Ven. Thubten Pemo: Perché fare un ritiro?

La Ven. Thubten Pemo, newyorkese, è stata tra i primi studenti di Lama Thubten Yeshe e Lama Zopa Rinpoche.

Ven. Thubten Pemo. Il beneficio di fare un ritiro è che si diventa una persona migliore, un essere umano migliore, un buon membro della società umana. Si diventa migliori di quanto non si fosse prima e, poco alla volta, si abbandona ogni pensiero o desiderio di fare del male agli altri esseri viventi. Si aiuta, si serve e si beneficiano gli altri con il corpo, la parola e la mente.

Il beneficio di fare un ritiro è che si diventa più calorosi, più amorevoli, generosi, aperti, compassionevoli, pazienti e sinceramente gentili. Una persona gentile. Si diventa davvero gentili.

Per più di trent’anni ho ascoltato gli insegnamenti buddhisti e ho cercato di comprenderli. Durante i miei ritiri ho deciso che la cosa più importante nella nostra vita è la gentilezza. Essere gentili. Con tutti quelli che incontriamo. Sempre. Tutti apprezzano la gentilezza. Tutti vogliono ricevere gentilezza. La gentilezza è il senso della vita. Gentilezza amorevole. Compassione. Bodhicitta. Sono il senso e lo scopo della nostra rinascita umana.

Sua Santità il Dalai Lama ha detto: “La mia religione è la gentilezza”. Il Buddhismo ha migliaia di insegnamenti e Sua Santità li ha condensati in una sola parola: gentilezza. Una parola dal significato vasto e profondo. Essere gentili è il compito della nostra vita, desiderare di essere gentili, coltivare la gentilezza, esprimere la nostra amorevolezza ogni volta che interagiamo con gli altri. Guardare con occhi amorevoli un altro essere senziente. Agire sempre con amore. Coltivare questo atteggiamento è il beneficio di fare un ritiro. Continue reading »

Ven. Ghesce Tenzin Temphel: Insegnamenti sul Commentario alla Mente dell’Illuminazione di Nāgārjuna

Ven. Ghesce Tenzin Temphel: Siamo noi che dobbiamo trasformare la nostra mente. Siamo noi che dobbiamo cambiarla. Siamo noi i responsabili di trasformare, cambiare la nostra mente, di realizzare la nostra felicità.

Ven. Ghesce Tenzin Temphel: Insegnamenti sul Commentario alla Mente dell’Illuminazione di Nāgārjuna. Istituto Lama Tzong Khapa, Pomaia, Pi, 30/07-06/08/2023

È sempre importante generare una buona motivazione quando si ascoltano gli insegnamenti di Dharma e verificarla, chiederci se effettivamente la nostra motivazione è positiva e cosa significa.

Tutti noi desideriamo la felicità e la desiderano tutti gli esseri. Tuttavia siamo sofferenti. Perché? Ci si ammala perché il nostro corpo è della natura della sofferenza, tuttavia abbiamo dei mezzi per lenire la sofferenza del corpo. Siamo avanzati nel progresso materiale, ma, a livello interiore, non lo siamo molto. Se manca questo livello interiore è impossibile ottenere la pace e la serenità. Il miglioramento economico non ha portato ad un progresso della mente, al miglioramento della nostra interiorità, ed è li che dobbiamo arrivare.

Il luogo principale dove creare la felicità è nella mente. E, per farlo dobbiamo trasformare il nostro modo di pensare. Proprio perché non vogliamo alcuna sofferenza non vogliamo problemi e quando li troviamo diventiamo infelici. Non possiamo eliminare la sofferenza semplicemente non desiderandola. Diventiamo infelici quando incontriamo un problema. In tal modo il potere della nostra mente si affievolisce.

Dobbiamo accettare la situazione.

Se c’è un rimedio allora dobbiamo applicarlo per risolvere il problema. Altrimenti: che serve preoccuparsi? Una gran parte della nostra infelicità deriva dal non voler sperimentare la sofferenza e proprio il non voler sperimentare i problemi diventa a sua volta causa della sofferenza. Continue reading »

Chögyal Namkhai Norbu: Compassione, cultura e comprensione

Chögyal Namkhai Norbu: “La nostra condizione naturale é pura fin dall’inizio. Ciò che è necessario è che ci risvegliamo e rimaniamo nella nostra vera natura”.

Chögyal Namkhai Norbu: Compassione, cultura e comprensione

“Chi comincia a sviluppare un interesse per gli insegnamenti può tendere ad allontanarsi dalla realtà delle cose materiali, come se gli insegnamenti fossero un qualcosa di completamente estraneo alla vita quotidiana. Spesso, alla base di tutto questo, c’è un atteggiamento di rinuncia, di fuga dai propri problemi, con l’illusione di essere in grado di trovare qualcosa che ci aiuterà miracolosamente a trascendere tutto questo. Ma gli insegnamenti si basano sul principio della nostra attuale condizione umana. Abbiamo un corpo fisico con tutti i suoi vari limiti: ogni giorno dobbiamo mangiare, lavorare, riposare, ecc.. Questa è la nostra realtà, e non possiamo ignorarla.

Gli insegnamenti Dzogchen non sono né una filosofia, né una dottrina religiosa, né una tradizione culturale. Comprendere il messaggio degli insegnamenti significa scoprire la propria vera condizione, spogliata di tutti gli autoinganni e le falsificazioni che la mente crea. Il significato stesso del termine tibetano Dzogchen, Grande Perfezione, si riferisce al vero stato primordiale di ogni individuo e non ad alcuna realtà trascendente.

Molti percorsi spirituali hanno come base il principio della compassione, del beneficare gli altri. Nella tradizione buddista Mahayana, ad esempio, la compassione è uno dei punti fondamentali della pratica, insieme alla conoscenza della vera natura dei fenomeni, o vacuità. A volte, però, la compassione può diventare qualcosa di costruito e provvisorio, perché non ne comprendiamo il vero principio. Una compassione genuina, non artificiale, può sorgere solo dopo che abbiamo scoperto la nostra condizione. Osservando i nostri limiti, i nostri condizionamenti, i nostri conflitti e così via, possiamo diventare veramente consapevoli della sofferenza degli altri, e allora la nostra stessa esperienza diventa una base o un modello per poter meglio comprendere e aiutare coloro che ci circondano.

L’unica fonte di ogni tipo di beneficio per gli altri è la consapevolezza della propria condizione. Quando sappiamo come aiutare noi stessi e come lavorare con la nostra situazione, possiamo davvero beneficiare gli altri e il nostro sentimento di compassione sorgerà spontaneamente, senza la necessità per noi di attenerci alle regole di comportamento di una data dottrina religiosa. Continue reading »

Ven. Ghesce Tenzin Tenphel: Le otto strofe della Trasformazione del Pensiero

Ven. Ghesce Tenzin Tenphel: Se sappiamo pensare correttamente, se la nostra amorevole gentilezza è perfetta, tanto più la nostra compassione sarà intensa.

