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Sua Santità il Dalai Lama: “L’Essenza della via di mezzo” di Bhavaviveka, 1° giorno
Febbraio 21st, 2019 by admin

Sua Santità il Dalai Lama legge l'”Essenza della Via di Mezzo” di Bhavaviveka, il primo giorno dei suoi insegnamenti presso il Tempio Tibetano Principale di Dharamsala, India il 20 febbraio 2019. Foto di Tenzin Choejor

20 febbraio 2019, Thekchen Chöling, Dharamsala, India – Nonostante il freddo pungente e il cielo coperto, questa mattina oltre settemila persone si sono riunite nel Tsuglagkhang, il tempio tibetano principale, e nel cortile antistante per il primo giorno di insegnamenti di Sua Santità il Dalai Lama. Più di duemila monaci e monache, molti dei quali provenienti dal sud dell’India, tibetani residenti in questa regione e un migliaio di praticanti provenienti da cinquantaquattro diversi Paesi. Sua Santità il Dalai Lama è arrivato poco prima di quanto annunciato e ha iniziato immediatamente a dare insegnamenti.

“Oggi affronteremo il commentario sulla “Essenza della Via di Mezzo”. Come scrive Je Tsongkhapa all’inizio della sua “Grande Esposizione del Tantra”: dovremmo essere in grado di dimostrare gli insegnamenti del Buddha sulla base della ragione, per non lasciarci sviare dagli avversari. Io stesso ho fatto una considerazione simile alla fine della “Lode ai 17 Maestri del Nalanda”: è estremamente importante che quelli di noi che seguono il Buddha abbiano una fede fondata sulla conoscenza del suo insegnamento. Pertanto, dovremmo esaminarne le argomentazioni con una mente imparziale e curiosa, analizzandole attentamente.

In India sono fiorite molte scuole di pensiero tra loro concorrenti, Bhavaviveka (500-78 CE) ne confuta i vari punti di vista e questo rende la sua opera particolarmente preziosa”.

“Quando invece Atisha compose la “Lampada sul sentiero per l’Illuminazione” https://www.sangye.it/altro/?p=81, in Tibet nell’XI secolo, l’opera era destinata a un individuo, con lo scopo di trasformare la sua mente in un modo specifico”.

“Ho ricevuto la trasmissione dei tredici testi classici da Khunu Lama Rinpoche, da Geshe Rigzin Tenpa, da Khenpo Kunga Wangchuk e così via e ho pensato che fosse importante ricevere la trasmissione anche di quest’opera, ma ho scoperto che non ne esisteva neppure una copia. Così ho ritenuto che se avessimo trovato un commentario al testo avrei potuto ricevere questi insegnamenti e ho chiesto a Sakya Khenpo Kunga Wangchuk (1921-2008) di scriverne uno e consegnarmelo. Il grande pandita indiano Bhavaviveka (VI secolo d.C.) compose questo testo in versi e scrisse anche il suo commento in prosa, conosciuto con il titolo di “Tarkajvala”.

Sua Santità ha poi iniziato a leggere. Dopo il titolo in sanscrito – Madhyamakahrdayakarika – ha fatto notare che per qualche motivo Khenpo Kunga Wangchuk aveva scritto “e nella lingua del Tibet centrale” piuttosto che in tibetano. Il titolo dell’opera in tibetano è comunque ‘Uma Nyingpo‘, e la lingua adottata è quella stabilita dal re Songtsen Gampo e in cui il re Trisong Detsen commissionò la traduzione del Kangyur e del Tengyur.

Il testo prosegue con l’omaggio del traduttore, noto anche come “saluto imposto dal comando reale”. Il re Tri Ralpachen aveva infatti decretato che l’omaggio del traduttore dovesse indicare a quale sezione dei Tre Canestri degli insegnamenti del Buddha apparteneva l’opera. In questo caso, l’omaggio a Manjushri indica che l’opera appartiene all’Abhidharma o raccolta di conoscenze superiori.

Sua Santità ha osservato che sono presenti numerose citazioni riguardo alla chiara luce soggettiva della mente, a cui aveva fatto riferimento anche negli insegnamenti di ieri, e ha spiegato che è stata rivelata nel terzo ciclo degli insegnamenti del Buddha. Questa consapevolezza incontaminata, ha detto, non ha cause e né condizioni avventizie, ma esiste da un tempo senza inizio.

“Per quale ragione è stato composto questo trattato? Per portare all’illuminazione coloro che hanno sviluppato la mente del risveglio di bodhicitta. In altre parole: chi ha sviluppato la mente del risveglio non dovrebbe mai abbandonarla, ma coltivare le quattro intenzioni di realizzare gli scopi degli esseri senzienti e condurli sul retto sentiero”. Sua Santità ha ribadito che Bhavaviveka fu il primo maestro Madhyamaka a fare un’analisi critica delle tesi delle scuole di pensiero rivali e delle differenze intellettuali e filosofiche che animavano la comunità buddhista dell’epoca”.

Dopo aver letto il primo capitolo, ‘Non abbandonare la bodhicitta’, Sua Santità è passato al secondo, “Impegnarsi nella pratica ascetica del saggio”. Ancora una volta, ha ribadito che la mente è un flusso di coscienza, intesa come il continuum di un essere senziente. Poiché la coscienza è un continuum, una persona non può essere intrinsecamente esistente. Ha aggiunto che l’interesse della comunità scientifica per la mente sottile sta aumentando in parte come risultato del tentativo di trovare una spiegazione ai ricordi che alcune persone hanno delle proprie vite precedenti e al thukdam, il fenomeno che si verifica quando il corpo di un meditatore esperto non si decompone dopo essere stato dichiarato clinicamente morto. La spiegazione buddhista è che ciò si verifica a causa della presenza della coscienza sottile.

Sua Santità ha poi iniziato a leggere il terzo capitolo, “La ricerca per comprendere la realtà” e si è fermato al verso 260. Riprenderà la lettura e il commento domani.

http://it.dalailama.com/news/2019/lessenza-della-via-di-mezzo-di-bhavaviveka-primo-giorno


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