginando che
1] dalla fronte del guru emerge un raggio di luce bianca (che è la benedizione del corpo di tutti i Buddha), il quale tocca il chakra della nostra fronte e vi si assorbe. Questa “iniziazione del vaso”:
−purifica il karma accumulato con le azioni negative del nostro corpo,
−rende pure le nostre nadi,
−ci consente di meditare sulle immagini delle divinità rafforzando la nostra capacità di visualizzazione nella Fase di Sviluppo dell’Anuttarayoga-tantra,
−ci dà il potere di raggiungere il Nirmanakaya (la manifestazione dell’Illuminazione nel corpo fisico), cioè di trasformare le nostre facoltà fisiche dall’aspetto ordinario al loro equivalente illuminato (unione di forma e vacuità);
2] dalla gola del guru emerge un raggio di luce rossa (che è la benedizione della
parola di tutti i Buddha), la quale tocca il chakra della nostra gola e vi si assorbe.
Questa “iniziazione segreta”:
−purifica il karma accumulato con le parole negative che abbiamo pronunciato,
−rende puro il prana delle nostre nadi e dei chakra,
−ci consente di praticare (nella Fase di Completamento) col ‘corpo sottile’ e rafforza la nostra capacità di recitare i mantra,
−ci dà il potere di raggiungere il Sambogakaya (il livello dell’Illuminazione del suono puro), cioè di trasformare le nostre ordinarie facoltà verbali (parola, linguaggio e comunicazione) nel loro equivalente illuminato (unione di suono e vacuità);
3] dal cuore del guru emerge un raggio di luce blu (che è la benedizione della mente di tutti i Buddha), la quale viene assorbita dal chakra del nostro cuore. Questa “iniziazione della comprensione della saggezza”
−purifica il karma accumulato coi nostri pensieri negativi,
−rende puro il thig-le (permettendoci di controllarlo),
−ci consente di praticare gli yoga più avanzati (come la meditazione yab-yum),
−ci dà il potere di raggiungere il Dharmakaya (unione di beatitudine e vacuità), cioè di trasformare le nostre ordinarie facoltà mentali nel loro equivalente illuminato (l’esperienza che la natura della mente è intangibile e senza forma); in effetti, col Guru-yoga si può ottenere il “Corpo Illusorio puro” e l’effettiva consapevolezza della Chiara Luce, fattori che conducono all’Illuminazione;
4) le 3 luci suddette emergono simultaneamente dai rispettivi punti del corpo del guru e vengono contemporaneamente assorbiti nel nostro. Questa “quarta iniziazione” (o “iniziazione della preziosa voce”):
−produce la simultanea purificazione delle nostre negatività fisiche, verbali e mentali,
−ci introduce all’esperienza della Mahamudra https://www.sangye.it/altro/?cat=19 (esperienza diretta della vera natura della mente),
−ci dà il potere di raggiungere lo Svabhavikakaya (l’integrazione dei succitati 3 aspetti dell’Illuminazione come un’unica esperienza e non come tre cose separate e distinte).
Infine, meditiamo che il guru si dissolve in luce, che viene assorbita in noi : il nostro corpo, parola e mente si identificano così con quelli del guru. La meditazione termina in uno stato rilassato di spaziosità e di consapevolezza non-concettuale, nel quale lasciamo riposare la mente finché lo desideri.
Fonte, che gentilmente si ringrazia https://www.centroyogadalmine.it/buddhopera.html