Insegnamenti del Ven. Ghesce Tenzin Tenphel il 3, 4 e 5 febbraio 2023 all’Istituto Lama Tzongkapa, Pomaia, PI, su “Il destino compiuto”. L’educazione di Tzong Khapa in un canto di realizzazione. Una panoramica di come Je Rimpoche ha ottenuto le realizzazioni.

Dal momento che il buddismo tibetano rappresenta la tradizione buddista più completa oggi, dovremmo essere grati ai maestri del passato come Jé Tsongkhapa e seguire il loro esempio condividendo le nostre conoscenze con gli altri”. (Sua Santità il Dalai Lama)

In questo testo, Il destino compiuto, Lama Tzong Khapa, racconta ciò che ha studiato e come le scritture si sono rivelate a lui come istruzioni spirituali. Studiò i grandi trattati indiani alla luce della logica e della ragione.

Ciò che Tzong Khapa rivela è come ottenne un vasto apprendimento, entrò nella vita di un eremita e acquisì esperienza delle fasi del sentiero, inclusi i sentieri profondi ed estesi.
Il testo è stato scelto da Sua Santità il Dalai Lama, durante gli insegnamenti del 1° giugno 2021, per far conoscere ai giovani tibetani l’origine della tradizione Ghelug e il venerabile Ghesce Tenzin Tenphel ha espresso il desiderio di seguire il Suo esempio esponendo i contenuti durante gli insegnamenti.

Appunti non revisionati ed editing del Dott. Luciano Villa nell’ambito del Progetto “Free Dharma Teachings, per il beneficio di tutti gli esseri senzienti”. Ci scusiamo per ogni errore ed omissione. Traduzione dal tibetano di Filippo Centrone che vivamente si ringrazia. L’insegnamento del Ven. Ghesce Tenzin Tenphel è focalizzato su “Gli otto versi dell’addestramento mentale” oGli otto versi di trasformazione mentale” oLe otto strofe della Trasformazione del Pensiero”, in tibetano Blo-sbyong tsig-brgyad-ma, Lojong di Langri Tangpa Dorje Senghe.

Ven. Ghesce Tenzin Tenphel

venerdì 03/02/2023

Destino compiuto” https://www.sangye.it/altro/?p=11556 di Lama Tzong Khapa è come una sua biografia.

Lama Tzong Khapa: All’inizio, ho cercato un ampio apprendimento,
Nel mezzo, tutti gli insegnamenti sono apparsi come istruzione spirituale,
E, alla fine, ho praticato tutto il giorno e tutta la notte:

Tutto questo l’ho dedicato alla diffusione dell’Insegnamento!

Qual è la necessità di ascoltare molto? Per comprenderlo dobbiamo partire dalla radice della sofferenza che è rappresentata dalle afflizioni mentali che, a loro volta, provocano karma negativo.

Per emanciparci dalla sofferenza dobbiamo cercare di comprendere e per farlo dobbiamo studiare. E questa è la ragione prima di cercare di ascoltare intensamente, così come dice Lama Tzong Khapa: “All’inizio ho ascoltato molto”. Continue reading »

Ven. Sogan Rinpoche: Commentario sulle 37 Pratiche del Bodhisattva

Il Ven Sogan Rinpoce col Dr. Luciano Villa

Insegnamenti del Ven. Sogan Rinpoche il 09/03/2019 al Centro Tupten Osel Ling di Manzano di Mori (TN) sulle Trentasette Pratiche del Bodhisattva di Gyalse Togme Zangpo. Traduzione dal tibetano in italiano di Fabrizio Pallotti, appunti ed editing del Dr. Luciano Villa nell’ambito del Progetto Free Dharma Teachings per il beneficio di tutti gli esseri senzienti. Ci scusiamo per qualsiasi errore ed imperfezione.

Ven. Sogan Rinpoche.

Saluto tutti voi, molti di voi vengono da lontano, ed è stato impegnativo e, da parte mia, ho impiegato nove ore d’aereo per giungere in Italia, e vi apprezzo molto.

Generiamo una buona motivazione per il beneficio di tutti gli esseri senzienti affinché tutti possano ottenere l’illuminazione, a questa motivazione improntiamo la nostra condotta. Continue reading »

Ven. Ghesce Tenzin Tenphel: Gli otto Dharma mondani

Ven. Ghesce Tenzin Tenphel: “Se partiamo con questo atteggiamento tranquillo, sereno, è sicuro che un po’ alla volta arriveremo ad un punto in cui tutte le 24 ore saranno pratica.”

Ven. Ghesce Tenzin Tenphel: Gli otto Dharma mondani: sconfiggere le preoccupazioni

La cosa importante da fare, all’inizio, è sempre quella di generare una motivazione positiva, e questo vale in particolare, e soprattutto, quando insegniamo il Dharma oppure ascoltiamo il Dharma. Insomma, quando compiamo questo tipo di attività è fondamentale la motivazione. E, in realtà, sarebbe importante sviluppare sempre un’abitudine a coltivare una motivazione positiva.

Quindi, è importante abituarsi a questa cosa. Per lo meno nelle attività di ascolto del Dharma, nelle attività di meditazione, nelle attività in cui facciamo dei canti, delle recitazioni. In particolare, in questo tipo di pratiche, se noi le facciamo dopo aver generato una motivazione positiva, allora queste pratiche riescono in modo perfetto, quindi è molto importante. Che tipo di motivazione?

Se riusciamo, una motivazione altruistica e, diciamo, come minimo, la motivazione di non danneggiare, di non fare del male agli altri.

Quindi, per questo discorso che stiamo facendo, diciamo almeno che nelle attività di ascolto e di pratica del Dharma è importante avere una motivazione positiva. Perché diciamo “almeno” in queste pratiche? Perché è difficile avere una motivazione positiva sempre, durante la maggior parte del nostro tempo.

Durante la maggior parte del nostro tempo quello che succede è che non abbiamo una motivazione positiva e quindi le nostre azioni finiscono col diventare delle azioni non virtuose.

E le azioni non virtuose che cosa sono? Sono causa di sofferenza, ma noi in realtà non vogliamo soffrire, vogliamo stare bene. Però, appunto, le azioni che compiamo la maggior parte del tempo sono causa di sofferenza e, se noi vogliamo stare bene, vogliamo la felicità, purtroppo non basta questo desiderio, non basta desiderare la felicità per ottenerla, bisogna porre le cause della felicità. Continue reading »

Ven. Ghesce Gendun Tharcin: Il Dharma

Ven. Ghesce Gendun Tharcin: Tutte le esperienze devono avere la capacità di trasformare la nostra mente.

Ven. Ghesce Gendun Tharcin: Tutte le esperienze devono avere la capacità di trasformare la nostra mente.

Ven. Ghesce Gendun Tharcin: Il Dharma

Insegnamento del Ven. Ghesce Gendun Tharcin conferito il 03.11.16 alla Fondazione Maitreya, Via Clementina 7, Roma. Appunti ed editing del Dr. Luciano Villa, revisione di Graziella Romania nell’ambito del Progetto “Free Dharma Teachings” per il beneficio di tutti gli esseri senzienti.

Ven. Ghesce Gendun Tharcin

Benvenuti tutti al Dharma. Continue reading »

I principi buddhisti fondamentali

Sua Santità il Dalai Lama afferma che l'essenza del Buddhismo consiste nell’essere il più possibile di beneficio per tutti gli esseri viventi o almeno di non danneggiarli.

Sua Santità il Dalai Lama afferma che l'essenza del Buddhismo consiste nell’essere il più possibile di beneficio per tutti gli esseri viventi o almeno di non danneggiarli.

Sua Santità il Dalai Lama: I Principi Buddhisti Fondamentali.

L’intero corpus degli insegnamenti buddhisti è comunque compreso nel primo insegnamento che il Buddha impartì a Sarnath, nel parco delle Gazzelle (anche nell’iconografia buddhista questo avvenimento è stato sin dalle origini ricordato con simboli che ancor oggi si ritrovano nei paesi buddhisti come le gazzelle accovacciate ai due lati della Ruota del Dharma che ricordano appunto il Parco di Jetavatana in cui la ruota iniziò a girare): l’Insegnamento delle Quattro Nobili Verità le realtà esperienziali sperimentate dal Buddha stesso. Continue reading »

Ultimo discorso del Ven. Tulku Ghiatso

Sua santitàil Dalai Lama benedice il Ven. Tulku Ghiatso

Sua santitàil Dalai Lama benedice il Ven. Tulku Ghiatso

Frammenti dell’ultimo discorso del Ven. Tulku Ghiatso al Centro Ewam di Firenze durante la cerimonia della puja di lunga vita il giorno 17 novembre 2011. (L’audio comincia con Sonam Thutop che traduce in italiano, ma non c’è il discorso originale di Rinpoce … e nell’ultima parte l’audio è davvero disturbato).

Vi ringrazio molto per essere venuti a questa cerimonia di lunga vita che mi state offrendo, ma vi chiedo piuttosto di pregare per la lunga vita di Sua Santità il Dalai Lama e di Lama Zopa Rinpoce (che non sta tanto bene), i maestri del mio monastero in Tibet, i detentori del Dharma, Dagri Rinpoce, Kensur Ghesce Ciampa Tegciok, Ghesce Tenzin Tenphel, e tutti i preziosi maestri. Continue reading »

La Ruota della Vita o ruota del Samsara

La ruota della vita o ruota del samsara.La Ruota della Vita o ruota del Samsara – Tratto da: “La pratica della divinità nell’arte tibetana” di Jonathan Landaw e Andy Weber ed. Chiara Luce.

Kalu Rinpoche, “le cause del samsara sono prodotte dalla mente, e la mente è ciò che ne sperimenta le conseguenze. Null’altro che la mente crea l’universo, e null’altro che essa lo sperimenta “.

Secondo la dottrina buddhista, il cosmo non è né permanente né creato.

Al suo vertice vi sono i quattro regni di rinascita puramente mentale, senza forma; al di sotto i regni di pura forma, dove abitano gli dei, che non sono né permanenti, né eterni; al di sotto il regno del desiderio, dove vivono gli dei vedici, gli animali, gli uomini e gli dei gelosi.

Ancora al di sotto vi sono i regni degli spiriti famelici e gli inferi.

All’interno di questa ruota si trovano sei sfere d’esistenza in ognuna delle quali può rinascere l’ Esistenza.

Il diagramma noto come Ruota della Vita, che illustra i vari reami dell’esistenza ciclica e gli esseri che li abitano, è principalmente un supporto visivo che ci permette di ottenere una chiara comprensione di come opera la nostra mente. Continue reading »

Cos’è uno Stupa?

Il gran Stupa di Gyantze Tibet

Il gran Stupa di Gyantze Tibet

Lo Stupa rappresenta la mente pura del Buddha, Dharmakaya, e ciascuna delle sue parti mostra il Sentiero verso l’Illuminazione.

· La piattaforma alla base simboleggia le 10 virtù:

3 del corpo (proteggere la vita, praticare la generosità, avere una condotta corretta)
4 della parola (dire la verità, riconciliare, parlare in modo tranquillo e dolce, fare discorsi sensati)
3 della mente (non avere attaccamento, essere altruisti, avere visioni corrette)

· I tre scalini al di sopra rappresentano i tre oggetti di Rifugio: Continue reading »

Campo del rifugio e campo dei meriti

Ven. Birgit Schweiberer

Ven. Birgit Schweiberer

Una breve spiegazione orale data dalla Ven. Birgit Schweiberer durante il ritiro finale del Basic Program. Aprile 2007

È il primo Campo a cui ci affidiamo nel momento in cui prendiamo rifugio. Normalmente, viene in seguito dissolto e allora visualizziamo il Campo dei Meriti. Alle volte i due Campi sono uguali, altre volte sono diversi: dipende dalle pratiche. Nel nostro caso sono leggermente diversi tra loro.

Occorre ricordare che i Maestri dicono sempre che non c’è un modo ideale, prestabilito, secondo cui visualizzarli, ma che la cosa più importante è sviluppare fede. Di solito non siamo capaci di visualizzare tutti i dettagli del Campo del Rifugio e di quello dei Meriti, ma è essenziale generare la convinzione che gli esseri che compaiono nei rispettivi campi siano effettivamente lì. Sono davvero presenti, sono in grado di darci ispirazione, e quindi noi generiamo fede: non è così importante avere una visualizzazione del tutto chiara. Continue reading »

Pema Chodron: La pratica del TongLen

Pema Chodron

Pema Chodron

Pema Chodron: La pratica del TongLen. Per avere compassione per gli altri, dobbiamo avere compassione per noi stessi.

In particolare, aver cura di altre persone che hanno paura, rabbia, gelosia, che sono sopraffatte da dipendenze di ogni genere, arroganti, orgogliose, avare, egoiste, meschine, e così via, avere compassione e cura di queste persone significa non fuggire dal dolore di trovare queste cose in noi stessi. In realtà, può cambiare tutto l’atteggiamento verso il dolore. Invece di respingerlo e di nascondersi, si può aprire il cuore e permettersi di provare il dolore, sentirlo come qualcosa che ci ammorbidirà e purificherà e ci renderà molto più amorevoli e gentili.

La pratica TongLen è un metodo per connettersi con la sofferenza, la nostra e quella che è tutt’intorno a noi, ovunque andiamo. Continue reading »

Gli Otto Precetti Mahayana

buddha

I precetti buddhisti non sono dei comandamenti, né semplici doveri. Si tratta piuttosto di strumenti utili per favorire il nostro cammino spirituale, la nostra comprensione, il nostro Risveglio. Sebbene i precetti si esprimano attraverso modelli di comportamento, la loro pratica non richiede un semplice adattamento forzato a tali modelli, bensì la consapevolezza che i precetti esprimono il principio secondo il quale tutti gli esseri e tutti i fenomeni sono interdipendenti.

1. Rispettare la vita di tutti gli esseri senzienti.
Si noti che non si parla semplicemente di “non uccidere”. La nostra pratica richiede piena sintonia con l’amore per tutti gli esseri viventi, quindi il rispetto non è mera astensione da comportamenti distruttivi. Rispettare la vita implica anche dei comportamenti attivi e positivi, verso tutto ciò che può tutelare o difendere la vita in tutte le sue manifestazioni. Continue reading »

I Quattro Pensieri Illimitati

bh-kushinagarI Quattro Pensieri Illimitati
Possano tutti gli esseri separarsi dall’attaccamento
e dall’odio dall’essere vicini ad alcuni e lontani da altri
possa io essere equanime verso di loro.

Possano ottenere la straordinaria felicità degli
esseri superiori
possa io fare loro il dono dell’amore.
Possano attraversare l’oceano della sofferenza Continue reading »

Serkong Rinpoche: il samsara è la sofferenza, 
il Dharma la felicità

Il Ven. Lama Tsenzhab Serkong Rinpoche maestro dei grandi meditatori, qui nel suo eremo nei boschi e sulle montagne nivali sopra Dharamsala.

Il Ven. Lama Tsenzhab Serkong Rinpoche maestro dei grandi meditatori, qui nel suo eremo nei boschi e sulle montagne nivali sopra Dharamsala. 

Alla fine del samsara c’è la sofferenza, 
alla fine del Dharma c’è la felicità

Insegnamento del Ven. Lama Tsenzhab Serkong Rinpoche I a Longueuil, Quebec (Canada) il 19 Agosto 1980, tradotto da Alexander Berzin. –

Tutti gli esseri desiderano essere felici, nessuno vuole essere infelice. Il Dharma insegna i metodi per liberarci dalla sofferenza e raggiungere la felicità; il Dharma che noi pratichiamo è, letteralmente, qualcosa che ci sostiene. Questo si può spiegare in molti modi: ci trattiene dalla sofferenza e detiene tutte le vere fonti della felicità.

La felicità può essere sia fisica che mentale, e analogamente ci sono due tipi di sofferenza: fisica e mentale. Molti di noi, sebbene desiderino la felicità, non conoscono i metodi per ottenerla; così i metodi che utilizziamo ci portano alla sofferenza. Continue reading »

Ven. Kensur Jampa Tegchok: Originazione dipendente e vacuità.

Ven. Kensur Jampa Tegchok: Quando diciamo che ciascun singolo fenomeno ha la sua propria entità, la sua propria natura, questa è la natura che è stabilita in dipendenza, nominalmente, sulla base dell’essere un sorgere dipendente, e così via.

Ven. Kensur Jampa Tegchok: Quando diciamo che ciascun singolo fenomeno ha la sua propria entità, la sua propria natura, questa è la natura che è stabilita in dipendenza, nominalmente, sulla base dell’essere un sorgere dipendente, e così via.

Ven. Kensur Jampa Tegchok: Originazione dipendente e vacuità.
Quando parliamo di esseri senzienti ordinari immaturi si tratta di coloro che non hanno realizzato la vacuità. Tutto quello che essi percepiscono – ad es. i colori come blu, giallo, verde e così via, le forme, i suoni, i sapori, ecc. – non lo percepiscono nel loro modo reale di dimorare; il loro modo reale è quello di sorgere in modo dipendente dalle cause e dalle condizioni, ma essi sono oscurati dal vederlo. Continue reading »

Ven. Khenrab Rinpoche: La Storia del Buddha

Ven. Lama Khenrab Rinpoche

Ven. Lama Khenrab Rinpoche

Ven. Khenrab Rinpoche: La Storia del Buddha.

Cominciamo subito col dire che il termine ‘Buddha’ non è un nome di persona, significa semplicemente “Risvegliato”. Risvegliato alla vera realtà del mondo. Tuttavia, esistette davvero un personaggio storico con il nome di Buddha.Dopo moltissime vite condotte in piena santità, il Buddha viveva tranquillo nel più alto dei cieli, quando Brahma, il grande dio degli indù, e i quattro Re Celesti lo pregarono di rinascere sulla Terra. La madre del Buddha era una regina, e si chiamava Srimahamaya. La notte prima del concepimento del suo bimbo, lei sognò che un elefante bianco era disceso dalle montagne d’oro e d’argento e le aveva portato un fiore di loto. La madre del futuro Buddha, secondo le consuetudini del tempo, volle tornare alla casa paterna per dare alla luce la sua creatura. Ma lungo la strada, mentre la madre si stava chinando per raccogliere un fiore, il bimbo nacque. Continue reading »

Corrado Pensa: Equanimità e fiducia

tara-pujaEquanimità e fiducia di Corrado Pensa

L’equanimità è l’opposto dell’attaccamento, è non-attaccamento. È una dimensione determinante del sentiero interiore. Ovviamente, esistono diversi gradi di equanimità, ma anche un’aspirazione, una sincera aspirazione verso di essa è già un inizio di vera equanimità. Dunque, l’equanimità è l’anima del lavoro interiore, il cuore del sentiero, il cuore della realizzazione e dell’adempimento. L’equanimità è l’anima della presenza mentale che chiamiamo consapevolezza non-giudicante, cioè una consapevolezza che tende all’equanimità. Continue reading »

A. Berzin: Introduzione al Kalachakra

Particolare del Mandala di Kalachakra

Dr. Alexandr Berzin: Introduzione al Kalachakra

Il Kalachakra è una complessa pratica meditativa della classe più elevata del tantra, l’anuttarayoga. Questa pratica offre non soltanto un profondo metodo per superare gli effetti dannosi del karma compulsivo e per ottenere l’illuminazione al fine di aiutare tutti gli altri, ma include anche nella sua letteratura un’enciclopedia di scienza indiana antica utile per chiunque, a prescindere dalle loro credenze. Continue reading »

Tulku Ghiatso: Powa, la trasferenza della coscienza

Ven. Tulku Gyatzo: “Questa attitudine, questo desiderio di voler aiutare gli altri nel più breve tempo possibile ci stimola a generare, appunto, Bodhicitta che è l’attitudine o la mente altruistica dell’illuminazione, ovvero voler ottenere lo stato di Buddha nel più breve tempo possibile per poter essere di beneficio per tutti quanti gli esseri senzienti.”

Ven. Tulku Ghiatso: Powa, la trasferenza della coscienza nella Terra Pura di Amitabha

Per ricevere questi insegnamenti della dottrina profonda dovremmo generare una corretta motivazione, cioè prendere rifugio e sviluppare l’attitudine di bodhicitta, o mente dell’illuminazione.

Lama Tzong Khapa insegna che tutti gli aspetti contenuti nelle grandi scritture del Dharma di Buddha che costituiscono il corpo del sentiero graduale verso l’illuminazione sono rivolti ai tre tipi di individui: quelli che hanno uno scopo inferiore, intermedio e superiore. Quindi, dovremmo contemplare i vari aspetti meditativi relativi a questi tre tipi di individui.

In sostanza, l’individuo di scopo inferiore contempla le inevitabili sofferenze e disagi che potremmo sperimentare in una rinascita sfortunata. Sviluppando un senso di timore e paura verso tale rinascita, l’individuo di scopo inferiore decide di adottare la pratica che costituisce l’antidoto alle rinascite sfortunate. Essa consiste nell’osservare una corretta moralità e nel fare estese preghiere per poter rinascere nei reami superiori. L’individuo di scopo inferiore prende rifugio nei Tre Gioielli proprio con questo tipo di proposito. Continue reading »

I quattro armoniosi

i quattro amici armoniosi

i quattro amici armoniosi

Tanto tempo fa, nella densa giungla vicino a Kashi (Varanasi – Benares) convivevano in pace e armonia un fagiano, una lepre, una scimmia e un elefante. Per scoprire chi di loro fosse il più anziano e accordarsi a vicenda il dovuto rispetto, il fagiano chiese a ognuno di riferire come ricordava di aver visto la prima volta un particolare albero. L’elefante e la scimmia dissero di averlo visto quando era grande come loro stessi, la lepre raccontò di aver bevuto gocce di rugiada dalle sue foglie quando ne possedeva solo due, mentre il fagiano riferì di aver mangiato dei semi e che l’albero era nato dalle sue secrezioni. In base alla gerarchia di età così stabilita, si disposero con la scimmia sulla schiena dell’elefante, la lepre sulle spalle della scimmia e il fagiano appollaiato sulla lepre. Decisero di intraprendere il sentiero della virtù, osservando i cinque principali atti morali, evitando di: uccidere, prendere quanto non dato, praticare promiscuità sessuale, mentire e assumere sostanze stupefacenti. Continue reading »

Thich Nhat Hanh: Le sei concordie.

Thich Nhat Hanh: “Se chiedete a qualcuno cosa prova e lei o lui risponde "sono infelice", potete praticare insieme la meditazione camminata e questo, da solo, basterà a portare un po' di gioia".

Thich Nhat Hanh: “Se chiedete a qualcuno cosa prova e lei o lui risponde "sono infelice", potete praticare insieme la meditazione camminata e questo, da solo, basterà a portare un po' di gioia".

Thich Nhat Hanh: Le sei concordie.

Dopo avere visto come i monaci Anuruddha, Kimbila e Nandiya convivevano in armonia, il Buddha pronunciò le Sei Concordie, i principi per essere felici insieme agli altri: “Bhikkhu, la natura di una comunità è l’armonia, che si ottiene seguendo questi principi: condividere uno spazio comune, sia una casa o una foresta; condividere i doveri essenziali della giornata; osservare i precetti insieme; pronunciare parole che creino armonia, astenendosi da quelle che portano divisioni nella comunità; comunicarsi esperienze e comprensioni; rispettare l’opinione altrui e non costringere l’altro ad aderire alla nostra. Seguendo questi principi un sangha vivrà in felicità ed armonia. Bhikkhu, osserviamoli sempre”.
In un recente numero della “Mindfulness Bell”, notiziario internazionale dell’Ordine dell’Interessere, Thay ha brevemente illustrato i sei principi per l’armonia, o Concordie, insegnati dal Buddha. Ecco il suo commento.

“La prima è la Concordia dell’azione che coinvolge tutto il corpo. Un sangha vive insieme come una famiglia. Le nostre azioni coinvolgono tutte le persone con cui viviamo. Bisogna perciò che favoriscano la concordia.
“La seconda è la Concordia della condivisione dei benefici. Condividiamo il cibo, gli alloggi e l’opportunità di praticare la meditazione seduta e camminata. Insieme ascoltiamo il Dharma. Condividiamo ogni tipo di beneficio con tutti. Se una persona può andare a un ritiro di tre giorni, gli altri nel sangha dovrebbero avere la stessa opportunità in un’altra occasione. Ci sosteniamo l’uno con l’altro in ogni attività. Continue reading »

Antidoti all’odio

bh-alchiOdio

Breve definizione: fattore mentale erroneo che:

– osserva un oggetto contaminato,

– si focalizza ed esagera le sue qualità negative,

– desidera danneggiarlo.

Una prima classificazione dell’odio può essere fatta in base a come lo si può generare: in questo caso si parla di nove tipi di odio. Continue reading »

Buddhagupta: I Quattro Incommensurabili

Buddhagupta: In ogni momento dobbiamo praticare la virtù.

Buddhagupta: Un ampio commentario sui quattro incommensurabili

Amorevole gentilezza, compassione,

Empatica gioia ed equanimità:

Ora spiegherò come coltivare con diligenza,

Questi grandi incommensurabili.

Concentrarsi sugli esseri senzienti incommensurabili produce accumuli incommensurabili, qualità incommensurabili e saggezza primordiale incommensurabile.

Incommensurabili Esseri Senzienti

Non possiamo calcolare il numero totale di esseri senzienti, dicendo: “Ecco quanti ce ne sono nei tre regni”. E così si dice che gli esseri senzienti sono incommensurabili. Come disse il Bhagavān nel Nobile Sūtra Insegnamento della Grande Compassione dei Tathāgata:

Figlio di nobile famiglia, gli esseri senzienti che vivono in uno spazio dalle dimensioni della ruota di un carro, visibile ad un Tathāgata, sono estremamente numerosi. Ma gli dei e gli umani in tutti i sistemi dei mondi del vasto ed infinito universo non sono così: i reami di questi esseri senzienti impercettibili sono incommensurabili.

Pertanto, poiché i regni incommensurabili degli esseri senzienti sono al di là della comprensione, gli esseri senzienti sono detti incommensurabili.

Potresti chiederti: quando coltiviamo l’incommensurabile, come dovremmo concentrarci sugli esseri senzienti incommensurabili e meditare? Continue reading »

Lama Ghendun Rimpoche: Libertà ed agio

Lama Gendün Rinpoche nacque nel 1918 in Tibet. Praticò la meditazione per circa trentanni e visse intensamente il ritiro nella sua cella monastica e nelle caverne tra il Tibet e l’India.

Lama Ghendun Rimpoche: Libertà ed agio

La felicità non può essere trovata

attraverso un grande sforzo e volontà

ma è già presente,

nel rilassamento e nel lasciare andare.

Non sforzarti;

non c’è niente da fare.

Qualunque cosa sorga nella mente

non ha nessuna reale importanza,

perché non ha una qualsivoglia realtà.

Non attaccarti ad essa;

non identificarti con essa

e non giudicarla.

Lascia che l’intero gioco accada da sé

balzando in alto e ricadendo come onde,

senza cambiare o manipolare alcunché,

ed ogni cosa svanisce e riappare,

magicamente, senza fine.

Solo la nostra ricerca della felicità

ci impedisce di vederla. Continue reading »

Le paramita o perfezioni

LE SEI PARAMITA o PERFEZIONI

Dopo aver sviluppato il bodhicitta, si deve cominciare a seguire la pratica delle “paramita” (perfezioni o virtù trascendenti): generosità, moralità, pazienza, impegno entusiastico, meditazione, saggezza discriminativa.

Delle 6 paramita, le prime 5 costituiscono il “metodo” (mezzi salutari o azione appropriata), mentre la sesta è la “saggezza discriminante” : la pratica di quelle comporta l’“accumulazione di meriti”, mentre questa comporta l’”accumulazione di saggezza (consapevolezza)”. Le due accumulazioni sono le cause per ottenere – finchè si sta nel samsara – un corpo umano pienamente qualificato, nonché per raggiungere rispettivamente il Rupakaya e il Dharmakaya : esse sono quindi i mezzi per maturare la mente e diventare un Buddha. Gli occhi sono la saggezza, i piedi sono le altre 5 paramita, che devono andare – per così dire – di pari passo, se si vuole arrivare al nirvana: sono indispensabili entrambe come le due ali ad un uccello per poter volare. La pratica delle paramita – purché sia ispirata dal bodhicitta – è la via percorsa da tutti coloro che seguono i sutra ed un preliminare per chi intende poi dedicarsi al tantra. Il bodhisattva le coltiva così lungo i 5 Sentieri, soprattutto a partire da quello della Visione Interiore.

Oltre alle 6 paramita vi sono 4 “perfezioni supplementari o realizzazioni supreme”, che sono aspetti della 6° paramita – per cui si parla anche di 10 paramita in totale.

1) generosità (dana). Consiste nel donare senza attaccamento o desiderio di remunerazione, ma solo per il benessere degli altri. Si distingue in:

a) offerte fatte, con fede e rispetto, ai Tre Gioielli: cose reali (come incenso, musica, ecc.) e mentali (ad es., offrendo mentalmente cose che esistono in realtà, ma di cui non abbiamo la disponibilità: il mare, una bellissima aurora, ecc. oppure visualizzando ricchezze, belle forme, suoni gradevoli, ecc.). I Tre Gioielli non hanno ovviamente bisogno di queste offerte, che in realtà servono solo a noi per eliminare il nostro attaccamento.

b) doni fatti con compassione a chi si trova nel samsara:

doni materiali: ad es., dare cibo ad un affamato;

dono della protezione: ad es., proteggere una persona dal pericolo di un incendio;

dono dell’amore: ad es., confortare chi è infelice;

dono del Dharma: ad es., insegnare il Dharma verbalmente.

Nel dare, dobbiamo considerare ciò che serve veramente al destinatario e non ciò che piace a noi; inoltre, si deve dare nell’ambito della nostra effettiva disponibilità e non sulla scia dell’emotività, che ci potrebbe poi procurare rimpianti o ripensamenti.

2) etica (sila). Il comportamento corretto consiste nell’abbandonare i “10 atti negativi” (uccidere, ecc.) e nel compiere i “10 atti virtuosi”.

Vi sono 3 tipi di moralità, che consistono nel controllare il proprio comportamento:

  1. mantenendo i propri voti, nonché gli impegni presi nelle iniziazioni;

  2. aiutando gli esseri senzienti (ad es., mostrando loro gli effetti negativi delle azioni non-virtuose) ;

  3. avendo il bodhicitta come unico movente in tutte le nostre azioni.

Inoltre il nostro comportamento dev’essere di buone maniere: stare composti, non parlare con durezza o in modo sboccato, non desiderare ardentemente guadagni e onori, ecc.

I semi delle azioni negative che non sono ancora maturati in sofferenza possono esser distrutti col pentimento, che consiste:

a) nel sentire che quella data azione è sbagliata, cioè provare un’angoscia di

coscienza oppure il risveglio di una migliore comprensione;

b) nell’ammettere a noi stessi l’errore che abbiamo fatto;

c) nel rivolgerci al Buddha e pentirci profondamente;

d) nel promettere di non farlo più (come chi si è ammalato per aver ingerito del veleno, si ripromette di non prenderlo più).

Per le nuove colpe commesse ci si deve pentire subito, in meno di un’ora (considerando anche che la morte può arrivare in ogni momento).

3) pazienza kshanti. Questa virtù consiste nella capacità di sopportare e tollerare (senza reagire con collera o vendicarsi):

A) gli atteggiamenti sgradevoli o cattivi delle altre persone, pensando che:

a] se qualcuno è negativo con noi, significa che non sa essere migliore di così perchè è accecato dai suoi klesha (difetti mentali), non può controllare se stesso e sta soffrendo lui stesso;

b] quando tali suoi atti negativi matureranno, dovrà soffrirne molto e quindi col suo comportamento attuale sta costruendo qualcosa di cattivo per se stesso ; il che ci deve far sorgere una grande compassione per lui;

c] d’altronde, quel suo comportamento negativo verso di noi sta rimuovendo un po’ del nostro cattivo karma (è come il gusto cattivo di una medicina, che ci farà bene in seguito);

d] inoltre, quella persona che ora ci fa del male può essere stata nostra madre o padre o fratello o amico o maestro nelle vite precedenti, nelle quali siamo stati da essa amati e aiutati (amore e aiuto certamente superiori al male che ci fa oggi);

e] il male che ora stiamo soffrendo fu causato karmicamente da un’azione simile da noi commessa in precedenza; perciò, poiché è colpa nostra, sarebbe ingiusto rendere la pariglia;

B) le difficoltà che si incontrano nell’accettare il dolore e le contrarietà fisiche e mentali (ad es., nell’assumersi le sofferenze derivanti dal salvare la vita ad una persona);

C) la fatica derivante dallo sforzo di capire il Dharma il più profondamente possibile, di compiere pratiche come le 100.000 prostrazioni o nel sedere a lungo nella posizione del loto mentre si medita.

4) vigore o perseveranza entusiastica.

E’ l’impegno entusiastico (l’opposto dell’apatia, dello scoraggiamento, della pigrizia e della procrastinazione), che consiste in una grande diligenza nel comprendere ed attuare il Dharma: diligenza gioiosa, e non vista come un dovere pesante. Quindi significa:

innanzitutto, usare energia e zelo nel rivolgersi al Dharma, compiendo azioni e pratiche positive (anziché perdere tempo in banali attività mondane);

non stancarsi della pratica spirituale o non cadere nell’indifferenza che ce la fa rimandare di giorno in giorno;

continuare con entusiasmo ad agire in modo positivo (ad es., praticando le

paramita): da un lato, senza la presunzione di ritenersi soddisfatti delle esigue azioni virtuose che abbiamo finora compiuto; e dall’altro, con l’ottimistica convinzione della nostra capacità innata d’ottenere dei risultati positivi.

5) concentrazione meditativa (dhyana).

La “perfezione della concentrazione meditativa” è lo stato in cui la mente è mantenuta ferma sui pensieri positivi (senza distrazione nè torpore) ed è in grado di controllare – come un potente governante – l’attività mentale stessa e il sorgere dei difetti mentali (klesha).

Tale paramita si ottiene quando si sono realizzati i dhyana tanto del Rupadhatu che dell’Arupadhatu.

Entrando nei dettagli, vi sono 3 tipi di concentrazione meditativa:

a) un modo di meditare in cui si ha l’intenzione di voler provare esperienze di piacere, chiarezza ed assenza di pensieri;

b) un modo di meditare in cui si è superato l’attaccamento a quelle esperienze e si resta attaccati al concetto di vacuità come antidoto;

c) un modo di meditare in cui si è superato anche l’attaccamento al concetto di vacuità e ci si trova nella condizione priva di pensiero discorsivo nella quale si coglie la vacuità in maniera diretta, immediata, intuitiva e spontanea.

Come allenamento secondario alla “perfezione della concentrazione meditativa” è necessario meditare su:

l’uguaglianza fra sé e gli altri, perché tutti quanti desideriamo la felicità e non vogliamo la sofferenza;

lo scambio di sé con gli altri, offrendo a questi la nostra felicità ed accogliendo in noi tutte le loro sofferenze;

l’aver cari gli altri più di noi stessi, augurandoci che la loro sofferenza ricada su di noi e che essi possano esser felici prendendo la nostra felicità.

6) saggezza discriminante (prajña). Si tratta della consapevolezza discriminante o intelligenza discriminativa, che deve ispirare il compimento di tutte le paramita precedenti.

Essa consiste nella consapevolezza dell’essenza, delle differenze, delle caratteristiche (particolari e generali) di ogni oggetto di percezione: ossia, è la facoltà dell’intelligenza presente nel continuum mentale di tutti gli esseri senzienti che permette di esaminare gli oggetti e di formulare giudizi e decisioni. Continue reading »

Parafrasi di Consigli di un anziano saggio

Parafrasi di Consigli di un anziano saggio

(Nyams-myong rgan-po’i ‘bel-gtam yid-‘byung dmar-khrid) Ghesce Ngawang Dhargyey. Tratto da appunti presi da Alexander Berzin. Dalla traduzione orale di Sherpa Rinpoche. Dharamsala, India, 5 – 12 Settembre 1975. Traduzione in italiano a cura di Claudio Li Calzi. [La parafrasi del testo è in nero. I commenti di Ghesce Dhargyey sono in viola tra parentesi quadre.]

[Questi insegnamenti sulla sofferenza provengono dal testo Consigli di un anziano saggio composto dal prezioso maestro Gungtang Rinpoche (Gung-thang-bzang dKon-mchog bstan-pa’i sgron-me) (1762-1823). Composto nella forma di parabole, il testo scorre come una storia in versi, basata sulle scritture. Il punto principale di quest’insegnamento è di aiutarci a sviluppare uno spirito di rinuncia e determinazione a essere liberi, e in generale a preparare il terreno per lo sviluppo della bodhicitta per ottenere l’illuminazione per il beneficio di tutti.]

Omaggio all’incorrotto Buddha che ha abbandonato i semi dell’incontrollabile rinascita ricorrente causati dalla forza del karma e delle emozioni disturbanti e che, di conseguenza, non prova più le sofferenze della vecchiaia, della malattia e della morte. Continue reading »

Ven. Ghesce Dorje Wanciuk: I Tre Aspetti Principali del Sentiero

Ven. Ghesce Dorje Wanciuk

Ven. Ghesce Dorje Wanciuk

Insegnamenti del Ven. Ghesce Dorje Wanciuk al Centro buddhista Rimé Cenresig di Robbiate il 1 novembre 2014 sul testo: “ I Tre Aspetti Principali del Sentiero” di Lama Tzong Khapa. Appunti ed editing del Dott. Luciano Villa, revisione di Graziella Romania nell’ambito del Progetto Free Dharma Teachings, per il beneficio di tutti gli esseri senzienti.

Ven. Ghesce Dorje WanciukGeneriamo la motivazione per la liberazione dalla sofferenza, non solo personale, ma per tutti gli esseri senzienti e, prima ancora, perché raggiungano la conoscenza profonda, quella che li porta a vedere la vera realtà. L’offerta del mandala dell’universo, che faremo tra poco, con le offerte interne ed esterne, è generata per aprirsi e richiedere gli insegnamenti, per diventare idonei ricettacoli per ricevere ed applicare queste istruzioni per la crescita spirituale. Continue reading »

Ven Chusang Rinpoche: Insegnamenti sulla “Preziosa Ghirlanda” di Nagarjuna

Ven Chusang Rinpoche: Qual'è il vero problema all'origine della sofferenza? Ven Chusang Rinpoche col Ven. Lobsang Donden, sua sorella Dechen, la Dr.ssa Alessandra Vannelli e Graziella Romania

Ven Chusang Rinpoche: Qual'è il vero problema all'origine della sofferenza? Ven Chusang Rinpoche col Ven. Lobsang Donden, sua sorella Dechen, la Dr.ssa Alessandra Vannelli e Graziella Romania

Insegnamenti del Ven Chusang Rinpoche sulla “Preziosa Ghirlanda” o Ratnavali di Nagarjuna, conferiti il 23-24 settembre 2016 all’Istituto Samanthabadra, Roma. Appunti ed editing del Dott. Luciano Villa, revisione di Graziella Romania nell’ambito del Progetto Free Dharma Teachings per il beneficio di tutti gli esseri senzienti.

Lündrub Ghialzen Trinle Namghiel è il quarto Chusang Rinpoche del Sciungpa Khangtsen di Sera Me.

È nato il 15 novembre del 1976 a Namsciöl, Scigaze, in Tibet. Nel 1988 S. S. il Dalai Lama lo ha riconosciuto, dopo accurati accertamenti, come la reincarnazione del terzo Chusang Rinpoche ed è stato ufficialmente dichiarato tale durante una solenne cerimonia nel monastero di Sera nel Tibet centrale. Continue reading »

Mahasiddha Tilopa: Fermate tutte le attività

Mahasiddha Tilopa: Fermate tutte le attività

Fermate tutte le attività fisiche: sedetevi naturalmente a vostro agio.

Non parlare e non parlare: lascia che il suono sia vuoto, come un’eco.

Non pensare a niente: guarda l’esperienza oltre il pensiero.

Il tuo corpo non ha nucleo, vuoto come il bambù.

La tua mente va oltre il pensiero, aperta come lo spazio.

Lascia andare il controllo e riposa lì.

La mente senza proiezione è Mahamudra.

Allenati e sviluppa questo e arriverai al risveglio più profondo.

Sakya Paṇḍita Kunga Gyaltsen: Meravigliose istruzioni orali riguardanti il momento della morte

Meravigliose istruzioni orali riguardanti il momento della morte redatte in poche parole dal glorioso Sakya Pandita

Sakya Paṇḍita Kunga Gyaltsen: Meravigliose istruzioni orali riguardanti il momento della morte

Si renda omaggio a Manjusri, lama e protettore.

Primo, si prenda rifugio nei tre gioielli.
Poi si deve coltivare il bodhicitta.
E meditare Amitabha, colui il quale mi sta dinanzi.
A lui si renda omaggio e si facciano offerte.
PRELUDIO

Si deve avere la certezza che le opere cattive sono state purificate,
Si deve abbandonare ogni attaccamento.
E con una mente che non teme la morte
Si metterà in pratica Amitabha Samadhi.
PRATICA PRINCIPALE

Poi dissolvi Amitabha nel tuo corpo e
Visualizza te stesso come la sua essenza.
La virtù dedicala a tutti gli esseri senzienti.
Più volte bisogna esercitarsi in tutto questo.
LA CONCLUSIONE
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Gheshe Chekawa: L’allenamento mentale in sette punti

Gheshe Chekawa: Questa essenza del nettare dell’insegnamento quintessenziale è trasmessa nel lignaggio di Serlingpa.

Gheshe Chekawa: L’allenamento mentale in sette punti o L’addestramento mentale in sette punti

1) I preliminari

Prima allenati nei preliminari.

L’allenamento mentale in sette punti

2) L’effettivo allenamento alla mente dell’illuminazione

Considera tutti i fenomeni simili a un sogno.

Analizza la natura della consapevolezza non nata.

Lascia che anche l’antidoto si liberi naturalmente.

Riposa nell’essenza, la base di tutto.

Tra le sessioni sii come un illusionista

Esercitati nel dare e nel prendere alternandoli,

questi due devono essere messi a cavallo del respiro.

Tre oggetti, tre veleni e tre radici di virtù:

esercitati in ogni attività mediante le parole.

Inizia da te stesso la sequenza del prendere. Continue reading »

I dodici anelli dell’origine dipendente

the_twelve_links_of_dependent_originationI dodici anelli dell’origine dipendente

Alexander Berzin, Morelia, Messico, 2-4 giugno 2000. Traduzione italiana a cura di Francesca Paoletti.

Primo giorno: inconsapevolezza

Introduzione

I dodici anelli dell’origine dipendente (rten-‘brel yan-lag bcu-gnyis) descrivono il meccanismo della rinascita. La rinascita riguarda la continuità della mente.Quando nel Buddhismo parliamo della mente, non stiamo parlando di una specie di “cosa” dentro la nostra testa. Piuttosto, parliamo di un’attività che avviene tutto il tempo. Non stiamo facendo una divisione, come facciamo nel pensiero occidentale, tra mente e cuore oppure l’aspetto razionale-intellettuale da un lato e l’aspetto emozionale-intuitivo dall’altro. Piuttosto, stiamo parlando di un tipo di attività che include sia il lato razionale che quello emozionale, sia il pensiero che le sensazioni. Stiamo anche parlando di percezione: vedere, udire, sentire gli odori, gustare e provare sensazioni fisiche. Continue reading »

Dagpo Rinpoche : I consigli in 100 versi di Padampa Sangye

dagpo-rinpoce-hhInsegnamento di Dagpo Rinpoche sul testo: “I consigli in 100 versi di Padampa Sangye” all’Istituto Lama Tzong Khapa, Pomaia, PI, 9-10.07.16. Traduzione dal tibetano in italiano di Fabrizio Pallotti. Appunti ed editing del Dott. Luciano Villa, revisione di Graziella Romania e dell’Ing. Alessandro Tenzin Villa nell’ambito del Progetto Free Dharma Teachings, per il beneficio di tutti gli esseri senzienti. Ci scusiamo per qualsiasi errore ed omissione.

Dagpo Rinpoche.

Un carissimo ed affettuoso saluto a tutti voi che siete venuti qui ad ascoltare gli insegnamenti. Continue reading »

Butön Rinpoche: Tre istruzioni essenziali in tre serie

Butön Rinchen Drup (1290–1364) XI abate del monastero di Shalu, fu un grande maestro Sakya del XIV secolo ed un importante leader buddista tibetano.

Butön Rinpoche: Tre istruzioni essenziali in tre serie

Namo Buddhāya!

Sebbene insignificanti siano le tue opere cattive, guardatene quasi fossero un veleno.
Sebbene sia difficile, pratica le virtù con diligenza.
L’afferrarsi al sé e i pensieri, il fondamento, tu distruggili.
Se possederai questi tre, sarai saggio.

Prendi su di te il carico delle opere cattive e delle sofferenze altrui.
Regala agli altri le tue gioie e le tue virtù.
Medita sempre sulla vacuità e sulla compassione.
Se possederai questi tre, sarai bodhisattva.

Conosci tutto ciò che appare come una illusoria forma divina.
La coscienza è beatitudine, luminosità e non concettualità.
Medita sul guru-yoga, questa è la benedizione.
Se possederai questi tre, tu sarai un praticante del tantra.

Queste tre istruzioni essenziali in tre serie sono state redatte e scritte per il Dagpo Rinchen dall’Onnisciente signore del dharma Butön Rinpoche.

(Tratto dal sito https://www.lotsawahouse.org/it/tibetan-masters/buton/advice-in-three-sets-of-three che devotamente ringraziamo per la sua compassionevole gentilezza verso tutti gli esseri che soffrono in questa dolorosa esistenza samsarica.)

Gheshe Rabten: La pratica della meditazione

Ghesce Rabten: La causa radice di tutti i nostri problemi è l’ignoranza. 

Ghesce Rabten: La causa radice di tutti i nostri problemi è l’ignoranza.

Gheshe Rabten: La pratica della meditazione

Durante la meditazione, la concentrazione o calmo dimorare si manifesta quando i nostri fattori mentali sono purificati, e quindi la nostra mente può dimorare pacificamente sull’oggetto.
Vi sono due tipi di meditazione: analitica e concentrativa. Per eliminare le illusioni e raggiungere l’obiettivo è necessario utilizzare entrambi i tipi di meditazione. C’è chi sostiene che la riflessione e lo studio del Dharma non sono meditazione, ma le scritture affermano che anche queste
attività sono in effetti forme di meditazione. Se non riflettiamo attentamente e non conosciamo la natura dell’oggetto, non ci potremo concentrare bene. La confusione della mente è prodotta dalla mente stessa; per pacificarla quindi è richiesta una attività della mente stessa, e nient’altro di esterno. L’attività principale deve essere mentale: su questa base, fattori come un luogo adatto e la postura di meditazione possono essere d’aiuto.
Il luogo in cui pratichiamo la meditazione dovrebbe essere pulito, tranquillo, vicino alla natura, e piacevole ai nostri occhi. Il corpo dovrebbe essere sano, non malato. Anche il sedere nella postura corretta è di aiuto. La postura ideale per la meditazione consta di sette aspetti:
1. se non è dolorosa, la postura migliore è quella del vajra, Continue reading »